Il procedimento cautelare davanti alla Corte Internazionale di Giustizia a seguito del ricorso presentato dall’Ucraina contro la Russia

 

Il ricorso Ucraina contro Russia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia

A seguito dell’attacco delle forze armate della Federazione Russa contro l’integrità territoriale dell’Ucraina[1], il 25 febbraio 2022 quest’ultima ha presentato ricorso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia[2].

L’atto introduttivo ha ad oggetto l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948. In particolare, ai sensi dell’art. 41 dello Statuto della CIG e degli artt. 73, 74 e 75 del Regolamento di procedura, l’Ucraina ha chiesto ai giudici dell’Aja l’adozione di misure urgenti affinché entro una settimana Mosca ponesse fine all’invasione del territorio ucraino.

A tal riguardo, nel proprio ricorso, il governo di Kiev ha spiegato le ragioni che l’hanno indotto ad individuare la Convenzione del 1948 come fonte normativa oggetto di violazione da parte della Federazione Russa. Ed invero, il 24 febbraio 2022, il presidente Putin ha avviato una “operazione militare speciale” contro l’Ucraina con lo scopo di porre fine al “genocide of the millions of people who live in the Luhansk and Donetsk”[3], atteso che i cittadini di queste due regioni ucraine avrebbero subito umiliazioni e atti di genocidio da parte del “regime” di Kiev. Mosca, inoltre, ha affermato di voler denazificare l’Ucraina.

Pertanto, alla luce delle dichiarazioni rese dal governo di Mosca e delle operazioni militari avviate, l’Ucraina ha deciso di depositare ricorso davanti alla CIG contro la Federazione Russa, in quanto la violazione della sua integrità territoriale è causa di una catastrofe umanitaria per l’Ucraina e la sua popolazione[4].

Poiché entrambi gli Stati in controversia hanno ratificato la Convenzione del 1948, sia la Federazione Russa sia l’Ucraina sono obbligate al rispetto delle disposizioni contenute in essa ed, in particolare, ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire e reprimere il crimine di genocidio. Nel caso di specie, secondo quanto contenuto nel ricorso ucraino, Mosca ha posto in essere una violazione della Convenzione, dal momento che la stessa non autorizza gli Stati parte, i quali hanno il sospetto che un altro Stato contraente abbia violato il Trattato, ad invadere il territorio del presunto autore della violazione. Né, tantomeno, lo Stato che abbia ravvisato l’inadempimento ha il diritto di qualificare unilateralmente l’atto come “genocidio”.

L’art. IX della Convenzione del 1948, infatti, prevede che: “Le controversie tra le Parti contraenti, relative all’interpretazione, all’applicazione o all’esecuzione della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per atti di genocidio o per uno degli altri atti elencati nell’articolo III[5], saranno sottoposte alla Corte internazionale di Giustizia, su richiesta di una delle parti alla controversia”. Pertanto, conclude l’Ucraina, qualora il governo di Mosca avesse ravvisato eventuali atti di genocidio nelle due regioni ucraine del Luhansk e del Donetsk, che la Russia riconosce come indipendenti, avrebbe dovuto rimettere la questione alla CIG e non agire unilateralmente, commettendo una violazione di una norma internazionale imperativa, e dunque inderogabile, quale il divieto dell’uso della forza[6].

 

Le misure cautelari richieste dall’Ucraina in breve

Alla luce di quella che nel suo ricorso l’Ucraina definisce “a large scale invasion[7], Kiev ha chiesto alla CIG l’adozione di una serie di misure cautelari, atteso che l’operazione militare russa sta causando numerose vittime tra i civili e tra i militari a seguito dei bombardamenti occorsi in molte città ucraine, conseguenza ulteriore dei quali è l’abbandono del Paese da parte della popolazione superstite.

Pertanto, ravvisandosi le condizioni formali del periculum in mora e del fumus boni iuris, al paragrafo 20 del suo ricorso, l’Ucraina ha rassegnato le proprie conclusioni, chiedendo alla CIG di disporre le seguenti misure:

  1. La sospensione immediata delle operazioni militari intraprese dalla Federazione Russa il 24 febbraio 2022.
  2. La sospensione immediata del supporto, del controllo e della direzione delle unità armate militari e irregolari da parte di Mosca affinchè non commettano genocidio in Ucraina.
  3. L’adozione di assicurazioni da parte della Federazione Russa di non aggravare o estendere la controversia.
  4. L’adozione da parte delle Federazione Russa di un report contenente le modalità di esecuzione dell’ordinanza cautelare della CIG.

 

L’atto difensivo depositato dalla Federazione Russa

Il 7 marzo 2022, la Federazione Russa, dopo aver ricevuto la notifica del ricorso ucraino, ha depositato nella cancelleria della CIG la propria memoria difensiva. Nella stessa, Mosca dichiara che non intende partecipare alla fase orale del procedimento davanti alla CIG[8], in quanto ritiene che la Corte dell’Aja non abbia competenza per giudicare sulla controversia.

In primo luogo, la Federazione Russa ritiene le conclusioni contenute nel ricorso ucraino troppo generali, mancando, prima facie, le basi giuridiche che consentono di cristallizzare la giurisdizione della CIG.

In secondo luogo, la Convenzione del 1948, che all’art. IX rimette le questioni interpretative ed applicative alla CIG, non regola né l’uso della forza tra gli Stati né l’istituto del riconoscimento degli Stati di nuova indipendenza. La regolazione di questi fenomeni è rimessa piuttosto alla Carta ONU e al diritto internazionale consuetudinario. Nel caso di specie, infatti, secondo quanto sostenuto da Mosca, l’operazione speciale militare avviata nel territorio ucraino sarebbe inquadrabile più correttamente nell’istituto della legittima difesa di cui all’art. 51 Carta ONU.

In conclusione, la Convenzione del 1948 non fornisce alcuna base normativa circa le operazioni militari e il riconoscimento delle “Donetsk and Lugansk Peoples’ Republics[9] è un atto sovrano politico della Federazione Russia, al fine di valorizzare il principio di autodeterminazione dei popoli sancito dalla Carta ONU, dal diritto internazionale consuetudinario e individuato come uno dei principi di diritto internazionale dalla Risoluzione dell’Assemblea Generale n. 2625/1970.

 

L’ordinanza cautelare della Corte Internazionale di Giustizia

Il 16 marzo 2022, la CIG ha depositato l’ordinanza cautelare che accoglie il ricorso presentato dall’Ucraina.

Preliminarmente, i giudici dell’Aja rigettano l’eccezione sollevata dalla Federazione Russa circa la mancanza di competenza della Corte. Più nello specifico, la CIG spiega che, in base allo Statuto e al Regolamento di procedura, è competente a decidere sui ricorsi cautelari quando, qualora si giunga alla fase di merito, lo sarebbe anche su tale stato del procedimento. Ebbene, nel caso di specie, l’art. IX della Convenzione del 1948 costituisce una clausola compromissoria a favore della stessa CIG per tutte le controversie concernenti l’interpretazione e l’applicazione del Trattato. Quanto accaduto in Ucraina determina l’esistenza di una controversia di tal genere tra Kiev e Mosca, giacché le parti mostrano disaccordo[10] circa la nozione stessa di “genocidio”.

Premesso ciò, i giudici dell’Aja discettano sul c.d. “periculum in mora”. Ed invero, a parere della CIG, quanto sta accadendo in Ucraina è suscettibile di causare un pregiudizio irreparabile al diritto alla vita e al diritto di proprietà dei cittadini ucraini e all’ambiente del Paese.

Dunque, tenendo conto delle circostanze del caso, la CIG ordina alla Federazione Russa di sospendere, in pendenza del procedimento, le operazioni militari avviate il 24 febbraio 2022 nel territorio ucraino.

Inoltre, richiamando lo statement del Rappresentante Permanente di Mosca alle Nazioni Unite circa la situazione della “Donetsk People’s Republic” e della “Lugansk People’s Republic”, i giudici dell’Aja ordinano al governo di Mosca di non supportare, controllare e dirigere le unità armate militari o irregolari che combattono sul territorio. Tuttavia, la CIG rigetta la richiesta ucraina volta ad obbligare la Federazione Russa a fornire un report alla stessa Corte circa l’esecuzione delle misure provvisorie.

È necessario sottolineare che tale decisione è stata adottata con una maggioranza di tredici voti contro due. Ed invero, il giudice russo Gevorgian (uno dei vicepresidenti della CIG) e il giudice cinese Xue hanno espresso voto contrario: non occorre approfondirne le motivazioni!

Per ragioni di completezza e con la speranza di una celere risoluzione diplomatica del conflitto, va comunque chiarito che con ordinanza del 23 marzo 2022 la CIG ha fissato l’avvio della fase scritta di merito fissando il 23 settembre prossimo quale termine di deposito della memoria per l’Ucraina e il 23 marzo 2023 quale termine di deposito della contromemoria per la Federazione Russa, al fine dell’adozione della sentenza.

Informazioni

[1] Che il presidente russo Putin ha definito “special military operation”.

[2] Da ora in poi, CIG.

[3]Genocidio di milioni di cittadini che vivono nelle regioni di Luhansk e Donetsk”.

[4] Così nel ricorso: “On the basis of these claims of genocide, the Russian Federation immediately commenced an unprovoked invasion throughout Ukrainian territory, which is already causing catastrophic harms to Ukraine and its people, both military and civilian”.

[5] La norma individua le fattispecie riconducibili al genocidio.

[6] Cfr. art. 2 par. 4 Carta ONU e CIG, Nicaragua c. USA, 1986.

[7]Un’invasione su larga scala”.

[8] Per la procedura applicata dalla CIG, si veda A. FEDERICO, “La Corte Internazionale di Giustizia: una guida pratica”, consultabile a questo link:  La Corte Internazionale di Giustizia: una guida pratica – DirittoConsenso.

[9] Così al par. 17 della memoria difensiva.

[10] Cfr. CPGI, Mavrommatis, 1924.