L’evoluzione della nozione di patrimonio culturale immateriale dalle prime Convenzioni Unesco fino ad oggi

 

Introduzione al concetto di patrimonio culturale immateriale

I beni immateriali sono, per loro natura, beni che non presentano un’identificazione materiale, concreta o corporale ma acquistano rilevanza per l’ordinamento giuridico in relazione all’applicazione concreta di essi, a cui si riconosca tutela giuridica. L’esempio più diffuso di tale tipologia di beni si rinviene nelle opere creative o dell’ingegno, le quali sono oggetto di tutela in virtù del diritto di proprietà intellettuale dell’autore, e dello sfruttamento pratico o economico che può derivarne, tutelato invece dal diritto industriale con la disciplina dei marchi e brevetti[1].

 

Quadro normativo di riferimento

Sebbene le opere creative e dell’ingegno costituiscano i principali esempi di beni immateriali, in questa sede ciò che ci interessa rimarcare non è la loro tutela, bensì l’individuazione e la disciplina dei beni culturali immateriali così come intesi e regolati:

  • dal Codice dei beni culturali e del paesaggio e
  • dalla Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio immateriale[2].

 

La Convenzione Unesco, infatti, in origine disciplinava i beni culturali aventi il carattere della materialità, valorizzando e favorendo la diffusione dell’idea di un patrimonio culturale universale[3]. Tale trattato internazionale, vigente tra gli stati firmatari, ha la funzione di identificare in modo ampio i beni costituenti il patrimonio culturale, tra cui venivano inclusi i beni naturali e materiali.  La convezione stabilisce, inoltre, l’obbligo per gli stati aderenti di assicurarne l’identificazione, la protezione, la conservazione, la valorizzazione e la trasmissione alle generazioni future[4]. Il trattato quindi, si sovrappone alla protezione già garantita a livello nazionale, determinando una tutela rafforzata dei beni culturali.

Solo successivamente, la nozione di bene culturale è stata ampliata includendo anche i beni immateriali ovvero quelli espressivi di una “testimonianza materiale avente valore di civiltà[5] ovvero rappresentativi delle tradizioni orali, delle manifestazioni di folklore e, in generale, portatori di un valore culturale.

Il legislatore italiano ha preso atto delle innovazioni provenienti dalla Convenzione Unesco del 2004[6] sui beni immateriali, provvedendo ad innovare la materia nel 2008 includendo nel Codice l’articolo 7 bis[7]. Il testo dell’articolo però, sembrerebbe adottare una visione più restrittiva di bene culturale immateriale rispetto alla definizione della Convezione[8], ancorando la sua rilevanza giuridica alla possibilità di associarlo a “testimonianze materiali[9], ovvero alla loro riconduzione ad un supporto materiale. La ragione di tale decisione linguistica sta forse nel timore di sminuire oltremodo il concetto di bene culturale, includendo ipotesi che non possono considerarsi assimilabili a tali contesti, come ad esempio le tradizioni popolari tramandate in via orale.

Il rischio che il legislatore italiano intende scongiurare è quello di ampliare a dismisura il concetto di bene culturale, facendo rientrare in tale definizione fattispecie che attengono piuttosto al campo delle attività culturali[10].

 

Dalla concezione estetizzante a una visione storicistica di bene culturale

Inizialmente, la legislazione in materia di beni culturali italiana traeva origine dalla filosofia crociana ed idealistica, in cui la rarità e la bellezza estetica del bene erano considerati elementi cardine per attribuirgli un certo grado di tutela. Infatti, la legislazione italiana della seconda metà degli anni ’30 faceva riferimento a un “concetto ristretto di bene artistico-storico[11], figlia della nozione crociana del “bello d’arte in cui i beni di interesse culturale erano considerati al più come oggetti esteticamente piacevoli alla vista, non prendendo in considerazione altri elementi.

Successivamente, durante gli anni ’60 tramite i lavori della commissione d’indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e del paesaggio presieduta dell’onorevole Franceschini, si compì il definitivo passaggio dalla concezione estetizzante a una storicistica di bene culturale.

Infatti, in questa sede bene culturale fu definito come “tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà” e quindi anche in ragione della testimonianza dell’assetto storico e culturale rappresentativo degli stessi[12]. Questa definizione, che ha avuto il pregio di modernizzare il concetto di bene culturale, ha preso in considerazione solamente la dimensione materiale, senza considerare l’elemento della possibile configurazione volatile degli stessi. Per questo motivo, allo stato dell’arte, la disciplina italiana è incentrata solamente sui beni materiali, e ha omesso di dettare una normativa sul patrimonio immateriale.

Recentemente, alcune istanze di riforma sono giunte sia da parte di realtà regionali, che hanno sottolineato l’importanza di prevedere forme di protezione del patrimonio intangibile[13], sia dall’Unione Europea, con la “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società”[14]. Tale convenzione, siglata a Faro nel 2015 e sottoscritta dall’Italia nel 2013, ha ampliato ulteriormente la nozione di bene culturale, associandolo all’ eredità, ai significati e agli usi che tali luoghi o oggetti possono rappresentare.

Tale documento rappresenta una “convenzione quadro”, per cui non si occupa di imporre o creare obblighi di azione, lasciando allo Stato aderente la possibilità di decidere come e con che mezzi attuare le norme della convenzione[15]. Generalmente, la Convenzione ha identificato il bene culturale immateriale come un bene non assoggettabile al concetto di proprietà e ha ricompreso in questa categoria elementi materiali, immateriali e il paesaggio. La finalità di questo scritto è nel complesso improntata alla creazione di una nuova nozione di tutela e gestione del patrimonio culturale, non esclusivamente concentrata sul suo valore scientifico ma anche al suo ruolo di strumento per lo sviluppo e crescita dell’uomo[16].

 

La potenzialità economica connessa alla valorizzazione dei beni culturali immateriali

Il riconoscimento giuridico dei beni culturali immateriali rappresenta, oltre alla presa di coscienza della testimonianza storica e culturale di un determinato gruppo sociale, anche un importante volano economico e di commercializzazione. Basti pensare alle riproduzioni massive delle opere dei maestri del Rinascimento italiano, vendute sul mercato digitale e oggetto di riproduzione su capi di abbigliamento o al successo che ultimamente stanno acquisendo le opere d’arte digitali. Esemplificativa di tale tendenza è l’opera “the first 5000 days” dell’artista Beeple, un enorme immagine Jpeg, battuta online per 70 milioni di dollari dalla casa d’aste Christie’s, rappresentativa della diffusione del movimento della crypto art[17].

Nel panorama italiano, quindi, emerge sicuramente l’importanza di una normativa tesa a tutelare le diversità culturali esistenti, rappresentative dell’immenso patrimonio artistico e culturale nostrano, nonché delle prospettive economiche e degli enormi vantaggi che ne deriverebbero. Infatti, nella prospettiva della redazione di un disegno di legge che tenga conto di questi importanti spunti, dovrebbe essere ricompresa la dimensione immateriale di patrimonio culturale come “uno strumento importante per la crescita e lo sviluppo sostenibile della società, anche in termini di prosperità economica[18]. Tra le innumerevoli rievocazioni storiche esistenti basti citare il Palio di Siena, il calcio in costume a Firenze che sono oggetto di offerte turistiche e di attività imprenditoriale, nonché alle manifestazioni della tradizione popolare come il Carnevale di Venezia.

 

Conclusioni

Ad oggi, il legislatore non ha ancora preso atto della immensa potenzialità insita nella dimensione immateriale dei beni culturali, non solo in considerazione del loro valore economico e turistico, ma anche come strumento di dialogo e interculturalità tra le nazioni. Infatti, attraverso l’attenzione all’immateriale si opera un superamento da una concezione statica di bene culturale, favorendo così il passaggio a una visione più dinamica degli stessi. In questo modo, il bene culturale non sarà più inteso come statica testimonianza di una civiltà del passato ma anche come parte della contemporaneità, non essendo più solamente oggetto di tutela o conservazione, ma anche come parte integrante dell’identità culturale moderna[19].

Informazioni

Paola Chirulli in Diritto Amministrativo, fasc. 4, 2019, p. 697 e ss. 

Manuale di diritto amministrativo (parte generale e speciale), R. Garofoli e G.Ferrari, nel diritto Editore, XIV edizione, 2020-2021, pp. 1305 e ss.

Antonio Bartolini in Diritto amministrativo, fasc. 2, 2019, p. 223 e ss.

Annalisa Gualdani, I beni culturali immateriali: una categoria in cerca di autonomia in Aedon, 2019, fasc. 1. 

Sabino Cassese, Il futuro della disciplina dei beni culturali, inGiorn. dir. amm., 2012, 7, pag. 781.

https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention

https://www.studiocataldi.it/articoli/39041-beni-immateriali.asp.

https://www.wired.it/economia/business/2021/03/12/arte-beeple-christie-ntf/?refresh_ce=

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_961554379.html

[1] https://www.studiocataldi.it/articoli/39041-beni-immateriali.asp.

[2] D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio) e Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata e resa esecutiva con in Italia il 30 ottobre del 2003.

[3] Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003, ratificata con l. 27 settembre 2007, n. 167.

[4] Paola Chirulli in Diritto Amministrativo, fasc. 4, 2019, p. 697 e ss.

[5] Così come definiti dai lavori della Commissione Franceschini raccolti nell’opera Per la salvezza dei beni culturali in Italia, Roma, Colombo, 1967.

[6] Ratificata in Italia con L. 27 settembre del 2007, n. 167.

[7]Le espressioni di identità culturale collettiva contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3 novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005, sono assoggettabili alle disposizioni del presente codice qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l’applicabilità dell’articolo 10”. Così il testo dell’art. 7 bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004) rubricato “Espressioni di identità culturale collettiva”, ed introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 26 marzo 2008, n. 68.

[8] Il testo della Convenzione internazionale per la salvaguardia dei beni culturali intangibili, nella definizione di “patrimonio culturale immateriale” include: “a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale; b) le arti dello spettacolo; c) le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi; d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo; e) l’artigianato tradizionale”.

[9] Manuale di diritto amministrativo (parte generale e speciale), R. Garofoli e G.Ferrari, nel diritto Editore, XIV edizione, 2020-2021, pp. 1305 e ss.

[10] Antonio Bartolini in Diritto amministrativo, fasc. 2, 2019, p. 223 e ss.

[11] Legge 1° giugno 1939, n.1089, Tutela delle cose d’interesse Artistico o Storico, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 184 dell’8 agosto 1939.

[12] Annalisa Gualdani, i beni culturali immateriali: una categoria in cerca di autonomia in Aedon, 2019, fasc. 1.

[13] S. Cassese, Il futuro della disciplina dei beni culturali, in Giorn. dir. amm., 2012, 7, pag. 781.

[14] L. 1° ottobre 2020, n. 133 di Ratifica ed esecuzione della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società’, fatta a Faro il 27 ottobre 2005.

[15] https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention

[16] A. Gualdani, i beni culturali immateriali: una categoria in cerca di autonomia.

[17] https://www.wired.it/economia/business/2021/03/12/arte-beeple-christie-ntf/?refresh_ce=

[18] In tal senso la Dichiarazione dei Ministri della Cultura del G7, in occasione della riunione “La cultura come strumento di dialogo tra i popoli”, Firenze, 30 marzo 2017, in http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_961554379.html .

[19] A. Bartolini, in Diritto amministrativo.