Analisi dei limiti di rilevanza del consenso del minore nei reati di pedopornografia alla luce delle Sezioni Unite del 2022

 

Premessa al tema del consenso del minore nei reati di pedopornografia

Il legislatore si occupa dei reati a tutela dei minori tra i reati contro la personalità individuale, nonché in altre parti del codice e nelle leggi speciali.

Il bene giuridico tutelato è l’integrità psicofisica del minore nonché il corretto e sano sviluppo dello stesso. Proprio alla luce della delicatezza del bene tutelato il legislatore si è premurato e, ancora oggi si premura, di predisporre un assetto normativo volto a garantire la più ampia tutela possibile nei confronti del minore proteggendolo da tutte quelle aggressioni che possono, a vario titolo, minarne il sano e corretto sviluppo[1].

Alla luce delle premesse ora effettuate, si dovrebbe dunque desumere che, in termini generali, un eventuale consenso del minore rispetto allo svolgimento di attività connesse all’ambito sessuale e per lo stesso lesive non potrà assumere in alcun modo rilevanza ai fini dell’esclusione della punibilità. Tuttavia, seppur in maniera marginale e al ricorrere di stringenti condizioni, dottrina e giurisprudenza hanno evidenziato ipotesi in cui, invece, l’eventuale consenso del minore produce l’effetto di escludere la rilevanza penale della condotta.

Le Sezioni Unite della Cassazione con la pronuncia n. 4616/2022, anche al fine di fare chiarezza in materia, hanno ricostruito e inquadrato il ruolo del consenso del minore nei reati di pedopornografia al fine di metterne definitivamente in luce i casi, le condizioni e i limiti di rilevanza.

 

Prostituzione minorile

Circoscrivendo l’analisi circa il ruolo del consenso del minore nei reati pedopornografici alle fattispecie maggiormente rilevanti, si può senza dubbio affermare che sicuramente irrilevante è il consenso del minore nell’ambito della fattispecie delittuosa ex art. 600 bis c.p. (prostituzione minorile).

La norma che incrimina le condotte riconducibili all’attività di prostituzione minorile non dà alcun rilievo all’eventuale consenso prestato dal minore.

Il presupposto su cui poggia l’irrilevanza è che, in tali casi, il consenso nasce viziato in quanto carpito tramite promessa di denaro o altra utilità conseguentemente, l’eventuale assenso dello stesso all’attività di prostituzione non acquisisce alcuna rilevanza ai fini dell’esclusione della punibilità.

 

Detenzione, realizzazione, produzione di materiale pedopornografico

Più complesso è invece il ruolo del consenso del minore nel caso del reato di cui all’art 600 ter c.p. (pornografia minorile), di cui si sono profusamente occupate le Sezioni Unite.

La norma in commento racchiude in sé differenti fattispecie delittuose ed è il frutto di numerosi interventi successivi, frutto anche di istanze sovranazionali – si beni, ad esempio, alla Convenzione di Lanzarote – volti a garantire una tutela a trecentosessanta gradi al minore.

 

Comma 1: produzione di materiale pedopornografico

L’attuale testo della norma incrimina al comma 1 l’utilizzo del minore per la realizzazione di spettacoli pornografici nonché per la produzione di materiale pedopornografico. L’impiego dell’espressione “utilizzando” in luogo di “sfruttando al fine di”, prevista nell’originaria stesura della norma[2], è volto ad indicare la rilevanza penale di tutte quelle condotte in cui il minore viene impiegato come mezzo ledendo la sua dignità per soddisfare istinti sessuali.

La giurisprudenza[3] tuttavia aveva sottolineato che, anche quando la norma utilizzava l’espressione sfruttare, a dispetto del significato commerciale che poteva evocare, il profitto non aveva rilievo; lo sfruttamento implicava la strumentalizzazione, ridurre il minore a mezzo per conseguire i propri fini sessuali.

Ad avviso delle SU ciò che conta è proprio che la condotta, indipendentemente da come si realizza, sia tale da menomare la dignità del minore e questo può dipendere da una serie di indici sintomatici (differenza di età, abuso di fiducia, modalità condotta, ruolo di supremazia).

Tuttavia, restano escluse dalla rilevanza penale tutte quelle ipotesi in cui manca il condizionamento o addirittura la coercizione del minore e quindi risultano realmente prive di offensività rispetto all’integrità psico-fisica del minore. Ciò avviene perlopiù nei rapporti paritari in cui non vi è supremazia, nei limiti in cui il minore può validamente compiere rapporti sessuali.

Nel momento in cui, quindi, il rapporto è paritario, non vi è abuso o supremazia di una parte sull’altra, l’eventuale consenso del minore alla realizzazione di spettacolo pornografici o alla produzione di materiale pornografico rende non penalmente rilevante la condotta del soggetto agente.

Le Sezioni Unite 2022 si occupano anche del rapporto tra consenso all’atto sessuale e alla ripresa dell’atto sessuale e, ad avviso delle stesse, il consenso all’atto non può implicare il consenso alla riproduzione trattandosi di due ambiti diversi che implicano valutazioni diverse.

Il consenso alla ripresa deve essere specifico e consapevole e deve essere un consenso che richiede una sorta di condivisione delle modalità di conservazione. L’altro deve comunicare e trovare il consenso anche sulle modalità di conservazione con la conseguenza che, se le stesse non vengono prese in considerazione il consenso è comunque dato su premesse erronee. È viziato e non pienamente consapevole perché il minore non ha contezza su un elemento fondamentale.

 

Comma 3: diffusione di materiale pedopornografico

Mentre l’eventuale consenso alla produzione del materiale alle condizioni sopra dette può rendere non penalmente rilevante la condotta del soggetto agente, radicalmente diversa è invece la questione per quanto attiene alla diffusione del materiale.

La dottrina ha sottolineato come la diffusione del materiale sia volta alla tutela di un bene giuridico metaindividuale che non riguarda più il sano sviluppo psicofisico del singolo minore ma attiene alla totalità dei minori. Proprio a fronte di tale ricostruzione, dunque, l’eventuale consenso dal minore prestato alla diffusione del materiale non assume alcuna rilevanza. E questo anche se vi fosse stato il valido consenso alla realizzazione dello stesso.

Peraltro, le Sezioni Unite hanno precisato che se l’intento di diffusione nasce in un secondo momento rispetto alla realizzazione del materiale, su cui il minore ha validamente espresso il consenso, la condotta integra solamente la fattispecie di cui al comma 3, diversamente, se il proposito di diffusione è sorto sin dall’inizio nella mente del reo la condotta di questi integra la fattispecie più grave di cui al comma 1.

 

Rapporti tra diffusione e realizzazione

Le Sezioni Unite hanno risolto un contrasto giurisprudenziale circa l’accezione da darsi all’espressione “materiale pornografico di cui al comma 1” più volte inserita nel testo dell’articolo per descrivere le varie fattispecie incriminatrici.

Sul punto, si erano delineati due orientamenti contrapposti:

  1. il primo che sosteneva che ai fini dell’integrazione delle fattispecie di cui ai commi successivi al primo fosse necessario che la condotta integrasse anche gli estremi della fattispecie di cui al comma 1 che si delineava quindi come una sorta di reato presupposto.
  2. Secondo un differente orientamento, avvalorato anche dalle Sezioni Unite, il richiamo al materiale di cui al comma 1 deve intendersi come operante solo a livello contenutistico non essendo, invece, necessaria anche l’integrazione della fattispecie delittuosa di cui al comma 1.

 

Atti sessuali con minore

La fattispecie trova disciplina all’art. 609 quater c.p. peraltro recentemente modificato per effetto dell’art. 20 legge 238/2021 intervenuta proprio in materia di consenso del minore.

La fattispecie in commento preclude una qualsivoglia rilevanza scriminante al consenso del minore nel caso in cui lo stesso abbia età inferiore ai 14 anni. Di conseguenza, l’eventuale consenso all’atto sessuale del minore di età inferiore a quattordici anni, non può dirsi validamente prestato.

Nel caso in cui, poi, il rapporto sessuale si svolga con soggetti qualificati, analiticamente indicati al comma 2[4], il consenso all’atto del minore infrasedicenne parimenti non rileva.

Per effetto della novella da ultimo menzionata, è stato inserito nel testo della norma il nuovo comma 3 che prevede che, al ricorrere di determinate situazione ivi indicate, neppure il consenso dell’infradiciottene rileva[5].

Da tale disamina emerge allora come nel rapporto adulto-minore quindi la rilevanza del consenso del minore nei reati di pedopornografia è estremamente raro, più ampio può essere nel caso di rapporto tra minori.

Informazioni

R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale. Parte speciale. Nel Diritto Editore, 2020

R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto penale. Parte speciale. ITA edizioni, 2021

REGIO DECRETO 19 ottobre 1930, n. 1398 – Normattiva

[1] Nel codice penale ad esempio sono presenti disposizioni che puniscono il maltrattamento sui minori. Per un approfondimento invito a leggere: Maltrattamenti sui minori – DirittoConsenso

[2] Riforma ad opera della l. 38/2006 che interviene modificando il testo dell’art 600 ter c.p

[3] Cass. Sezioni Unite Bove n. 13/2000

[4] Quali: l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza

[5] Il nuovo comma terzo dell’art 609 quater c.p. prevede che “Fuori dei  casi  previsti  dai  commi  precedenti,  chiunque compie atti sessuali con persona minore  che  ha  compiuto  gli  anni quattordici, abusando della  fiducia  riscossa  presso  il  minore  o dell’autorità o dell’influenza esercitata sullo  stesso  in  ragione della propria qualità o dell’ufficio  ricoperto  o  delle  relazioni familiari, domestiche, lavorative, di coabitazione o di  ospitalità, è  punito con la reclusione fino a quattro anni.”