In Italia è possibile intraprendere la strada dell’adozione senza matrimonio?
Di che cosa ha bisogno un bambino per essere felice? La risposta della legge italiana
Per essere felice, un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà sposati da almeno tre anni. È questo che dice la legge italiana. È questo ciò di cui sono convinte alcune associazioni che si occupano di adozione. Ma è davvero così?
Sono quindici i Paesi che ammettono all’adozione solo le coppie unite in matrimonio. L’Italia è uno di questi.
L’art. 6 della legge 184/83, come modificata dalla legge 149/2001, recita:
“L’adozione è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o che raggiungano tale periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo di convivenza prematrimoniale, e tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendano adottare”.
C’è un altro vincolo che le coppie devono rispettare: quello che riguarda la differenza di età tra loro e l’adottato.
Tra adottante e adottato non può esserci una differenza di età superiore a 45 anni per uno dei coniugi e 55 per l’altro. C’è, però, una deroga che opera se si adottano due o più fratelli, oppure se si ha già un figlio minorenne naturale o adottivo.
La differenza minima, invece, è di 18 anni.
La ratio di tali limiti è quella di garantire all’adottato dei genitori che siano in grado di seguirlo fino all’età adulta, “in una condizione analoga a quella di una genitorialità naturale” si legge sul sito della Commissione per le Adozioni Internazionali.
Insomma, in Italia senza matrimonio non è possibile neanche pensare all’adozione. Gli aspiranti genitori vengono sottoposti ad una serie di accertamenti legali, sanitari, sociali e psicologici per comprendere se possano essere ritenuti idonei a soddisfare i bisogni fisici e psichici di un bambino, a mantenerlo, ad accogliere un figlio nella loro vita e ad affrontare le eventuali difficoltà di inserimento. Al primo posto c’è sempre il bene del minore.
Le parole di Papa Francesco e la proposta di “rivoluzione culturale” di Aibi-Amici dei Bambini
Nella prima udienza generale del 2022, Papa Francesco ha parlato di adozione e di animali domestici. Ma quelle che qui ci interessano sono le parole che ha speso sulle procedure di adozione.
Parola d’ordine: snellire. E così, Aibi-Amici dei Bambini, l’organizzazione non governativa costituita da un movimento di famiglie adottive e affidatarie che dal 1986 lavora al fianco dei bimbi ospiti degli istituti di tutto il mondo per combattere l’emergenza abbandono, ha avanzato una proposta: eliminare il passaggio dal Tribunale dei minorenni per concedere l’idoneità all’adozione internazionale.
Il motivo che sta alla base di questa richiesta è molto semplice: i Tribunali prendono le decisioni dopo aver ascoltato e letto quanto riportato dai servizi socio-assistenziali da loro stessi incaricati. Quindi, perché non far sì che l’idoneità all’adozione sia rilasciata con un provvedimento amministrativo da parte di quegli stessi servizi che vengono incaricati dai Tribunali?
Al momento sono solo due i Paesi europei che hanno mantenuto il passaggio dal Tribunale dei minorenni: il Belgio e l’Italia. Tutti gli altri hanno sostituito l’idoneità giudiziaria con quella amministrativa.
Adozione consentita ai single italiani: quando e perché?
Ci sono dei casi particolari in cui è consentito anche ai single italiani di adottare un minore. Ciò può accadere nelle seguenti ipotesi:
- quando un bimbo ha perso entrambi i genitori e una persona particolarmente legata a lui per rapporti di parentela o amicizia si rende disponibile ad adottarlo;
- quando un minore non ha più i genitori ed è affetto da una disabilità fisica o psichica: in questi casi trovare una coppia che si senta pronta ad affrontare la condizione di disabilità risulta particolarmente difficile;
- quando si è nella condizione della cd. continuità affettiva. Ciò può accadere a seguito dell’affido. I single, infatti, possono essere affidatari[1]. Nel caso in cui i genitori si trovino in un momento di difficoltà che i servizi sociali pensano possa essere superato, il minore viene dato in affido. Cessate le problematiche del nucleo familiare, il minore rientra a casa. Se, però, le difficoltà diventano irreversibili, il minore viene dichiarato adottabile ed è questo il caso in cui per non traumatizzarlo è possibile che venga adottato proprio dall’affidatario con il quale ha condiviso alcuni mesi della sua vita e a cui si è legato affettivamente.
Dei centosessanta Paesi al mondo in cui è prevista l’adozione sono cento quelli che consentono di intraprende questo percorso anche alle persone non sposate.
Ma alt! Non pensate che sia sufficiente trasferirsi in uno di questi cento per aggirare la normativa italiana. Le procedure dell’adozione internazionale sono svolte in base alle leggi del Paese in cui il richiedente ha la residenza. Quindi non è possibile per un italiano residente in Italia adottare altrove al fine di aggirare i divieti previsti.
Quello che è possibile fare, però, è il cambio di residenza. Infatti, per un cittadino italiano residente all’estero da almeno due anni, l’iter da seguire è quello del Paese di nuova residenza. Una volta rientrati in Italia, sarà necessario chiedere al Tribunale dei minori il riconoscimento della decisione presa dallo Stato estero al fine di legittimare l’adozione. In questi casi, come in tutti quelli che riguardano l’adozione di minori da parte di una persona non coniugata, è necessaria l’approvazione come “adozione in casi particolari”.
Alba
Alla luce di quanto fin qui esposto, è legittima una domanda: se la legge italiana dice che un bambino sano per essere felice ha bisogno di una mamma e di un papà sposati da almeno tre anni, perché la stessa regola non vale per i bimbi che, purtroppo, sono affetti da disabilità?
Perché in questi casi è più difficile – a volte impossibile – trovare delle coppie disposte ad adottare. Questa è la risposta.
Riassumendo, si arriva alla conclusione che i bimbi in buona salute hanno l’assoluta necessità di avere due genitori coniugati, mentre quelli più sfortunati, i bimbi “difettati” – così li definiscono alcuni – si devono poter accontentare di un genitore single perché è arduo trovare delle coppie disposte ad accoglierli nella loro vita. Ma niente paura, come direbbe Ligabue. Perché i bimbi affetti da disabilità che entrano a far parte di una microfamiglia sono circondanti dallo stesso affetto degli altri. Anzi, a volte anche di più. Perché chi non ha trovato l’altra metà della mela può comunque essere avvolto da una nuvola di amore dentro la quale far entrare un altro piccolo essere umano.
Basti pensare ad Alba, la figlia di Luca Trapanese, l’uomo che alcuni definiscono un eroe.
Questa meravigliosa bimba bionda con un sorriso luminoso come il sole è stata abbandonata dai genitori alla nascita e poi ha rischiato di rimanere in ospedale ed entrare in istituto a causa dei rifiuti delle coppie candidate all’adozione. Il motivo dei “no” era sempre lo stesso: la paura. Alba è affetta dalla sindrome di down, il che significa che è bellissima, gioiosa, ama giocare, chiacchierare, adora la musica. Ah, c’è anche un’altra cosa! Ha un cromosoma in più. Ed è proprio questo cromosoma in più che colpiva le future potenziali mamme e i futuri potenziali papà prima ancora dei suoi dolci occhi. Ed è giusto che chi non si è sentito all’altezza, chi non desiderava diventare la mamma o il papà di Alba abbia avuto la possibilità di rifiutare. Così come è giusto che Luca abbia avuto la possibilità di dire “sì”.
Ciò che ha spaventato i potenziali genitori ha reso felice Luca e Alba. Tra l’altro questo è il nome perfetto per un’entusiasta della vita come lei!
Che cosa dice la legge nel resto del mondo?
Paese che vai, adozione che trovi! Ogni Paese ha il proprio elenco di requisiti che gli aspiranti single parents devono possedere per candidarsi come genitori adottivi. Alcuni hanno delle preferenze religiose, altri richiedono il rispetto di limiti d’età.
Nel Paese della Torre Eiffel, per esempio, l’adozione da parte dei single è consentita, purché abbiano più di trent’anni.
In quello del Big Ben, invece, si richiede che l’adottante abbia un’età maggiore di ventuno anni.
Nella terra della Sagrada Familia e nello stato della Porta di Brandeburgo l’aspirante genitore non coniugato deve aver compiuto venticinque anni.
In India sia le donne che gli uomini possono adottare come genitori single, ma le coppie coniugate hanno la precedenza (come in Vietnam), i minori devono avere almeno cinque anni, gli uomini possono adottare solo minori di sesso maschile.
In Cina, invece, solo le donne single sono autorizzate ad adottare come single parent.
E poi ci sono le Filippine, dove solo le donne single di età pari o superiore a ventisette anni possono adottare, ma con delle limitazioni: i bambini devono avere un’età compresa tra i nove e i quindici anni, oppure essere bambini “con bisogni speciali”. Anche qui le coppie sposate hanno la precedenza.
E in Colombia? Il paese delle empanadas, che nulla hanno da inviare ai nostri panzerotti, consente l’adozione sia alle mamme single che ai papà single.
E poi ci sono la Costa Rica, il Perù, il Brasile, l’Ecuador, la Repubblica Ceca, gli Stati Uniti… tanti Paesi, ognuno con le sue regole, con i suoi limiti, con dei single parents che desiderano accogliere nella loro vita un bimbo a cui donare amore.
Esistono tante storie su questo tema, come quella del compianto attore Willie Garson – l’amico di Carrie Bradshaw in Sex and The City – che, dopo una storia ventennale con una donna che non voleva figli, ha deciso di adottare Nathen da padre single, e come quella di Sandra Bullock, che a seguito del naufragio della storia d’amore a causa del tradimento del suo ex marito Jesse G. James, ha continuato da sola a perseguire il suo sogno diventando la mamma di Louis e Laila, e che solo in seguito ha trovato l’altra metà della mela, il fotografo Bryan Randall. E poi c’è Charlize Theron, mamma single di Jackson e August.
Negli orfanotrofi ci sono tanti bambini che non piangono più, perché sanno che piangere o no è la stessa cosa: nessuno li andrà a consolare, nessuno correrà da loro. E quindi, alla luce di quanto ho raccontato fin qui, concludo imprimendo su questa pagina bianca un augurio a tutti i piccoli esseri umani del mondo: spero che piangiate a pieni polmoni – d’altronde il nostro viaggio in questa vita inizia proprio così.
Informazioni
http://www.commissioneadozioni.it
F. Ruscello, Diritto di famiglia, Pacini Giuridica, 2020
L. Lenti, Diritto di famiglia e servizi sociali, Giappichelli, ult. edizione

Beatrice Alba
Ciao, sono Beatrice. Classe 1997. Abito nella città dei gianduiotti, ma nelle mie vene scorre sangue siculo. Collaboro con DirittoConsenso dal 2020. Nel 2021 ho conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza e nel 2022 ho portato a termine un Master di II° livello in Diritto dei mercati agroalimentari presso l’Università degli Studi di Torino. Attualmente svolgo la pratica forense presso uno studio legale in cui mi occupo di diritto civile, diritto penale e diritto del lavoro. È quindi chiaro che l’indiscusso protagonista del mio percorso professionale è il diritto. Sono una persona ottimista, affidabile ed estremamente organizzata. La pianificazione delle giornate è un ingrediente fondamentale per portare a termine con successo tutte le attività della professione forense e ritagliarmi del prezioso tempo libero (indispensabile per ricaricare le energie).