La legittima difesa domiciliare tra riforme e prassi giurisprudenziale: definizione e questioni interpretative

 

La legittima difesa domiciliare e le scriminanti: uno sguardo d’insieme

Nel nostro ordinamento, sono previste delle ipotesi in cui il soggetto che abbia compiuto un fatto normalmente integrante un reato andrà esente da sanzione penale. Questo perché il suo comportamento viene considerato, a determinate condizioni, come lecito o autorizzato dall’ordinamento, in un’ottica di bilanciamento di interessi contrapposti. Queste particolare ipotesi, dette scriminanti o cause di giustificazione, vanno ad incidere sulla cosiddetta punibilità in astratto, e dunque sull’opportunità o meno per lo Stato di applicare la sanzione penale, di cui detiene normalmente il monopolio. Tra le cause di giustificazione spicca, in particolare, quella della legittima difesa[1], prevista dall’art. 52 del codice penale.

Nella sua originaria formulazione, tuttora presente nel primo comma, tale disposizione riconosce la non punibilità di chi abbia commesso un fatto altrimenti costituente reato «per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa».

La deroga al principio del monopolio statale dell’uso della forza, in questa ipotesi, è giustificata dal fatto che la condotta altrimenti penalmente rilevante del soggetto si è resa necessaria per difendere diritti fondamentali in situazioni di grave e attuale pericolo che lo Stato, con il suo apparato istituzionale, non è riuscito ad evitare. E, come sottolinea autorevole dottrina[2], la scriminante della legittima difesa è altresì un’attuazione del vincolo solidaristico di cui all’art. 2 della Costituzione, in quanto può trovare applicazione anche qualora il soggetto abbia reagito alla difesa di un diritto altrui.

Su tale impianto normativo hanno due importanti interventi del Legislatore:

  • con la legge n. 59/2006, infatti, è stata introdotta nel nostro ordinamento la peculiare figura della c.d. legittima difesa domiciliare, inserita nel secondo comma dell’art. 52 c.p. e che trova applicazione allorquando l’offesa abbia avuto luogo nel domicilio, dimora od esercizio commerciale del soggetto chiamato a difendersi, e successivamente
  • con legge n. 36/2019 è stato inserito, sempre nel quarto comma, l’avverbio “sempre”. Dal combinato disposto di queste due riforme, emerge che non sarà sanzionabile penalmente il soggetto che reagisca, anche con armi legittimamente detenute, all’introduzione indebita nel proprio domicilio o luogo di attività professionale, suscitando non pochi dubbi interpretativi sulla portata effettiva di questa nuova particolare scriminante.

 

Le caratteristiche della legittima difesa domiciliare

Come anticipato, la legittima difesa domiciliare potrà trovare applicazione laddove un soggetto reagisca all’indebita violazione del proprio domicilio.

L’elemento di specialità del nuovo quarto comma dell’art. 52 c.p., dunque, è rappresentata dal carattere violento della violazione di domicilio, riconducibile all’ipotesi aggravata di cui all’art. 614, co. 4 c.p, che sanziona appunto la violazione di domicilio, la cui intangibilità è un principio di rango costituzionale.

Ulteriore elemento di specialità, che distingue la legittima difesa domiciliare dalla clausola generale di cui al primo comma dell’art. 52 c.p. è l’introduzione di una norma di favore per chi abbia integrato una condotta di legittima difesa, in ragione del luogo in cui viene arrecata l’offesa. Se così, ad esempio, il ferimento o addirittura l’uccisione di un soggetto a mezzo di un’arma da fuoco potrebbe integrare i delitti di lesioni o di omicidio, il Legislatore ha inteso accordare una maggiore tutela nei confronti del soggetto che abbia visto violato il proprio domicilio nel senso sopra precisato.

E infatti, quell’avverbio «sempre» sembra escludere che il soggetto che si difende il soggetto possa integrare il c.d. eccesso colposo di cui al successivo art. 55 c.p., il quale prevede che chi abbia travalicato i limiti di una delle scriminanti previste negli articoli precedenti potrà comunque andare soggetto a responsabilità penale a titolo di colpa, qualora il reato contestato al soggetto sia punibile con tale criterio di imputazione soggettiva.

Così, ad esempio, se un soggetto, trovandosi un ladro in casa, dovesse sparare e uccidere nell’erronea convinzione che l’intruso fosse armato, è possibile ch’egli sia chiamato a rispondere a titolo di omicidio colposo; essenziale, dunque, è un accertamento delle circostanze in cui ha agito il soggetto che ha posto in essere una condotta di legittima difesa. La Cassazione, pertanto, ha affermato che quel «sempre» non può privare il giudice del suo potere di accertamento, perché sarebbe incostituzionale; la novella, semmai, avrà un mero significato rafforzativo della presunzione posta dalla norma (Cass. Pen., sez. I, 14/05/2019, n. 39977[3]).

 

La legittima difesa domiciliare e le applicazioni giurisprudenziali

La giurisprudenza è tempestivamente intervenuta a ridefinire, in senso restrittivo, la portata della nuova scriminante della legittima difesa domiciliare così come delineata dalla novella del 2019, che, se applicata alla lettera, darebbe vita a delle storture inaccettabili dei capisaldi del nostro diritto penale.

La Corte di Cassazione, infatti, ha precisato come questa scriminante non possa trovare applicazione in maniera automatica, senza che siano stati debitamente accertati tutti i fatti e le circostanze di causa (sentenza n. 49883 del 2019[4]).

Così, i giudici hanno affermato che la condotta di legittima difesa potrà ritenersi scriminata, e quindi non punibile, solo se necessaria, e quindi «connotata da un pericolo attuale e concreto, quale, ad esempio, la mancata desistenza da parte dell’aggressore colto sul fatto; occorre, altresì, che l’offesa, arrecata o anche solo minacciata, dall’aggressore, potesse qualificarsi come ingiusta e rivolta a beni o all’incolumità personale del soggetto agente o di terzi».

Tutti questi presupposti, in particolare, vanno valutati, secondo la giurisprudenza, ex ante, o con un giudizio c.d. prognostico. Ciò significa che l’interprete e il giudice dovranno, con uno sforzo di astrazione, collocarsi nella mente del soggetto al momento della condotta, valutando e il contesto in cui stava operando, valutando la gravità e la serietà del pericolo posto dall’intruso, e chiedendosi quale comportamento sarebbe stato in astratto richiedibile al soggetto agente, tenuto conto delle sue condizioni e del normale discernimento ascrivibile ad un soggetto modello.

Calando questi principi nel concreto, ad esempio, è possibile applicare legittimamente la scriminante della legittima difesa domiciliare qualora un soggetto, colto di sorpresa, di notte, nel proprio domicilio, legittimamente in possesso di un’arma, terrorizzato dall’apprendere che un terzo soggetto si è intrufolato, armato, nella sua stanza, cominci a sparare colpi in aria o comunque non verso parti vitali del suo avversario – con l’intento, dunque, di spaventare, ma non di ferire o uccidere. Il giudizio prognostico ex ante si farà, invece, più complesso qualora il soggetto, pur in condizioni di minorata difesa, abbia mirato direttamente alla testa o al torace del ladro, perché quella condotta potrebbe portare all’imputazione per omicidio colposo o addirittura volontario.

Così, ad esempio, la legittima difesa domiciliare «non consente un’indiscriminata reazione contro colui che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui, ma postula che l’intrusione sia avvenuta con violenza o con minaccia dell’uso di armi o di altri strumenti di coazione fisica, così da essere percepita dall’agente come un’aggressione, anche solo potenziale, alla propria o altrui incolumità» (Cass. Pen., Sez. V, sentenza 13/06/2019, n. 40414).

Parimenti, «l’uso di un’arma, legittimamente detenuta, rappresenta reazione sempre proporzionata nei confronti di chi si sia illecitamente introdotto, o illecitamente si trattenga, all’interno del domicilio o dei luoghi a questo equiparati a patto che il pericolo dell’offesa ad un diritto personale o patrimoniale sia attuale» (Cass. Pen., Sez. III, 10/10/2019, sentenza n. 49883).

La reazione, dunque, sarà legittima solo laddove si configuri come risposta ad un effettivo e tangibile pericolo, mentre non avrà efficacia scriminante una reazione violenta a comportamenti solo minacciosi, ma non offensivi; così, ad esempio, potrà essere chiamato a rispondere di lesioni chi colpisca il vicino che si stava arrampicando sul proprio balcone per raggiungere quello adiacente, di proprietà appunto del vicino, rimasto chiuso fuori dalla propria abitazione (così Cass. Pen., Sez. V, sentenza n. 33191/2019).

 

Conclusioni

In conclusione, dunque, la giurisprudenza sembra aver adottato un’interpretazione restrittiva dell’istituto della legittima difesa domiciliare, che non andrà dunque a modificare l’impianto normativo di cui agli artt. 52, primo comma, e 55 del codice penale, ma che imporranno all’interprete di valutare le circostanze concrete nel modo più favorevole possibile nei confronti del soggetto che abbia reagito ad un’indebita violazione del proprio domicilio.  Da un punto di vista processuale, dunque, sarà onere del difensore richiedere l’assoluzione dell’imputato, in quanto il fatto non costituisce reato perché scriminato, valorizzando le circostanze del caso concreto.

Informazioni

R. GAROFOLI, Manuale di Diritto Penale. Parte generale e speciale, Lecce, 2021.

G. MARINUCCI, E. DOLCINI, G.L. GATTA, Manuale di Diritto Penale, Parte Generale, Milano 2021.

S.D. MESSINA, G. SPINNATO, Manuale breve di Diritto Penale, Milano 2020.

[1] Per un approfondimento si rinvia ad un altro articolo su DirittoConsenso: http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/10/la-legittima-difesa-nella-cronaca-e-nel-codice/

[2] Marinucci

[3] Il testo della sentenza può essere consultato qui: https://sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-31997-del-06-12-2019.

[4] Il testo della sentenza può essere consultato qui: http://dirittifondamentali.it/wp-content/uploads/2020/01/Cass.-pen.-49883.2019.pdf