I trattati di pace come particolare categoria di trattati internazionali. Come sono cambiati nel tempo?
I trattati di pace, una peculiare categoria dei trattati internazionali
I trattati di pace costituiscono una peculiare categoria della vasta gamma dei trattati internazionali. In generale, un trattato internazionale può definirsi come l’accordo tra due o più soggetti del diritto internazionale al fine di creare, modificare o estinguere una norma obbligatoria internazionale. La vincolatività del contenuto della convenzione trova la sua fonte nel principio generale “pacta sunt servanda”[1] codificato all’art. 26 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. L’art. 2 della medesima convenzione rinviene nell’accordo in forma scritta l’elemento costitutivo del trattato.
Più nel particolare rispetto al tema che qui interessa, i trattati di pace sono accordi internazionali stipulati tra Stati all’esito di una guerra o, come sembra più opportuno, di un conflitto armato. Ed invero, con il trattato di pace gli Stati vincitori, di concerto con gli Stati vinti ovvero unilateralmente, decidono le condizioni economiche, politiche, militari a cui sottoporre e vincolare gli sconfitti.
È necessario rilevare che, sebbene la Convenzione di Vienna disciplini tutti gli aspetti formali e sostanziali inerenti alla conclusione, alla validità e all’efficacia dei trattati, non fa menzione dei trattati di pace. Essa addirittura esclude dal suo ambito di applicazione anche le conseguenze che lo scoppio delle ostilità può provocare sui trattati già in essere tra le parti del conflitto[2]. Ne deriva che tale aspetto, particolarmente rilevante ai fini dell’andamento delle relazioni internazionali, è rimesso totalmente al diritto internazionale generale. Nello specifico, qualora gli accordi internazionali tra gli Stati in conflitto siano compatibili con lo stato di guerra, la loro efficacia verrà sospesa; alla fine della guerra, essi torneranno ad essere in vigore secondo le modalità previste nel trattato di pace che lo Stato vincitore ha notificato allo Stato vinto. Ecco, infatti, un’altra importante prerogativa di questa peculiare categoria di trattati internazionali. Si tratta, dunque, della fonte giuridicamente più importante per la disciplina vincolante delle relazioni future tra gli Stati ex combattenti, al fine di ripristinare il buon andamento di queste.
Generalmente, l’iter prevede che le potenze in conflitto firmino preliminarmente un armistizio e, a truppe ritirate, si avviino i negoziati per concludere i trattati di pace con l’obiettivo di rispristinare la sicurezza collettiva.
I trattati di pace del XX secolo
La Storia insegna che il XX secolo ha visto il consumarsi delle due Guerre Mondiali con conseguenze sociali, economiche e, anche, giuridiche che hanno stravolto il modo di intendere le relazioni tra gli Stati.
Preliminarmente, occorre considerare che, nell’ambito della comunità internazionale classica, ogni Stato – quale soggetto del diritto internazionale – era titolare dello ius ad bellum, cioè un generale diritto di scatenare una guerra nei confronti di un suo omologo. Il diritto internazionale, infatti, disciplinava solo il c.d. ius in bello, quale complesso di norme giuridiche che disciplinavano le condotte lecite durante le ostilità. Ne derivava, quindi, una certa disinvoltura degli Stati nazionali nel dichiararsi guerra reciprocamente, atteso che non vi era nessuna norma giuridicamente vincolante che obbligava i soggetti a risolvere pacificamente le controversie.
E, anzi, lo scopo della guerra spesso era la debellatio del nemico, ovverosia la distruzione del suo impianto istituzionale tale da renderlo sotto il completo controllo del vincitore che diveniva il detentore del potere sovrano sul territorio conquistato e sui cittadini che ivi abitavano.
La prassi delle due Grandi Guerre del XX secolo mostra che, cessato il conflitto, gli Stati vincitori si riunivano in una grande e maestosa conferenza e, qui, negoziavano le clausole dei trattati di pace. L’aspetto rilevante è che, a differenza di quanto accadeva nel secolo precedente[3], alla conferenza di pace non prendevano parte gli Stati sconfitti. Le decisioni, dunque, venivano prese unilateralmente dai vincitori senza contraddittorio alcuno. A tal riguardo si pensi al Trattato di Versailles del 1919, con cui venne ristabilita la pace tra gli Stati dell’Intesa[4] e la Germania: esso venne presentato ai diplomatici tedeschi con l’ultimatum che, se non lo avessero firmato entro 7 giorni, la guerra sarebbe ricominciata. Da quanto esposto si evince un modus operandi completamente difforme rispetto ai classici negoziati tra Stati per la conclusione di un trattato internazionale tout court.
Ma neppure i negoziati dei trattati di pace della Seconda Guerra Mondiale, scoppiata a seguito della violazione del Trattato di pace della Prima da parte della Germania hitleriana, si svolsero di concerto con le potenze sconfitte. Anzi, ancor di più che nella Prima Grande Guerra, alcuni Stati – Germania e Giappone – furono condannati ad uno stato di debellatio per decenni con decisioni, limitanti la loro sovranità, imposte dalle potenze occupanti.
I trattati di pace più moderni
Il disastro delle Due Grandi Guerre impose un netto cambiamento di rotta agli Stati in ordine alla gestione delle ostilità. Soprattutto con l’adozione della Carta delle Nazioni Unite, si è affermato sul piano del diritto internazionale generale il divieto dell’uso della forza[5]. Questa norma ha portato al cristallizzarsi di un altro obbligo internazionale quale suo corollario, cioè quello di risolvere pacificamente le controversie tra Stati[6].
Da tale nuovo impianto normativo ne è derivata una certa cautela degli Stati a dichiararsi guerra tra loro, se non altro per evitare di incorrere in ipotesi di responsabilità internazionale (cautela che la Federazione Russa pare non aver considerato nelle ultime settimane). A ciò deve aggiungersi che, proprio al fine di scongiurare eventi bellici, la Carta delle Nazioni Unite conferisce al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale[7]. Benché i redattori del trattato istitutivo dell’ONU avessero pensato alla costituzione di un esercito onusiano per sottrarre l’iniziativa armata alla facoltà degli Stati, esso non si è mai realizzato. Ma il capo VII della Carta, letto in combinato disposto con l’art. 24, consente – fermo il divieto di uso della forza per gli Stati – la prerogativa di autorizzare i membri al suo uso in circostanze di particolare gravità.
Quanto premesso, tuttavia, non ha escluso il sorgere di nuovi conflitti internazionali, la cui disciplina è totalmente rimessa al diritto internazionale umanitario[8]. Dato il nuovo assetto normativo internazionale, i trattati di pace – a differenza di quanto accadeva prima – vengono negoziati tra le parti in conflitto[9]. L’obiettivo, di solito, è quello di cercare una mediazione per la massima protezione dei civili e per evitare il fallimento dello Stato[10]. È proprio l’obbligo di soluzione pacifica delle controversie che spinge gli Stati ad utilizzare metodi negoziali per risolverle. In tali circostanze, l’accordo raggiunto all’esito del negoziato o della mediazione costituisce una forma sui generis di trattato di pace. Si pensi al recente accordo di Doha tra Talebani e Stati Uniti d’America che nell’agosto 2021 ha portato al ritiro delle forze armate americane dall’Afghanistan.
In definitiva, sebbene il divieto dell’uso della forza sia sancito quale norma inderogabile nel diritto internazionale, ancora oggi si assiste allo scoppio di ostilità tra Stati, come quello in corso tra Federazione Russa e Ucraina. Vero è che, a differenza di quanto accadeva nel passato, gli organismi internazionali si adoperano oggi per una risoluzione rapida della controversia e si propongono come mediatori al fine di offrire dei buoni uffici e giungere alla pace.
Informazioni
Carta ONU. United Nations Charter (full text) | United Nations
DI NOLFO, 2020, Storia delle Relazioni Internazionali, Laterza.
CONFORTI, 2014, Diritto internazionale, Napoli, Editoriale Scientifica
DEL VECCHIO, 2003, Giurisdizione internazionale e globalizzazione, Giuffrè Editore
FOCARELLI, 2019, Diritto internazionale, Wolters Kluwer CEDAM
SINAGRA-BARGIACCHI, 2019, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Giuffré Francis Lefebvre
[1] I patti devono essere rispettati.
[2] Cfr. art. 73 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969.
[3] Si pensi al Congresso di Vienna del 1814-1815 ai cui lavori partecipò anche la Francia sconfitta.
[4] Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia.
[5] Cfr. art. 2 par. 4 Carta ONU.
[6] Cfr. art. 2 par. 3 Carta ONU. A. FEDERICO, Come gli Stati risolvono le controversie internazionali, al seguente link http://www.dirittoconsenso.it/2022/02/02/come-gli-stati-risolvono-le-controversie-internazionali/
[7] Cfr. art. 24 Carta ONU.
[8] Convenzioni di Ginevra del 1949 e Primo Protocollo Addizionale del 1977.
[9] Si pensi al trattato di Washington del marzo 1979 tra Egitto e Israele, all’esito del quarto conflitto arabo-israeliano.
[10] Inteso come failed State, cioè Stato privo di governo effettivo.

Angela Federico
Ciao, sono Angela. Dottoressa in Giurisprudenza cum laude con una tesi sul diritto alla vita, ho perfezionato i miei studi con il Master SIOI in Studi Diplomatici e attualmente ricopro la funzione di addetta all'Ufficio per il Processo presso la sezione penale del Tribunale di Castrovillari. Nutro un particolare interesse per tutte le materie attinenti al diritto pubblico generale, i.e. diritto costituzionale, diritto internazionale pubblico, diritto dell'Unione europea e delle altre organizzazioni internazionali. Parlo fluentemente inglese e spagnolo e mi aggiorno quotidianamente sulle questioni di attualità internazionale più rilevanti.