La chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e l’attuazione di una nuova concezione delle misure di sicurezza detentive

 

Premessa

Le Legge n. 81 del 2014Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”, ha scritto la definitiva parola fine a un trattamento  – sovente disumano –  degli internati.

Il lungo percorso legislativo che ha condotto alla creazione degli O.P.G. è iniziato circa 150 anni fa, più precisamente nel 1876 con l’istituzione all’interno della Casa Penale di Aversa di una “sezione per maniaci”. Si trattava di un reparto ad hoc, destinato ad accogliere i detenuti considerati – secondo la mentalità dell’epoca – sostanzialmente pazzi, e che poteva essere considerato come il primo manicomio criminale del Regno d’Italia[1].

Negli anni successivi saranno aperti altri istituti per “maniaci” o “impazziti” a: Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Mantova, Messina e Napoli.

È solamente negli anni Settanta del secolo scorso che il modello dei manicomi entra in crisi, grazie alla diffusione della nuova psichiatria proposta da Franco Basaglia, nonché a causa di numerosi casi di malagestio ed abusi all’interno delle strutture.

Uno tra tutti: “In particolare ricordiamo la denuncia del 1974 di Aldo Trivini che, durante l’internamento, con una cinepresa, riprende lo scandalo delle condizioni inumane in cui sono tenuti gli internati, testimonia abusi e morti sospette, violenza e contenzioni punitive lunghissime, come privilegi incondizionati e omertosi per alcuni[2].

Al fine di superare questa concezione positivista della malattia mentale e, di conseguenza, del trattamento per i rei ritenuti infermi, sono stati istituiti gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Nonostante le intenzioni innovative, si sono rivelati inadatti agli scopi preposti, al punto da rendersi necessario il processo di smantellamento.

 

La chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: la questione preliminare della non imputabilità del “reo folle”

Per comprendere al meglio il contesto giuridico e culturale sottostante alla nascita degli O.P.G., occorre fare un passo indietro e approfondire la questione della non imputabilità del “reo folle”.

A tale riguardo il Codice penale albertino, in vigore al momento della costituzione della sezione di Aversa, annoverava tra le cause di non imputabilità dell’autore di reato la malattia mentale.

Nel periodo successivo, con il completamento dell’unità nazionale, è stato emanato un nuovo codice: il c.d. “Codice Zanardelli”. Codice di stampo liberale, il Codice Zanardelli era ispirato principi illuministici come: l’abolizione dei lavori forzati, la mitigazione delle pene ed il riconoscimento delle attenuanti generiche, il riconoscimento del diritto di sciopero, il divieto di estradizione per i reati politici, l’abolizione della pena di morte; pertanto, si contrapponeva alla visione positivista giuridica diffusa all’epoca.

Il codice del 1889, invero, ha proposto un approccio al diritto penale diverso e meno rigido e: “Fu un segnale di grande civiltà che l’Italia, ultima arrivata nel consesso europeo in seguito all’unificazione del 1861, diede alle altre nazioni del continente che in larga maggioranza continuavano a prevedere e ad applicare la pena capitale[3].

 

L’impronta di umanizzazione del diritto penale ha interessato anche la questione della non imputabilità dell’infermo di mente. Nello specifico, l’articolo 46 prevedeva che:

Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità di mente da togliergli la coscienza o la libertà dei propri diritti. Il giudice, nondimeno, ove stimi pericolosa la liberazione dell’imputato prosciolto, ne ordina la consegna all’Autorità competente per i provvedimenti di legge”.

 

Il successivo codice Rocco, tutt’ora vigente, prevede che: “Nel caso di totale incapacità di intendere e volere, definita attraverso perizia, il giudice stabilisce che la persona non è imputabile e la proscioglie: non si riconosce cioè alla stessa una responsabilità personale ma è la malattia che ha condizionato e sovradeterminato il gesto reato. La persona prosciolta non partecipa al processo e se riconosciuta “pericolosa socialmente”, si ritiene cioè che possa reiterare il reato, viene sottoposta alla misura di sicurezza detentiva nell’Ospedale psichiatrico giudiziario (…), in relazione alla gravità e all’efferatezza del reato. Nel caso in cui la persona sia giudicata semi-inferma di mente, permanendo una seppur ridotta capacità di intendere e di volere, questa è imputabile e viene sottoposta al processo. In caso di condanna la pena è diminuita di un terzo ma, se la persona è riconosciuta pericolosa socialmente, dopo la detenzione viene inviata in O.P.G.[4].

 

Dal manicomio criminale agli O.P.G.

Quanto sino ad ora riportato era identificabile, dal punto di vista dell’organizzazione dell’esecuzione delle misure di sicurezza detentive, con i “manicomi criminali”.

Lo stesso codice penale del 1930, all’art. 222, individuava in questo tipo di struttura il luogo ove eseguire tali misure.

È con l’avvento dei cambiamenti culturali in campo medico, giuridico e sociale degli anni Settanta che si assiste alla trasformazione da manicomi a Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Nel concreto, la Legge n. 354 del 1975 ha stravolto il sistema carcerario italiano, inculcando nell’ordinamento la finalità di rieducazione del detenuto con atti adeguati alla dignità umana[5]. Le condizioni degli internati, però, non hanno subito alcun cambiamento radicale: gli O.P.G. risultarono essere un mero cambio di definizione, per una realtà – quella dei manicomi – sostanzialmente rimasta invariata.

Per questo motivo si è giunti alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

 

La legge n. 81 del 2014

L’iter che ha condotto alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è iniziato nel 1999 con il D.lgs. 22 giugno 1999, n. 230Riordino della medicina penitenziaria a norma dell’articolo 5, della legge 30 novembre 1998, n. 419“. A seguire una serie di atti normativi sino al 2013 con la L. 23 maggio 2013, n. 57 di conversione del decreto legge n. 24/2013 che stabiliva il programma regionale in cui definire “tempi certi e impegni precisi per il superamento degli OPG[6].

La svolta è avvenuta con la Legge n. 81 del 2014 che ha apportato, in sede di conversione di un decreto legge, significative modifiche volte a sancire il superamento dell’ottica meramente repressiva che aveva contraddistinto la gestione degli O.P.G.

In primo luogo, è stabilita una diversa prassi per l’applicazione delle misure di sicurezza degli infermi di mente:

Il giudice dispone nei confronti dell’infermo di mente e del seminfermo di mente l’applicazione di una misura di sicurezza, anche in via provvisoria, diversa dal ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e custodia, salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale, il cui accertamento è effettuato sulla base delle qualità soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni di cui all’articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale”. (Art. 1, comma 1, lettera b).

 

La Legge di conversione in esame amplia la portata del dettato sopradescritto anche alle decisioni – sempre in tema di misure di sicurezza – della magistratura di sorveglianza. L’articolo 1, comma 1, lettera b) si conclude, infatti, con la seguente previsione:

Allo stesso modo provvede il magistrato di sorveglianza quando interviene ai sensi dell’articolo 679 del codice di procedura penale. Non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali”.

 

Un ulteriore punto cardine della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è il trattamento dei soggetti internati:

I percorsi terapeutico-riabilitativi individuali di dimissione di ciascuna delle persone ricoverate negli ospedali psichiatrici giudiziari alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, e successive modificazioni, devono essere obbligatoriamente predisposti e inviati al Ministero della salute e alla competente autorità giudiziaria entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (…). Per i pazienti per i quali è stata accertata la persistente pericolosità sociale, il programma documenta in modo puntuale le ragioni che sostengono l’eccezionalità e la transitorietà del prosieguo del ricovero”. (Art. 1-ter).

 

La pericolosità sociale rimane, dunque, l’elemento pregnante per la prosecuzione del ricovero, in quelle che saranno le R.E.M.S.. Se suddetto elemento non è riscontrato, la persona assumerà la qualifica di detenuto.

Infine, la Legge stabilisce che:

Le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima. Per la determinazione della pena a tali effetti si applica l’articolo 278 del codice di procedura penale. Per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo non si applica la disposizione di cui al primo periodo”. (Art. 1-quater).

 

Si tratta di un criterio basilare per l’abolizione dei c.d. “ergastoli bianchi”, ossia la prassi diffusa in passato che consisteva nel prorogare all’infinito le misure di sicurezza detentive.

 

Conclusioni

Gli O.P.G. sono stati definiti in molti modi: manicomi criminali, nell’accezione più cruenta; “non luoghi” della giustizia italiana, adattando la definizione di Marc Augé di un luogo non identitario, non relazionale e a-storico[7].

La chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari segna così il passaggio ad una nuova era nella gestione dei rei infermi di mente: il “pazzo delinquente” diventa un paziente da curare e riabilitare, il cui vizio di mente non è più considerato alla stregua di una predisposizione genetica o antropologica.

La mente è diventata oggetto di uno studio scientifico lontano dall’analisi lombrosiana, che ha contribuito in modo decisivo alla fondazione dei manicomi criminali. Tutto ciò premesso, occorre evitare una reinterpretazione – sebbene moderna – di schemi del passato, al punto che: “Pare senz’altro condivisibile l’opinione di quanti ritengono non necessaria, e nemmeno auspicabile, una rifondazione del diritto penale su basi neuroscientifiche[8].

Informazioni

G. Casavola, 30 giugno 1889 – promulgato il Codice Zanardelli, https://massimedalpassato.it/30-giugno-1889-il-codice-zanardelli/.

G. Del Giudice, Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono chiusi, ma le misure di sicurezza (in particolare quelle detentive) sono dure a morire, “La Magistratura” (Anno LXVII n. 8), Quarantennale della Legge Basaglia.

P. Di Nicola, La chiusura degli O.P.G.: un’occasione mancata, Diritto penale contemporaneo.

A. Olivieri, “Pena di morte, dal codice Zanardelli al codice Rocco, profili storici e giuridici, https://www.lanternaweb.it/pena-di-morte-dal-codice-zanardelli-al-codice-rocco-profili-storici-e-giuridici/.

C. Pellecchia, Neuroscienze e diritto penale, www.dirittoconsenso.it.

[1] G. Del Giudice, Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono chiusi, ma le misure di sicurezza (in particolare quelle detentive) sono dure a morire, “La Magistratura” (Anno LXVII n. 8), Quarantennale della Legge Basaglia.

[2] Ibidem.

[3] A. Olivieri, “Pena di morte, dal codice Zanardelli al codice Rocco, profili storici e giuridici, https://www.lanternaweb.it/pena-di-morte-dal-codice-zanardelli-al-codice-rocco-profili-storici-e-giuridici/, 02/02/2021. G. Casavola, 30 giugno 1889 – promulgato il Codice Zanardelli, https://massimedalpassato.it/30-giugno-1889-il-codice-zanardelli/, 30/06/2021.

[4] Del Giudice, cit.

[5] P. Di Nicola, La chiusura degli O.P.G.: un’occasione mancata, Diritto penale contemporaneo, 13/03/2015.

[6] Ibidem.

[7] Del Giudice, cit.

[8] C. Pellecchia, Neuroscienze e diritto penale, www.dirittoconsento.it, 23/12/2019.