Diritti delle persone LGBTI in Italia: facciamo il punto della situazione
Evoluzione normativa in Italia dei diritti LGBTI
Cercheremo di ripercorrere brevemente l’evoluzione legislativa in materia di diritti LGBTI in Italia.
- Il primo codice penale adottato dopo l’unità d’Italia, ossia il Codice Zanardelli, decriminalizzò l’omosessualità: essere omosessuali non costituiva più, di per sé, una fattispecie di reato. Tuttavia, benché non costituisse reato, nella pratica la repressione di quelle condotte ritenute “scandalose”, come quelle degli omosessuali, non si placò.
- Durante il periodo fascista, seppur fosse previsto nel Progetto del nuovo codice penale il reato di “relazioni omossessuali“, non fu introdotto nella versione definitiva del Codice Rocco. Ciononostante, era previsto il confino, ossia una misura di prevenzione di carattere amministrativo, per coloro che venivano ritenuti omosessuali.
- Negli anni a venire, l’opinione prevalente considerava l’omosessualità come una malattia, un disturbo da curare, tant’è che fu compresa nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders tra i “disturbi sociopatici di personalità” (solo nel 1994 l’omosessualità venne estromessa dai disturbi mentali).
- Il Decreto Legislativo n. 216 del 9 luglio 2003 (“Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”) pose finalmente fine alle discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale in ambito lavorativo, che divennero illegali in tutto il Paese.
- Nel 2008, l’art. 8-septies del Decreto Legge n. 59 del 8 aprile 2008, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, convertito nella L. n. 101/2008, abolì la disposizione che attribuiva rilevanza all’orientamento sessuale nel valutare l’idoneità o meno per poter entrare o permanere nelle Forze armate, in quelle di Polizia e nei Vigili del Fuoco.
- A partire dagli anni 80, furono presentati numerosi disegni di legge che si prefiggevano l’obiettivo di riconoscere una serie di importanti i diritti alle coppie omosessuali e, in generale, alle persone LGBTI.
- Solo nel 2016, il disegno di legge Cirinnà riuscì ad essere discusso in Parlamento e successivamente, la Legge n. 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà), di cui parleremo nel prossimo paragrafo, ad essere approvata.
- Da ultimo, nel novembre del 2020 la Camera dei Deputati aveva approvato con 265 voti favorevoli e 193 contrari il Disegno di Legge Zan (c.d. DDL Zan), il quale prevedeva l’inasprimento delle pene contro i crimini e le discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili.[1] Tuttavia, nell’ottobre 2021 il DDL Zan è stato bocciato al Senato con 154 voti contrari, 131 favorevoli, più 2 astenuti.
Unioni civili: un breve cenno alla Legge Cirinnà
La Legge n. 76/2016, meglio nota come Legge Cirinnà[2], ha regolamentato per la prima volta nel nostro Paese l’unione tra persone dello stesso sesso, definendola come una “specifica formazione sociale” ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione.
La disciplina sulle unioni civili è regolata dai commi da 1 a 35 dell’unico articolo della Legge Cirinnà[3], la quale si occupa, inoltre, di regolare la convivenza definita “di fatto” (applicabile sia alle persone di sesso diverso, sia a quelle del medesimo sesso).
È stata quindi riconosciuta la possibilità, per due persone maggiorenni che appartengono allo stesso sesso, definite dalla legge le “parti”, di stipulare un’unione civile davanti ad un ufficiale di stato civile e alla presenza di almeno due testimoni.
Tale unione porta con sé diritti e doveri, quali, ad esempio, l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione ed è interessante notare come, a differenza di quanto previsto per l’istituto giuridico del matrimonio, non si fa riferimento all’obbligo di fedeltà.
Dal punto di vista patrimoniale, se non viene deciso nulla al riguardo, si applica il regime della comunione dei beni.
Vengono anche disciplinate le cause impeditive, che comportano la nullità dell’unione, ossia: i) la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile; ii) l’interdizione per infermità di mente di una delle parti; iii) l’esistenza, fra le parti, dei rapporti di parentela o di affinità di cui all’ articolo 87 comma 1 del c.c.; iv) la condanna definitiva di una delle parti per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte.
Lo scioglimento dell’unione civile può avvenire per le seguenti cause:
- su domanda delle parti o di una sola di esse (la domanda potrà essere proposta solo decorsi 3 mesi dalla data della dichiarazione fatta all’ufficiale di stato civile di volersi sciogliere dal vincolo);
- a seguito ad un provvedimento estero di annullamento o scioglimento oppure matrimonio o unione civile contratti all’estero;
- morte o dichiarazione di morte presunta di una delle parti;
- condanna o sentenza penale di una parte
- sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.
L’adozione
La Legge Cirinnà consente l’adozione solo ed esclusivamente con le forme ed entro i limiti stabiliti dalle norme vigenti.
Non viene quindi riconosciuta la possibilità che il figlio minore di un partner instauri un rapporto di genitorialità sociale con l’altro a seguito di adozione (c.d. stepchild adoption).
Tuttavia, nonostante la normativa italiana fosse – e sia – lacunosa sul punto, già nel 2014, la giurisprudenza aveva esteso la stepchild adoption anche alle coppie omosessuali.L’art. 44 della L. n. 184/1983, in particolare, regola l’adozione “in casi particolari”, la quale ha aperto la strada alla possibilità di adozione del figlio del proprio partner, anche nel caso di coppie omosessuali.Secondo l’articolo sopracitato, i minori possono essere adottati:a. da persone unite al minore da un vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre; b. dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge; c. quando il minore sia in condizioni di disabilità e sia orfano di padre e di madre; d. quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. Inoltre, “nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato.”.
Si è assistito, negli anni, all’evoluzione di un orientamento progressista della giurisprudenza in materia di adozioni da parte di coppie LGBTI, basato sulla salvaguardia della “continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando” e sull’ “interesse del minore al riconoscimento di una relazione affettiva già instaurata e consolidata con chi se ne prende stabilmente cura”[4] che, tuttavia, non è stato affiancato da un’evoluzione normativa adeguata.
La stessa Corte Costituzionale, con le sentenze n. 32 e 33 del 9 marzo 2021, ha rilevato l’inadeguatezza dello strumento dell’adozione in casi particolari e ha invitato il legislatore a intervenire con la massima sollecitudine.
Risulta doveroso segnalare che, la Corte Costituzionale, con un comunicato datato 24 febbraio 2022[5], ha dichiarato incostituzionali l’art. 55 della L. n. 184/983 e l’art. 300, secondo comma, del c.c., che escludono, nelle adozioni di minori “in casi particolari”, l’esistenza di “rapporti civili” tra il bambino adottato e i parenti dell’adottante, proprio nella parte in cui prevedono che “l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante”.
Relazione annuale ILGA-Europe
L’ILGA-Europe ha recentemente pubblicato la relazione annuale relativa al periodo da gennaio a dicembre 2021[6], che fa il punto sullo stato dei diritti LGBTI in Europa e in Asia centrale, sottolineando sia le tendenze positive, sia le tendenze negative.
Per quanto riguarda l’Italia, è stato segnalato, oltre al mancato raggiungimento di un accordo tra le forze politiche circa il testo del DDL Zan, il perdurare delle discriminazioni e dei reati anti-LGBTI.
Ci sono, però, anche delle note in senso positivo, tra cui l’orientamento progressista della giurisprudenza segnalato precedentemente e l’adozione di un programma per affrontare la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere e sostenere le vittime da parte del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ciononostante, secondo il Rainbow Europe, ossia lo strumento di benchmarking di ILGA-Europe, che classifica 49 Paesi in base all’impatto delle leggi e delle politiche di ciascuno Stato sulla vita delle persone LGBTI, l’Italia si posiziona solamente al trentacinquesimo posto.
Informazioni
[1] Per un approfondimento sul tema: Il DDL Zan spiegato facile – DirittoConsenso
[2] Per un approfondimento sul tema si rimanda all’articolo: Le unioni civili – DirittoConsenso
[3] Le unioni civili sono regolate altresì da tre decreti legislativi successivi emessi per attuare la Legge Cirinnà.
[4] Cassazione Civile n. 17100 del 26/06/2019

Sara Della Piazza
Ciao, sono Sara. Ho studiato presso l'Università degli Studi di Milano Bicocca e ho conseguito la laurea in Giurisprudenza con una tesi in diritto penale dell'informatica dal titolo "Rivoluzione digitale e diritto d'autore: evoluzione normativa, violazioni online e strumenti di protezione". Attualmente svolgo la pratica forense presso uno studio legale. Sono una persona dinamica, sempre alla ricerca di stimoli e appassionata del diritto in tutte le sue forme.