Il recupero giudiziale del credito cartolarizzato può presentare problematiche processuali connesse alla legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito. Di seguito affronteremo specificatamente tali controverse questioni, con particolare attenzione sulle soluzioni giurisprudenziali susseguitesi nel corso degli anni

 

Preliminarmente sulle questioni processuali relative alla cartolarizzazione del credito

Questo articolo, concepito come prosieguo del mio precedente inerente all’istituto della cartolarizzazione del credito dal punto di vista sostanziale[1], si occupa di analizzare le relative questioni processuali, nello specifico quelle inerenti alla legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito.

La cartolarizzazione del credito, per riprendere in sintesi il concetto precedentemente espresso, è una particolare operazione di cessione del credito, di cui alla L. n. 130/1999, che prevede, altresì, l’incorporazione di crediti ceduti in obbligazioni, collocate sul mercato finanziario e fruibili dagli investitori.

Le questioni processuali, che procederò ad esaminare di seguito, si evidenziano proprio in considerazione del fatto che la remunerazione da corrispondere agli investitori proviene, in buona parte, dal recupero in via giudiziale dei suddetti crediti e si estrinsecano nella legittimazione attiva e nella legittimazione passiva della cartolarizzazione del credito, intese in senso lato, con riferimento alle parti processualmente coinvolte.

Questo articolo, sostanzialmente, ha l’obiettivo di individuare il soggetto legittimato ad agire in giudizio per il recupero del credito e il soggetto nei cui confronti possono essere avanzate eccezioni e/o domande riconvenzionali nel corso del giudizio. Prima di affrontare nel dettaglio la questione, occorre preliminarmente delineare i confini di detti istituti.

Nel caso delle operazioni di recupero giudiziale del credito cartolarizzato appare più opportuno classificare tali problematiche come questioni relative alla ‘titolarità del rapporto controverso’, sebbene con conseguenza anche sul lato passivo del rapporto, secondo la distinzione che segue.

 

La sentenza n. 2951/2016 della Cassazione: quali sono le differenze tra la legittimazione processuale e la titolarità?

Sul punto, la Cassazione, con sentenza n. 2951/2016, ha individuato il discrimine tra gli istituti della legittimazione processuale e della titolarità, nella misura in cui:

  • il primo rappresenta una delle condizioni dell’azione, valutabile in relazione alla domanda proposta e all’oggetto del processo;
  • il secondo è indagabile solo alla luce del rapporto sostanziale sotteso, della valutazione nel merito della controversia[2].

 

Ma dal momento che è assai raro che, nella prassi, colui che intenda agire in giudizio per la tutela di un proprio diritto non si prospetti astrattamente titolare dello stesso al momento della proposizione della domanda giudiziale, le eccezioni circa la carenza di legittimazione ad agire mirano ad indagare sull’effettiva titolarità del rapporto sostanziale controverso; sicché le questioni processuali sin qui prospettate, e di seguito approfondite, devono essere classificate come questioni preliminari di merito e non pregiudiziali di rito.

Tenendo a mente la distinzione fornita dalla Suprema Corte sarà possibile, per ragioni di semplicità esplicativa, identificare le questioni processuali di seguito esaminate con i termini ‘legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito’.

 

Questioni processuali relative alla ‘legittimazione attiva’

In seguito alla cessione del credito, successivamente cartolarizzato, la Special Purpose Vehicle cessionaria in detta operazione, appare logicamente l’unica legittimata ad esigere la riscossione del credito, in quanto ‘nuova proprietaria’; ma come darne prova in giudizio?

Come già anticipato nell’articolo precedente, l’art. 4 L. n. 130/1999, richiamando gli adempimenti di cui all’art. 58 cc. 2, 3 e 4 TUB, prescrive la Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione di crediti in blocco, al fine di ottenere i benefici di efficacia di cui all’art. 1264 c.c.

Nella prassi, la società cessionaria che agisce in giudizio per il recupero del credito da essa acquistato, al fine di convincere il Giudice circa la propria legittimazione, produce lo stralcio della pubblicazione avvenuta in Gazzetta Ufficiale.

Ma questa produzione è davvero bastevole a dimostrarla?

Sul punto vedremo come la giurisprudenza non è unanime, adottando a riguardo diverse posizioni, a fronte della contestazione mossa dal debitore ceduto relativamente alla prova della titolarità del rapporto.

La Cassazione[3] ha, dapprima, inteso differenziare gli istituti della notificazione e della prova circa l’avvenuta cessione di un credito, specificando che gli effetti conseguenti agli adempimenti di cui all’art. 4 L. n. 130/1999 hanno il solo scopo di assolvere a notificazione della cessione dello specifico credito per cui si procede, non anche di dare prova dell’avvenuta cessione dello stesso.

Da questa distinzione nasce l’orientamento giurisprudenziale più severo, il quale sostiene che la produzione della pubblicazione in G.U., qualora non corredata da specifiche indicazioni che permettano l’individuazione dei crediti ceduti, sia inidonea a dimostrare la titolarità del credito da parte della società cessionaria e che sia onere della società cessionaria produrre:

  • il contratto di cessione in originale o, in alternativa,
  • una dichiarazione dettagliata scritta e firmata dalla società cedente nella quale si individua specificatamente la posizione debitoria del singolo soggetto ceduto[4].

 

Diversamente, la Giurisprudenza più ‘permissiva’ ha stabilito, per agevolare dette operazioni dal punto di vista processuale, che gli adempimenti di cui all’art. 4 L. n. 130/1999 siano sostituivi dell’onere di deposito del contratto in originale e di qualsiasi altro documento idoneo ad individuare il credito per cui si agisce nella specifica procedura esecutiva[5].

 

Questioni processuali relative alla ‘legittimazione passiva’

Una volta rappresentato il contrasto giurisprudenziale in merito alla legittimazione attiva, passiamo ora ad esaminare le questioni relative alla legittimazione passiva nelle vicende giudiziali derivanti dal recupero del credito cartolarizzato.

Come anticipato, tali vicende assumono rilievo nel momento in cui il debitore ceduto, nel corso del giudizio, intenda atrofizzare le pretese creditorie nei suoi confronti, sollevando eccezioni e/o domande riconvenzionali[6].

Il quesito cui si intende fornire risposta in questo paragrafo è: ‘Nei confronti di chi il debitore ceduto può opporre eccezioni o domande riconvenzionali? Nei confronti della banca cedente o della società cessionaria? Chi detiene la legittimazione passiva in ordine a tali pretese?’

Esattamente come accade per le questioni legate alla legittimazione attiva, anche qui la giurisprudenza non è unanime nel dirimere le controversie che si presentano.

Sul punto si registrano, in particolare, due macro-orientamenti.

Il primo orientamento sostiene che la legittimazione passiva, relativamente alle richieste avanzate dal debitore ceduto, spetti alla banca cedente[7] e ciò sulla base di diverse argomentazioni:

  • l’art. 4 L. n. 130/1999 richiama espressamente solo i commi 2, 3 e 4 dell’art. 58 TUB e volutamente non anche il quinto, il quale prevede che i creditori ceduti hanno facoltà di domandare l’adempimento delle obbligazioni, entro tre mesi, al cedente o al cessionario; trascorso tale termine delle stesse risponderà solo il cessionario in via esclusiva. Da tale constatazione, parte della giurisprudenza ne ha fatto derivare la possibilità di agire nei confronti della banca cedente senza limiti di tempo;
  • essendo la cartolarizzazione del credito, come più volte rammentato, un’operazioni di cessione del credito, e non del contratto, essa ha lo scopo di cedere alla società cessionaria solo il lato attivo delle obbligazioni; per quanto riguarda i controcrediti, essendo questi scaturiti da un contratto al quale hanno preso parte solo l’originator cedente e il debitore ceduto, quest’ultimo può rivalersi solo verso la banca;
  • data la maggior solvibilità delle banche rispetto alle società che acquistano e cartolarizzano il credito, sono solo le prime a dover rispondere di eventuali passività evidenziate in corso di causa.

 

Il secondo orientamento propende per una legittimazione esclusiva della società cessionaria poiché, da un punto di vista più strettamente tecnico e giuridico, in forza dell’avvenuta cartolarizzazione del credito, essa diventa successore a titolo particolare della banca cedente di tutte le attività e passività ascrittele[8]; mentre da un punto di vista meramente pratico appare corretto rivolgersi, al fine di ottenere una nullità o riduzione di quanto dovuto, nei confronti del soggetto che ha percepito (o percepirà) le somme non dovute.

Questo orientamento ribalta le argomentazioni sostenute dal primo, affermando:

  • il mancato riferimento al quinto comma dell’art. 58 TUB non esprime l’inesistenza di un limite temporale per rivalersi sulla banca cedente, ma esclude a monte la sua responsabilità in luogo dell’unica ed esclusiva in capo alla società cessionaria;
  • la maggior solvibilità della banca rispetto alle società cessionarie del credito non può essere presunta al punto tale da non consentire al debitore ceduto di rivolgere a quest’ultime eccezioni e/o domande riconvenzionali;
  • ritenuto il contratto di mutuo un contratto non sinallagmatico, non rileverebbe l’effettiva distinzione tra cessione del credito e cessione del contratto[9].

 

Conclusioni ed osservazioni

Esaurita la trattazione delle questioni processuali circa la legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito, appare opportuno stilare alcune conclusioni ed osservazioni al fine di rendere più comprensiva la trattazione di cui sopra e stimolare il ragionamento giuridico del lettore.

Le problematiche relative alla legittimazione attiva sono risolvibili indagando sull’onere probatorio della parte che intende agire per il recupero del credito e sul contenuto che deve avere tutto ciò che viene allegato in giudizio come prova in merito alla titolarità del rapporto.

A mio parere può considerarsi sufficiente nel dimostrare quanto sopra la produzione dello stralcio pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione, più precisamente ritengo che tale pubblicazione, data l’autorevolezza e la particolarità di questa formalità, debba ritenersi idonea ad assorbire la prova dell’avvenuta cessione e a consentire la realizzazione degli effetti di cui al principio dell’inversione dell’onere della prova: sarà cura del debitore ceduto provare che il credito per cui si agisce in giudizio non fa parte di  quelli la cui cessione è stata notiziata in Gazzetta.

Relativamente alla legittimazione passiva ritengo che questa possa dirsi ascritta alla banca cedente poiché,  se è vero che le eccezioni e le domande riconvenzionali sono proposte relativamente al credito per cui si agisce, è altrettanto vero che questo è originato da un contratto a cui la società cessionaria non ha preso parte e che, quindi, una causa di estinzione del credito o un controcredito possa essere fatta valere solo nei confronti di chi ha preso parte alla contrattazione di clausole da cui questa è scaturita[10].

Informazioni

(Cartolarizzazione e processo: titolarità del rapporto controverso da parte della società veicolo), in Picaalfieri.it, disponibile in Cartolarizzazioni e processo: titolarità del rapporto controverso da parte della società veicolo – Studio Legale Pica Alfieri & Niccolai

(Cessione in blocco di crediti da parte di una banca) in Lexced.com, disponibile in Cessione in blocco dei crediti da parte di una banca – LexCED

Domenegotti M. e Pagani S., Cartolarizzazioni: questioni controverse e soluzioni giurisprudenziali, in dirittobancario.it, 2021, disponibile in Cartolarizzazioni: questioni controverse e soluzioni giurisprudenziali – DB (dirittobancario.it)

Luiso F.P., Diritto Processuale Civile. Principi generali, X ed., Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019

[1] Cfr. Cartolarizzazione del credito: gli aspetti fondamentali – DirittoConsenso

[2] La suddetta sentenza riporta, altresì, tre importanti principi di diritto:

– la titolarità della posizione soggettiva è un elemento costitutivo della domanda che attiene al merito della decisione e spetta all’attore provarla ed allegarla;

– le contestazioni mosse dal convenuto in merito alla titolarità del rapporto hanno natura di mera difesa e, pertanto, proponibili in ogni fase del giudizio e soggette solo alle eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi non desumibili dagli atti;

– la carenza di titolarità del rapporto è rilevabile d’ufficio dal Giudice, purché emerga dagli atti di causa.

[3] Cass. n. 4116/2016, Cass. n. 10518/2016, Cass. n. 4713/2019.

[4] Tra le tante, Cass. n. 2780/2019, Trib. Napoli n. 5377/2019, Cass. n. 22268/2018, Cass. n. 24798/2020.

[5] Cass. n. 31118/2017, Cass. n .15884/2019, Cass.n.20495/2020.

[6] A titolo esemplificativo: eccezione di compensazione, domanda riconvenzionale volta alla restituzione di quanto già indebitamente versato, eccezione di nullità di una certa clausola del contratto che ha originato il debito.

[7] Cfr. ABF Milano, n. 884/2015, Trib. S.M. Capua Vetere, n. 1742/2018, Trib. Monza, n. 1761/2017.

[8] Cfr. Cass. n. 10653/2010, Cass. n. 18258/2014, Trib. Milano, n. 5766/2019.

[9] Questa tesi, a mio avviso, forza un po’ lo schema giuridico sotteso, sovrapponendo indistintamente causa del contratto e obbligazioni da esso derivanti, individuandoli nella restituzione di capitali ed interessi. Inoltre appare più corretto affermare che nel contratto di mutuo il sinallagma contrattuale (do ut des) esiste: l’obbligo del mutuante (si esaurisce e) si perfeziona contestualmente alla soddisfazione del requisito della realità del contratto, tanto da lasciare in evidenza, per tutto il resto del rapporto, solo quello del mutuatario, dato appunto dalla restituzione di capitale ed interessi. È perciò definito anche sinallagma genetico.

[10] Poniamo la seguente situazione: la Banca Alfa concede un finanziamento, inteso in senso lato, a Tizio che, tramite il suo perdurante inadempimento degli obblighi di restituzione di capitale ed interessi verso la prima, contribuisce a deteriorare il credito che la Banca vanta verso di lui. La società Beta SPV, cessionaria di detto credito, agisce in giudizio, tramite Gamma (società servicer), per il recupero giudiziale dello stesso. Secondo la teoria da me sposata, se Tizio presentasse, in corso di giudizio, domande e/o eccezioni riconvenzionali (ad esempio di compensazione del credito derivante da controcredito), dovrebbe farlo nei confronti della Banca Alfa, poiché soggetto col quale ha stipulato il suddetto contratto di finanziamento e dal quale origina la fattispecie modificativa, estintiva del diritto di credito ora di proprietà della società Beta che, contrariamente, risulta terza rispetto a detto contratto (e quindi non legittimata processualmente a ricevere pretese restitutorie da questo derivanti).