In che cosa consiste la mediazione penale minorile e come viene attuata in Italia? Dalle fonti internazionali alle prassi operative nel nostro sistema di giustizia minorile
La mediazione penale minorile e il concetto di “child friendly justice”
La giustizia minorile è un settore molto specifico nell’ambito della protezione dei minori. La peculiarità relativa ai minori autori di reato si sostanzia nel trattamento multidisciplinare e diversificato nei processi penali, diverso da quello riservato ad imputati adulti, a causa della loro vulnerabilità, essendo ancora in un momento formativo del loro sviluppo psico-fisico e identitario, come conferma l’art. 2 delle Regole di Pechino[1]:
“A juvenile is a child or young person who, under the respective legal systems, may be dealt with for an offence in a manner which is different from an adult.”
Questa riflessione sul paradigma della giustizia riparativa si inserisce bene all’interno della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, soprattutto in merito a quali programmi di giustizia riparativa possono essere utilizzati nei procedimenti penali che hanno coinvolto minorenni come autori di reato e vittime come attuazione dei diritti del bambino ad avere una giustizia a misura di minore (child friendly justice approach), in cui i medesimi hanno il diritto di essere ascoltati e di partecipare attivamente.
A tal proposito preme precisare che i sistemi di giustizia minorile devono concentrarsi non solo sulla natura del reato commesso, ma anche sulle cause profonde del fatto criminoso, le singole circostanze del minore coinvolto e sui minori in qualità di vittime e testimoni.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e gli articoli 3 e 39
Riferendosi al concetto di giustizia a misura di minore, lo strumento principale dal quale partire è la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (CRC), dove all’art. 3, è spiegato il superiore interesse del minore, che dovrebbe prevalere in tutte le decisioni riguardanti bambini:
“In all actions concerning children, whether undertaken by public or private social welfare institutions, courts of law, administrative authorities or legislative bodies, the best interests of the child shall be a primary consideration […][2]”.
Tuttavia il testo della CRC[3] non menziona espressamente il sistema di “giustizia riparativa”, ma esprime il diritto del minore ad avere una giustizia a misura di minore, con un focus sulla responsabilizzazione del minore rispetto al crimine commesso e la sua reintegrazione all’interno della società.
La CRC ha come obiettivo la tutela dei diritti dei minori che entrano in conflitto con il sistema giudiziario, attraverso alcuni principi cardine:
- il trattamento penale deve mirare alla rieducazione e al reinserimento sociale dei i minorenni autori di reato,
- l’obbligo degli Stati firmatari di fissare un’età attribuibile al di sotto della quale nessun minore può essere condannato,
- l’uso di misure alternative alla detenzione,
- l’obbligo di proteggere i minori nei procedimenti penali e di disporre come misura ultima nei casi in cui non sia possibile adottare misure diverse la detenzione in istituti di pena.
Tuttavia la svolta è rappresentata dall’art. 39 della CRC, in cui si menziona la protezione dei minori vittime, attraverso l’assistenza, compreso l’aiuto alle vittime e sopravvissute a violenze, violenze sessuali, abbandono, sfruttamento di ogni genere, abusi, torture, armi conflitto e tratta:
“States Parties shall take all appropriate measures to promote physical and psychological recovery and social reintegration of a child victim of: any form of neglect, exploitation, or abuse; torture or any other form of cruel, inhuman or degrading treatment or punishment; or armed conflicts. Such recovery and reintegration shall take place in an environment which fosters the health, self-respect and dignity of the child”.
Questa peculiarità è legata al paradigma della giustizia Riparativa perché l’articolo stabilisce l’importanza del reinserimento sociale, del recupero e della dignità sociale, ed è questo che la Giustizia Riparativa sta cercando di creare e promuovere concretamente, attraverso la mediazione e altri strumenti ad essa connessi.
Quali sono le porte di ingresso normative della mediazione penale nel processo penale minorile?
Nonostante a livello nazionale manchi una norma definitoria che stabilisca le porte di ingresso della mediazione o di altri strumenti della giustizia riparativa, in termini di prassi i diversi tribunali nazionali con l’ausilio dei Centri di Giustizia riparativa sparsi sul territorio nazionale hanno permesso la sperimentazione e l’ingresso di tale rito speciale.
La disposizione di una normativa ad hoc diviene tanto più importante oggi, a seguito della recente approvazione dell’ordinamento penitenziario minorile[4]. Seppur specificamente in relazione alla fase esecutiva, vi è infatti contenuto, all’art. 1, il primo riferimento in una fonte legislativa interna alla giustizia riparativa:
“L’esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato. Tende altresì a favorire la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero.”.
Tale riferimento, tuttavia, rischia di rimanere ambiguo quanto al suo significato, non fornendo le indicazioni operative necessarie allo svolgimento dei programmi di giustizia riparativa.
Tuttavia in termini di prassi consolidate, sono varie e diverse tra loro le interazioni tra giustizia riparativa e procedimento penale minorile, riguardanti da un lato le modalità con cui la giustizia riparativa trova ingresso nel procedimento giudiziario, dall’altro la successiva incidenza su di esso.
La via di accesso per eccellenza è sempre stata l’art. 28 d.P.R. 448/1988, che prevede la possibilità, per il giudice minorile, di sospendere con ordinanza il processo penale per valutare la personalità del minorenne all’esito di un percorso di messa alla prova. L’imputato viene affidato ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno.
La normativa dell’art. 28 presenta il vantaggio di permettere l’accesso a percorsi di giustizia riparativa senza particolari limitazioni oggettive, anche per reati gravi, ma presenta il limite della collocazione in una fase avanzata del processo, mai anteriore all’udienza preliminare. A tal proposito si è ricorsi all’art. 9 d.P.R. 448/1988, dalla portata particolarmente trasversale. Infatti si è ritenuto che nel processo informativo e valutativo della personalità del minorenne imputato, affidato al servizio sociale minorile, ben potesse essere ricompreso anche il percorso di giustizia riparativa, quale ulteriore elemento di valutazione.
L’ampiezza della norma contenuta nell’art. 9 ha permesso l’utilizzo della disposizione quale veicolo normativo privilegiato anche in fasi successive alle indagini preliminari.
In questa ottica, l’art. 9 è divenuto uno strumento prezioso per l’innesto della mediazione in fase di dibattimento. Analogamente, si ricorre all’art. 9 per l’invio alla mediazione in quei contesti territoriali nei quali si ritiene di tenere fuori quest’ultima dai progetti di messa alla prova, pur collocandosi nel medesimo frangente temporale.
Una modalità ulteriore di ingresso della giustizia riparativa, sperimentata in diversi distretti giudiziari, è correlata alla normativa dettata per gli imputati minorenni, ovvero che non abbiano superato i quattordici anni di età e che dunque risultino non imputabili.
Si registra, infatti, un disagio notevole da parte dei professionisti della giustizia minorile per non disporre di strumenti alternativi adeguati ad offrire una risposta educativamente proficua in tali situazioni.
Nel caso in cui il percorso di giustizia riparativa sia portato a termine, sono molteplici le soluzioni individuate in via di prassi affinché la ricomposizione del conflitto si riverberi sulla definizione del procedimento penale.
Nel caso di mediazione incardinata o comunque collegata ad un percorso di messa alla prova, essa potrà influire sulla valutazione positiva della prova ai fini dell’estinzione del reato (art. 29 d.P.R. 448/1988).
Se invece la mediazione o altro percorso di giustizia riparativa sono stati svolti sulla base dell’art. 9 d.P.R. 448/1988, le strade sperimentate per consacrare l’esito nel procedimento sono plurime: la più diffusa è stata individuata nell’art. 27 d.P.R. 448/1988, che sancisce la possibilità di emettere una sentenza di non procedibilità per irrilevanza del fatto. Si ritiene in tali casi che un fatto, pur non irrilevante in sé, possa essere considerato tale a seguito di un cammino relazionale che conduca le parti a riconoscersi quali membri di una medesima comunità e a condividere la valenza delle sue regole fondamentali.
Conclusioni
La mediazione può offrire un ambiente in cui i minori vittime, partecipano attivamente a un processo che soddisfi il loro bisogno di avere una risposta su ciò che hanno subito, ma allo stesso tempo rappresenta l’opportunità per il reo di passare da una responsabilità oggettiva verso qualcosa (il reato) a una responsabilità soggettiva ovvero verso qualcuno (vittima/comunità) attraverso l’incontro con l’altro.
Qualsiasi modello europeo di giustizia riparativa deve dimostrare che è concepito e realizzato nell’interesse superiore del minore, che facilita il diritto del minore di essere ascoltato e che adotta tutte le misure necessarie per proteggere il minore da una vittimizzazione secondaria.
Informazioni
Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19/99 (https://rm.coe.int/168091ebf7 )
D. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121 (https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/linee_indirizzo_esecuzione_pene_minori_15gen2020.pdf )
Codice processo penale minorile – D.P.R. 448/1988 “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”.
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dalle Nazioni Unite (ONU) nel 1989 a New York (https://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/crc.aspx )
“Il processo penale minorile. Con formulario e Giurisprudenza” a cura di Armando Macrillò, Fulvio Filocamo, Guido Mussini, Debora Tripiccione, Maggioli Editore, III Ed.,2017
http://www.dirittoconsenso.it/2021/05/19/ordinamento-penitenziario-minorile/
http://www.dirittoconsenso.it/2020/03/11/irrilevanza-del-fatto/
[1] Regole minime standard delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia minorile (“The Beijing Rules”) adottate con risoluzione dell’Assemblea generale 40/33 del 29 novembre 1985
[2] Art. 3, Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia. “States Parties undertake to ensure the child such protection and care as is necessary for his or her well-being, taking into account the rights and duties of his or her parents, legal guardians, or other individuals legally responsible for him or her, and, to this end, shall take all appropriate legislative and administrative measures. States Parties undertake to ensure the child such protection and care as is necessary for his or her well-being, taking into account the rights and duties of his or her parents, legal guardians, or other individuals legally responsible for him or her, and, to this end, shall take all appropriate legislative and administrative measures.
States Parties shall ensure that the institutions, services and facilities responsible for the care or protection of children shall conform with the standards established by competent authorities, particularly in the areas of safety, health, in the number and suitability of their staff, as well as competent supervision.”
[3] Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dalle Nazioni Unite (ONU) nel 1989 a New York.
[4] d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121

Giulia Baldissera
Ciao, sono Giulia. Studentessa e laureanda alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Padova. Sono mediatrice sociale e penale del Centro di Mediazione di Padova. Junior fellow del FamTech Institute, osservatorio che si occupa di ricerca e sensibilizzazione in tema diritto di famiglia e nuove tecnologie. Ho effettuato alcune esperienze all'estero come la "Frontiers of Children Rights" summer school alla Leiden University e come Elsa Delegate alla 87th Session Committee on the rights of the Child (OHCHR). Sono appassionata di diritto minorile, diritto penale minorile, esecuzione penale e giustizia riparativa.