Il caso dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud è solo parte della strategia politica della Russia o nasconde vere rivendicazioni dei due popoli? Cosa ci dice il diritto internazionale in proposito?
Abcasia e Ossezia del Sud non sono l’unico esempio di riconoscimento da parte russa
Pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin, si è premunito di riconoscere l’indipendenza degli oblast secessionisti di Luhansk e Donetsk. Lo ha fatto all’interno di un articolato discorso volto a giustificare l’intervento sotto le vesti di un’operazione di difesa a favore delle due repubbliche del Donbass.
Non è la prima occasione in cui Mosca utilizza il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione di territori separatisti per giustificare un intervento militare russo. Oltre alle autoproclamate repubbliche indipendenti di Luhansk e Donetsk, ci sono altri territori che hanno fatto appello al riconoscimento del loro diritto all’autodeterminazione[1], trovando il sostegno e il riconoscimento della Russia: Transnistria in Moldavia, Abcasia e Ossezia del Sud[2] in Georgia[3] e la Crimea, sempre in Ucraina. Alcune di loro hanno poi finito per chiedere l’annessione alla Russia.
I criteri di indipendenza secondo l’Independent International Fact Finding Mission in Georgia
L’Abcasia e l’Ossezia del Sud si sono dichiarate indipendenti a seguito della guerra russo georgiana, combattuta dalla Georgia da un lato e dalle due regioni separatiste e dalla Russia dall’altro. Dalla fine della guerra, nessuno ha più il libero accesso alle due regioni, anche entrare come turista è diventato difficile, benché l’Abcasia fosse un’importante meta turistica della Georgia. In entrambe sono presenti peacekeeper russi, mentre le autorità europee o dell’Onu non hanno accesso. L’Abcasia è indipendente anche dalla Russia, invece l’Ossezia del Sud è completamente sotto l’influenza russa. Attualmente, l’Abcasia e l’Ossezia del Sud sono riconosciute solo da Russia, Venezuela, Nicaragua, Nauru e Siria. Entrambe hanno dichiarato l’indipendenza il 26 agosto del 2008 dopo la sconfitta dell’offensiva georgiana in Ossezia del Sud, nell’ultima fase della guerra russo-georgiana.
Nel secondo volume del report finale, l’Independent International Fact-Finding Mission on the Conflict in Georgia[4] fornisce uno studio approfondito riguardo la legittimità delle due diverse rivendicazioni del diritto all’autodeterminazione operate rispettivamente dall’Abcasia e dall’Ossezia del Sud.
Riferisce, infatti, che dalla prospettiva del diritto internazionale, all’epoca del conflitto del 2008, l’Ossezia del Sud disponeva delle tre caratteristiche che il diritto internazionale pone con irrinunciabili per individuare un nuovo stato, ovvero: un territorio, una popolazione e un governo operante su una base costituzionale. Tuttavia, il terzo criterio dell’effettività non era sufficientemente soddisfatto, poiché la politica nazionale era largamente influenzata dalla Russia.
Lo status dell’Abcasia era invece leggermente diverso, al contrario dell’Ossezia del Sud, infatti, il governo abcaso aveva espresso la chiara volontà di rimanere indipendente dalla Russia.
Lo status delle regioni di Abcasia e Ossezia del Sud all’interno dell’Unione Sovietica
Per analizzare la situazione attuale delle due regioni separatiste occorre tornare al periodo dell’Unione Sovietica. L’URSS era uno stato federale composto da tre diversi livelli di governance: Repubbliche dell’Unione, Repubbliche Autonome e Regioni Autonomi.
Secondo la Costituzione Sovietica del 1977, solo alle Repubbliche dell’Unione era attribuito il diritto alla secessione senza nessun prerequisito (articolo 72) e i confini dei loro territori potevano essere modificati solo con il consenso della Repubblica stessa (articolo 78).
Alla fine degli anni ‘80, quando il controllo del Partito cominciò ad indebolirsi, l’Unione Sovietica assistette a diverse dichiarazioni di indipendenza. Non furono unicamente le Repubbliche dell’Unione a rivendicare l’autonomia, anche le sottounità come le Repubbliche Autonome e le Regioni Autonome adottarono dichiarazioni di sovranità o indipendenza.
Nel 1921, dopo che la Georgia fu conquistata dall’Armata Rossa, l’Abcasia e la Georgia furono trasformate in due Repubbliche Sovietiche indipendenti. Solo dal 1931 l’Abcasia fu soggetta al governo di Tbilisi, declassata da “Repubblica Socialista Sovietica” a “Repubblica Autonoma Socialista Sovietica” (Articolo 85 della Costituzione Sovietica), per volere di Stalin.
Al contrario, l’Ossezia del Sud all’interno dell’Unione Sovietica era inquadrata come regione autonoma.
Autodeterminazione di Abcasia e Ossezia del Sud dal punto di vista europeo
Le “Guidelines on the Recognition of New States in Eastern Europe and in the Soviet Union”, approvate il 16 dicembre del 1991 dal Consiglio dei Ministri degli Esteri della Comunità Europea, hanno definito i criteri di riconoscimento applicabili agli Stati emersi a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Benché il principio di autodeterminazione fosse enfatizzato nella prima parte del testo, la politica di riconoscimento dell’Unione Europea si focalizzava solo sugli Stati che componevano le Federazioni che si stavano dissolvendo. In ragione di tali principi la Georgia può essere riconosciuta come stato indipendente, mentre l’Abcasia o la Sud Ossezia no.
Una posizione così restrittiva è basata sulle opinioni della Arbitration Commission of the Conference on Iugoslavia, stabilita dalla Comunità Europea sotto la presidenza di Robert Badinter, formulate nel novembre del 1991 e ancora più chiaramente nel gennaio del 1992. La Commissione fondò la sua tesi sul principio legale internazionale dell’uti possidetis. In virtù del principio, i confini amministrativi delineati dalle vecchie potenze coloniali diventarono i confini internazionali dei neonati Stati. Nel caso specifico dell’Unione Sovietica, le frontiere interne tra le Repubbliche dell’Unione sarebbero diventati i confini dei nuovi Stati, in base al diritto internazionale.
Tra autodeterminazione interna ed esterna
Secondo la EU International Fact-finding Mission in Georgia, gli osseti possono essere qualificati come “popolo” ai fini del diritto internazionale.
Pertanto, in linea di principio, il popolo può invocare il diritto all’autodeterminazione.
Inoltre, benché la popolazione osseta che viveva in Georgia prima delle ostilità dell’agosto del 2008, è solo una parte del popolo, tale sottogruppo può comunque rivendicare il diritto all’autodeterminazione interna. Ovvero, i sud osseti possono richiedere che i loro interessi vengano rappresentati nelle politiche del governo e che la loro identità culturale sia preservata nella nuova Repubblica indipendente di Georgia.
Il diritto internazionale non garantisce diritto assoluto all’autodeterminazione esterna, ovvero un diritto alla secessione nel caso si verifichino violazioni del diritto all’autodeterminazione interna. Sebbene vi sia stata una tolleranza di secessioni verificatisi in determinate situazioni, tale eccezione, secondo l’International Fact-finding Mission, non può essere applicabile alla Sud Ossezia.
In conclusione, benché l’autodeterminazione interna non sia stata garantita al popolo sud osseto da parte del governo georgiano, nel periodo di transizione dopo la dissoluzione dell’URSS, la Sud Ossezia non può rivendicare un legittimo diritto alla secessione.
Secondo il secondo volume del report dell’Independent Fact-finding Mission in Georgia, il popolo abcaso, al pari di quello osseto, rientra nella definizione, fornita dal diritto internazionale, di “popolo” e può perciò contare sul diritto all’autodeterminazione dei popoli, ma declinato anche in questo caso nella sua accezione interna.
Al contrario della Sud Ossezia, l’Abcasia però presenta una lunga tradizione di Stato indipendente.
L’autodeterminazione esterna nel diritto internazionale: possono Kosovo e Québec essere considerati dei precedenti per Abcasia e Ossezia del Sud
Il diritto all’autodeterminazione, pur appartenendo ad ogni individuo, porta ad un diritto di secessione solo laddove le persone siano sottoposte ad un impero coloniale, nel caso di assoggettamento straniero, dominazione o sfruttamento; e possibilmente, laddove sia negato qualsiasi esercizio della propria autodeterminazione all’interno dello Stato di cui fanno parte. Nelle altre circostanze, è previsto che le persone affermino la propria autodeterminazione all’interno dello Stato già esistente.
La comunità internazionale, tuttavia, accetta e ha accettato la secessione nel caso in cui ricorrano determinate circostanze:
- nel caso in cui questa avvenga con il consenso dello Stato da cui il territorio ha deciso di dividersi, previa consultazione della popolazione locale.
- qualora non sorgano particolari problemi di rilievo giuridico.
Anche se nel caso del Kosovo la contrarietà della Serbia non ha precluso il riconoscimento internazionale di gran parte degli Stati della nuova entità. Il Kosovo, tuttavia, non crea precedente ma anche prima della guerra dell’agosto 2008, Abcasia e Ossezia del Sud puntarono sull’indipendenza kosovara per perorare la propria causa d’indipendenza dalla Georgia.
Charney deduce degli sviluppi nel diritto internazionale riguardanti le rivendicazioni di autodeterminazione nel contesto non strettamente coloniale. Tre fattori determinerebbero una possibile indipendenza con l’appoggio della comunità internazionale:
- Il previo esaurimento dei metodi pacifici per la risoluzione delle controversie tra il governo e il gruppo di minoranza, che denuncia un ingiusto diniego dell’autodeterminazione interna, nonché sforzi nell’utilizzare i buoni uffici di altri Stati e delle organizzazioni internazionali.
- La certezza che le persone che rivendicano il diritto all’autodeterminazione a nome del gruppo, rappresentano la volontà della maggioranza della comunità di minoranza;
- Il ricorso all’uso della forza e la richiesta d’indipendenza devono essere considerate come ultima risorsa, esaurendo prima tutte le opzioni di soluzione pacifica (remedial secession), qualora un’etnia fosse persistentemente privata del suo diritto all’autodeterminazione interna e in più fosse vittima di una brutale persecuzione.
Secondo la prassi delineata dal parere della Corte Suprema Canadese riguardo la secessione del Québec, la secessione rimediale dovrebbe essere garantita anche qualora alla minoranza sia negato qualsiasi esercizio della propria autodeterminazione all’interno dello Stato di cui fa parte, ma tale tesi non è mai stata avvalorata nella pratica dal diritto internazionale.
La situazione attuale in Georgia, in Abcasia e in Ossezia del Sud
Se le violenze perpetrate da Tbilisi, potrebbero non essere determinanti nella causa abcasa, poiché individuate da entrambe le parti in confitto, lo sarebbe invece la mancanza di un’adeguata autodeterminazione interna. Il neonato governo georgiano, all’indomani della ritrovata indipendenza, sembra non aver garantito tale diritto in forza della sua ottica nazionalista. Successivamente, in anni anche più recenti, questo non ha mai introdotto riforme volte a garantire l’autodeterminazione del popolo abcaso ed osseto.
Nel caso abcaso non sarebbe soddisfatto però, il requisito del previo esaurimento dei metodi pacifici: la regione ha sempre alternato proposte di dialogo come il documento “Key to the future” nel 2006, a massicce violazioni nei confronti della popolazione georgiana residente nella regione, che hanno costretto i georgiani residenti a lasciare le proprie case, trovando rifugio al di là del confine.
La controparte georgiana si dichiarava pronta ad iniziare delle consultazioni al fine di garantire all’Abcasia una maggiore sovranità interna nonché la rappresentazione della sua popolazione in ogni istituzione georgiana. Ma dal 1999, le autorità de facto hanno rifiutato di prendere in considerazione qualsiasi accordo con Tbilisi che non avesse incluso il riconoscimento dell’indipendenza abcasa.
È tuttavia necessario valutare anche il controllo che il governo abcaso ha attualmente sul territorio da esso rivendicato. La realtà è che, sebbene l’Abcasia appartenga ancora alla Georgia, funziona ormai come un’entità separata e Tbilisi non esercita più alcun controllo sul territorio oltre la valle settentrionale di Kodori. Gli abcasi ritengono che la Georgia non sia in grado di garantire la loro sicurezza, non hanno nessun rappresentante nelle strutture di governo e la loro economia è ormai maggiormente rivolta alla Russia. Negli anni le autorità de facto hanno saputo costituire le premesse per la creazione e il mantenimento di un governo funzionante, provvedendo ai servizi sociali e sviluppando un’economia locale.
L’Ossezia del Sud invece è ad oggi dipendente economicamente dalla Russia, che la influenza anche in politica e nella scelta dei capi di governo e con cui ha detto più volte di volersi unire.
Conclusioni: Abcasia e Ossezia del Sud possono diventare Stati con riconoscimento internazionale?
Ad oggi l’Abcasia è la regione che soddisfa maggiormente i requisiti per essere uno Stato indipendente. Il governo è eletto in autonomia, la Russia infatti non esercita alcuna influenza sulla regione, anche in ragione del grande orgoglio nazionale degli abcasi. Lo sviluppo e la democratizzazione delle strutture di stato, infatti, sono state individuate come importanti obiettivi sia dal governo, che dall’emergente società civile abcasa.
Creare valide istituzioni di governo, riabilitare l’economia e rafforzare lo stato di diritto, sono percepite come le migliori protezioni dall’aggressione e dall’imperialismo georgiano, anche perché tali misure sono viste come utili a rafforzare e a legittimare lo stato de facto agli occhi della comunità internazionale. La volontà di costruire uno stato democratico e legittimo è stata evidente nel corso delle elezioni presidenziali del 2004. In tale occasione, il candidato sostenuto dalla Russia, Raul Khadzhimba, considerato il favorito, fu battuto al primo turno dal candidato abcaso Sergei Bagapsh. Indubbiamente, lo Stato de facto conta molto sull’aiuto della Federazione Russa per la sicurezza militare ed economica, tuttavia, le strette relazioni tra le due entità sono per certi versi imputabili alle conseguenze dell’isolamento internazionale della regione, è negli anni i presidenti abcasi hanno espresso sempre la volontà di sviluppare le relazioni con Turchia ed Europa, proprio per mantenere le distanze dalla vicina Russia.
Ciò detto, è importante sottolineare che l’Abcasia non soddisfa i criteri internazionali che prescrivono che, prima di dichiarare l’indipendenza, avrebbe dovuto tentare il ricorso a tutti i metodi pacifici per raggiungere l’autodeterminazione interna. Gli sforzi, sia da parte della Georgia, che da parte dell’Abcasia sono stati sempre poco convinti, in parte viziati anche dall’astio reciproco. Infine, non si può dimenticare che se non fosse stata declassata a Repubblica autonoma da Stalin (nato in Georgia), all’indomani del crollo dell’URSS sarebbe oggi a tutti gli effetti uno stato indipendente. Infatti, il periodo successivo alla Seconda guerra mondiale fino alla morte di Stalin fu segnato da una potente campagna con l’obiettivo di annientare l’Abcasia come entità culturale. Sotto il controllo dei due leaders di origini georgiane, Joseph Stalin e Lavrentii Beria[5], l’Abcasia attraversò un vero e proprio periodo di “georgianizzazione” per cui il governo centrale cercò di imporre la cultura e la lingua georgiana, l’Abcasia perse i propri leaders comunisti e gli intellettuali subirono una vera e propria persecuzione. Tra le altre misure ci fu una campagna di ricollocamento dei contadini delle province occidentali della Georgia, in Abcasia.
Al contrario, l’Ossezia del Sud non ha una grande storia di indipendenza e la sua volontà fin dall’inizio è stata più che altro quella di unirsi alla Russia. Ancora oggi il governo è un governo fantoccio nelle mani di Mosca. Per questi motivi l’Ossezia del Sud è la regione che meno si avvicina alla definizione di Stato indipendente e in questo caso anche il riconoscimento da parte di Russia, Venezuela, Nicaragua, Nauru e Siria, è più che altro una scelta politica che esula da ciò che sancisce il diritto internazionale.
Informazioni
BENEDETTO CONFORTI, “Manuale di Diritto Internazionale”, Editoriale scientifica, 2014.
ENZO CANNIZZARO (2018), “Diritto internazionale”, Giappichelli Editore.
DANIEL THÜRER, THOMAS BURRI, “Self-Determination”, Max Planck Encyclopedia of Public International Law [MPEPIL], dicembre 2008.
CHRISTOPHER J. BORGEN, “Is Kosovo a Precedent? Secession, Self-Determination and Conflict Resolution”.
WOLFGANG DANSPECKGRUBER, “Self-determination in our times a brief re-assessment”, ottobre 2017.
GALINA STAROVOITOVA, “Sovereignty after empire, self-determination movements in the former Soviet Union”, United States Institute of Peace, 1997.
ROYA M. HANNA, “Right to Self-Determination in In Re Secession of Quebec”, Maryland Journal of International Law, Volume 23 | Issue 1, Article 9, 1999.
“Report of the Independent International Fact-Finding Mission on the Conflict in Georgia”, volume I, settembre 2009.
“Report of the Independent International Fact-Finding Mission on the Conflict in Georgia”, volume II, settembre 2009.
“Report of the Independent International Fact-Finding Mission on the Conflict in Georgia”, volume III, settembre 2009.
A. RIGO SUREDA, “The evolution of the right of self-determination, a study of United Nations Practice”, A. W. Sijthoff Publishing Company B.V., 1973.
GABRIELE NATALIZIA, “La Russia e il ‘Grande Gioco’ Balcanico”, 20 novembre 2015, www.ispionline.it.
TAPPE, TRENT N., “Chechnya and the State of Self-Determination in a Breakaway Region of the Former Soviet Union: Evaluating the Legitimacy of Secessionist Claims”, Columbia Journal of Transnational Law [ 42 pages, 255 to 296 ].
ANDREA SPAGNOLO, “La “tentata” prevenzione del conflitto in Sud Ossezia e in Abkhazia”.
ANGELIKA NUßBERGER, “South Ossetia”, in Max Planck Encyclopedia of Public International Law [MPEPIL], gennaio 2013.
INTERNATIONAL CRISIS GROUP, “Abkhazia and South Ossetia: Time to Talk Trade”, Report N°249, 24 maggio 2018.
“Abkhazia: Stable Isolation”, 3 dicembre 2018. https://carnegieeurope.eu/2018/12/03/abkhazia-stable-isolation-pub-77842
NONA MIKHELIDZE, “The Geneva Talks over Georgia’s Territorial Conflicts: Achievements and Challenges”, document stilato per l’Istituto Affari Internazionali (IAI) nell’ambito dell’Osservatorio del Caucasus, novembre 2010.
KORNELY KAKACHIA, “How the West Should Respond to Russia’s “Borderization” in Georgia”, PONARS Eurasia Policy Memo No. 523, aprile 2018.
“Abkhazia today” Crisis Group of Europe, report n. 176, 15 settembre 2006.
STANISLAV Z. LAKOBA, “Essays on the political history of Abkhazia”, Sukhumi, Alashara, 1990, pp. 91-99.
DAVIS MARSHALL LANG, “A Modern History of Soviet Georgia”, Groove Press, New York, 1962.
TOM TRIER, HEDVIG LOHM, DAVID SZAKONY, “Under Siege, Inter-Ethnic Relations in Abkhazia”, C. Hurst & Co. (Publishers) Ltd., Londra, 2010.
[1] Per un approfondimento al concetto di autodeterminazione nel diritto internazionale si rinvia ad un altro articolo di DirittoConsenso. Link: Il principio di autodeterminazione dei popoli: profili attuali – DirittoConsenso
[2] Gli osseti sono divisi tra Ossezia del Sud e Ossezia del Nord, attualmente regione della Russia
[3] La Georgia è una repubblica presidenziale, fin dall’indipendenza dall’URSS il 9 aprile 1991.
[4] Missione creata su mandato del Consiglio europeo con una decisione del 2 dicembre 2008.
[5] Primo segretario del Partito Comunista Transcaucasico.

Carola Bernardo
Ciao, sono Carola. Torinese, classe 1993. Mi sono iscritta all'università per capire il mondo e le sue regole, perciò ho studiato scienze internazionali e studi giuridici europei. Poi ho pensato che ci mancasse un pizzico di creatività e mi sono iscritta ad un secondo master in comunicazione. La Georgia mi è entrata nel cuore nel 2019, quando ci ho vissuto tre mesi, lavorando come tirocinante dell'Ambasciata d'Italia a Tbilisi. Da lì alla mia tesi magistrale sul principio di autodeterminazione e le regioni separatiste di Abcasia e Ossezia del Sud, il passo è stato breve. Ho lavorato per un anno con Medici Senza Frontiere nel Dipartimento di Advocacy e Humanitarian Affairs e diversi anni come consulente legale pro bono con i richiedenti asilo, in collaborazione con la clinica legale dell'Università di Torino.