Cosa dispone la norma 605 c.p. in merito al reato di sequestro di persona? Con quali altri illeciti penali si rischia di confonderlo?

 

Il sequestro di persona: il bene giuridico tutelato

Il sequestro di persona è un illecito penale disciplinato dall’articolo 605 del codice penale. La norma dispone che “chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi ad otto anni”.

Ci soffermiamo subito, dunque, sul bene giuridico tutelato dal Legislatore: la libertà personale. Si tratta di un diritto fondamentale della persona, inviolabile secondo l’articolo 13 della nostra Costituzione, che legittima eventuali restrizioni solo in casi specifici, quando cioè è l’autorità giudiziaria ad ordinare o la legge ad ammettere le stesse.

In materia, è più corretto intendere che la persona offesa sia privata della libertà di non subire misure coercitive piuttosto che della libertà di movimento o spostamento1. Infatti vi sono taluni casi concreti in cui questa ultima appare limitata, quando non del tutto venuta meno, per ragioni diverse dal ricorso all’uso della forza da parte di una persona fisica: ci si riferisce a ragioni di età anagrafica o a ragioni attinenti a limitate facoltà fisiche personali o, infine, a ragioni di natura giudiziaria come nel caso dei detenuti.

Differentemente l’ipotesi del sequestro di persona presuppone che il soggetto agente coarti la vittima di reato e, dunque, solo intendendo la libertà personale come libertà da misure coercitive sul corpo, la fattispecie incriminatrice non risulta escludere, a prescindere, i casi e soggetti di cui prima.

La condotta tipica

La condotta tipica che il soggetto agente deve porre in essere affinché si configuri il reato di sequestro di persona è quella di chi priva il soggetto passivo della sua libertà personale, nel significato di cui prima.

A tal proposito, non rilevano le modalità operative del soggetto agente e, dunque, la “forma” in cui la coercizione viene posta in essere: la privazione della libertà personale della vittima può essere realizzata col ricorso a qualsivoglia mezzo e strumento, materiale o non. In particolare il soggetto agente può ricorrere alla violenza propria o impropria, alla minaccia, all’inganno: le misure coercitive in discorso sono modalità generiche, non specificate dalla legge, idonee in ogni caso a realizzare la privazione della libertà personale per la persona offesa.

Qui l’importanza del nesso di causalità: perché si possa ritenere l’imputato responsabile del reato di sequestro di persona deve essere provato, oltre ogni ragionevole dubbio, che la persona offesa sia stata privata della sua libertà personale e che tale condizione sia stata strettamente causata dalla violenza, dalla minaccia, dall’inganno o da qualsiasi altra condotta coercitiva posta in essere da parte di quello. Una condizione, questa, che non deve, inoltre, essere oggettivamente insuperabile da parte della persona offesa, dovendosi valutare nel caso concreto le specifiche personali capacità di reazione della stessa. Non solo: è necessario considerare se la vittima, per reagire, avrebbe dovuto necessariamente ricorrere a mezzi straordinari o esporsi a seri pericoli per la propria incolumità.

Nello specifico, per minaccia si intende la prospettazione di un male ingiusto. Per quanto riguarda, invece, la violenza, in giurisprudenza si distingue tra violenza propria e impropria: la violenza propria si ravvisa quando l’agente impiega energia fisica su persone o cose, esercitandola direttamente o per mezzo di uno strumento, mentre per violenza impropria si intende l’uso di qualsiasi mezzo – esclusa la minaccia – idoneo a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o determinazione. Infine, per inganno s’intende l’induzione in errore della vittima affinché questa faccia o non faccia qualcosa. Ma la condotta tipica può essere anche di natura omissiva, come nei casi in cui il reo sia obbligato per legge (ai sensi dell’articolo 40 c.p.) a provvedere alla liberazione della vittima, e tuttavia non vi provveda2.

Si tratta di un reato di danno, ed è dunque pacifica la configurabilità della forma tentata quando la condotta tipica sia stata posta in essere dall’autore di reato, tuttavia la privazione della libertà personale della vittima non si sia realizza effettivamente per cause che non dipendono dalla volontà del reo. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui intervenga una terza persona a difesa di un bambino prelevato da pochi minuti in un parco da parte di un malfidente.

Per quanto attiene al profilo temporale, non rileva la durata della condotta che può anche essere realizzata in un arco temporale molto breve, tuttavia è necessario un vaglio: l’autorità giudiziaria è tenuta a valutare se, nel caso concreto, il profilo temporale della privazione della libertà personale sia stato sufficientemente apprezzabile da ritenere configurato il reato. La V Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza 375/1980, ha sancito che:

il concetto di privazione della libertà personale implica necessariamente l’idea di una condizione non momentanea. Tuttavia la durata più o meno lunga dell’impedimento è indifferente ai fini della configurazione del sequestro di persona, bastando che esso si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile tale da determinare la lesione del bene giuridico protetto.3

Il sequestro di persona è, inoltre, un reato comune dal momento che il Legislatore ammette che il soggetto agente sia chiunque, non richiedendo particolari qualità soggettive o incarichi ricoperti da parte di questi4. La caratterizzazione del soggetto agente – e, se per questo, anche della persona offesa – rilevano solamente ai fini di eventuali aggravamenti della pena inflitta. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il reato venga commesso da parte di un Pubblico Ufficiale nell’espletamento delle proprie funzioni (ma sul punto avremo modo di ritornare). Con riferimento, invece, al soggetto passivo è opportuno ritenere che il reato in esame può venire in essere anche quando la persona offesa sia, al momento stesso della commissione dell’illecito, già privata di per sé della capacità di muoversi o di spostarsi, e ciò coerentemente con l’accezione che della libertà personale – quale bene giuridico tutelato dall’articolo 605 del codice penale – si assume (cfr primo paragrafo).

L’elemento psicologico

L’elemento psicologico che deve essere integrato ai fini della sussistenza del delitto in esame è il dolo generico. Il Legislatore, cioè, richiede che si debba poter ravvisare in capo al soggetto agente la coscienza e la volontà di privare la persona offesa della sua libertà personale contro il proprio volere.

Non rileva, dunque, il fine specifico perseguito dal reo ma è sufficiente che questi fosse consapevole di coartare la vittima di reato non consenziente.

Quanto detto non esclude la ricorribilità di fattispecie di sequestro in cui è richiesta l’integrazione del dolo specifico: si pensi al sequestro di persona a scopo di estorsione oppure al sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione o, ancora, al sequestro di persona a scopo di coazione. Tuttavia va rilevato che tali fattispecie sono autonomamente disciplinate da norme diverse, rispettivamente dall’articolo 630 c.p., e dagli articoli 289 bis e ter del codice penale.

Il consenso e le scriminanti

Un elemento integrativo della fattispecie astratta di cui all’articolo 605 del codice penale, strettamente connesso con l’elemento soggettivo del reato, è il consenso: per potersi parlare di coartazione, il soggetto passivo deve subire la condotta che abbiamo poc’anzi descritto.

Il dissenso della persona offesa può essere manifestato anche in un momento successivo rispetto all’inizio della condotta subita. Ma è mai possibile che la vittima sia consenziente? Certamente: si pensi ai casi di consenso prestato per ragioni religiose da parte delle suore di clausura o di quello prestato dal tossicodipendente per avviare percorsi in comunità che lo richiedono come necessaria condizione.

In ogni caso non è valido il consenso che:

  • non persista nel momento della privazione e durante tutto il corso della restrizione;

  • sia contrario alla legge, al buon costume, all’ordine pubblico;

  • privi in maniera totalitaria la persona che lo presta della sua libertà personale, non essendo circoscritto solamente ad alcuni “profili”; infine

  • non sia revocabile.

Nel caso di persona offesa consenziente l’ipotesi di reato è scriminata, il che significa che la legge riconosce nel consenso della vittima una causa di giustificazione che esime l’autore del fatto a rispondere penalmente per lo stesso. Altra ipotesi scriminata è rappresentata dal caso in cui la condotta tipica è posta in essere nell’esercizio della potestà educativa e disciplinare da parte dei genitori, degli insegnanti, dei precettori, fatta salva l’ipotesi dell’abuso di tale potere.

Le ipotesi aggravate del sequestro di persona

Il Legislatore ha previsto delle ipotesi aggravate del reato di sequestro di persona, prima tra tutte l’ipotesi in cui l’illecito sia commesso in danno di un discendente, ascendente o coniuge, in ragion del fatto che la privazione della libertà personale risulta essere più agevole nel contesto familiare e presuppone un abuso dei rapporti parentali a tale fine.

Una simile ratio è anche alla base dell’aggravamento di pena nel caso di sequestro di persona realizzato ad opera di un Pubblico Ufficiale nell’espletamento delle sue funzioni, stante un abuso, per l’appunto, di queste ultime per perseguire uno scopo illecito. Nel primo caso il Legislatore ha, dunque, guardato alla specifica qualificazione del soggetto passivo, nel secondo caso alla qualificazione dell’agente; ma in entrambi – ex art. 605 comma 2 c.p. – viene punito maggiormente, rispetto all’ipotesi base, lo sfruttamento di condizioni fattuali che rendono più agevole la realizzazione della condotta tipica. In particolare la pena base prevista dalla legge per il reato di cui all’articolo 605 c.p. è fissata a 6 mesi di reclusione mentre il massimo edittale previsto è pari a 8 anni di reclusione. Nelle due ipotesi aggravate la pena detentiva è aumentata da un minimo di 1 anno ad un massimo di 10 anni.

Ulteriore ipotesi di aggravamento concerne il caso del minore: se la vittima di reato è minorenne si applica la pena della reclusione da un minimo di 3 anni ad un massimo di 12.

Le ipotesi in cui, però, il massimo edittale è più alto, e precisamente pari a 15 anni di reclusione, sono le seguenti:

  • il sequestro di persona è commesso in presenza di una delle ipotesi aggravate di cui al secondo comma;

  • il sequestro di persona è commesso a danno di un minore di anni 14;

  • il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero.

È applicato, in ultimo, l’ergastolo se l’agente cagiona la morte del minore sequestrato.

Sequestro di persona o un altro illecito? Alcuni esempi

È molto facile confondere la fattispecie incriminatrice in esame con altre ipotesi di reato. Vediamo dei casi in concreto:

  • due soggetti si introducono in un’attività commerciale, intimando ai presenti di non muoversi per poter prelevare del danaro dalla cassa del negozio; i due rapinatori prelevano il danaro nell’arco temporale di 10 minuti, in seguito si danno alla fuga. In questo caso il reato di rapina assorbe quello di sequestro di persona dal momento che la privazione della libertà personale dei presenti è durata il tempo strettamente necessario al prelievo dei soldi (cfr articolo 628 c.p.);

  • un soggetto, con l’intento di far firmare certe carte ad un cliente, chiude a chiave l’ufficio e lo minaccia di non farlo uscire fintantochè non abbia sottoscritto un foglio. In questo caso l’agente non ha protratto la condotta oltre il tempo strettamente necessario per la consumazione del reato di violenza privata e, dunque, per costringere il soggettivo passivo a fare una determinata cosa (cfr articolo 610 c.p.);

  • un soggetto, parente di un minore di 9 anni, al termine di un pomeriggio trascorso assieme a questi, non lo riporta più a casa dai genitori. Si configura qui il reato di sottrazione di persone incapaci che, a differenza del sequestro di persona, non presuppone per l’appunto che il minore (infraquattordicenne, tra l’altro) sia privato della propria libertà di movimento (crf articolo 574 c.p.);

  • un Pubblico Ufficiale arresta un soggetto senza che ne ricorrano i presupposti di legge, consegnandolo all’Autorità competente. In questo caso si configura il reato di arresto illegale, in quanto la persona offesa non viene tenuta dal Pubblico Ufficiale nella sfera del proprio dominio bensì resa disponibile all’autorità giudiziaria (crf articolo 606 c.p.);

  • un insegnante, con abitualità, rinchiude in uno stanzino dell’edificio scolastico, per intere giornate, un alunno particolarmente irrequieto. Si configura, in tal caso, il reato di maltrattamenti in quanto viene posto in essere una condotta che mira ad essere abitualmente vessatoria più che attentato all’altrui libertà (confronta articolo 572 c.p.).

Informazioni

Codice penale

1 I diritti costituzionali – DirittoConsenso

2 Il sequestro di persona, su https://www.altalex.com/

3 Art. 605 c.p. – Sequestro di persona, su http://www.salvisjuribus.it/

4 Il reato di sequestro di persona ex art. 605 del codice penale, su https://www.studiocataldi.it/