I dettagli fanno la differenza. Disamina del reato di cui all’art. 412 c.p.: l’occultamento di cadavere
Occultamento: che cosa significa?
Il precetto e la sanzione della norma incriminatrice oggetto dell’articolo di oggi sono apparentemente molto semplici. L’articolo 412 del codice penale recita:
“Chiunque occulta un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne nasconde le ceneri, è punito con la reclusione fino a tre anni”.
Tuttavia, per comprendere a fondo il significato di tali espressioni si rende necessaria una puntuale disamina della fattispecie, in quanto, come i lettori affezionati di DirittoConsenso sanno bene, il “legalese” è un linguaggio talvolta astruso, che può nascondere delle insidie.
Nonostante la norma parli esplicitamente di “cadavere”, ciò che conta ai fini della configurabilità del reato di cui si parla è che il soggetto agente ipotizzi ragionevolmente l’imminente morte della vittima. Pertanto affinché si ritenga integrato il reato di occultamento di cadavere non è necessario che la condotta sia posta in essere quando il corpo è già privo di vita, purché l’agente sistemi il cadavere in modo tale da ritardarne il ritrovamento per un tempo apprezzabile.
Esemplificativamente: Tizio si trova in fin di vita, pertanto Caio ipotizza ragionevolmente che morirà entro qualche ora e, così, lo trasporta in un posto nascosto al fine di occultarne il corpo. Tizio muore dopo che avviene l’occultamento. Ebbene, è possibile concludere che la condotta posta in essere da Caio costituisca il delitto previsto dall’art. 412 c.p.
Occultamento e soppressione di cadavere: quali sono le differenze?
La locuzione “soppressione di cadavere” viene talvolta utilizzata nei resoconti di cronaca nera dei media. In più di un’occasione alcuni lettori e telespettatori hanno fatto notare come l’espressione sia usata impropriamente, proponendo quindi di utilizzare il sostantivo “occultamento” per meglio descrivere la condotta.
Tuttavia, in ambito giuridico i due termini non sono affatto sinonimi, bensì due tecnicismi che indicano due delitti diversi. L’uso giornalistico talvolta improprio ha contribuito a rendere oscuro ed ambiguo il significato dei termini.
Nel reato di cui all’art. 412 c.p. la condotta posta in essere dal soggetto agente consiste nel nascondimento temporaneo di un cadavere, di una parte di esso o delle ceneri. Perché sia configurabile il reato di occultamento di cadavere, il celamento deve essere temporaneo, quindi tale da consentirne il successivo ritrovamento. La precarietà del nascondimento distingue pertanto l’occultamento dalla soppressione di cadavere, punita all’art. 411 c.p.
Quest’ultima fattispecie, infatti, prevede che il soggetto agente occulti il cadavere in modo stabile, così da sottrarlo con un alto grado di probabilità dal ritrovamento.
Le due condotte sono difficili da distinguere, perciò la dottrina ritiene che a tal fine si debba verificare quale fosse la volontà del reo.
Ebbene, si sottolinea ancora una volta la diversità tra il delitto di occultamento di cadavere ed il delitto di soppressione di cadavere.
Il primo reato ha la forma di reato permanente, quindi gli effetti dell’offesa si protraggono nel tempo per effetto della persistente condotta volontaria del soggetto. Si parla infatti del cd. ciclo consumativo, così da evidenziare che, nonostante la consumazione sussista fin dalla prima apparizione dell’evento, questo si riproduce di momento in momento finché l’agente non abbia adempiuto al dovere di far cessare lo stato antigiuridico o lo stesso non sia comunque venuto meno.
Il reato di cui all’art. 411 c.p., invece, è un reato istantaneo con effetti permanenti. Questo significa che si consuma non appena il cadavere sia reso definitivamente introvabile.
Messe in luce le differenze che sussistono tra i due reati in termini di forma e di struttura, appare qui utile evidenziare altresì che essi sono accomunati dall’identità di oggetto giuridico e materiale, in un rapporto di continenza, per cui la soppressione del cadavere ha già insito un certo nascondimento attraverso il quale è passata. Pertanto, se i relativi fatti sono commessi dallo stesso soggetto il quale, perdurando l’occultamento del cadavere, lo sopprime, è configurabile un unico reato progressivo[1].
Al fine di chiarire ulteriormente le differenze tra le due fattispecie delittuose, si evidenzia che la Suprema Corte penale ha affermato che “il discrimine tra la sottrazione e l’occultamento di cadavere va individuato nelle modalità del nascondimento, tali da rendere il rinvenimento del corpo tendenzialmente impossibile nel primo caso, altamente improbabile, sia pure a mezzo di una ricerca accurata, nel secondo” (Cass. pen., sez. I, n. 32038/2013).
Inquadramento generale del reato di occultamento di cadavere
La fattispecie di occultamento di cadavere è definibile come reato comune, in quanto può essere commesso da chiunque, indipendentemente da particolari caratteristiche soggettive.
L’elemento soggettivo indefettibile ai fini della configurabilità del delitto in esame è il dolo generico, pertanto è sufficiente che sia voluto il fatto descritto dalla norma incriminatrice, non rilevando il fine perseguito dall’agente.
Trattandosi di reato di evento è astrattamente configurabile il tentativo, ex art. 56 c.p.
Si tratta di un reato procedibile d’ufficio.
Il reato di cui si parla è regolato dal Titolo IV, Capo II c.p., rubricato “Dei delitti contro la pietà dei defunti” e mira a tutelare la dignità e l’onorabilità dei defunti. Tuttavia, il bene giuridico meritevole di tutela è altresì il buon andamento dell’attività giudiziaria laddove il cadavere fosse attenzionato dalla medesima[2].
Diritto e sentimento
Il Titolo IV del Libro II del codice penale è rubricato “Dei delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti”. Ma un sentimento può essere oggetto di tutela penale? Parte della dottrina risponde di no, richiedendo quindi un intervento legislativo che ridefinisca la fattispecie in termini di tutela della sanità pubblica.
Nel codice Zanardelli non si parlava di “sentimento” e il reato in oggetto era collocato nel Capo dedicato alla libertà dei culti, facendo sì che la tutela si estrinsecasse nella libertà di venerare la memoria dei defunti.
A tal proposito, si sottolinea che la Suprema Corte ha ricondotto alla nozione di cadavere “anche i resti umani capaci di suscitare sentimento della pietà verso i defunti” (Cass. Penale, Sez. III, 25 giugno 2014, n.45444).
La pietas, ossia il sentimento di pietà, venerazione e rispetto verso i defunti, i loro corpi e i luoghi che li conservano accompagna i defunti indipendentemente dall’appartenenza ad una determinata confessione religiosa. La tutela, infatti, è sganciata da qualsiasi connotazione di ordine religioso.
I delitti contro il sentimento religioso sono di rara applicazione nei tempi moderni, tuttavia godono ancora oggi di un fortissimo valore simbolico. Essi vengono inquadrati nell’ambito dei reati d’opinione.
Il Titolo IV del Libro II è diviso a sua volta in:
- Delitti contro le confessioni religiose (capo I) e
- Delitti contro la pietà dei defunti (capo II).
Nel primo Capo si trova una serie di reati contro le confessioni religiose intese in senso proprio, ma anche contro le persone e i beni che appartengono ad una determinata confessione religiosa, nonché i reati idonei a turbare quest’ultima. L’art. 404 c.p. punisce, infatti, chiunque in un luogo destinato al culto o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offende la religione dello Stato mediante vilipendio di cose oggetto di culto o destinate all’esercizio dello stesso. L’articolo successivo, il 405 c.p., punisce, invece, chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni di culto o religiose.
Informazioni
Codice penale aggiornato.
R. Bartoli – M. Pelissero – S. Seminara, Manuale di diritto penale. Parte speciale, Giappichelli editore, Torino, 2020.
[1] Si parla di reato progressivo quando l’agente passa da una figura iniziale di reato ad una successiva più grave che assorbe la precedente (es. dall’occultamento di cadavere alla soppressione di cadavere; dalla lesione all’omicidio).
[2] A tal proposito si consiglia la lettura dell’articolo dedicato alla durata delle indagini preliminari: La durata delle indagini preliminari – DirittoConsenso.

Beatrice Alba
Ciao, sono Beatrice. Classe 1997. Abito nella città dei gianduiotti, ma nelle mie vene scorre sangue siculo. Collaboro con DirittoConsenso dal 2020. Nel 2021 ho conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza e nel 2022 ho portato a termine un Master di II° livello in Diritto dei mercati agroalimentari presso l’Università degli Studi di Torino. Attualmente svolgo la pratica forense presso uno studio legale in cui mi occupo di diritto civile, diritto penale e diritto del lavoro. È quindi chiaro che l’indiscusso protagonista del mio percorso professionale è il diritto. Sono una persona ottimista, affidabile ed estremamente organizzata. La pianificazione delle giornate è un ingrediente fondamentale per portare a termine con successo tutte le attività della professione forense e ritagliarmi del prezioso tempo libero (indispensabile per ricaricare le energie).