La transitional justice si pone come obiettivo la costruzione di un futuro più giusto e democratico dopo una guerra civile, un regime dittatoriale o un periodo di violazione su larga scala dei diritti umani
La nozione di transitional justice
Il termine “transitional justice” è stato utilizzato per la prima volta in due seminari sui diritti umani che hanno avuto luogo rispettivamente nella Repubblica Ceca e in Austria nei primi anni ’90:
- La conferenza “Political justice and transition to the rule of law in East Central Europe”, Praga 1991;
- Il seminario “Justice in times of transition”, Salisburgo 1992;
Le due conferenze hanno rappresentato il primo sforzo accademico “per applicare l’esperienza delle transizioni latinoamericane dalla dittatura negli anni ’80 alle trasformazioni politiche nell’Europa centrale e orientale dopo la caduta del muro di Berlino”[1].
La transitional justice viene considerata una componente essenziale dell’ondata di democratizzazione che stava interessando molte regioni del mondo in quel dato momento storico. La professoressa di diritto internazionale alle Yale, Fordham e Tel Aviv law schools, Ruti Teitel ha individuato tre fasi principali nello sviluppo della giustizia di transizione.
La prima tappa nell’evoluzione della transitional justice
All’indomani della seconda guerra mondiale, la preoccupazione principale è se sia meglio ricorrere a processi nazionali o internazionali allo scopo di processare i criminali nazisti per crimini contro l’umanità[2], crimini di guerra e contro la pace. I vincitori del secondo conflitto hanno deciso infine di ricorrere ai processi internazionali come meccanismo di transitional justice, istituendo il Tribunale Militare Internazionale (IMT) di Norimberga basato sullo Statuto IMT.
L’introduzione dei processi penali internazionali ha avuto implicazioni molto importanti sull’evoluzione della transitional justice. La prima e più importante novità consiste nel fatto che un intero corpus di diritto penale internazionale è stato redatto allo scopo di ritenere i membri del Reich tedesco responsabili delle violazioni dei diritti umani da loro perpetrate durante la seconda guerra mondiale, prevedendo che gli individui e non gli Stati debbano essere ritenuti responsabili della violazione dei diritti umani.
La seconda tappa
La seconda fase nell’evoluzione della transitional justice ha avuto inizio a metà degli anni ’80, quando nei paesi del Cono meridionale del Sud America si è verificata la transizione dall’autoritarismo alla democrazia. I tribunali nazionali (e non le corti internazionali) tendevano a rispettare gli standard del diritto penale internazionale elaborati all’indomani della seconda guerra mondiale. Emblematico è il caso dell’Argentina dove, dopo la fine del governo militare, si è deciso che tutti gli ex membri del regime che avevano commesso violazioni dei diritti umani dal 1976 al 1982 dovessero essere sottoposti a processo.
Un aspetto importante della seconda fase è stato l’emergere delle commissioni per la verità come meccanismo di giustizia di transizione con lo scopo di raccogliere documenti e divulgare la verità sulle violazioni dei diritti umani che sono state commesse in un dato sistema politico e in un certo periodo di tempo. Le commissioni di verità hanno garantito l’introduzione di problemi di giustizia riparativa nell’agenda della transitional justice con l’obiettivo finale di facilitare il recupero psicologico delle vittime e favorire la riconciliazione sociale.
La terza tappa
L’ultima fase nello sviluppo della transitional justice ha avuto inizio nel 1989, dopo la caduta dell’Unione Sovietica ed è tuttora in corso. Il più importante meccanismo di giustizia di transizione, venuto alla luce in questo ultimo quarto di secolo caratterizzato da guerre civili, stati falliti e frammentazione politica, è stata l’elaborazione di un’importante giurisprudenza in materia di diritto internazionale umanitario e l’istituzione di tribunali penali internazionali. Si tratta di corti permanenti che perseguono individui che hanno commesso crimini di guerra, genocidi e crimini contro l’umanità, come la Corte penale internazionale (ICC), il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia (ICTY) e il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (ICTR).
Un secondo aspetto importante nello sviluppo della transitional justice di questa fase consiste in meccanismi di giustizia di transizione che sono stati messi in atto in Sudafrica nel 1995 al termine del regime dell’apartheid e con l’elezione di un nuovo parlamento nazionale. I canali investigativi adottati dalla commissione per la verità sudafricana costituiscono un modello paradigmatico di ricerca della verità, poiché sono riusciti a divulgare e fornire un resoconto completo di tutte le violazioni dei diritti umani commesse durante l’apartheid.
La transitional justice intrapresa dall’ONU e dall’UE
Tra le principali organizzazioni intergovernative che si sono impegnate negli sforzi di transitional justice, un ruolo di primo piano è svolto dalle Nazioni Unite, attraverso la Commissione per il consolidamento della pace delle Nazioni Unite (UNPC) e dall’Unione europea (UE), attraverso diversi strumenti radicati nella Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
La commissione per il consolidamento della pace delle Nazioni Unite
L’ONU ha stabilito una serie di precedenti per analizzare le questioni dell’impunità, delle riparazioni e delle migliori procedure di transitional justice.
I poteri della Commissione per il consolidamento della pace delle Nazioni Unite non hanno la forza per adottare atti giuridicamente vincolanti, ma solo per fornire raccomandazioni non vincolanti a tutti gli attori coinvolti. Ad esempio, sotto la guida dell’UNPC, nel 2001 è stato concluso l’Afghan Compact, in base al quale tutte le parti interessate nel conflitto, coinvolte nel processo di transitional justice afghana, si sono impegnate a rispettare le raccomandazioni.
Gli sforzi dell’UE in materia di transitional justice
La transitional justice è per l’Unione Europea una nuova area di interesse, entrata recentemente nelle politiche dell’UE che promuovono la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e gli obiettivi della giustizia di transizione. Si tratta di iniziative improntate alla costruzione e alla sicurezza, come la gestione delle crisi, la riforma del settore della sicurezza (SSR), il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento (DDR). In particolare, l’UE utilizza tre strumenti per impegnarsi in iniziative di giustizia di transizione nei paesi terzi: il programma di Stoccolma 2009, la politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) e lo strumento per la stabilità (IFS).
Definizione e meccanismi di transitional justice
Come previsto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nella sua Nota di orientamento del 2010, il termine transitional justice si riferisce a processi e meccanismi sia giudiziari che non giudiziari, comprese iniziative di persecuzione, iniziative di facilitazione nel rispetto del diritto alla verità, riparazione, riforma istituzionale e consultazioni nazionali.
I principali meccanismi di giustizia di transizione sono i seguenti.
Iniziative dell’accusa
L’obiettivo di fondo delle iniziative giudiziarie è sottoporre a processo e condannare i responsabili di violazioni dei diritti umani, del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario che nella maggior parte dei casi coincidono con ex membri di regimi dittatoriali. Le iniziative di perseguimento penale devono essere svolte in modo imparziale, affinché possano essere considerate “credibili” e “legittime”.
Commissioni per la verità
La studiosa Angelika Schlunck ha elaborato i quattro criteri principali che una commissione per la verità deve soddisfare per qualificarsi come tale nella transitional justice:
- Il “passato” deve essere la principale preoccupazione;
- Deve essere fornito un quadro generale delle violazioni dei diritti umani compiute durante un determinato lasso di tempo, piuttosto che su un evento specifico;
- Le commissioni per la verità sono istituite per un determinato e limitato arco di tempo e quasi sempre alla scadenza del mandato emanano una comunicazione sugli esiti delle indagini condotte;
- Le commissioni per la verità sono investite di una certa autorità.
Riparazioni
Esistono diversi tipi di riparazione nella transitional justice. Lo studioso Garcia-Godos distingue tra riparazioni simboliche e materiali:
- Le riparazioni simboliche consistono in riconoscimenti o scuse pubbliche, che mirano a identificare le sofferenze che le vittime delle violazioni dei diritti umani hanno patito;
- Le riparazioni materiali mirano ad attribuire benefici materiali alle vittime di passate violazioni dei diritti umani al fine di risarcirle per gli abusi subiti e possono consistere in una somma forfettaria, nella restituzione di beni precedentemente confiscati o nella prestazione di cure mediche o di pensioni.
In conformità al diritto internazionale pubblico, a ciascuna vittima deve essere assegnata una somma di denaro proporzionale a determinati parametri, tra i quali il salario che si riceverà in futuro, lo status sociale e le spese della vita quotidiana.
Iniziative di riforma istituzionale
Le riforme istituzionali democratiche implicano lo sviluppo di istituzioni operanti secondo il principio dello stato di diritto, nel rispetto dei valori democratici e che si pongono come obiettivo una pace solida e duratura. L’obiettivo di questo meccanismo di transitional justice è garantire che le nuove istituzioni democratiche non commettano più violazioni dei diritti umani.
Consultazioni nazionali
Le consultazioni nazionali comportano il coinvolgimento di tutte le parti interessate (in particolare le vittime) nella progettazione dei meccanismi di transitional justice da mettere in atto in un dato sistema politico. L’ONU può assumere un ruolo centrale nell’istituzione di consultazioni nazionali, promuovendo il coinvolgimento di categorie sociali emarginate e fornendo sostegno finanziario alle autorità di transizione.
Giustizia di genere
Si tratta di un meccanismo di transitional justice che si pone come obiettivo il contrasto all’impunità per violenza sessuale e di genere, garantendo la parità di accesso per il genere femminile al risarcimento della violazione dei diritti umani.
Riforma del sistema di sicurezza
Si tratta di iniziative e attività di trasformazione dell’esercito, della polizia, della magistratura e delle relative istituzioni statali da strumenti di repressione e corruzione in strumenti di servizio pubblico.
Iniziative di commemorazione
Rientrano nella misura di transitional justice musei e memoriali che preservano e tramandano la memoria pubblica delle vittime, rafforzando la coscienza collettiva su abusi e violenze compiute, al fine di impedire il loro ripetersi.
Approccio olistico
Per essere efficace, la transitional justice dovrebbe includere diverse misure che si completano e integrano a vicenda. Nessuna misura è efficace singolarmente, ad esempio la riforma delle istituzioni senza alcun tentativo di appagare l’esigenza di giustizia e verità delle vittime non solo è inefficace dal punto di vista della responsabilità, ma ha anche scarse probabilità di avere successo.
L’approccio olistico implica la presa in considerazione dell’intera gamma di fattori che possono avere contribuito all’abuso. La transitional justice dovrebbe in particolare esplorare il modo in cui donne e uomini vivono in modo diverso i conflitti e le violazioni dei diritti umani attraverso procedimenti giudiziari per violenza di genere, memoriali che raccolgono le esperienze delle donne e riforme istituzionali che promuovono l’accesso delle donne alla giustizia.
La nuova era della globalizzazione
Alla fine del XX secolo la transitional justice, attraverso il fenomeno della globalizzazione, ha rivelato frammentazioni e interdipendenze tra gli Stati ampliando gli orizzonti e le prospettive. Di conseguenza le violazioni dei diritti umani non possono essere qualificate come una questione puramente interna all’ordinamento statale.
In conclusione l’era della globalizzazione ha apportato modifiche fondamentali alla disciplina della transitional justice. Secondo R Teitel la fase attuale della giustizia di transizione può essere delineata in tre aspetti principali:
- La transitional justice non è più caratterizzata dall’eccezionalità della sua applicazione; piuttosto le sue risposte sono state classificate come giustizia “stazionaria” all’indomani di un persistente stato di conflitto, comprese le guerre civili;
- Si assiste a una crescente considerazione degli attori non statali all’interno del mondo globalizzato rispetto a una precedente focalizzazione su pratiche esclusivamente statali;
- La funzione della giurisprudenza si è ampliata fino a comprendere molteplici finalità: dal tradizionale sviluppo della democrazia e consolidamento dello Stato, la legge attualmente include anche la pace e la sicurezza come sue finalità.
Informazioni
Ackerman, 1997. “The Rise of World Constitutionalism.” Virginia Law Review 83 (4): 771
Garcia-Godos, Victim Reparations in Transitional Justice-What Is at Stake and Why, Nordisk
Tidsskrift for Menneskerettigheter, 111(2008)
Schabas, “Transitional justice and the norms of International law”, Japanese society of international law, 2011, p. 1
Teitel, Transitional Justice Genealogy, Harvard Human Rights Journal, 16(2003)
[1] W. Schabas, “Transitional justice and the norms of International law”, Japanese society of international law, 2011, p. 1, http://www.jsil.jp/annual_documents/2011/fall/schabas_trans_just911.pdf
[2] Crimini contro l’umanità e crimine di genocidio nell’ambito del diritto internazionale: definizione, prassi giurisprudenziale e riferimenti all’attualità. Per approfondimenti si rimanda agli articoli di Clarissa Lentini per DirittoConsenso: http://www.dirittoconsenso.it/2021/08/02/i-crimini-contro-umanita/ e http://www.dirittoconsenso.it/2021/06/23/il-crimine-di-genocidio/

Sara Dellerba
Ciao, sono Sara. Sono iscritta al quarto anno della facoltà di Giurisprudenza, presso l’Università degli studi di Torino. Nel mio percorso di studi ho sviluppato un vivo interesse per il diritto internazionale ed umanitario, con particolare riguardo alla condizione femminile e al diritto dei rifugiati. Attraverso Summer schools e conferenze ho poi potuto approfondire la storia e l’ordinamento giuridico dell’India e della Cina, due paesi sempre più centrali nello scenario geopolitico.