Cos’è il patrocinio a spese dello Stato? E quali sono le disposizioni particolari dell’istituto?
Premessa
Originariamente nato con il nome di “gratuito patrocinio”[1], il patrocinio a spese dello Stato era stato pensato in un’ottica onorifica e a tratti obbligatoria per la classe forense per consentire alle persone meno abbienti di adire gratuitamente la giustizia o di difendersi[2] e, così, determinare condizioni di generale uguaglianza nella tutela giurisdizionale dei diritti.
L’istituto ha poi trovato un consolidamento nella Costituzione, che lo colloca nell’alveo dei diritti.
È l’art. 24, infatti, a sancire il diritto di “tutti” alla difesa, diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, garantendo a “tutti” i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione.
Non solo. Salendo di rango, ritroviamo il diritto alla difesa nella CEDU, che all’art. 6 garantisce il diritto all’equo processo, di cui il diritto alla difesa costituisce un necessario corollario.
La Convenzione distingue le controversie civili da quelle penali ed è finalizzata a tutelare diritti concreti ed effettivi, in particolare il diritto di accesso a un tribunale e, a tal fine, lo Stato potrebbe essere obbligato[3] a fornire l’assistenza di un difensore, quando tale assistenza risulta indispensabile per un effettivo accesso a un tribunale.
Da gratuito a patrocinio a spese dello stato: l’evoluzione normativa
Tre riforme hanno investito l’istituto.
La prima, L. 30.07.1990 n. 217, ha introdotto la nuova denominazione del patrocinio “a spese dello stato” limitandone però l’operativa agli ambiti penale, penale militare e civile, quest’ultimo limitatamente ai giudizi di risarcimento del danno e a quelli relativi alle restituzioni dipendenti da fatto costituente reato.
La seconda, L. 29.03.2001 n. 134, abrogando la disciplina originaria e modificando la successiva legge di modifica, ha esteso l’applicabilità delle norme ai giudizi civili e amministrativi.
L’ultima è stata concomitante all’entrata in vigore del Testo Unico sulle spese di giustizia (D.P.R. 30.05.2002, n. 115), il quale ha disposto l’abrogazione di tutta la precedente normativa (ad eccezione degli articoli 19-21 della L. n. 134/2001) e assorbito la maggior parte delle norme ivi contenute.
I requisiti d’accesso all’istituto
Al soggetto che versi nelle condizioni di cui all’art. 76 del Testo Unico sulle spese di giustizia, la Legge riconosce il diritto di essere ammesso al patrocinio a spese dello stato, in ogni stato e grado del processo.
In particolare, può essere ammesso il soggetto che possegga un reddito imponibile non superiore a € 11.746,68[4] (importo aggiornato nel 2020 dal Ministero della Giustizia[5]).
Nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario l’ammissione al patrocinio soggiace altresì alla valutazione di meritevolezza delle ragioni del richiedente[6].
L’istanza, redatta nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 79, viene sottoscritta dall’interessato e la firma necessita di autenticazione[7].
Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato
Sono il Titolo II e il Titolo IV del Testo Unico sulle spese di giustizia a disciplinare nel dettaglio criteri e procedure di applicazione dell’istituto del patrocinio, rispettivamente per il processo penale e per quelli civili, amministrativi, contabili e tributari.
Nel processo penale
L’istanza è presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all’ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo. Se è competente la Corte di Cassazione, l’istanza è presentata all’ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato[8].
Il termine entro cui il magistrato dovrà decidere è di dieci giorni.
Il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione può essere impugnato dall’interessato con ricorso, entro venti giorni dalla notizia, davanti al presidente del tribunale o al presidente della corte d’appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di rigetto.
Nel processo civile, amministrativo, contabile e tributario
Competente a ricevere l’istanza è il consiglio dell’ordine degli avvocati del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo o, se non ancora pendente, quello competente a conoscere del merito.
L’istanza deve contenere le enunciazioni in fatto e in diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che l’interessato intende far valere, nonché le relative prove a sostegno.
Il consiglio ha dieci giorni per decidere.
Nel caso di diniego, la medesima istanza potrà essere presentata al magistrato competente per il giudizio[9].
Revoca del beneficio: presupposti e conseguenze
Nell’ipotesi in cui si verifichi una variazione del reddito del beneficiario, idonea a superare la soglia indicata dal decreto ministeriale, ovvero l’interessato abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il patrocinio verrà revocato dal giudice, ai sensi dell’art. 136.
Il decreto di liquidazione del compenso al difensore, emesso dal giudice competente contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce, non verrà intaccato dall’eventuale revoca del beneficio, se quest’ultima è successiva all’emissione del decreto di pagamento[10].
Informazioni
Guida all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Diritto a un equo processo, in www.echr.coe.int.
Taraschi C. (a cura di), Manuale di diritto processuale civile, XXX ed., Ed. giuridiche SIMONE, Napoli, 2020
[1] R.D.L. 30.12.1923, n. 3282.
[2] Per un approfondimento sul diritto di difesa si rinvia a quest’altro articolo pubblicato su DirittoConsenso: Il diritto di difesa dell’indagato – DirittoConsenso
[3] Art. 6 par. 1 CEDU.
[4] L’art. 125 prevede sanzioni penali per le dichiarazioni false sul limite di reddito o per l’omesso aggiornamento delle dichiarazioni precedentemente rese.
[5] I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.
[6] Invece nel processo penale il patrocinio viene riconosciuto per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
[7] La sottoscrizione è autenticata dal difensore ovvero con le modalità di cui all’art. 38, comma 3, del D.P.R. 28.12.2000, n. 445 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).
[8] Per il richiedente detenuto, internato in un istituto, in stato di arresto o di detenzione domiciliare, ovvero custodito in un luogo di cura, si applica l’art. 123 del codice di procedura penale.
[9] Se l’istanza venga successivamente riproposta nei medesimi termini e accolta, gli effetti decorreranno dalla data di presentazione della medesima istanza all’ordine professionale.
[10] Sez. 4, Sentenza n. 17668 del 14/02/2019, Barbuto, Rv. 276256. A tale conclusione si giunge già da una lettura attenta del testo di legge laddove, all’art. 111, dispone che, in ambito penale, sono recuperate nei confronti dell’imputato l’onorario e le spese agli avvocati (spese di cui all’art. 107 comma 3, lettera F, che rientrano fra le spese “anticipate dall’erario”)

Benedetta Probo
Ciao, sono Benedetta. Sono nata a Milano il 24 novembre 1994, ma ho vissuto fino al compimento della maggiore età in un paese della provincia di Lecce, Tricase. Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il liceo statale locale, nel 2013 sono tornata nella mia città natale per intraprendere gli studi giuridici presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e nel luglio 2018 ho conseguito a pieni voti la laurea magistrale in giurisprudenza, discutendo una tesi in diritto pubblico comparato, dal titolo: “Profili di Ordinamento Giudiziario nel Diritto Comparato”. Successivamente ho iniziato e concluso il periodo di tirocinio della durata di 18 mesi presso la Corte d’Appello di Milano, e parallelamente ho svolto un periodo di pratica forense presso uno studio legale di diritto civile. Nella fase post lauream ho potuto approfondire il diritto civile puro, sostanziale e procedurale, senza però accantonare mai del tutto la mia passione per le materie penalistiche.