Parlamento, bicameralismo e Presidenti. Uno sguardo d’insieme sull’organo principale del potere legislativo ed in particolare sul Presidente della Camera

 

Parlamento, Camere e ping pong

Nella storia costituzionale inglese la parola “Parlamento” indicava la riunione nella quale il Re e i baroni del Regno “parlamentavano” per decidere sulle questioni politiche essenziali.

Il Parlamento è il luogo in cui si esercita il massimo potere politico, basti pensare che tutta la storia costituzionale è la storia della lotta per la conquista del Parlamento, ossia del potere sovrano, come potere rappresentativo.

Nel linguaggio comune tale termine viene adoperato per riferirsi a una specifica attività: quella di parlare e di decidere votando. La definizione di “parlaménto” che si legge sul Vocabolario Treccani è “l’atto, il fatto di parlare, e quindi conversazione, discorso in genere”.

Ma, com’è noto, il Parlamento è soprattutto uno specifico organo costituzionale composto dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica (art. 55 Cost.). Si tratta di un istituto unitario con forma bicamerale, che si riunisce in seduta comune per discutere delle questioni più rilevanti.

Le due Camere hanno gli stessi poteri (proporre, discutere e approvare le leggi) e si trovano su un piano di assoluta parità. È per questo che si può assistere a una sorta di “ping pong” prima che un disegno di legge venga approvato da entrambi i rami del Parlamento. Se viene presentata una proposta di legge dalla Camera, questa passa al Senato che ha la facoltà di apportarvi delle modifiche. In questo caso, il disegno di legge dovrà tornare alla Camera, affinché quest’ultima approvi le variazioni e così, in una sorta di “ping pong” in cui la pallina è il disegno di legge, fino a quanto il testo sarà approvato definitivamente da entrambi i rami. Per descrivere questo meccanismo si parla di bicameralismo perfetto o paritario.

Le uniche differenze esistenti tra le due Camere riguardano:

  • la composizione: al momento i componenti della Camera sono 630, quelli del Senato sono 315. L’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di parlamentari direttamente eletti dal popolo. Ma la legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1, ha previsto la riduzione da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. In questo modo, il nostro Paese si allineerà al resto d’Europa. La riduzione del numero entrerà in vigore all’inizio della prossima Legislatura;
  • le caratteristiche dell’elettorato attivo e passivo: ad oggi per eleggere i deputati occorre aver compiuto 18 anni e per essere eletti deputati occorre aver compiuto 25 anni; per eleggere i senatori occorre aver compiuto 25 anni e per essere eletti senatori occorre averne almeno 40 (art. 58 Cost.). Il Costituente pensava che l’età più elevata sarebbe stata indice di maggior maturità, tanto negli elettori quanto negli eletti. Ma le cose cambieranno presto. La legge costituzionale 18 ottobre 2021, n. 1, ha modificato l’articolo 58 della Costituzione e, così, a decorrere dalle prossime elezioni politiche l’età minima per poter votare per il Senato della Repubblica sarà uguale a quella richiesta per eleggere i deputati: 18 anni e non più 25;
  • l’elezione a base regionale del Senato: i sistemi elettorali delle due Camere sono diversi, infatti i senatori vengono eletti su base regionale (art. 57 c. 1 Cost.).

 

Le ragioni del bicameralismo

“Essendo paritario, non avrebbe ragione di esistere” sostengono alcuni da molto tempo. Effettivamente, nella tradizione del costituzionalismo rivoluzionario francese, l’Assemblea nazionale era monocamerale, proprio in quanto espressione dell’unica Nazione. Anche le nostre Camere sono espressione del medesimo e unico popolo sovrano.

Abbiamo visto finora che il bicameralismo perfetto consente, durante l’iter di approvazione delle leggi, di tornare sui testi dei disegni e dei progetti di legge approvati da una Camera per apportarvi dei miglioramenti, per correggere eventuali errori e per consentire dei ripensamenti.

La ragione originaria che spinse l’Assemblea Costituente ad adottare il bicameralismo paritario fu l’opportunità di verificare gli orientamenti politici del corpo elettorale in momenti diversi. Inizialmente, infatti, l’articolo 60 Cost. prevedeva che la Camera dei deputati fosse eletta per cinque anni e il Senato della Repubblica per sei. Questa differenza iniziale di un anno sarebbe aumentata di legislatura in legislatura e, dunque, le due Camere avrebbero rappresentato orientamenti politici del corpo elettorale colti in due momenti diversi.

Nel 1963 l’articolo fu modificato e venne deciso che il Senato sarebbe stato sciolto ogni cinque anni, facendo così venire meno il motivo primario alla base della scelta bicamerale.

La limitazione di durata della legislatura è una garanzia di democrazia: gli elettori possono confermare con il loro voto i partiti che hanno governato, oppure votarne altri.

Le discussioni circa il superamento del bicameralismo paritario si accendono periodicamente. Nel 2005 il Parlamento approvò a maggioranza assoluta una riforma costituzionale in materia, proposta dal Governo Berlusconi III, sottoposta a referendum confermativo nel giugno 2006, non confermata dal voto popolare. La stessa situazione si verificò nel 2016 con la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi: dopo l’approvazione delle Camere a maggioranza assoluta, fu sottoposta a referendum confermativo nel dicembre 2016, ma venne respinta dal voto popolare.

 

Il Presidente e l’Ufficio di Presidenza

Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti un Presidente (art. 63 Cost.). Egli è coadiuvato nelle sue attività da un Ufficio di Presidenza. Quest’ultimo è composto da quattro vicepresidenti (che lo sostituiscono in caso di assenza e, in generale, collaborano con lui), tre questori (che sovraintendono all’ordine e all’organizzazione materiale interna) e dai Segretari, il cui numero varia a seconda dei gruppi parlamentari (che assistono il Presidente durante i lavori Parlamentari). Anche i membri dell’Ufficio di Presidenza sono eletti dai parlamentari.

L’elezione avviene a scrutinio segreto ed è diretta da un soggetto chiamato a ricoprire provvisoriamente la posizione di Presidente. Alla Camera viene scelto il più anziano di elezione tra i vicepresidenti delle precedenti legislature; al Senato il più anziano tra i presenti alla seduta.

I Presidenti dei due rami parlamentari svolgono un ruolo imparziale e, pertanto, devono tutelare anche le forze non vittoriose. Fino al 1944 era diffusa la prassi di sceglierne uno nella maggioranza e uno nella minoranza parlamentare. Oggi, invece, entrambi i Presidenti sono espressione della maggioranza.

Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei Deputati, e anche il regolamento utilizzato è quello della Camera. Questa scelta è dovuta al fatto che il Presidente del Senato è già chiamato a esercitare le funzioni del Presidente della Repubblica[1], qualora egli non possa adempierle temporaneamente (art. 86 Cost.). Si è voluto evitare, quindi, che egli assumesse troppe cariche, anche perché la seduta comune delle Camere può avere ad oggetto proprio la figura del Capo dello Stato (artt. 90, 91 Cost.).

Poiché le funzioni dei Presidenti devono ispirarsi al principio d’imparzialità e di garanzia dell’istituzione parlamentare nel suo complesso, per consuetudine, non prendono parte alle votazioni.

 

Il Presidente della Camera: nomina e funzioni

Il Presidente della Camera è eletto dall’Assemblea nella prima seduta della legislatura. Al primo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei membri della Camera. Se nessuno viene eletto alla prima votazione, al secondo e al terzo scrutinio il quorum si abbassa a due terzi dei votanti (le schede bianche contano come voti validi). Se anche in questo caso nessuno viene eletto, dal quarto scrutinio in poi è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, e il voto va avanti a oltranza.

Egli rappresenta la Camera e assicura il buon andamento dei suoi lavori. Tra i suoi compiti rientra quello di far osservare il Regolamento e l’Amministrazione interna, diretta dal Segretario generale, che ne risponde nei suoi riguardi.

Le sue molteplici funzioni sono:

  • dirigere e moderare la discussione, mantenendo l’ordine;
  • dare la parola ai deputati;
  • curare l’organizzazione dei lavori della Camera, convocando la Conferenza dei presidenti di gruppo e predisponendo, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza prescritta dal regolamento, il programma e il calendario;
  • porre le questioni;
  • stabilire l’ordine delle votazioni;
  • presiedere l’Assemblea e gli organi collegiali preposti alle funzioni di organizzazione dei lavori e direzione generale della Camera che vengono da lui convocati ogniqualvolta lo ritenga opportuno (Ufficio di Presidenza, Conferenza dei Presidenti di gruppo, Giunta per il regolamento);
  • chiarire il significato delle votazioni e annunciarne l’esito;
  • nominare i componenti degli organi interni di garanzia istituzionale (Giunta per il regolamento, Giunta delle elezioni, Giunta per le autorizzazioni richieste ai sensi dell’art. 68 Cost.);
  • decidere dell’ammissibilità dei progetti di legge, degli emendamenti, degli ordini del giorno, delle mozioni, delle interrogazioni, delle interpellanze.

Informazioni

L. Gianniti e N. Lupo, Corso di diritto parlamentare, Il Mulino, Bologna (ult. ed.)

S. Curreri, Riforme regolamentari e futuro del Parlamento, in Quaderni costituzionali, 2008

C. de Fiores, Prospettive di riforma del bicameralismo in Italia, in Politica del Diritto, 2007

[1] Per maggiori informazioni sul Presidente della Repubblica: Il Presidente della Repubblica – DirittoConsenso