Cosa accade qualora una società debitrice non adempia alle sue obbligazioni e quali azioni può esperire il creditore contro l’impresa insolvente? Parliamo di responsabilità d’impresa

 

Persona fisica e persona giuridica

Raramente si riflette su un quesito che può apparire certamente come curioso: qual è la prima norma con cui il legislatore ha voluto esordire nel codice civile? Ebbene, l’art. 1 è dedicato ad un concetto spesso dato per scontato, ma senza il quale ogni discorso giuridico perderebbe di significato: “La capacità giuridica si acquisisce al momento della nascita”. Questa norma deve essere letta insieme all’articolo seguente al quale è indissolubilmente legata. “Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa” (art. 2 c.c.).

Queste disposizioni menzionano due concetti giuridici che non soltanto sono posti alla base dell’intera disciplina delle obbligazioni, ma sono condivisi da tutte le altre branche che compongono il diritto. Essi stabiliscono i concetti di capacità giuridica e capacità d’agire. Con capacità giuridica si intende l’attitudine ad essere titolari di situazioni giuridiche soggettive, ovvero diritti e doveri. La capacità d’agire, invece, indica l’idoneità del soggetto a porre validamente in essere atti idonei ad incidere sulle posizioni giuridiche soggettive di cui è titolare (come, ad esempio, l’idoneità a disporre del proprio patrimonio).

Queste due fondamentali categorie giuridiche sono riconosciute implicitamente a ciascun essere umano. Se la capacità giuridica richiede che il soggetto sia in vita (salva la disciplina che riconosce alcuni particolari diritti in capo al c.d. nasciturus[1] durante il periodo di gestazione), la capacità d’agire (come d’altronde recita la disposizione) si consegue con la maggiore età. La possibilità che un soggetto ha di mangiare ad un ristorante, acquistare un giornale o prendere un treno discende dalla sussistenza di questi due requisiti (anche se, a ben vedere, nei costumi sociali è oggi ammesso ai minori di diciotto anni il compimento di alcuni atti rientranti nella quotidianità, come acquistare il biglietto del bus, in autonomia).

Applicare le categorie appena presentate alle società, senza ulteriori indicazioni se non quanto già spiegato, non risulta possibile. E d’altronde capacità giuridica e capacità d’agire sono collegate alla persona fisica. Per ovviare a questo cortocircuito logico, da millenni il diritto conosce la categoria di persona giuridica: trattasi di complessi organizzati di persone e di beni ai quali l’ordinamento giuridico attribuisce la (sola) capacità giuridica.

Tra le persone giuridiche private, oltre alle fondazioni e le associazioni, si annoverano anche le società di capitali e le altre società commerciali dotate di personalità giuridica. È necessario specificare infatti che non tutte le società posseggono capacità giuridica. Le società di capitali, in generale, mostrano questa caratteristica, che risulta mancare, ex adverso[2], nelle società di persone. Ciononostante, il nostro ordinamento riconosce parimenti le società di persone come soggetti di diritto.

 

La responsabilità nel diritto

Sin dalla tenera età, ci si confronta spesso con il concetto di responsabilità: in termini generali e atecnici, responsabilità è la congruenza con un impegno assunto, accettando le conseguenze ad esso collegate. Nel diritto la definizione si fregia di alcune specificità ulteriori: la responsabilità giuridica, difatti, è la situazione in cui un soggetto può essere chiamato a rispondere della violazione colposa o dolosa di un obbligo. Ormai unanimemente si è soliti distinguere tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, benché la prima di queste due categorie (che è anche la più rilevante ai fini del nostro discorso) sia stata, nel tempo, plasmata da dottrina e giurisprudenza.

La nozione di responsabilità civile, difatti, è slegata dalla categoria del contratto. L’art. 1218 c.c., norma sovrana in tema, afferma che “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno”. Non vi è alcuna menzione al contratto, la cui definizione, inoltre, non si trova che molti articoli dopo (art. 1321 c.c.).

Analizzando quanto detto sinora, le persone giuridiche, incluse le società[3], possono concludere negozi giuridici in quanto riconosciute come soggetti di diritto aventi personalità giuridica. Una società, pertanto, può concludere un contratto di fornitura per una certa materia prima, può assumere un impiegato a tempo indeterminato, può ottenere finanziamenti da parte di una banca. Cosa accade, tuttavia, non appena si sfocia nella patologia del negozio giuridico? Quali sono, in altri termini, le conseguenze dell’inadempimento di una società? Normalmente, dinanzi all’inerzia di un debitore persona fisica, i creditori hanno a disposizione un ampio ventaglio di azioni che il legislatore offre loro, tutte collegate a quanto disposto dall’art. 2740 c.c. (Responsabilità patrimoniale): “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”. I creditori, pertanto, possono soddisfare i propri interessi sul patrimonio del debitore persona fisica e, qualora egli decida, furbamente, di disfarsene, possono tutelarsi mediante i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale[4].

 

La responsabilità d’impresa

L’applicazione delle regole appena elencate alle società presenta alcune complicazioni. In primis[5], difatti, nonostante la società abbia personalità giuridica e sia riconosciuta come soggetto di diritto, essa è composta da soci, persone fisiche. La domanda, dunque, sorge spontanea: può la compagine societaria essere chiamata a rispondere degli inadempimenti imputabili alla società? O ancora, nel caso in cui la società non ripaghi un prestito precedentemente concesso da una banca, potrà, l’istituto di credito, aggredire il patrimonio personale dei singoli soci?

La risposta varia in relazione al genus[6] societario che si prende in considerazione. In termini generali, difatti, vale la distinzione tra società di persone e società di capitali. Nelle prime, che si caratterizzano in quanto il carattere “personale” prevale sul concetto di capitale, i soci (o parte di essi) sono illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte dalla società nei confronti di terzi (c.d. autonomia patrimoniale imperfetta). Nelle società di capitali, al contrario, il capitale prevale sulla componente personale rappresentata dai soci: questo tipo di società godono della c.d. autonomia patrimoniale perfetta.

Con autonomia patrimoniale perfetta si intende il grado di separazione del patrimonio di un soggetto di diritto (società, persona giuridica) da quello di una persona fisica (socio della stessa). In tal modo, i creditori della società non potranno che aggredire il patrimonio del solo ente: di conseguenza, non sarà possibile per la banca soddisfarsi sul patrimonio dei singoli soci. Chiaramente è vero anche il contrario: i creditori dei singoli soci, difatti, non potranno agire sul patrimonio della società partecipata dai di loro debitori. L’autonomia patrimoniale perfetta ha un ruolo significativo: contribuisce ad isolare il patrimonio della società rendendolo estraneo alle vicende dei singoli soci. In tal maniera, si offre una garanzia in più ai creditori della società, che sanno di poter contare su un patrimonio che mai potrà essere intaccato da vicissitudini collegate ai singoli soci.

 

Società e diritto penale: brevi cenni

Come è noto, nel diritto si può distinguere tra: responsabilità di natura civile, che sorge dinanzi all’inadempimento di determinati obblighi; responsabilità di natura penale, che sorge dinanzi al compimento di atti qualificati come reato all’interno dell’ordinamento. Il reato, quando consumato, comporta la condanna del trasgressore (sempre che ne sia dimostrata la responsabilità a titolo di dolo o, quando possibile, di colpa) ad una sanzione. Il nostro ordinamento distingue tra delitti e contravvenzioni[7]: i primi, considerati tra le condotte più gravi, sono puniti mediante ergastolo (o pena perpetua), reclusione o multa[8] (quest’ultima è una sanzione pecuniaria per cui non è prevista una limitazione fisica della libertà del condannato); le contravvenzioni, a contrario, sono punite mediante arresto o ammenda (quest’ultima, per logica, è simile alla multa).

Essendo soggetti di diritto dotati di personalità giuridica, anche le società possono commettere reati. Chiaro è che, essendo, la società, una fictio iuris[9] cui l’ordinamento ricorre per garantire il corretto funzionamento del sistema, non potrà, quest’ultima, compiere reati quali omicidio, rapina, furto e altre condotte commissive. La società, difatti, non esiste materialmente e non potrebbe consumare in prima persona queste fattispecie.

Solitamente, le condotte maggiormente contestate alle società attengono ai c.d. reati societari (aggiotaggio, insider trading, manipolazione del mercato, false comunicazioni sociali). Prendendo quest’ultima ipotesi come esempio, qualora la società venga condannata per false comunicazioni sociali (art. 2621-2622 c.c., meglio noto come falso in bilancio), chi risponde della pena? Per motivi che non riteniamo necessario spiegare, difatti, non è possibile “incarcerare” una società. Ebbene, in casi simili si applica il regime di cui al d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (c.d. responsabilità penale degli enti). Trattasi di un regime di responsabilità penale derivante da illecito amministrativo. Senza soffermarsi sulle ovvie complessità procedimentali in cui il legislatore delegato è incorso dettando norme processuali che hanno ad oggetto una persona fittizia (la società, appunto), si presentano, invece, le principali sanzioni che è possibile irrogare. La società ritenuta colpevole al termine del processo, difatti, verrà verosimilmente punita mediante sanzione pecuniaria ovvero interdizione all’esercizio di una specifica attività per un certo periodo di tempo.

Si precisa come la previsione di un tale regime di responsabilità non preclude in toto[10] a che le persone fisiche responsabili (in genere, amministratori e alti dirigenti) possano rispondere dei reati a loro imputati e venire sanzionati secondo le normali modalità previste dall’art. 17 c.p.

 

Conclusioni sul tema

Il legislatore del ’42, sulla base di una navigata tradizione giurisprudenziale che affonda le radici nei secoli passati, ha compiuto uno sforzo notevole per delineare i profili della responsabilità applicata a persone giuridiche quali le società. Anche l’adozione del regime di responsabilità penale degli enti è volta a scongiurare e combattere la crescente piaga che vede le persone fisiche costituire società al fine di creare scudi dietro i quali trincerarsi contro le conseguenze degli illeciti da loro commessi. La cronaca odierna, tuttavia, ci mostra come il sistema (che garantisce, invero, un buon grado di efficacia) possa essere sicuramente migliorato al fine di accertarsi che i reali responsabili di condotte deprecabili soffrano le giuste conseguenze delle loro azioni.

Informazioni

Codice civile

Codice di procedura civile

Dlgs 231/2001 (camera.it)

[1] Ovvero al concepito.

[2] Al contrario.

[3] Per una approfondimento in tema di impresa, si rimanda ad un apposito articolo pubblicato nel sito di DirittoConsenso: http://www.dirittoconsenso.it/2021/09/08/imprenditore-e-impresa/.

[4] Azione surrogatoria (art. 2900 c.c.), azione revocatoria (art. 2901 c.c.) e sequestro conservativo (art. 2905 c.c.).

[5] Per prima cosa.

[6] Genere.

[7] Confronta con art. 17 c.p.

[8] In origine, il nostro ordinamento conosceva anche la pena di morte. L’articolo 17 c.p., nel suo testo originale, ancora la contempla ma essa è stata, ovviamente eliminata dal panorama sanzionatorio italiano da svariati decenni.

[9] Una fittizia costruzione giuridica.

[10] In assoluto.