L’evoluzione dell’inutilizzabilità delle intercettazioni: dal codice di procedura penale alla sentenza n. 23244 del 2021 della Corte di Cassazione
L’inutilizzabilità delle intercettazioni: il panorama
L’inutilizzabilità delle intercettazioni implica, in primo luogo, una breve premessa circa la natura stessa delle intercettazioni di comunicazioni. Queste altro non sono che mezzi di ricerca e acquisizione di notizie.
Come è noto, le intercettazioni hanno luogo all’insaputa delle persone sottoposte alle indagini e consistono nella registrazione del contenuto delle conversazioni tra presenti o tra soggetti fra loro distanti attraverso apparecchi telefonici o strumenti informatici[1].
Oggetto del presente articolo è, però, l’inutilizzabilità di queste risultanze ai sensi dell’art. 191 c.p.p. Per «inutilizzabilità» si intende quel tipo di invalidità che non inficia tanto l’atto in sé, quanto impedisce la sua utilizzabilità a fini probatori.
Pertanto, allorquando si intercettino comunicazioni al di fuori delle ipotesi previste dal codice di procedura penale oppure in violazione delle forme prestabilite, si incorrerà nella declaratoria di inutilizzabilità. Quest’ultima può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo dal Giudice. Contestualmente il medesimo disporrà la distruzione delle registrazioni nonché della relativa documentazione salvo che questa costituisca notizia di reato di altri procedimenti. Il contenuto delle intercettazioni operate illegalmente non potrà essere immesso nel processo neppure attraverso la testimonianza dei funzionari della Polizia giudiziaria deputati all’ascolto.
Il codice di rito prevede quattro ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni che hanno subìto nel tempo molteplici trasformazioni e interpolazioni. La disposizione cardine che prevede i casi di inutilizzabilità delle intercettazioni è l’art 271 c.p.p., rubricato “Divieti di utilizzazione”.
Le ipotesi di inutilizzabilità nel codice di rito: l’art. 271, comma 1 in relazione all’art. 267 c.p.p.
Il primo comma della norma sancisce che sono inutilizzabili quelle comunicazioni intercettate al di fuori dei casi consentiti dalla legge e qualora non venga osservata la disciplina dettata dagli artt. 267 e 268 c.p.p.
Il richiamato art. 267 c.p.p.[2] detta al primo comma i presupposti e le forme del provvedimento che dispone l’inizio dell’attività intercettiva. Primo tra questi è rispettare i limiti di ammissibilità dettati dall’art. 266 comma 1 c.p.p. il quale consente le operazioni solo nei procedimenti relativi ai reati ivi elencati. Qualora le intercettazioni vengano disposte per fatti-reato diversi, i risultati saranno inutilizzabili.
Alla luce di tale assunto, ci si domanda se sia corretto propendere per l’inutilizzabilità di quelle conversazioni intercettate per un fatto-reato originariamente ipotizzato – e per il quale il Giudice ha autorizzato le operazioni – successivamente riqualificato in delitto per il quale il codice di rito non consente tali mezzi di ricerca della prova.
In seguito a pronunce tra loro divergenti, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23244 del 2021[3] ha chiarito che le risultanze delle intercettazioni saranno inutilizzabili solo quando le intercettazioni vengano, in un primo momento, disposte a seguito della richiesta del Pubblico ministero nell’ambito di un procedimento relativo a un fatto-reato per cui sono consentite e, successivamente, emerga come, già dalla medesima richiesta, fosse in realtà manifesto che il fatto avrebbe dovuto essere qualificato in altro e diverso reato per cui l’attività intercettiva è preclusa.
Diverso il caso in cui le intercettazioni vengano richieste e autorizzate in base a un titolo di reato elencato nell’art. 266 c.p.p. e, in seguito al prosieguo delle indagini, il fatto-reato venga riqualificato in diverso delitto ivi non ricompreso. Invero, la richiesta del Pubblico ministero e il conseguente decreto autorizzato del G.i.p., essendo pienamente legittimi, rendono le risultanze utilizzabili.
Anche la violazione del secondo requisito elencato dall’art. 267 c.p.p. – ovvero l’omessa motivazione del G.i.p. del decreto di autorizzazione alle operazioni o del provvedimento che convalida il decreto d’urgenza del Pubblico ministero[4] circa la presenza di gravi indizi di reato – rende del tutto inutilizzabili le intercettazioni.
Il terzo presupposto è l’assoluta indispensabilità dell’intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini. Il controllo del Giudice su tale requisito è meno incisivo tanto che egli «potrà solo in astratto indicare la indefettibilità dello strumento captativo e l’attualità di un pericolo di perdita di rilevanti dati investigativi in assenza del mezzo di ricerca»[5] e, dunque, il sindacato circa l’inutilizzabilità delle intercettazioni si sovrapporrà a quello previsto per i gravi indizi di reato.
Ai sensi del terzo comma dell’art. 267 c.p.p.[6] saranno inutilizzabili le intercettazioni allorché l’attività di indagine è proseguita dopo la scadenza del termine di durata originariamente stabilito dal Pubblico ministero o prorogato poi dal Giudice nonché, in forza del quarto comma[7], quando le operazioni non sono state eseguite dal Pubblico ministero o da un Ufficiale di Polizia giudiziaria e, ancora, in violazione dell’ultimo comma[8], ove non siano state annotate sull’apposito registro.
(segue) il combinato disposto tra l’art. 271, comma 1 c.p.p. e l’art. 268 c.p.p. e le altre ipotesi di inutilizzabilità di cui all’art. 271 c.p.p.
Come accennato nel paragrafo precedente, l’art. 271 c.p.p. richiama l’art. 268, commi 1 e 3 c.p.p.[9] e, secondo il combinato disposto tra le norme, saranno inutilizzabili le comunicazioni intercettate che non siano state registrate o di cui non sia stato redatto il relativo verbale[10] e altresì le conversazioni registrate utilizzando impianti diversi da quelli installati nella Procura della Repubblica.
E se il supporto informatico su cui sono state registrate le comunicazioni si è deteriorato? La risposta a questo interrogativo è stata fornita dai giudici di legittimità nella sentenza n. 8045 del 2020[11]. Il citato provvedimento stabilisce come, qualora tale supporto sia illeggibile, il contenuto non sarà inutilizzabile, ma potrà essere ricavato e ricostruito dai verbali delle operazioni.
Volgendo ora lo sguardo verso le altre ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni, si dica che il comma 1-bis dell’art. 271 c.p.p., introdotto ad opera del Decreto legislativo 29 dicembre 2017, n. 216 – la c.d. riforma Orlando –, sancisce che non sono utilizzabili i dati acquisiti nel corso delle operazioni preliminari all’inserimento del captatore informatico sul dispositivo elettronico portatile e i dati acquisiti al di fuori dei limiti di tempo e di luogo indicati nel decreto autorizzativo.
Il secondo capoverso dell’art. 271 c.p.p. prevede l’inutilizzabilità delle intercettazioni relative alle conversazioni delle persone indicate nell’art. 200, comma 1 c.p.p.[12] come, ad esempio ministri di confessioni religiose, difensori e consulenti tecnici, quando hanno ad oggetto dati conosciuti in ragione del loro ufficio, salvo che questi abbiano già deposto a riguardo.
Le fattispecie residuali in tema di inutilizzabilità delle intercettazioni
Le ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni sono racchiuse in diverse disposizioni del Codice di procedura penale tra cui l’art. 270 c.p.p., rubricato come “Utilizzazione in altri procedimenti”.
Il primo comma della norma prevede che i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che le intercettazioni telefoniche risultino rilevanti e indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e anche, in alternativa, dei reati di cui all’articolo 266, comma 1 c.p.p. (tra cui troviamo i delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, delitti concernenti sostanze stupefacenti, reato di minaccia e delitto previsto dall’art. 612-bis c.p.[13]).
Altresì, il comma 1-bis, richiamando il precedente capoverso, ammette che le intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico possano essere utilizzate anche per la prova di reati diversi qualora risultino indispensabili per l’accertamento dei delitti elencati dall’art. 266, comma 2-bis c.p.p. Sempre a pena di inutilizzabilità, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni devono essere depositati presso l’autorità giudiziaria competente per il diverso procedimento.
Concludendo la disamina delle ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni, vi è poi l’art. 103, comma 7 c.p.p., il quale sancisce l’inutilizzabilità delle comunicazioni e conversazioni intercettate con i difensori, consulenti tecnici, investigatori privati autorizzati, incaricati in relazione al procedimento nonché degli ausiliari effettuate in violazione del divieto di intercettare del precedente comma 5.
Da ultimo, ricordiamo ancora l’art. 343 comma 4 c.p.p. secondo cui la conversazione intercettata non può essere utilizzata come prova nel processo penale ove questa sia stata eseguita in difetto dell’autorizzazione a procedere prescritta ex art. 344 c.p.p.
Conclusioni con alcuni esempi
Analizzata la disciplina codicistica in ordine all’inutilizzabilità delle intercettazioni, si voglia concludere riportando alcuni esempi pratici:
- Se un soggetto registra una conversazione tra due persone estranee con un proprio dispositivo mobile (ad esempio lasciando tale oggetto su un tavolo e allontanandosi), le risultanze di quella comunicazione saranno inutilizzabili come prova in un eventuale procedimento in quanto ottenute in palese violazione della normativa;
- Se, nel flusso di conversazioni dell’intercettato, questi colloquia con il proprio difensore, quanto appresso da tale comunicazione sarà inutilizzabile come prova nel processo;
- Se la persona sottoposta alle indagini riferisce di aver commesso un reato diverso da quello per cui si procede e per il quale non possono essere disposte le intercettazioni, siffatta comunicazione non potrà costituire notizia di reato e la conversazione sarà inutilizzabile nel processo;
- Se, nel procedimento disciplinare a carico di un magistrato, manca l’autorizzazione a procedere all’attività intercettiva, tutte le comunicazioni intercettate saranno inutilizzabili[14].
Informazioni
Galatini N., Profili di inutilizzabilità delle intercettazioni anche alla luce della nuova disciplina, in Dir. pen. cont., 2018.
Pretti D., La Cassazione su riqualificazione del fatto-reato e utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, in Sistema Penale, 2021.
Pretti D., La metamorfosi delle intercettazioni, ultimo atto? La legge n. 7/2020 di conversione del d.l. n. 161/2019, in Sistema Penale, 2020.
Pretti D., La metamorfosi delle intercettazioni: La contro-riforma Bonafede e l’inarrestabile mito della segretezza delle comunicazioni, in Sistema Penale, 2020, p. 71 e ss.
Scaparone M., Procedura penale. Volume I. Quinta edizione, Giappichelli, Torino, 2017.
[1] Si suole distinguere tra intercettazioni telefoniche, ovvero registrazioni delle conversazioni tra soggetti lontani tra loro per mezzo del telefono, e intercettazioni ambientali, ossia captazioni di comunicazioni e segni tra persone presenti l’una all’altra tanto all’interno del proprio domicilio privato tanto nei confini del proprio domicilio informatico attraverso il captatore informatico (c.d. trojan horse). Per un approfondimento circa la natura giuridica, i limiti e l’applicabilità dello strumento delle intercettazioni si veda l’articolo pubblicato il 13 settembre 2021, reperibile al seguente link http://www.dirittoconsenso.it/2021/09/13/le-intercettazioni-impiego-mezzo-di-ricerca-della-prova/. Qualora si voglia sviscerare il tema del captatore informatico si consiglia la lettura del seguente articolo http://www.dirittoconsenso.it/2021/11/11/captatore-informatico-trojan-di-stato/.
[2] Art. 267 c.p.p. Presupposti e forme del provvedimento: «1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l’autorizzazione a disporre le operazioni previste dall’articolo 266. L’autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l’intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini. Il decreto che autorizza l’intercettazione tra presenti mediante inserimento di captatore informatico su dispositivo elettronico portatile indica le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini; nonché, se si procede per delitti diversi da quelli di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, e dai delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, determinata a norma dell’articolo 4, i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono».
[3] Cass., pen., sez. VI, sentenza 20 gennaio 2021, n. 23244. Vedi conforme Cass., pen., sez. I, sentenza 19 marzo 2021, n. 12749, in CED Cassazione, 2021, la cui massima statuisce: «In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazione, sono utilizzabili i risultati delle operazioni disposte in riferimento ad un titolo di reato per il quale le stesse sono consentite, anche quando vi sia stata una successiva diversa qualificazione giuridica del fatto».
[4] Il decreto d’urgenza emesso dal Pubblico ministero è previsto dal secondo comma dell’art. 267 c.p.p.: «2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l’intercettazione con decreto motivato, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato nel comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l’intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati».
[5] Galatini N., Profili di inutilizzabilità delle intercettazioni anche alla luce della nuova disciplina, in Dir. pen. cont., 2018, p. 5.
[6] Art. 267 c.p.p.: «3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1».
[7] Art. 267 c.p.p.: «4. Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria».
[8] Art. 267 c.p.p.: «5. In apposito registro riservato gestito, anche con modalità informatiche, e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica, sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l’inizio e il termine delle operazioni».
[9] Art. 268 c.p.p. Esecuzione delle operazioni: «1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale […] 3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria».
[10] Così si pronuncia anche la Cass., pen., sez. VI, sentenza 16 dicembre 2020, n. 8045, in Massima redazionale, 2021, la cui massima afferma che: «L’art. 268 c.p.p. prevede che le comunicazioni intercettate sono registrate e che delle operazioni è redatto verbale nel quale è sommariamente descritto il contenuto delle conversazioni: la redazione del verbale delle operazioni, che documenta l’attività di polizia giudiziaria, è prescritta a pena di inutilizzabilità delle risultanze delle operazioni stesse (art. 271, comma 1 c.p.p.), e non si estende alla mancanza dei c.d. brogliacci di ascolto nei quali sono riportate, in sintesi, le conversazioni intercettate».
[11] Cass., pen., sez. VI, sentenza 16 dicembre 2020, n. 8045, in Quotidiano Giuridico, 2021.
[12] Ovvero anche investigatori privati autorizzati, notai, medici e chirurghi, farmacisti, ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria ovvero gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre.
[13] L’elenco dei reati è tassativo ed è stato, da ultimo, modificato dal D.L. 30 dicembre 2019, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7.
[14] Esempio tratto dalla massima della Cass., civ., Sez. un., sentenza 8 aprile 2021, n. 9390, in CED Cassazione, 2021.

Serena Ramirez
Ciao, sono Serena. Classe 1996, torinese e di origini sudamericane, laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Torino. Dai primi anni di studio sono appassionata al diritto penale e, avendo trascorso sei mesi di mobilità all'estero, anche al diritto internazionale. Mi piace descrivermi come una persona determinata, curiosa, tenace e perseverante.