Il parto cesareo è un diritto? È possibile programmare la nascita per timore del parto naturale? Che cos’è il diritto al parto senza dolore?

 

Introduzione

Conoscere il proprio bimbo, dopo averlo portato in grembo per nove mesi, è una delle esperienze più emozionanti della vita di una donna.

In Italia la regola generale è quella del parto naturale, che prevede che la natura faccia il suo corso, senza alcuna ingerenza da parte del ginecologo.

Il 40% delle nascite italiane avviene, però, con il parto cesareo che, secondo le linee guida internazionali, non dovrebbe essere praticato in più del 20% dei casi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sconsiglia l’intervento chirurgico. La ratio di tale disciplina risiede negli elevati pericoli del cesareo. Quest’ultimo, infatti, rappresenta la soluzione più rischiosa per la donna. La futura madre, in questo caso, dovrà sottoporsi ad un’anestesia, subirà un’incisione profonda, dovrà trascorrere un periodo di degenza post operatoria e sarà soggetta ai rischi degli imprevedibili errori umani. Nonostante ciò, il nostro è il primo Paese europeo nell’adozione di tale operazione.

L’articolo fornisce delle risposte a tutte le donne che si chiedono se sia possibile richiedere il cesareo per timore del parto naturale, programmando così la nascita.

 

È possibile “prenotare” il parto cesareo?

Il momento finale della gravidanza terrorizza alcune donne. In tali casi si parla di tocofobia, un termine di origine greca che indica la paura incontrollata delle contrazioni e del parto.

Solitamente queste future madri chiedono al proprio ginecologo di anticipare la data presunta della nascita in modo da potersi sottoporre al cesareo. In questo caso, il medico deve esporre tutti i benefici del parto naturale e tutti i rischi del cesareo. Dopodiché, è tenuto ad indagare circa le motivazioni che giustificano la scelta della donna. L’intero percorso decisionale dovrà essere inserito all’interno della cartella clinica, la quale conterrà anche il consenso informato sottoscritto dalla paziente.

Se, invece, la donna vuole optare per il parto naturale, evitando però il dolore del travaglio, il ginecologo dovrà garantirle la possibilità di un’anestesia spinale.

Come ha sottolineato Natasha Pearlman, direttrice di Elle UK nel 2018, il cui travaglio è durato trentatré ore, molto spesso le donne che optano per il cesareo sono etichettate come “too posh to push”, ovvero troppo raffinate per spingere. Ma Clare Wilson, giornalista britannica del New Scientist, la pensa diversamente. La Wilson sostiene la necessità di “salvare la memoria del parto”, consentendo alla donna di scegliere il cesareo quando la sofferenza supera il suo livello sopportabilità.

Anche il parto naturale, comunque, non è privo di rischi, ma questi sono ridotti al minimo, sia per la mamma che per il bimbo, se ci si affida a mani esperte. Inoltre, nel caso in cui dovessero registrarsi delle anomalie, gli operatori potranno intervenire con un cesareo di emergenza.

 

Che cosa prevede la legge italiana?

Ci sono due principi legali opposti che entrano in gioco quando si tratta tale tematica.

L’art. 5 c.c. vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o quando siano contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. La norma sottolinea, quindi, il divieto di disporre del proprio corpo quando ciò provochi una menomazione irreversibile (ad esempio, è vietato il trapianto di cornea di persona vivente, perché ciò comprometterebbe irrimediabilmente la funzione della vista, mentre il trapianto di rene tra persone viventi è consentito).

L’art. 50 c.p., invece, dice che non è punibile colui che lede o pone in pericolo un diritto (in questo caso alla vita o all’integrità fisica) con il consenso della persona che può validamente disporne.

Quale dei due prevale? L’interpretazione giuridica ritiene che il parto cesareo sia lecito e che tale richiesta sia un diritto della futura mamma.

Nel nostro Paese, quindi, la futura mamma ha la possibilità di scegliere se partorire in modo naturale oppure richiedere il cesareo. Tale facoltà è sostenuta dal principio di autodeterminazione di ognuno di noi nei riguardi della propria salute fisica e psichica. La giurisprudenza sostiene che questo tipo di intervento chirurgico non comporta una diminuzione permanente dell’integrità fisica, pertanto non va contro la tutela del diritto alla salute garantito dalla Costituzione.

In assenza di un’appropriata indicazione clinica, però, il medico ha il diritto di rifiutare una richiesta di taglio cesareo programmato. Il dottore, infatti, può rifiutarsi per non correre il rischio di essere chiamato a rispondere di un eventuale danno conseguente ad un intervento non necessario[1]. Le statistiche dimostrano che il rischio di mortalità è più alto nel caso di parto cesareo rispetto al parto spontaneo.

Le linee guida del Ministero della Salute indicano che, in assenza di controindicazioni, il parto naturale è preferibile al cesareo sia per il benessere della donna che del bambino.

Di solito, il cesareo si esegue se il bimbo è podalico, in caso di insufficienza cardiaca o respiratoria della madre o del nascituro e in tutte le circostanze in cui il parto naturale sarebbe particolarmente pericoloso.

Solitamente le strutture pubbliche tendono a scoraggiare il ricorso all’intervento a causa degli elevati costi. La decisione della donna è maggiormente assecondata nelle strutture private.

 

Maternity scandal

L’approccio inglese al tema delle nascite è cambiato dopo il “maternity scandal”. Le indicazioni contenute nel National Maternity Review sottolineavano l’importanza di ridurre la medicalizzazione del parto, di incentivare le nascite in casa e di puntare sull’assistenza delle ostetriche. I casi di bambini nati morti o con gravi disabilità a causa di errori medici sono oltre 900 a partire dagli anni ’70.

Come ha sottolineato Clare Wilson, il problema principale era la mancanza di un medico. Se la donna era sana e giovane era molto probabile che, durante il parto, non vedesse un medico, ma solo l’ostetrica.

La situazione è completamente diversa negli Stati Uniti d’America, dove ogni donna è sotto la supervisione di un ginecologo.

La Wilson ha dichiarato: «La verità è che non c’è una scelta giusta o sbagliata: è una scelta individuale personale. Io dico semplicemente che se scelgo una modalità di parto devo poterla portare avanti».

Oggi in Inghilterra, durante una delle ultime visite prima del parto, la midwife chiede alla donna di compilare il birth plan. La futura mamma dovrà rispondere ad una serie di domanda che consentiranno ai medici e alle ostetriche di conoscere i suoi desideri. Bisognerà indicare quali forme di antidolorifico si vogliono utilizzare, se si intende allattare oppure no, quali persone si vogliono al proprio fianco (in caso di parto naturale sono ammesse due persone, in caso di cesareo, invece, solo una), dove si vuole partorire (a casa, nella midwife unit dell’ospedale, nel reparto maternità del nosocomio). Esiste anche la possibilità di richiedere esplicitamente che non venga adoperata nel corso del parto naturale la pratica che prevede l’utilizzo di forcipi e ventose, comunemente usata in Inghilterra, e ormai desueta in Italia perché particolarmente pericolosa. Inoltre, è possibile chiedere il cesareo.

Solitamente, i medici inglesi consigliano il parto naturale, a meno che ci siano dei rischi per la mamma e/o il bebè. Tuttavia, alle donne è riconosciuto un vero e proprio diritto al parto cesareo programmato. Pertanto, è possibile rifiutare il parto naturale, dopo il colloquio con il medico che è tenuto ad illustrare gli svantaggi dell’operazione e a suggerire un supporto psicologico, qualora necessario.

 

Diritto al parto senza dolore

Nel 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sancito il diritto al parto senza dolore, occupandosi dell’analgesia nel momento del travaglio. Nel documento si parla espressamene del controllo del dolore durante il parto naturale. L’impatto di tale decisione è stato forte in Italia, perché nel nostro Paese questa pratica è meno diffusa rispetto ad altri Stati europei e nord americani.

Nonostante sulla carta venga riconosciuto il diritto all’epidurale a chiunque ne faccia richiesta, molte donne sono costrette a rinunciarvi per problemi organizzativi e carenza di medici anestesisti durante il parto.

Al momento, l’Italia è in fondo alla classifica relativa alla diffusione dell’epidurale per alleviare il dolore di chi dà alla luce un figlio con il 18%. La Francia è al 75%, gli Usa al 65%, la Spagna al 60%.

 

Conclusioni

La libertà di scelta in tema di parto cesareo è un tema delicato e molto dibattuto in tutto il mondo.

In Italia, in assenza di un’appropriata indicazione clinica, il medico ha diritto di rifiutare una richiesta di taglio cesareo programmato. Non tutti gli specialisti, però, sono d’accordo. Il professor Belli, membro del Comitato di Indirizzo e Controllo dell’agenzia Regionale di Sanità toscana, ad esempio, ritiene che le indicazioni ISS «non hanno nessun fondamento giuridico perché nessuna legge dello Stato lo vieta». Inoltre, secondo Belli: «se la paziente si fa refertare dal suo ginecologo curante, dal suo medico di famiglia o da uno psicologo che per motivi psicologici è necessario per la salute psico-fisica della donna fare un taglio cesareo, il medico non si può rifiutare per legge».

Negli Stati Uniti la futura mamma può chiedere di essere sottoposta al taglio cesareo dopo la trentanovesima settimana. In Inghilterra è riconosciuto un vero e proprio diritto al parto cesareo programmato.

Informazioni