L’analisi degli artt. 62 e 62-bis c.p.: le circostanze attenuanti comuni e generiche

 

Le circostanze attenuanti: definizioni e classificazioni

Le circostanze attenuanti sono «elementi che stanno intorno o accedono ad un reato già perfetto nella sua struttura e la cui presenza determina soltanto una modificazione della pena»[1] e, nello specifico, comportano, a differenza delle circostanze aggravanti, una diminuzione quantitativa o una modifica qualitativa della sanzione penale prevista per il reato-base.

Una prima classificazione di siffatti elementi vede, da un lato, le circostanze attenuanti ad effetto comune e, dall’altro, ad effetto speciale. Le prime provocano una diminuzione fino ad un terzo della pena base, mentre le seconde una diminuzione della pena stabilita per la circostanza speciale superiore ad un terzo.

In tale insieme, si distinguono le circostanze attenuanti comuni da quelle speciali poiché le prime sono racchiuse nella parte generale del Codice penale (artt. 62 e 114 c.p.) e le seconde nella parte speciale.

Tra queste ultime si inserisce, ad esempio, la previsione di colui che, dissociandosi, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente le autorità nella raccolta di prove decisive prevista dall’art. 270-bis.1 co.3 c.p. (in relazione ai reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico), dall’art. 323-bis co. 2 c.p. (con riferimento ad alcuni delitti contro la Pubblica Amministrazione), dall’art. 384-ter co.2 c.p. (in tema di false dichiarazioni al pubblico ministero, al difensore, di frode processuale e di favoreggiamento personale), dall’art. 416-bis.1 co.3 c.p. per i partecipanti ad associazioni di stampo mafioso[2] e dall’art. 600-septies.1 c.p. (applicabile a tutti i delitti della sezione I, capo III, Titolo XII, libro II).

Altresì, troviamo l’attenuante della particolare tenuità del fatto, come nell’art. 323-bis co. 1 c.p., o, ancora, quella di cui all’art. 625-bis c.p. applicabile a colui che permette l’individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare.

Da ultimo, vi sono poi le c.d. circostanze indeterminate o indefinite, ipotesi in cui il giudice è chiamato a riempire di significato gli elementi circostanziali indicati nella normativa di riferimento. Tra queste troviamo le circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62­-bis c.p.

 

Le circostanze attenuanti comuni di cui all’art. 62 nn. 1, 2 e 3 c.p.

L’applicazione della prima circostanza attenuante comune, prevista dal n. 1 dell’art. 62 c.p., discende dall’avere agito il reo per motivi di particolare valore morale o sociale. Questa attenuante postula che, nell’intenzione dell’agente, l’azione delittuosa sia preordinata ad eliminare una situazione effettivamente esistente, ritenuta immorale o antisociale, e che tale movente sia oggettivamente conforme alla morale ed ai costumi del tempo del commesso reato[3]. Perciò, non è sufficiente l’intima convinzione del soggetto di perseguire un fine moralmente apprezzabile, essendo necessaria l’obiettiva rispondenza del motivo perseguito a valori etici o sociali apprezzabili[4]. Ben si comprende, allora, come il movente della gelosia non possa rispecchiare le caratteristiche di altruismo e di nobiltà costituenti il presupposto per la configurabilità dell’attenuante in commento[5].

L’art. 62 n. 2 c.p. prende in considerazione l’attenuante della provocazione. Ai fini della sua integrazione è necessario individuare dapprima uno stato di ira, costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il fatto ingiusto, secondariamente un fatto ingiusto altrui che sia connotato dal carattere dell’ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali nonché, da ultimo, un rapporto di causalità psicologica tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzione tra esse[6]. Incomberà sull’imputato l’onere di provare gli elementi di fatto idonei a giustificare la configurazione di detta attenuante[7].

La terza circostanza elencata nell’articolo in commento è l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratti di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’autorità, sempre che il colpevole non sia delinquente o contravventore abituale o professionale o, ancora, delinquente per tendenza[8]. Tale circostanza richiede la sussistenza di una riunione imponente e disordinata di individui che, per effetto di una spinta emozionale, reagisca in modo improvviso e rumoroso e altresì il mancato concorso e la mancata confluenza dell’autore con terzi per provocare l’assembramento delle persone e compiere il fatto reato[9].

 

(segue) L’art. 62 nn. 4, 5 e 6 c.p.

Proseguendo la disamina delle circostanze attenuanti elencate nell’art 62 c.p., è prevista una diminuzione di pena per colui che abbia, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quand’anche l’evento dannoso e pericoloso sia di speciale tenuità.

A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la concessione di tale attenuante presuppone che il pregiudizio cagionato sia lievissimo ovvero che il valore economico sia pressoché irrisorio e irrilevante, avuto riguardo tanto al valore in sé della cosa sottratta quanto agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione del bene[10]. Ciò posto, la circostanza è applicabile, indipendentemente dalla natura giuridica del bene oggetto di tutela, ad ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro ivi compresi i diritti in materia di stupefacenti[11].

Al numero 5 troviamo poi l’attenuante del c.d. concorso doloso della persona offesa. La circostanza attenuante comune è configurabile quando la condotta della vittima non soltanto si inserisce nella serie causale di produzione dell’evento, ma si collega anche sul piano della causalità psicologica a quella del soggetto attivo, nel senso che la persona offesa abbia voluto la realizzazione dello stesso evento avuto di mira dall’agente[12].

Da ultimo, l’art. 62 n. 6 prevede le attenuanti della riparazione del danno e del ravvedimento operoso. La prima si applicherà al reo che abbia, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante restituzioni. Ai fini della sua configurazione è necessario che la riparazione del danno, oltre che volontaria ed integrale, sia anche effettiva e cioè che la somma di denaro proposta dall’imputato come risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale deve essere offerta alla parte lesa in modo da consentire alla medesima di conseguire la disponibilità concretamente e senza condizioni, nel rispetto delle prescrizioni civilistiche relative al versamento diretto del denaro o a forme equipollenti che rilevano la reale volontà dell’imputato di eliminare, per quanto possibile, le conseguenze dannose del reato commesso[13].

Il ravvedimento operoso, che si pone in una diversa sfera di applicazione, consiste nell’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56 c.p.[14], adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.

 

Le circostanze attenuanti generiche

Ai sensi dell’art. 62-bis co. 1 c.p., il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste dalla precedente norma, può prendere in considerazione altre circostanze, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena ovvero le c.d. circostanze attenuanti generiche. Esse hanno lo scopo di estendere la possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in considerazione di situazioni che incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere del reo, sicché il riconoscimento delle stesse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo[15]. Tra questi rientra la confessione spontanea[16] e le disagiate condizioni di vita in cui versa l’imputato[17].

Circa la loro applicazione è necessario dire che queste vengono contate come una sola circostanza che può concorrere con una o più delle attenuanti indicate nel precedente art. 62 c.p. Si aggiunga che, in forza del secondo comma dell’art. 62-bis c.p., non si tiene conto dei criteri di cui all’art. 133 co. 1 n. 3) e co. 2, nei casi previsti dall’art. 99 co. 4, in relazione ai delitti previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a) c.p.p., nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni. La concessione o meno delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, e può ben essere motivato implicitamente attraverso l’esame esplicito di tutti i criteri di cui all’art. 133 c.p.[18].

Infine, si dica che, ai sensi dell’ultimo comma della disposizione in commento, la sola assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere posta a fondamento della concessione delle già menzionate circostanze. Argomentando a contrario, il riferimento ai cattivi precedenti penali dell’imputato costituisce ragione sufficiente a giustificare, di per sé solo, il diniego delle circostanze attenuanti generiche, qualora tali precedenti siano stati considerati dai giudici di merito come indici della capacità a delinquere e, quindi, della pericolosità sociale del condannato[19].

Informazioni

Fiandaca G. – Musco E., Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2019.

Alibrandi L., Codice penale commentato. 46° edizione, La Tribuna, 2021.

[1] Fiandaca – Musco, Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2019, p. 435.

[2] Per un approfondimento dell’articolo 416-bis c.p. si legga il contributo pubblicato il 7 aprile 2020, disponibile al link http://www.dirittoconsenso.it/2020/04/07/aggravante-agevolazione-mafiosa/ che affronta la disciplina della circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa.

[3] Cass., pen., sez. V, sent. 29 luglio 2008, n. 31635, in Alibrandi, Codice penale commentato. 46° edizione, La Tribuna, 2021, p. 275.

[4] Cass., pen., sez. VI, sent. 1° luglio 2020, n. 19764, in ALIBRANDI, op. cit., p. 275.

[5] Cass., pen., sez. V, sent. 24 ottobre 1991, n. 10644, in ALIBRANDI, op. cit., p. 277.

[6] Cass., pen., sez. I, sent. 2 dicembre 2013, n. 47840, in ALIBRANDI, op. cit., p. 278-279. Si veda altresì la Cass., pen., sez. V, sent. 6 aprile 2005, n. 12860, in ALIBRANDI, op. cit., p. 279, nella quale si statuisce come la circostanza attenuante in commento è applicabile anche quando la reazione iraconda non segua immediatamente il fatto ingiusto, ma consegua ad un accumulo di rancore, per effetto di reiterati comportamenti ingiusti.

[7] Cass., pen., sez. I, sent. 26 gennaio 2011, n. 2663, in ALIBRANDI, op. cit., p. 279.

[8] Per un approfondimento circa la tendenza a delinquere si legga il contributo pubblicato in data 30 agosto 2021 cliccando sul seguente link http://www.dirittoconsenso.it/2021/08/30/ripensare-la-tendenza-a-delinquere-in-chiave-costituzionale/.

[9] Cass., pen., sez. VI, sent. 12 marzo 2014, n. 11915, in ALIBRANDI, op. cit., p. 283

[10] Cass., pen., sez. IV, sent. 13 febbraio 2017, n. 6635, in ALIBRANDI, op. cit., p. 284.

[11] Cass., pen., Sez. Un., sent. 2 settembre 2020, n. 24990, in ALIBRANDI, op. cit., p. 284. Si approfondisca la materia degli stupefacenti con le seguenti letture https://www.dirittoconsenso.it/2020/05/05/le-condotte-punite-nell-art-73-dpr-309-90/, https://www.dirittoconsenso.it/2022/04/15/la-coltivazione-di-sostanze-stupefacenti/, https://www.dirittoconsenso.it/2022/05/24/il-modesto-quantitativo-di-stupefacenti/.

[12] Cass., pen., sez. II, sent. 7 giugno 2018, n. 25915, in ALIBRANDI, op. cit., p. 291.

[13] Cass., pen., sez. V, sent. 15 maggio 2018, n. 21517, in ALIBRANDI, op. cit., p. 294.

[14] Art. 56 c.p.: «Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà».

[15] Cass., pen., sez. II, sent. 4 marzo 2019, n. 9299, in ALIBRANDI, op. cit., p. 305.

[16] Cass., pen., sez. I, sent. 15 settembre 2017, n. 42208, in ALIBRANDI, op. cit., p. 305. Il giudice di merito potrà escluderne la valenza quando la confessione sia contrastata da specifici elementi di disvalore emergenti dagli atti ovvero quando medesima si sostanzi nel prendere atto dell’ineluttabilità probatoria dell’accusa.

[17] Cass., pen., sez. VI, sent. 22 aprile 2010, n. 22212, in ALIBRANDI, op. cit., p. 307.

[18] Cass., pen., sez. VI, sent. 22 settembre 2003, n. 36382, in ALIBRANDI, op. cit., p. 308.

[19] Cass., pen., sez. I, sent. 29 dicembre 1995, n. 12787, in ALIBRANDI, op. cit., p. 313.