Quali sono le differenze tra i ministri con e senza portafoglio? E qual è l’origine del termine “portafoglio”?

 

Origini del termine “portafoglio”

La figura del ministro senza portafoglio esisteva già nell’Ottocento. Probabilmente il termine “portafoglio” faceva riferimento alla cartella che i ministri del Re utilizzavano per trasportare i documenti, le pratiche e i soldi necessari per esercitare le loro funzioni. Nei documenti di allora si legge di frequente “portafoglio del ministero degli Affari esteri” o “portafoglio del ministero della Guerra”, a dimostrazione del fatto che la parola “portafoglio” veniva adoperata come sinonimo di “ministro”.

Il linguaggio e il diritto sono fenomeni dinamici. Il linguaggio giuridico si modifica con il modificarsi del diritto. Basti pensare all’art. 587 c.p. (delitto d’onore) che fino a quarantuno anni fa considerava un’esimente importante della colpevolezza del reo ciò che oggi viene bandito come sinonimo di barbarie.

E, così, quando oggi si parla di ministro con o senza portafoglio, quest’ultimo termine fa riferimento al dicastero di riferimento e non più alla persona del ministro.

I ministeri sono delle articolazioni fondamentali dello Stato. Sono composti da strutture amministrative complesse, formate da molteplici uffici, operanti in settori di intervento omogenei.

La Costituzione non fornisce alcuna indicazione in ordine al numero di ministeri, ma rimette la questione a una legge ordinaria (art. 95, c. 3 Cost.). È questa la ragione per cui nel corso dell’esperienza repubblicana il numero dei ministri è sempre stato variabile. Dagli originari otto ministeri previsti nella legge 1483/1853 si è arrivati a governi con un numero di ministri anche quattro volte superiore.

Il d. lgs. 300/1999 ha tentato di ridare ordine alla materia, fissando in dodici il numero dei ministeri. Tuttavia, la regola è stata più volte aggirata, utilizzando un decreto legge. Attualmente i dicasteri sono quindici.

 

Differenze principali tra ministro con e senza portafoglio

I ministri costituiscono una componente essenziale del governo perché concorrono, insieme al Presidente del Consiglio, a formarne l’organo di vertice, il Consiglio dei ministri.

I poteri dei ministri senza portafoglio sono analoghi a quelli dei ministri con portafoglio, quindi entrambi contribuiscono nella stessa misura alle decisioni prese dal Governo.

I ministri con portafoglio sono dei componenti del Governo a capo di un dicastero, cioè di un apparato amministrativo gerarchicamente ordinato, corrispondente a un determinato settore della pubblica amministrazione.

I loro poteri di gestione amministrativa sono più ampi rispetto a quelli attribuiti ai ministri senza portafoglio. I ministeri più importanti sono con portafoglio.

I ministri senza portafoglio, invece, pur facendo parte del Governo, non sono a capo di un ministero e non dispongono di uffici alle loro dipendenze.

Secondo la legge 400/1988 il loro compito è quello di svolgere “le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri”.  Esercitano, quindi, solo le funzioni a loro delegate dal Presidente del Consiglio o attribuite loro per legge.

Contribuiscono, così, a dare l’indirizzo politico del governo, all’interno dell’area di competenza affidatagli dal Presidente. Le deleghe dei ministri senza portafoglio riflettono gli orientamenti politici della maggioranza e cambiano leggermente tra un governo e l’altro.

In qualità di ministri partecipano al Consiglio dei ministri, a differenza dei viceministri e dei sottosegretari, e concorrono alle deliberazioni dell’organo collegiale al pari dei loro colleghi con portafoglio.

I ministri non lavorano da soli! Sono coadiuvati dai sottosegretari, nominati con decreto del Presidente della Repubblica[1], su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con il ministro interessato e sentito il Consiglio dei ministri.

I sottosegretari possono intervenire nei lavori parlamentari in rappresentanza del Governo, ma non possono partecipare al Consiglio dei ministri (ad eccezione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri).

In virtù della legge 81/2001, non più di dieci sottosegretari possono essere nominati viceministri. Questi possono partecipare alle sedute del Consiglio dei ministri, ma sono privi di diritto di voto.

 

Perché i ministri senza portafoglio sono utili?

Il numero di ministeri con portafoglio è stato progressivamente ridotto. Pensiamo al Ministero dell’Economia e delle Finanze: fino agli anni ’90 le sue funzioni erano svolte dal Ministero del Bilancio, da quello delle Finanze e da quello del Tesoro, mentre oggi si ha un dicastero unico.

Il numero di ministri senza portafoglio è quindi cresciuto.

L’esigenza di un aumento di queste ultime figure nasce, in primo luogo, dalla necessità di garantire rappresentanza in Consiglio dei Ministri anche ai partiti minori di una coalizione di governo. Grazie alla figura del ministro senza portafoglio, anche le forze più piccole di una coalizione possono garantirsi un ruolo nelle decisioni collegiali dell’esecutivo.

Un secondo motivo per la nomina di un ministro senza portafoglio è la possibilità di inviare un chiaro messaggio all’opinione pubblica circa il programma del governo che entra in carica. La creazione del ministro per la disabilità è un esempio in questo senso.

Infine, nominare un ministro senza portafoglio può essere il primo passo per la creazione di un nuovo ministero con portafoglio. Con il Governo Prodi II, per esempio, Alessandro Bianchi fu inizialmente nominato ministro senza portafoglio e il giorno successivo alla formazione del Governo divenne ministro con portafoglio di un ministero di nuova costituzione, quello dei trasporti (che nacque dalla scissione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

 

Che cos’è il Consiglio dei ministri?

Arrivati a questo punto, sapete che sia i ministri con portafoglio che quelli senza portafoglio partecipano al Consiglio dei ministri. Ma che cos’è questo Consiglio? E a che cosa serve?

Si tratta di un organo collegiale del Governo, presieduto dal Presidente del Consiglio. In caso di suo impedimento temporaneo, le riunioni del Consiglio sono presiedute dal Vicepresidente e, qualora, vi siano più Vicepresidenti, dal più anziano d’età. Visto che la figura del Vicepresidente è eventuale nella composizione del Governo, se non viene nominato, tali funzioni sono svolte dal ministro più anziano per età.

Le riunioni non sono pubbliche, a differenza delle sedute del Parlamento. La verbalizzazione delle riunioni è curata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, designato a svolgere le funzioni di Segretario. Egli ha anche il compito di conservare il registro delle deliberazioni.

I Presidenti delle regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige) e delle due province autonome (Trento e Bolzano) possono partecipare alle sedute, con voto consultivo, nel caso in cui siano trattate materie di loro interesse.

Al Consiglio dei ministri sono conferite le attribuzioni costituzionalmente e politicamente più rilevanti del potere esecutivo:

  • deliberazioni sui disegni di legge di iniziativa governativa ex art. 71 Cost.;
  • risoluzione dei conflitti tra i singoli ministri;
  • adozione degli atti aventi forza di legge ex artt. 76 e 77 Cost. (decreti legge e decreti legislativi) e dei regolamenti governativi;
  • decisione di agire in giudizio nei conflitti di attribuzione e nel giudizio in via principale di fronte alla Corte Costituzionale;
  • decisione di impugnare gli Statuti regionali ex art. 123 Cost.;
  • nomina dei più alti funzionari dell’apparato civile e militare (ambasciatori, prefetti, capi di stato maggiore ecc.).

 

Il caso del Ministero del Turismo

Agli inizi della storia repubblicana, il d. lgs. 941/1947 attribuì la competenza in materia di turismo a un commissario istituito presso la presidenza del consiglio.

Nel 1959, con il secondo Governo Segni, nacque una struttura dedicata esclusivamente a tale materia e prese il nome di ministero del Turismo e dello Spettacolo. Quest’ultimo settore era stato gestito fino ad allora dalla presidenza del consiglio.

Nel 1993 il ministero fu abolito a seguito di un referendum popolare. Negli anni successivi il settore turistico passò sotto la competenza di varie amministrazioni, quali la presidenza del Consiglio, il ministero delle Politiche agricole e il ministero dei Beni culturali.

Dato che, a causa della pandemia da coronavirus, il settore turistico è stato colpito da una grave crisi, il governo Draghi ha deciso di ricostituire il ministero del Turismo (Mitur) con portafoglio.

È nato, quindi, il nuovo ministero a guida di Massimo Garavaglia.

Informazioni

Costituzione

M. Dogliani, I. Massa Pinto, Elementi di diritto costituzionale, Torino, Giappichelli, (ult. ed.)

L. Gianniti, N. Lupo, Corso di diritto parlamentare, II Mulino, Bologna (ult. ed.)