Analisi delle garanzie del “giusto processo” sancite dall’articolo 111 della Costituzione italiana
Premessa
Il tema del “giusto processo” è sovente posto al centro del dibattito politico, soprattutto per le implicazioni derivate da fatti di cronaca che l’opinione pubblica considera particolarmente esecrabili e meritevoli di una giustizia immediata e certa. Ne consegue una tendenza a demandare punizioni, anche immediate e prima dell’accertamento dei fatti, che si discostano sempre più dai principi della pena sanciti all’art. 27 della nostra Costituzione. Se poi si considera l’influenza della “spettacolarizzazione del crimine”[1] – e, quindi, del diritto penale – sulla percezione dell’amministrazione della giustizia, si ottiene una miscela esplosiva.
Il nostro ordinamento, però, prevede il rispetto di alcune garanzie fondamentali, il cui insieme è definito come “giusto processo”.
L’articolo propone un’analisi dei principi contenuto nei commi dell’art. 111 della Carta Costituzionale.
Il giusto processo penale: brevi cenni introduttivi
Dal punto di vista processuale la svolta decisiva per la tutela dei diritti dell’accusato/imputato è il passaggio dal modello inquisitorio a quello accusatorio, estrinsecato nel nostro ordinamento attraverso il “giusto processo”.
In breve: il processo accusatorio si basa su alcuni elementi fondamentali, diametralmente opposti alla gestione penal-processuale inquisitoria di origine medievale. Tali elementi possono essere così sintetizzati:
- la separazione delle funzioni processuali tra diversi soggetti portatori di interessi contrapposti;
- il contraddittorio tra le parti, importante ed irrinunciabile per la formazione e l’esame delle prove.
Tutto ciò premesso, il processo accusatorio è volto alla ricerca della verità (processuale) grazie alla separazione delle funzioni attribuite alle parti: il pubblico ministero a cui spetta l’azione penale; l’imputato che deve essere posto nella condizione di esercitare a pieno il suo diritto di difesa; la persona offesa, che ricopre un ruolo sempre più importante in ambito processuale. Al giudice, organo super partes e distinto dall’accusatore, è affidato il controllo del rispetto delle regole relative alla contesa tra le parti[2].
La nostra Carta Fondamentale ha recepito e consacrato il modello accusatorio – e il “giusto processo” – all’art. 111. Il primo comma infatti chiarisce che: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»[3].
Oltre all’articolo sopracitato, il “giusto processo” è disciplinato anche fonti sovranazionali, ormai inglobate nella gerarchia delle fonti italiane, quali: dall’art. 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 46 comma 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (che ha portato all’emanazione della “Legge Pinto”, in tema di riparazione per il pregiudizio derivato dagli eccessivi tempi processuali)[4].
L’articolo 111: dal principio del contraddittorio al diritto alla prova
Il cuore del “giusto processo” è contenuto come già detto nell’articolo 111 come modificato dalla Legge Costituzionale n. 2 del 23 novembre 1999. Abbiamo già analizzato il primo comma. Ora dobbiamo passare all’argomentazione dei commi successivi.
Il comma 2
Il comma 2 prevede che: «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata».
La prima parte del dettato normativo non è altro che l’estrinsecazione del brocardo “Audiatur et altera pars”, con il quale è indicato il diritto all’ascolto della controparte nel processo. Si tratta di un principio cardine del modello accusatorio, grazie al quale è riconosciuta a tutti i contendenti coinvolti nel processo la possibilità di esporre le proprie tesi e ragioni. Il giudice, collocato in una posizione equidistante dalle parti, avrà così l’opportunità di esercitare il suo libero convincimento.
In merito, invece, alla “ragionevole durata” processuale: «L’impegno alla ragionevole durata non rappresenta soltanto un diritto della persona coinvolta nel processo, ma anche una garanzia oggettiva di buon funzionamento della giustizia»[5].
Il comma 3
Il comma 3 descrive come: «Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo».
La predetta disposizione è il riconoscimento di una serie di garanzie a lungo negate nella storia processuale penale: la rapida conoscenza degli addebiti ed il diritto di difesa. È proprio su quest’ultimo che il “giusto processo” vede la sua massima realizzazione, dato che consente l’esercizio del diritto più agognato, appunto quello di potersi difendere con tutti i mezzi necessari.
Ci sono voluti secoli per ottenere il riconoscimento del diritto di difesa, pietra miliare del “giusto processo”, nel nostro ordinamento confermato anche all’articolo 24 della Costituzione. Ciò nonostante, attualmente occorre riflettere sulla sua attuazione nei recenti tempi di pandemia causata dalla diffusione del Covid-19. Le maggiori ripercussioni negative hanno interessato il processo penale, a cui è risultato complesso (e sovente ostativo) attuare le disposizioni emergenziali per la gestione delle udienze[6].
Il comma 4
Il comma 4 ribadisce che: «Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore».
La formazione della prova così descritta è la regola regina del contraddittorio nel “giusto processo”: le prove si formano nel contraddittorio tra le parti e non più celate alla cognizione dell’imputato, come avveniva nel processo di medievale memoria ove il giudice era un mero inquisitore dedito alla ricerca della verità senza contraddittorio con le parti ed in totale segretezza[7].
Il superamento della “zona buia” processuale inquisitoria, in cui si formavano (sarebbe più appropriato affermare “si fabbricavano”) le prove, ha portato anche ad un’attribuzione della colpevolezza priva di oscuri artifici.
Il “giusto processo”, infatti, prevede che l’imputato non possa essere condannato sulla base di dichiarazioni poste volontariamente al di fuori del perimetro dell’interrogatorio.
Il comma 5
In un’ottica garantista la Costituzione specifica – al comma 5 – che è la Legge a regolare le eccezioni alla formazione della prova in contraddittorio, ossia se vi è il consenso dell’imputato o un’accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Le altre garanzie dell’articolo 111: la motivazione dei provvedimenti e il ricorso in Cassazione.
Il raggio di azione del “giusto processo” non si esaurisce con il diritto di difesa e il contraddittorio, ma si estende anche alla fase conclusiva del processo: l’emanazione della sentenza.
Il comma 6
L’articolo 111 al comma 6 enuncia un assioma caratterizzante del modello accusatorio: «Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati».
La motivazione della sentenza è dunque un obbligo costituzionale, una condizione di validità dell’atto stesso, che consente un controllo da parte dei cittadini sull’esercizio del potere giurisdizionale. È mediante la motivazione obbligatoria che si assicura il rispetto dei principi costituzionali, quali il più volte citato diritto di difesa e la legalità.
Il comma 7
Al comma 7 si comprende come: «Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge (…)».
Questo comma afferma la possibilità di adire l’ultimo grado di giudizio contro gli atti elencati, purché viziati da violazione di legge. Ad una prima lettura sembrerebbe che il legislatore costituzionale intendesse solamente l’ambito del diritto penale, a causa dell’inciso “sulla libertà personale”, ma il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l’istituto trova applicazione anche nel campo civile[8].
Il comma 8
Il comma 8 inserisce una tutela specifica nei confronti delle decisioni assunte dai Giudici speciali: «Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».
Il concetto di “inerenza alla giurisdizione” non è di facile ed univoca interpretazione, poiché si sono contrapposti due orientamenti contrastanti: «Il primo considera questioni di giurisdizione solo quelle concernenti il riparto di attribuzioni tra i diversi ordini di giurisdizione; il secondo, invece, estende la nozione di giurisdizione comprendendovi ogni manifestazione del potere tipico spettante al giudice»[9].
Conclusioni sul giusto processo
Alla luce delle tutele costituzionali, è possibile definire come “giusto” un processo caratterizzato da una ragionevole durata e celebrato nel rispetto del contraddittorio tra le parti, ove si formano le prove e l’imputato è posto in condizione di difendersi dalle accuse mosse a suo carico. Il tutto dinanzi ad un il giudice equidistante, terzo ed imparziale.
È pur vero che si tratta di principi sacri per il nostro ordinamento, ma bisogna garantirne sempre il rispetto nella quotidianità delle aule giudiziarie. La recente emergenza sanitaria ha dimostrato, per la gestione del processo penale, come non sia impossibile limitare o addirittura sacrificare – seppur per proteggere un altro bene costituzionalmente garantito come la salute – le garanzie del “giusto processo”.
Non si teme, ovviamente, il ritorno a metodi in stile “malleus maleficafum”, ma occorre prudenza e non perdere di vista i cardini del modello accusatorio.
Informazioni
Citraro V., Il processo inquisitorio o accusatorio: nozione e differenze, www.deiurecriminalibus.it, 30/08/2018.
Cracolici C. e Curletti A., Ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7 della Costituzione. Ammissibile nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento?, www.diritto.it, 26/02/2019.
Ferrua P., La ragionevole durata del processo tra Costituzione e Convenzione europea, www.questionegiustizia.it.
Fiore D., Il diritto di difesa ai tempi del Covid-19, www.dirittoconsenso.it, 04/05/2021.
Giallombardo M., Legge Pinto: il diritto al risarcimento per irragionevole durata del processo, www.studioscicchitano.it, 22/02/2021.
Mazzone G., I motivi inerenti alla giurisdizione nel ricorso per Cassazione ex art. 111 comma 8 della Costituzione, www.diritto.it, 15/05/2019.
SITO INTERNET www.brocardi.it.
Orlandini M.E., I mass media e il processo di spettacolarizzazione del crimine, www.iusinitinere.it, 10/05/2018.
[1] M. E. Orlandini, I mass media e il processo di spettacolarizzazione del crimine, www.iusinitinere.it, 10/05/2018.
[2] V. Citraro, Il processo inquisitorio o accusatorio: nozione e differenze, www.deiurecriminalibus.it, 30/08/2018.
[3] Il primo comma è stato inserito dalla Legge.Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2. Per ulteriori approfondimenti: il D.L. 7 gennaio 2000, n. 2 convertito nella l. 25 febbraio 2000 n. 35 (sul giusto processo) e gli artt. 2 ss. l. 24 marzo 2001, n. 89 (la c.d. “Legge Pinto” sulla riparazione per violazione del principio di ragionevole durata del processo) (Fonte: www.brocardi.it).
[4] M. Giallombardo, Legge Pinto: il diritto al risarcimento per irragionevole durata del processo, www.studioscicchitano.it, 22/02/2021
[5] P. Ferrua, La ragionevole durata del processo tra Costituzione e Convenzione europea, www.questionegiustizia.it.
[6] D. Fiore, Il diritto di difesa ai tempi del Covid-19, www.dirittoconsenso.it, 04/05/2021.
[7] V. Citraro, cit.
[8] C. Cracolici e A. Curletti, Ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7 della Costituzione. Ammissibile nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento?, www.diritto.it, 26/02/2019.
[9] G. Mazzone, I motivi inerenti alla giurisdizione nel ricorso per Cassazione ex art. 111 comma 8 della Costituzione, www.diritto.it, 15/05/2019.

Tatiana Di Giulio
Ciao, sono Tatiana. Laureata in sociologia e giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Torino. Sono praticante avvocato presso il Foro di Torino, mi occupo di diritto amministrativo e penale, con particolare riferimento alla prevenzione della corruzione, alla trasparenza, alla contrattualistica pubblica e alla data protection. Mi intesso anche di diritto penitenziario.