Dall’arbitrato internazionale all’arbitrato transnazionale: come si risolvono le controversie tra Stati?

 

L’arbitrato internazionale: un metodo di risoluzione delle controversie

L’arbitrato internazionale può qualificarsi quale metodo giudiziale di risoluzione delle controversie. A differenza dei metodi diplomatici[1], infatti, il ricorso all’arbitrato internazionale da parte degli Stati permette agli stessi di giungere ad una soluzione vincolante per la parte soccombente, tale da poter essere messa in esecuzione. Tuttavia, diversamente della procedura utilizzata davanti alle Corti internazionali[2], l’iter e le decisioni arbitrali presentano connotati quasi del tutto differenti, come si avrà modo di riscontrare di seguito.

In primo luogo, deve osservarsi che l’arbitrato internazionale trova la sua fonte nel c.d. compromesso arbitrale, quale accordo che gli Stati stipulano al sorgere della controversia e attraverso il quale gli stessi individuano il numero degli arbitri, cioè le persone fisiche che svolgeranno tale funzione, e la procedura da utilizzare. Da ciò emergono le prime differenze con l’iter di risoluzione delle controversie davanti alle Corti internazionali. In particolare, l’arbitrato internazionale implica che né gli arbitri né la procedura abbiano natura permanente, atteso che sono gli Stati che al momento del sorgere della controversia nominano gli arbitri e decidono quale diritto applicare al fine della sua risoluzione, optando, talvolta, anche per il diritto interno di una delle parti.

All’esito, il collegio arbitrale, formato minimo da tre individui che manifestano le prerogative dell’imparzialità rispetto alla controversia e dell’indipendenza rispetto agli Stati, adottano un lodo arbitrale. Esso costituisce la decisione assunta dagli arbitri che lo Stato soccombente deve eseguire.

 

Genesi ed evoluzione

Operate delle considerazioni di carattere generale sull’arbitrato internazionale, appare necessario chiarire che, rispetto alla procedura arbitrale, la prassi ha subito notevoli evoluzioni nel passaggio dalla comunità internazionale classica a quella moderna.

Ed invero, nel corso del XIX secolo, gli Stati stipulavano il compromesso arbitrale solo dopo il sorgere della controversia: trattasi del c.d. arbitrato isolato. Ciò implicava che in concreto gli Stati non sempre stipulassero il compromesso, poiché, qualora la controversia fosse risultata oggetto di ferme pretese delle parti, le stesse non sarebbero riuscite ad addivenire ad un accordo funzionale alla nomina del collegio arbitrale. Ne derivava che gli Stati stipulassero il compromesso arbitrale solo per controversie minori, prevedendo, tra l’altro, procedure sommarie che non garantivano un’attenta analisi da parte degli arbitri. Questo trova conferma anche nel fatto che, all’epoca, il lodo non era motivato ma era formato solo dal dispositivo, cioè l’ordine imposto allo Stato soccombente.

Con il passare dei decenni e con il progressivo affermarsi della norma di diritto internazionale generale in materia di risoluzione pacifica delle controversie, si è assistito ad un’evoluzione di tale metodo. Si pensi all’introduzione, all’interno dei trattati internazionali, della clausola compromissoria c.d. non completa. Essa può configurarsi come una clausola finale che gli Stati inserivano all’interno degli accordi con cui gli stessi si impegnavano a stipulare un compromesso arbitrale nel caso in cui fosse sorta una controversia sull’interpretazione o l’applicazione del trattato. Allo stesso modo, era invalsa la prassi di stipulare veri e propri trattati internazionali con i quali gli Stati individuavano una serie di materie che, qualora avessero dovuto essere oggetto di controversia, si impegnavano a sottoporre al giudizio di un collegio arbitrale. Tanto la clausola compromissoria quanto il trattato di arbitrato, seppur non completi rispetto alla prassi più recente, configuravano in capo agli Stati un obbligo de contrahendo in relazione al compromesso arbitrale. Vieppiù che nei trattati più moderni, al fine di non frustrare tale obbligo, gli Stati prevedevano già in via preliminare il numero degli arbitri e la procedura da seguire.

Da ultimo, la comunità internazionale moderna ha fatto esperienza dell’adozione di clausole compromissorie e trattati generali di arbitrato completi. Essi si differenziano dai loro “predecessori” per il fatto che, già in sede di stipula, gli Stati prevedono che le eventuali future controversie siano devolute ad una determinata Corte internazionale. Il metodo giurisdizionale, infatti, proprio perché si basa sul consenso degli Stati che ne hanno accettato la giurisdizione, assume natura essenzialmente arbitrale e può qualificarsi come lo sviluppo più moderno dell’arbitrato internazionale tradizionale.

 

Dall’arbitrato internazionale all’arbitrato transnazionale: alcuni esempi

Prima dell’istituzione delle Corti internazionali, la più importanti delle quali è sicuramente la Corte Internazionale di Giustizia, il metodo più invalso per ottenere una risoluzione della controversia di carattere vincolante era sicuramente l’arbitrato. Corre l’obbligo, dunque, di analizzarne alcuni esempi.

Un primo ed importante riferimento deve essere fatto sicuramente alla Corte Permanente di Arbitrato. Essa è una vera e propria organizzazione internazionale fondata nel 1899 con il fine precipuo di facilitare la risoluzione delle controversie fra gli Stati membri nelle materie più diverse[3]. Ha la sua sede centrale a L’Aja nel Palazzo della Pace, proprio come la Corte Internazionale di Giustizia, ma ha recentemente aperto un suo Ufficio anche a Vienna. Il suo Report Annuale, pubblicato il 26 aprile 2022, mostra un aumento delle controversie tra investitori e Stati[4].

Tale ultimo dato permette di operare una rilevante considerazione: la maggior parte delle controversie arbitrali hanno natura commerciale e spesso non si consumano tra Stati ma tra Stati e persone fisiche o giuridiche straniere. In quest’ultimo caso appare più corretto parlare di “arbitrato transnazionale” e non di “arbitrato internazionale”. Lo scopo sarà, infatti, quello di risolvere controversie sorte in merito agli investimenti diretti esteri fatti dalle imprese in uno Stato straniero.

A tal riguardo, un importante esempio di Corte arbitrale è l’ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes – Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti). Essa, istituita nel 1965, ha sede a Washington presso la Banca Mondiale ed eroga servizi di arbitrato e conciliazione relativamente alle controversie concernenti gli investimenti che i privati di uno Stato parte hanno fatto in un altro Stato parte. Affinché l’ICSID possa attivarsi, è necessario che la controversia sia giuridica e che la giurisdizione sia accettata per iscritto dalle parti. Inoltre, tale corte arbitrale, ai fini della decisione, applicherà il diritto indicato nel contratto di investimento o, in mancanza e nel caso di disaccordo, il diritto interno dello Stato parte della controversia.

Infine, deve osservarsi che in materia commerciale, l’intervento della Corte Internazionale di Arbitrato è oggi, secondo le statistiche[5], il più diffusamente richiesto a livello internazionale per la risoluzione delle controversie. Essa, con sede a Parigi, è stata fondata nel 1923 e la sua attività di mediazione ha coinvolto 142 Stati.

Ebbene, alla luce di quanto rappresentato, emerge una nuova prassi: la risoluzione delle controversie tra gli Stati oggi appare più orientata verso il ricorso alle Corti internazionali; diversamente, la risoluzione tra persone fisiche o giuridiche e Stati stranieri appare più orientata verso il ricorso ai collegi arbitrali, soprattutto in materia commerciale. Tale trend trova la sua origine più remota nell’importanza che l’individuo ha assunto e continua ad assumere nelle relazioni internazionali.

Informazioni

CONFORTI, 2014, Diritto internazionale, Napoli, Editoriale Scientifica

DEL VECCHIO, 2003, Giurisdizione internazionale e globalizzazione, Giuffrè Editore

FOCARELLI, 2019, Diritto internazionale, Wolters Kluwer CEDAM

SINAGRA-BARGIACCHI, 2019, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Giuffré Francis Lefebvre

https://pca-cpa.org/en/home/

https://www.iccitalia.org/arbitrato-e-adr/

https://www.iccitalia.org/arbitrato-e-adr/

[1] Cfr. art. 33 par. 1 Carta ONU.

[2] Sul punto, si veda A. FEDERICO, Come gli Stati risolvono le controversie internazionali, consultabile al seguente link: Come gli Stati risolvono le controversie internazionali? – DirittoConsenso .

[3] A titolo esemplificativo, si ricordi la delimitazione di confini terrestri e marini, la tutela dei diritti umani, gli investimenti internazionali, le controversie commerciali.

[4] Il Report annuale è visibile sul sito della Corte Permanente di Arbitrato, https://pca-cpa.org/en/home/

[5] Si veda https://www.iccitalia.org/arbitrato-e-adr/