Quali sono i motivi per prevenire l’importazione dei beni culturali all’interno dell’Unione Europea? La risposta sta nel Regolamento UE 2019/880

 

Il Regolamento UE 2019/880: contesto

Il Regolamento UE 2019/880 è un atto normativo dell’Unione Europea di diritto derivato[1]. Il focus principale, anche se al suo interno sono previste misure per l’introduzione e importazione dei beni culturali, riguarda la lotta al finanziamento al terrorismo. Ma perché allora bloccare o limitare l’importazione dei beni culturali se si vuole contrastare il terrorismo ed il terrorismo internazionale?

Bisogna guardare l’anno del regolamento. È importante ricordare che in quegli anni il tema dell’AML/CFT (anti-money laundering/countering the financing of terrorism) era sotto la lente d’ingrandimento della comunità internazionale anche a causa delle attività illecite dell’ISIS, il sedicente Stato islamico[2] che aveva fatto della vendita dei tesori delle aree occupate una notevole fonte di guadagni e di rimpiego per l’autofinanziamento[3].

Pertanto il Regolamento UE 2019/880 riconosce 3 elementi:

  • la necessità di salvaguardare il patrimonio culturale, specialmente quello oggetto di rimozione e di scavo illecito ed illecitamente esportato
  • il bisogno di uniformare le regole doganali riguardo l’introduzione di beni culturali nell’Unione Europea (il che significa anche mantenere alto il livello di allerta e di controllo specie in merito alle zone franche)
  • l’obiettivo di impedire ai beni culturali esportati illecitamente di entrare nel territorio doganale dell’Unione in ottemperanza non solamente al regolamento in questione ma anche ai trattati internazionali (uno fra tutti, la Convenzione UNESCO del 1970).

 

Criticità

Guardando con attenzione al contenuto del Regolamento UE 2019/880 appaiono alcuni problemi. Parto dalla criticità più scottante. il Regolamento stabilisce al considerando 10 che:

è opportuno che il presente regolamento si applichi esclusivamente ai beni culturali che superino un certo limite d’età, che è stabilito dal presente regolamento. Sembra inoltre opportuno stabilire anche una soglia finanziaria per escludere i beni culturali di valore inferiore dall’applicazione delle condizioni e procedura per l’importazione nel territorio doganale dell’Unione. Tali soglie garantiranno che le misure introdotte dal presente regolamento si concentrino sui beni culturali più probabilmente appetiti dai saccheggiatori nelle zone di conflitto, senza escludere altri beni il cui controllo è necessario per assicurare la protezione del patrimonio culturale.”.

 

A bene vedere quindi non è una protezione completa e onnicomprensiva. Al contrario i limiti e le soglie imposte possono essere aggirati: in particolare, il concetto di valore è estremamente vago per un bene culturale; inoltre l’uso dell’espressione “un certo limite d’età” è quanto mai inopportuno se si considera che alcuni beni culturali sono databili con imprecisione e che da alcuni contesti possono essere esportati beni di 200 anni o di 2000 anni fa. L’Allegato al Regolamento UE 2019/880 infatti, prevedendo tabelle di valori apre indirettamente la porta a vendite di vario tipo.

Viene poi ribadita una questione aperta del traffico illecito dei beni culturali[4]. Al considerando 6 viene stabilito che:

È opportuno che le misure di controllo da adottare in merito alle zone franche e ai cosiddetti ‘porti franchi’ abbiano un ambito di applicazione quanto più ampio possibile in termini di regimi doganali interessati, al fine di evitare che il presente regolamento sia aggirato attraverso il ricorso a tali zone franche, che potrebbero potenzialmente essere utilizzate per la continua proliferazione del commercio di prodotti illegali dell’Unione. È opportuno pertanto che tali misure di controllo non si applichino solo ai beni culturali immessi in libera pratica ma anche ai beni culturali vincolati a un regime doganale speciale. L’ambito di applicazione non dovrebbe tuttavia andare oltre l’obiettivo di impedire ai beni culturali esportati illecitamente di entrare nel territorio doganale dell’Unione. Pertanto, pur applicandosi l’immissione in libera pratica e alcuni regimi doganali speciali a cui possono essere vincolati i beni che entrano nel territorio doganale dell’Unione, è opportuno che le misure di controllo sistematiche non si applichino al transito.”.

 

C’è poi la questione del mercato nero che ruota intorno a quello legittimo. Il considerando 8 prevede che:

È opportuno che la legalità dell’esportazione di beni culturali sia esaminata in primo luogo sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari del paese in cui tali beni culturali sono stati creati o scoperti. Tuttavia, per non ostacolare in maniera irragionevole il commercio legittimo, in taluni casi è opportuno che la persona che intende importare beni culturali nel territorio doganale dell’Unione sia eccezionalmente autorizzata a dimostrare piuttosto la lecita esportazione da un diverso paese terzo in cui i beni culturali erano localizzati prima di essere spediti nell’Unione. Tale eccezione dovrebbe applicarsi qualora il paese in cui i beni culturali sono stati creati o scoperti non possa essere determinato in modo attendibile o quando l’esportazione dei beni culturali in questione abbia avuto luogo prima che la convenzione Unesco del 1970 entrasse in vigore, ossia il 24 aprile 1972. Al fine di evitare che il presente regolamento sia aggirato semplicemente mediante la spedizione illegale di beni culturali in un altro paese terzo prima della loro importazione nell’Unione, tali eccezioni dovrebbero essere applicabili qualora i beni culturali si siano trovati in un paese terzo per un periodo superiore a cinque anni per scopi diversi dall’utilizzo temporaneo, dal transito, dalla riesportazione o dal trasbordo. Qualora tali condizioni siano soddisfatte per più di un paese, l’ultimo di questi paesi prima dell’introduzione dei beni culturali nel territorio doganale dell’Unione dovrebbe essere quello pertinente.”.

 

I considerando 18, 19, 20 e 21 del Regolamento UE 2019/880

Il Regolamento UE 2019/880 indica altri punti sulle importazioni legittime e possibili di beni culturali che sono:

  • il punto 18 sulla reintroduzione, poiché merci dei beni culturali che sono esportati dall’Unione e che rientrano nella stessa;
  • il punto 19 sull’ammissione temporanea di beni culturali a fini formativi, scientifici, di conservazione, di restauro, di esposizione, di digitalizzazione, di spettacolo, di ricerca condotta da istituti accademici o a fini di collaborazione tra musei ed enti analoghi;
  • il punto 20 sul deposito di beni culturali provenienti da paesi in cui è in corso un conflitto armato o una catastrofe naturale con il fine esclusivo di trovare un rifugio sicuro per garantirne la custodia e la conservazione da parte di un’autorità pubblica;
  • il punto 21 sull’ammissione in regime temporaneo di beni culturali nell’ambito di fiere d’arte commerciali (in questi casi infatti non viene richiesta una licenza di importazione ma una dichiarazione dell’importatore)[5].

 

I primi 3 articoli

L’articolo 1 del Regolamento 2019/880 specifica l’oggetto e l’ambito di applicazione. Si intende salvaguardare il patrimonio culturale dell’umanità e di impedire il commercio illecito di beni culturali. Il Regolamento tuttavia non si applica ai beni culturali creati o scoperti nel territorio doganale dell’Unione.

L’articolo 2 contiene le definizioni di:

  • “beni culturali”[6]
  • “introduzione di beni culturali”[7]
  • “importazione di beni culturali”[8]
  • “titolare dei beni”[9]
  • “autorità competenti”[10]

 

Proseguendo, l’articolo 3 stabilisce che è vietata l’introduzione di beni culturali (di cui alla parte A dell’Allegato) rimossi dal territorio del paese in cui sono stati creati o scoperti in violazione delle disposizioni legislative e regolamentari di tale paese.

Per altri beni (quelli di cui alle parti B e C dell’Allegato) l’importazione è consentita solamente previa presentazione di una licenza di importazione oppure di una dichiarazione dell’importatore.

 

L’articolo 4 del Regolamento UE 2019/880: la licenza di importazione

L’articolo 4 invece riguarda la licenza di importazione. È richiesta per l’importazione dei beni culturali elencati nella parte B dell’Allegato. La licenza è rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro in cui i beni culturali sono vincolati e le licenze di importazione sono valide in tutta l’Unione.

A chiare lettere poi viene precisato che il rilascio di licenza non è considerata prova di legittima provenienza o proprietà dei beni culturali in questione.

La procedura è la seguente:

“4. Il titolare dei beni presenta una domanda di licenza di importazione all’autorità competente dello Stato membro di cui al paragrafo 1 del presente articolo tramite il sistema elettronico di cui all’articolo 8. La domanda è accompagnata da qualsiasi documento giustificativo e informazione atti a comprovare che i beni culturali in questione sono stati esportati dal paese in cui sono stati creati o scoperti in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari di tale paese o comprovanti l’assenza di tali disposizioni legislative e regolamentari al momento in cui detti beni sono stati portati fuori dal suo territorio.

In deroga al primo comma, la domanda può essere accompagnata invece da qualsiasi documento giustificativo e informazione atti a comprovare che i beni culturali in questione sono stati esportati in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’ultimo paese in cui si sono trovati per un periodo superiore a cinque anni e per scopi diversi dall’utilizzo temporaneo, dal transito, dalla riesportazione o dal trasbordo, nei seguenti casi:

  1. il paese in cui i beni culturali sono stati creati o scoperti non può essere determinato in modo attendibile; o
  2. i beni culturali sono stati rimossi dal paese in cui sono stati creati o scoperti prima del 24 aprile 1972.

5. La prova che i beni culturali in questione sono stati esportati ai sensi del paragrafo 4 deve essere fornita nella forma di certificati di esportazione o le licenze di esportazione, ove il paese in questione abbia stabilito tali documenti per l’esportazione di beni culturali al momento dell’esportazione.

6. L’autorità competente controlla la completezza della domanda. Essa chiede al richiedente di fornire qualsiasi informazione o documento mancante o aggiuntivo entro ventuno giorni dalla ricezione della domanda.

7. L’autorità competente, entro 90 giorni dalla ricezione della domanda completa, esamina la domanda e decide se rilasciare la licenza di importazione o respingere la domanda.IT 7.6.2019 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 151/7

L’autorità competente respinge la domanda se:

a) dispone di informazioni o ragionevoli motivazioni per credere che i beni culturali siano stati rimossi dal territorio del paese in cui tali beni sono stati creati o scoperti in violazione delle disposizioni legislative e regolamentari di tale paese;

b) non è stata fornita la prova richiesta al paragrafo 4;

c) dispone di informazioni o ragionevoli motivazioni per credere che il titolare dei beni non li abbia acquisiti legalmente; o

d) è a conoscenza di richieste di restituzione pendenti dei beni culturali da parte delle autorità del paese in cui tali beni sono stati creati o scoperti.

 

8. Qualora la domanda sia respinta, la decisione amministrativa di cui al paragrafo 7, accompagnata da una motivazione che comprende informazioni sulla procedura di ricorso, è comunicata senza indugio al richiedente.

9. All’atto della presentazione di una domanda di licenza di importazione relativa a beni culturali per i quali una precedente domanda sia stata respinta, il richiedente informa di tale rigetto l’autorità competente cui presenta la domanda.

10. Se uno Stato membro respinge una domanda, tale rigetto e le motivazioni che ne erano alla base sono comunicati agli altri Stati membri e alla Commissione tramite il sistema elettronico di cui all’articolo 8.

11. Gli Stati membri designano senza indugio le autorità competenti per il rilascio delle licenze di importazione in conformità del presente articolo. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i dati relativi alle autorità competenti, nonché qualsiasi cambiamento a tale riguardo.

La Commissione pubblica i dati delle autorità competenti e qualsiasi cambiamento a tale riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie «C».

12. La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, il modello e il formato della domanda della licenza di importazione ed individua gli eventuali documenti giustificativi atti a comprovare la provenienza lecita dei beni culturali in questione, nonché le norme procedurali per la presentazione e il trattamento di tale domanda. Nello stabilire tali elementi, la Commissione si adopera per conseguire un’applicazione uniforme da parte delle autorità competenti delle procedure in materia di licenze di importazione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 13, paragrafo 2.”.

 

L’articolo 5: la dichiarazione dell’importatore

L’articolo 5 riguarda i beni culturali elencati alla parte C dell’Allegato perché per essi è richiesta una dichiarazione dell’importatore.

La dichiarazione dell’importatore comprende:

a) una dichiarazione firmata dal titolare dei beni in cui egli afferma che i beni culturali sono stati esportati dal paese in cui sono stati creati o scoperti in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari di tale paese al momento in cui essi sono stati portati fuori dal suo territorio; e

b) un documento standardizzato in cui i beni culturali in questione sono descritti in modo sufficientemente dettagliato da permetterne l’identificazione da parte delle autorità e consentire un’analisi dei rischi e controlli mirati.”.

 

La dichiarazione dell’importatore può non includere quanto stabilito nella lettera a) ma includere che: “i beni culturali in questione sono stati esportati in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’ultimo paese in cui vi si sono trovati per un periodo superiore a cinque anni e per scopi diversi dall’utilizzo temporaneo, dal transito, dalla riesportazione o dal trasbordo, nei seguenti casi:

  1. a) il paese in cui i beni culturali sono stati creati o scoperti non può essere determinato in modo attendibile; o
  2. b) i beni culturali sono stati rimossi dal paese in cui sono stati creati o scoperti prima del 24 aprile 1972.”.

 

Gli articoli che seguono

L’articolo 6 prevede che gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per la gestione dell’importazione dei beni culturali soggetti alle disposizioni del Regolamento di cui parliamo.

L’articolo 7 richiama in termini generali alla cooperazione tra autorità doganali e autorità competenti.

L’articolo 8 riguarda invece l’uso del sistema elettronico per l’archiviazione e lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri. Il sistema elettronico in questione è particolarmente adatto per le licenze di importazione (quelle dell’articolo 4) e per le dichiarazioni dell’importatore (quelle dell’articolo 5).

L’articolo 9 segue l’argomento del precedente articolo: qui si fa menzione dell’istituzione di un sistema elettronico da parte della Commissione Europea.

Si parla anche di protezione dei dati personali e di tempi di conservazione dei dati[11]. L’articolo 10 infatti stabilisce che sono le autorità doganali e le autorità competenti degli Stati membri ad essere i titolari del trattamento dei dati personali ottenuti dalle licenze di importazione, dalle dichiarazioni dell’importatore e dall’uso del sistema elettronico. Inoltre, i dati personali ottenuti sono accessibili solo al personale debitamente autorizzato delle autorità e sono adeguatamente protetti contro l’accesso o la comunicazione non autorizzati. I dati non possono essere divulgati o comunicati senza l’esplicita autorizzazione scritta dell’autorità che ha ottenuto per prima l’informazione.

L’articolo 11 invece riguarda le sanzioni. Il Regolamento UE 2019/880 richiama all’effettività e alla proporzionalità delle sanzioni che gli Stati membri devono adottare quando vi siano violazioni del Regolamento. In particolare la norma prevede:

Gli Stati membri comunicano alla Commissione le norme e mire relative alle sanzioni applicabili all’introduzione di beni culturali in violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, entro il 28 dicembre 2020.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione le norme e mire relative alle sanzioni applicabili alle altre violazione del presente regolamento, in particolare alla resa di false dichiarazioni e alla presentazione di informazioni false, entro il 28 giugno 2025.”.

 

La cooperazione menzionata all’articolo 7 si arricchisce all’articolo 12 quando si parla di attività di formazione e di sviluppo delle capacità a favore di Stati terzi in cooperazione con gli Stati membri.

Gli articolo 14, 15 e 16 danno spazio, rispettivamente, alla comunicazione e valutazione del Regolamento, all’entrata in vigore e all’applicazione dello stesso.

 

Conclusioni

Il regolamento riconosce in più parti che i singoli Stati hanno poche possibilità di prendere misure efficaci, specie in quelli in cui non esistono misure che limitino l’importazione di beni culturali come il caso della Finlandia[12].

Perciò in più punti c’è espresso riferimento alla cooperazione con organizzazioni internazionali, tra cui UNESCO, ICOM, INTERPOL, Europol, OMD. Non solo cooperazione: bisogna anche recepire raccomandazioni e orientamenti sviluppate dalle stesse organizzazioni su temi anche collegati come il tema del disaster risk management – cioè la materia della gestione e della riduzione del rischio[13].

Informazioni

Regolamento UE 2019/880

Direttiva 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012

Casertano, L. (2020) “Combating the Illicit Trafficking of Cultural Property: The Multifaceted Response to a Complex Challenge,” Global Jurist, 20(1).

Terrill, W. A. and Army War College (U.S.). Strategic Studies Institute (2017) Antiquities destruction and illicit sales as sources of isis funding and propaganda. Carlisle, PA: Strategic Studies Institute and U.S. Army War College Press (Letort papers).

Tomasz Landmann (2019) “International Exchange of Cultural Property Within the Eu Territory in the Years 2008-2015, from the Legal, Economic and Cultural Security Perspective,” Scientific Journal of the Military University of Land Forces, 51(3).

Thomas, S. (2015) “Movement of Cultural Objects in and through Finland: An Analysis in a Regional Context,” European Journal on Criminal Policy and Research, 21(1), pp. 135–149.

[1] Il diritto derivato è proprio quello previsto dall’articolo 288 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Della stessa categoria fanno parte anche le direttive. Il seguente articolo aiuta alla comprensione di tutto questo: Regolamenti e direttive dell’UE – DirittoConsenso.

[2] Estesosi in molte aree della Siria e dell’Iraq.

[3] In Terrill si legge: “Smuggling small, but extremely valuable items, such as ancient coins, jewelry, glass, statuettes, and other such items, is inherently easier than moving tanker trucks filled with oil across the international borders, and will become particularly important in the effort to keep ISIS alive and relevant as other sources of revenue are eliminated or interdicted. Should ISIS be comprehensively defeated in Syria and Iraq, it must not be allowed to retain access to any source of significant future revenue that may allow it to survive and potentially rebuild at some more opportune time. Hidden relics trafficked along with high quality reproductions marketed as genuine could be the lifeline a defeated ISIS need to survive.”.

[4] Rinvio ad un altro articolo che ho scritto sulle peculiarità del traffico illecito dei beni culturali: Il traffico illecito di beni culturali – DirittoConsenso.

[5] E per completezza il punto 22 rinvia alla Commissione competenze di esecuzione proprio per misure di questo tipo. Infine, si rinvia anche all’attribuzione di competenze alla Commissione per l’istituzione di un sistema elettronico per la presentazione delle domande di licenze di importazione e di dichiarazioni dell’importatore e per l’archiviazione e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri.

[6]Qualsiasi articolo di importanza archeologica, preistorica, storica, letteraria, artistica o scientifica, elencato nell’Allegato”.

[7]l’entrata nel territorio doganale dell’Unione di beni culturali che sono soggetti a vigilanza doganale o a controlli doganali nel territorio doganale dell’Unione conformemente al regolamento (UE) n. 952/2013”.

[8]a) l’immissione di beni culturali in libera pratica di cui all’articolo 201 del regolamento (UE) n. 952/2013; o

b) il vincolo di beni culturali a una delle seguenti categorie di regimi speciali di cui all’articolo 210 del regolamento (UE) n. 952/2013:

i) deposito, che comprende il deposito doganale e le zone franche,

ii) uso particolare, che comprende l’ammissione temporanea e l’uso finale,

iii) perfezionamento attivo”.

[9]il titolare delle merci definito all’articolo 5, punto 34, del regolamento (UE) n. 952/2013”.

[10]le autorità pubbliche designate dagli Stati membri per il rilascio delle licenze di importazione.”.

[11] Per un approfondimento sul tema dei dati in UE rinvio all’articolo sul GDPR che ho scritto: Cos’è il GDPR? – DirittoConsenso.

[12] Thomas, S. (2015) “Movement of Cultural Objects in and through Finland: An Analysis in a Regional Context,” European Journal on Criminal Policy and Research, 21(1), pp. 135–149. È un articolo accademico molto interessante che spiega come il confine russo-finlandese possa essere un appetibile terreno per la criminalità organizzata e per il traffico illecito di beni culturali.

[13] Per fare un esempio banale ma pratico, significa adottare prima che avvenga un certo evento – un conflitto, un evento naturale, etc. – delle misure precise su cosa e come fare per la tutela del patrimonio culturale. Per un approfondimento: Disaster Risk Management for Cultural Heritage | ICCROM.