La disciplina del monitoraggio fiscale tra evoluzione del contesto normativo, definizione, ambito soggettivo e ambito oggettivo di applicazione

 

Il monitoraggio fiscale: definizione e contesto normativo

Il D.L. n. 167 del 28 giugno 1990, come successivamente modificato dalla L. 6 agosto 2013, n. 97, ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina del monitoraggio fiscale degli investimenti esteri di natura patrimoniale – in sostanza, dei rapporti finanziari con l’estero: tale disciplina è stata introdotta in seguito alla liberalizzazione dei movimenti di capitale tra gli stati membri della CEE (“Comunità Economica Europea”), realizzando così uno dei quattro obiettivi dei Trattati di Roma, ossia il libero trasferimento di capitali[1]. Tale liberalizzazione è stata attuata con l’emanazione della Direttiva UE[2] n. 361 del 24 giugno 1988, la quale ha disposto l’obbligo, per gli Stati membri, di sopprimere entro il 1° luglio 1990 le restrizioni ai movimenti di capitale effettuati tra persone residenti nella Comunità Europea.

Le disposizioni in tema di monitoraggio fiscale permettono all’Amministrazione finanziaria di avere piena conoscenza delle attività detenute all’estero dai contribuenti fiscalmente residenti in Italia e, di conseguenza, di controllare il corretto adempimento dell’obbligazione tributaria mediante assolvimento dei debiti tributari, in applicazione del principio della world-wide taxation, cioè di tassazione in Italia, in capo a soggetti fiscalmente residenti in Italia, dei redditi dagli stessi ovunque prodotti nel mondo.

L’attenzione del Fisco si concentra, infatti, in particolare su movimenti di capitale e utilizzo del contante nelle transazioni con l’estero effettuate da contribuenti non tenuti alla redazione del bilancio (in quanto più difficilmente controllabili), sostanzialmente al fine di colpire l’evasione fiscale.

La normativa di riferimento del monitoraggio fiscale è contenuta nel citato D.L. 167/1990, il cui art. 1 detta una regola generale e impone agli intermediari bancari e finanziari[3], agli operatori non finanziari[4] e ad altri soggetti[5] – che intervengono, anche attraverso movimentazione di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento – di trasmettere all’Agenzia delle Entrate:

a) i dati relativi alle citate operazioni[6], effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 €,

b) indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni apparentemente collegate tra loro per realizzare un’operazione frazionata.

 

L’adempimento richiesto ai soggetti sopracitati riguarda ugualmente operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate ex art. 5 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 – Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

 

I contribuenti obbligati

La disciplina del monitoraggio fiscale impone ai c.d. “soggetti obbligati” l’obbligo, appunto, di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi; si tratta, in particolare, di un quadro non reddituale della dichiarazione dei redditi previsto:

  • per le persone fisiche (Modello Redditi PF),
  • per gli enti non commerciali (Modello Redditi ENC), e
  • per le società semplici ed enti equiparati (Modello Redditi SP),

che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o altro diritto reale[7], indipendentemente dalle modalità di acquisizione degli stessi.

Nel quadro RW delle persone fisiche residenti devono essere liquidate anche le imposte patrimoniali sui beni detenuti all’estero, ossia l’IVIE[8] e l’IVAFE[9].

L’art. 4 del citato D.L. 167/1990 elenca i contribuenti tenuti al rispetto delle norme relative al monitoraggio fiscale; sono, quindi, tenuti alla compilazione del quadro RW:

a) le persone fisiche residenti ai fini fiscali in Italia, comprese le persone fisiche titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, a prescindere dal tipo di contabilità adottata. Sono esclusi da tale obbligo:

  •  i frontalieri fiscali – limitatamente a quanto da essi detenuto presso il paese presso il quale esercitano l’attività lavorativa,
  • coloro che lavorano all’estero per lo Stato italiano, per sue suddivisioni pubbliche o enti locali, o per organizzazioni internazionali a cui aderisce l’Italia;

b) gli enti non commerciali residenti in Italia, a prescindere dalla circostanza che esercitino o no attività d’impresa, professionale o artistica, e che siano o meno tenuti ad obblighi di contabilità. Tra tali soggetti, inoltre, si ricomprendono anche:

  • i trust opachi trasparenti residenti in Italia non fittiziamente interposti[10];
  • gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale e gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR)[11] – residenti nel territorio dello Stato;
  • gli enti di previdenza obbligatoria (casse professionali) istituiti nelle forme di associazione e fondazione;

c) le società semplici residenti e le associazioni artistiche e professionali ad esse assimilate ex 5 del TUIR, purché residenti ai fini fiscali in Italia.

 

Per determinare la residenza in Italia, ai fini fiscali, delle persone fisiche, si deve fare riferimento ai criteri indicati all’art. 2, comma 2 del TUIR, il quale stabilisce che si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 o 184 giorni dell’anno solare):

  1. risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
  2. hanno il domicilio[12] in Italia;
  3. hanno la residenza[13] in Italia.

 

I tre criteri citati sono alternativi tra loro; se uno di essi sussiste per la maggior parte del periodo d’imposta, il soggetto viene considerato fiscalmente residente in Italia.

 

Titolarità dei beni oggetto di monitoraggio fiscale

Le disposizioni in materia di monitoraggio fiscale si applicano ai soggetti che siano direttamente titolari di diritti di proprietà e di diritti reali limitati su beni oggetto di monitoraggio[14]. Le stesse, poi, si applicano anche a coloro che hanno disponibilità di movimentazione delle attività oggetto di monitoraggio: infatti, se un soggetto residente ha la delega al prelievo su un conto corrente estero, è tenuto ugualmente alla compilazione del quadro RW, salvo che si tratti di mera delega ad operare per conto dell’intestatario (come avviene nel caso degli amministratori di società).

L’obbligo di compilazione del quadro RW si applica anche ai c.d. “titolari effettivi” dei beni oggetto di monitoraggio fiscale – e questa rappresenta sicuramente una delle maggiori novità introdotte dalla L. n. 97/2013, relativa alla “nuova” disciplina del monitoraggio fiscale.

La nozione di “titolare effettivo” è stata introdotta nel nostro ordinamento con il citato D. Lgs. n. 231/2007[15], contenente la disciplina in materia di antiriciclaggio. L’Agenzia delle Entrate ha mutuato da tale disciplina la definizione di titolare effettivo ai fini del monitoraggio fiscale: infatti, considera titolare effettivo, e quindi obbligato alla compilazione del quadro RW[16]:

  • la persona fisica che possiede o controlla un’entità giuridica attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale sufficiente delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica (pari almeno al 25% + 1), anche tramite azioni al portatore, purché non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e sottoposta a obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti;
  • la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione dell’entità giuridica.

 

Nell’ipotesi di entità giuridiche come le fondazioni, e di istituti giuridici come i trust, che amministrano e distribuiscono fondi, per “titolari effettivi” si intendono[17]:

  • se i futuri beneficiari sono già stati determinati, la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica;
  • se le persone che beneficiano dell’entità giuridica non sono ancora state determinate, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica;
  • la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo del 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica.

 

Investimenti ed attività oggetto di monitoraggio fiscale

L’Agenzia delle Entrate, nella citata Circolare n. 38 del 2013[18], è molto precisa nel descrivere cosa debba intendersi per investimenti all’estero e per attività estere di natura finanziaria. In particolare:

a) gli “investimenti” sono i beni patrimoniali collocati all’estero e suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia;

b) le “attività estere di natura finanziaria” sono quelle da cui deriva reddito di capitale; si citano, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, le seguenti:

  • partecipazioni: si tratta di partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non residenti, di obbligazioni estere e titoli similari, di titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi all’estero, di valute estere e depositi e di conti correnti bancari costituiti all’estero;
  • contratti di natura finanziaria: si tratta dei contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, come ad esempio finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli[19];
  • contratti assicurativi: si tratta dei contratti aventi ad oggetto forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, e di attività finanziarie comunque detenute all’estero per il tramite di soggetti localizzati in Paesi diversi da quelli collaborativi;
  • stock options: si tratta dei titoli o diritti offerti ai lavoratori dipendenti e assimilati che danno la possibilità di acquistare, ad un determinato prezzo, azioni della società estera con cui quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, ovvero delle società controllate o controllanti nei casi in cui, al termine del periodo d’imposta, il prezzo di esercizio sia inferiore al valore corrente del sottostante;
  • immobili: si tratta delle unità immobiliari situate all’estero o i relativi diritti reali (nuda proprietà e usufrutto), o di quota parte di essi, nonché degli immobili ubicati in Italia ma posseduti tramite fiduciarie straniere o soggetti esteri interposti;
  • altri beni posseduti all’estero: si tratta di oggetti preziosi e opere d’arte che si trovano all’estero, nonché di imbarcazioni o navi da diporto o altri beni mobili registrati all’estero. In particolare, in relazione alle imbarcazioni, se l’imbarcazione è registrata o iscritta nei registri navali esteri, ma ancorata in acque territoriali italiane, si deve procedere alla compilazione del quadro RW, trattandosi di un investimento detenuto all’estero; viceversa, se si tratta di una imbarcazione registrata in Italia ma ancorata all’estero, non devono essere adempiuti gli obblighi di monitoraggio fiscale.

 

Conclusioni

Gli obblighi di monitoraggio fiscale sono stati introdotti dal legislatore con lo scopo di arginare il fenomeno dell’evasione fiscale e arginare il riciclaggio di denaro. Obiettivo dell’Amministrazione finanziaria è, quindi, esercitare un controllo – seppur indiretto perché avviene per il tramite di intermediari bancari e finanziari – sulle movimentazioni di denaro poste in essere, da e verso l’estero, da soggetti residenti ai fini fiscali in Italia. In tale meccanismo, però, è richiesto anche un ruolo attivo del contribuente, il quale è obbligato ad indicare in dichiarazione eventuali attività finanziarie e/o investimenti detenuti all’estero, pena l’applicazione di sanzioni.

Informazioni

S. Sanna, “Monitoraggio fiscale. Imposte dirette”, in Eutekne.it;

D. Veraldi, “Regolamenti e direttive dell’UE”, in DirittoConsenso (Regolamenti e direttive dell’UE – DirittoConsenso);

G. Turri, “Quadro RW: la disciplina del monitoraggio fiscale”, in Diritto e pratica tributaria, n. 5/2017,
p. 1991 ss.;

Circolare Agenzia delle Entrate n. 32 del 2006;

Circolare Agenzia delle Entrate n. 43 del 2009;

Circolare Agenzia delle Entrate n. 10 del 2015;

www.agenziaentrate.gov.it  – Schede – Ivie – Che cos’è.

[1] Obiettivo che, insieme alla libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi aveva posto le basi della CEE. Il principio della libera circolazione dei capitali è contenuto nell’art. 63 TFUE, che dispone in via generale il divieto di tutte le restrizioni ai movimenti di capitali fra gli Stati membri dell’Unione Europea nonché fra gli Stati membri ed i Paesi terzi.

[2] Al fine di comprendere la peculiarità delle Direttive dell’Unione Europea, si rinvia al seguente articolo: D. Veraldi, “Regolamenti e direttive dell’UE”, in DirittoConsenso (Regolamenti e direttive dell’UE – DirittoConsenso).

[3] In particolare, si tratta degli intermediari bancari e finanziari elencati all’articolo 3, comma 2 del D. Lgs. n. 231 del 21 novembre 2007 (in attuazione della Direttiva 2005/60/CE in tema di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo), quindi banche, Poste Italiane, società di gestione del risparmio, Cassa Depositi e Prestiti, imprese di assicurazione e altri ancora.

[4] Indicati all’articolo 3, comma 5 del D. Lgs. n. 231/2007 (es. prestatori di servizi relativi a società e trust).

[5] Si tratta di quelli indicati all’articolo 3, comma 3, lettere a) e d) del D. Lgs. n. 231/2007, ossia le società fiduciarie e i c.d. “cambia valuta”.

[6] Tali dati sono elencati all’articolo 31, comma 2 del D. Lgs. n. 231/2007, e sono: la data di instaurazione del rapporto, i dati identificativi del cliente o titolare effettivo, la data, l’importo e la causale dell’operazione, i mezzi di pagamento utilizzati.

[7] Della titolarità dei beni oggetto di monitoraggio si dirà nel dettaglio nel paragrafo successivo.

[8] Per “IVIE” si intende l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, dovuta dalle persone fisiche residenti in Italia che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati. Per un’analisi più dettagliata, cfr. Schede – Ivie – Che cos’è – Agenzia delle Entrate (agenziaentrate.gov.it).

[9] Per “IVAFE” si intende l’imposta sul valore delle attività e prodotti finanziari detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti all’estero; dal 2020 sono soggetti passivi IVAFE, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici.

[10] Per “interposizione fittizia” si intende quella forma di simulazione intercorrente tra tre soggetti quali l’interposto, l’interponente ed il diretto contraente dell’interposto; sostanzialmente, si ha una fattispecie in cui la persona interposta o prestanome non assume obblighi né acquista diritti, ma presta unicamente il suo nome ad una delle parti con l’accordo dell’altra parte.  Al contrario, si è in presenza di “interposizione reale” quando la persona interposta contratta in nome proprio con l’altra parte ed acquista i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto, salvo poi trasmettere i diritti all’interponente. In tema di interposizione ai fini del monitoraggio si vedano, tra gli altri, i seguenti documenti di prassi: Circolare n. 32 del 2006, Circolare n. 43 del 2009, Circolare n. 10 del 2015; in giurisprudenza si vedano, tra le altre, le seguenti pronunce: Cass. n. 8761 del 2011, Cass. n. 13089 del 2012, Cass. n. 25671 del 2013, Cass. n. 21991 del 2014.

[11] Cfr. art. 73, comma 1, lett. c) del TUIR.

[12] La nozione di domicilio a cui si rinvia è quella contenuta nell’art. 43 del Codice civile, cioè il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi. La giurisprudenza prevalente ritiene sostiene che il domicilio prescinda dalla presenza fisica di una persona in un luogo, in quanto consiste principalmente in una situazione giuridica caratterizzata da un elemento soggettivo, cioè dalla volontà del soggetto di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale delle proprie relazioni ed interessi.

[13] Anche per la nozione di residenza si deve far riferimento all’art. 43 del Codice civile, che la definisce come il luogo in cui un soggetto ha la propria dimora abituale. Secondo la giurisprudenza, la residenza è determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto che oggettivo della stabile permanenza in quel luogo, sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi.

[14] L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 38 del 2013, ha evidenziato che nel caso di immobile estero del valore di 500.000 € detenuto in comproprietà da cinque diversi soggetti, ciascun comproprietario (sempreché si tratti di persona fisica, ente non commerciale o società semplice) è tenuto ad indicare nel quadro RW l’intero valore dell’immobile riportando la percentuale di possesso.

[15] La definizione contenuta nella normativa antiriciclaggio richiama la nozione fornita dal GAFI (Gruppo d’Azione Finanziari Internazionale) nelle c.d. “40 Raccomandazioni”.

[16] Cfr. Circolare n. 38 del 2013.

[17] Ibidem.

[18] Così come nelle Istruzioni al Modello Unico.

[19] Sul punto, la giurisprudenza non è concorde, soprattutto se si tratta di attività infruttifere: infatti, ritiene che un finanziamento senza interessi non debba essere dichiarato nel quadro RW dal soggetto che lo concede, e che gli obblighi di monitoraggio riguardino esclusivamente le attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre reddito di fonte estera in Italia – cfr., inter alia, Comm. Trib. Prov. Bolzano, n. 48/2/2014.