La prescrizione quale causa di estinzione del reato (artt. 157 ss. c.p.) e della pena (artt. 172 ss. c.p.)
La prescrizione: cenni introduttivi
La prescrizione è quell’istituto giuridico che, presente in diversi rami dell’ordinamento giuridico italiano[1], ricollega al decorso del tempo diversi effetti giuridici.
In materia penale, è necessario dapprima riflettere sulla natura giuridica della prescrizione. La Corte di Cassazione, prima, e la Corte Costituzionale, poi, hanno attributo natura sostanziale all’istituto. La Corte Suprema ha affermato come:
«[…] la prescrizione del reato è un istituto di diritto penale sostanziale, fondato sull’interesse generale di non perseguire più i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venire meno l’allarme sociale e con esso ogni istanza di prevenzione generale e speciale»[2].
Nello stesso senso, la Corte Costituzionale, con pronuncia n. 143 del 2014[3], ha ribadito come:
«Sebbene possa proiettarsi anche sul piano processuale – concorrendo, in specie, a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo […] – la prescrizione costituisce, nell’attuale configurazione, un istituto di natura sostanziale […], la cui ratio si collega preminentemente, da un lato, all’«interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato […] l’allarme della coscienza comune» (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n. 337 del 1999); dall’altro, «al “diritto all’oblio” dei cittadini, quando il reato non sia così grave da escludere tale tutela» (sentenza n. 23 del 2013)».
Dalle sentenze citate emerge pertanto la ragione che giustifica l’istituto della prescrizione: l’inutilità e l’inopportunità, a fronte di un determinato lasso di tempo, di esercitare la funzione repressiva dei reati o la mancanza di interesse di far scontare al condannato la pena precedentemente irrogata. Nel primo caso, la prescrizione è da classificare come causa estintiva del reato in quanto interviene prima della pronuncia di condanna; nel secondo, invece, rappresenta una causa di estinzione della pena in quanto si verifica successivamente al provvedimento che commina la pena.
La prescrizione quale causa di estinzione del reato
Pertanto, individuato il fondamento dell’istituto, analizziamo la disciplina della prescrizione quale causa di estinzione del reato racchiusa negli articoli da 157 a 161-bis c.p.
Per prima cosa, è necessario ricordare i termini che le fattispecie individuano ai fini della prescrizione. Il primo comma dell’art. 157 c.p. stabilisce che il reato si estingue allorquando sia trascorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge, comunque non inferiore a sei anni nel caso di delitti e a quattro anni ove si tratti di contravvenzioni. Successivamente, il legislatore precisa che quando la legge prevede per il reato sanzioni penali diverse dalla pena detentiva e pecuniaria si applica il termine di tre anni. L’ultimo comma, infine, individua un’eccezione: la prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti.
Il capoverso della norma sopraccitata detta le regole per determinare il tempo necessario a prescrivere: si deve tenere conto della pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza però tenere conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le aggravanti, salvo che queste ultime siano ad effetto speciale o prevedano una pena di specie diversa da quella ordinaria[4]. In questo ultimo caso, si terrà conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante.
Prendiamo ad esempio il delitto di furto. Il furto semplice, che trova la sua disciplina nell’art. 624 c.p., è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a 516. Ora, ai sensi del comma 4 dell’art. 157 c.p., è necessario prendere in considerazione, ai fini prescrizionali, esclusivamente la pena detentiva. Il massimo edittale previsto è di anni tre e, di conseguenza, trova applicazione l’art. 157 co. 1 c.p., secondo il quale i delitti si prescrivono trascorso un tempo non inferiore a sei anni. Dunque, il furto semplice si estinguerà per intervenuta prescrizione dopo sei anni. Parimenti, il reato di furto aggravato ai sensi del primo comma dell’art. 625 c.p. si prescriverà in sei anni, ma non sulla scorta della regola generale appena richiamata, ma in quanto il legislatore prevede un massimo edittale pari proprio a sei anni. Diversa è, invece, l’ipotesi di reato pluriaggravato ex art. 625 ult. co. c.p.[5]. In tale ultimo caso, la pena detentiva massima è di anni dieci per cui il delitto si estinguerà per intervenuta prescrizione trascorsi dieci anni.
I termini così calcolati sono raddoppiati per i reati specificatamente elencati nel comma 6 dell’art. 157 c.p., tra cui il legislatore menziona l’omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria ovvero il delitto di maltrattamenti e di violenza sessuale[6].
Resta da stabilire la decorrenza del termine di prescrizione. Ai sensi dell’art. 158 c.p., tale termine decorre:
- Per il reato consumato: dal giorno della consumazione;
- Per il delitto tentato[7]: dal giorno in cui è cessata l’attività criminosa;
- Per il reato permanente o continuato[8]: dalla cessazione della permanenza o della continuazione;
- Nei casi in cui la legge stabilisca una condizione obiettiva di punibilità: dalla verificazione della condizione stessa;
- Per i reati di cui all’ 392 co. 1-bis c.p.p.[9] in danno di minorenne: dal giorno del compimento della maggiore età oppure dall’acquisizione della notizia di reato nel caso in cui l’azione penale sia stata esercitata in precedenza.
Da ultimo, si ricordi che l’art. 157 c.p. è stato oggetto di controllo da parte della Corte Costituzionale, la quale – con sentenza n. 275 del 1990[10] – ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non consentiva la rinunciabilità della prescrizione da parte dell’imputato in aderenza ai principi costituzionali in tema di diritti fondamentali.
(segue) le vicende del decorso del tempo idoneo a prescrivere
La prescrizione è soggetta alle vicende inerenti allo svolgimento del procedimento. Nello specifico, l’art. 159 c.p. determina i casi di sospensione del corso della prescrizione. I termini sopra riportarti rimangono sospesi allorquando intervengano delle cause che determinano una necessaria stasi del procedimento o del processo, tra le quali annoveriamo l’inoltro della richiesta di autorizzazione a procedere, il deferimento della questione ad altro giudizio, la sospensione per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori o dovuta all’assenza dell’imputato ovvero per intervenuta rogatoria all’estero. Tali cause sospensive hanno effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta procedendo e, a norma dell’art. 159 ult. co. c.p., la prescrizione ricomincia a decorrere – sommandosi al termine anteriormente trascorso – dal giorno in cui la causa sospensiva è cessata.
Diversa è, invece, la disciplina dell’interruzione. Ai sensi dell’art. 160 c.p., il compimento di atti giudiziari specificatamente indicati (tra cui l’ordinanza che dispone misure cautelari personali, la richiesta di rinvio a giudizio nonché il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione) fa venire meno il tempo prescrizionale già decorso.
La prescrizione così interrotta ricomincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione e, se intervengono più atti interruttivi, il termine prescrizionale viene calcolato dall’ultimo di questi.
Tuttavia, l’interruzione incontra dei limiti. L’art. 161 c.p., dopo aver chiarito che l’istituto ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato, sancisce che in nessun caso l’interruzione può comportare, rispetto al tempo necessario a prescrivere:
- l’aumento di più di un quarto;
- l’aumento della metà nel caso in cui si proceda per uno dei reati previsti dagli artt. 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, 640-bis p. e nei casi di cui all’art. 99 co. 2 c.p.[11];
- l’aumento di due terzi ove ricorra l’ipotesi di cui all’art. 99 co. 4 c.p.;
- l’aumento superiore al doppio nei casi di cui agli artt. 102 103, 105 c.p.
Tali limiti non si applicano qualora si proceda per alcuni reati specificatamente indicati: delitto di associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, scambio elettorale polito-mafioso, riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani ovvero delitti in materia di immigrazione o di sostanze stupefacenti[12].
Da ultimo, l’art. 161-bis c.p.[13] stabilisce che il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado.
Le riforme in materia di prescrizione del reato
Negli ultimi anni, la prescrizione è stata oggetto di molteplici interventi legislativi. La prima riforma organica che ha interessato l’istituto in commento è la legge 5 dicembre 2005, n. 251, la c.d. legge ex Cirielli, la quale novella la materia così come oggi la ricordiamo.
Successivamente, è intervenuta la legge 26 giugno 2017, n. 103: la c.d. riforma Orlando. La citata normativa, nell’intento di impedire che la prescrizione potesse intervenire, ha introdotto due periodi di sospensione della stessa che si estendono dal deposito delle motivazioni alla decisione di primo grado e, poi, di appello.
Il medesimo scopo venne perseguito dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3 (la c.d. riforma Bonafede), la quale ha inserito l’ipotesi di sospensione perpetua della prescrizione a seguito alla pronuncia della sentenza di primo grado, anche se di assoluzione, ovvero a seguito dell’adozione del decreto penale di condanna.
Da ultimo, la recente legge 27 settembre 2021, n. 134 ha modificato la disciplina della prescrizione. La c.d. riforma Cartabia[14], come già accennato, ha introdotto l’art. 161-bis nel tessuto del Codice penale, abrogando il secondo comma dell’art. 159 c.p. e qualificando la pronuncia della sentenza quale causa di cessazione della prescrizione e non più come semplice causa di sospensione. La novità più importante, però, è sicuramente la previsione di una causa di improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, inserita nell’attuale art. 344-bis c.p.p. Invero, la disposizione da ultimo citata prevede che la mancata definizione del giudizio di appello, entro due anni, e di cassazione, entro un anno, renda improcedibile l’azione penale. Tali termini decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 544 c.p.p., il quale detta le tempistiche relative al deposito della sentenza di primo grado. I termini potranno essere prorogati per una sola volta: di un anno, nell’ambito del giudizio di appello, e di sei mesi, nel giudizio di cassazione. Ulteriori proroghe, in numero indefinito, saranno possibili solo nel caso in cui si proceda per i delitti indicati dal comma 4 dell’art. 344-bis c.p.p.[15]. La disciplina in commento non si applica ai reati per cui è prevista la pena dell’ergastolo e la stessa, ove operante, ha effetto nei confronti di tutti i coimputati[16].
La prescrizione quale causa di estinzione della pena
Come accennato, il decorso del tempo influisce anche sulla pena comminata con sentenza passata in giudicato. La prescrizione, quale causa di estinzione delle pene, è disciplinata dagli artt. 172 e 173 c.p.
La prima norma menzionata stabilisce che il termine idoneo a prescrivere la pena della reclusione è del doppio della pena inflitta, il quale, in ogni caso, non può essere superiore a trenta anni e non inferiore a dieci. Diversamente, la sanzione penale della multa si estingue nel termine di dieci anni così come stabilito dal capoverso dell’art. 172 c.p. Ciò nonostante, tali pene non si estinguono qualora il soggetto sia recidivo (art. 99 co. 2 c.p.), delinquente abituale, di professione o per tendenza o abbia riportato, durante il tempo necessario a prescrivere la pena, una nuova condanna per un delitto della stessa specie.
Ai sensi del successivo art. 173 c.p., le pene dell’arresto e dell’ammenda si estinguono nel termine di cinque anni, salvo si tratti di soggetti recidivi, delinquenti abituali o di professione per i quali tali sanzioni si prescrivono in dieci anni.
I predetti termini si computano dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza di condanna ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente all’esecuzione, già iniziata, della pena. Solo qualora l’esecuzione sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione[17], il termine iniziale corrisponderà al giorno in cui detto termine sia scaduto o detta condizione si sia verificata. Se, in caso di concorso di reati, vengano inflitte diverse pene con la medesima pronuncia, ai fini prescrizionali di queste ultime si farà riferimento al singolo illecito.
Informazioni
Fiandaca G. – Musco E., Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2019.
Garofoli R., Codice penale e delle leggi penali speciali annotato con la giurisprudenza, XIV Edizione, Neldiritto Editore, 2021.
Gatta G. L., Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘Legge Cartabia’, in Sistema Penale, 2021.
[1] Si ricorda, invero, che la prescrizione è disciplinata anche dal diritto civile. A tal proposito, si propone la lettura dell’articolo pubblicato il 17 novembre 2021 inerente alla prescrizione dei debiti tributari, reperibile al seguente link: La prescrizione dei debiti tributari – DirittoConsenso.
[2] Cass., pen., Sez. Un., sent. 5 giugno 2007, n. 21833, in Garofoli, Codice penale e delle leggi penali speciali annotato con la giurisprudenza, XIV Edizione, Neldiritto Editore, 2021, p. 867.
[3] Corte cost., sent. 28 maggio 2014, n. 143.
[4] L’art. 157 c.p. specifica, ai successivi commi, che: «3. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma. 4. Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva».
[5] Art. 625 c.p.: «Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549».
[6] In particolare, i termini prescrizionali sopra riportati sono raddoppiati per i reati previsti dagli artt. 589 co. 2 e 3, 589-bis, 572, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies c.p. nonché tutti quelli individuati dall’art. 51 co. 3-bis e 3-quater c.p.p.
[7] Si approfondisca l’istituto del tentativo attraverso il seguente articolo: Il tentativo – DirittoConsenso.
[8] Ancora diversa è la disciplina dei reati a condotta frazionata (o a consumazione prolungata), quale il delitto di usura previsto e punito dall’art. 644 c.p. Una recente pronuncia, Cass., pen., sent. 15 settembre 2022, n. 34192, ha in proposito affermato che: «Il reato di usura si configura come reato a schema duplice e, quindi, si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l’integrale adempimento dell’obbligazione usuraria. Ragione per cui la prescrizione decorre dalla singola condotta di esecuzione dell’accordo usuraio laddove essa rappresenti il mero frazionamento dell’adempimento concordato dalla vittima».
[9] Art. 392 c.p.p.: «1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del Codice penale […]».
[10] Corte cost., sent. 31 maggio 1990, n. 275.
[11] In ordine alla natura della recidiva, si consiglia il contributo, pubblicato il 19 marzo 2021, reperibile al link: Natura giuridica dell’istituto della recidiva – DirittoConsenso.
[12] Tale esclusione è prevista dal secondo comma dell’art. 161 c.p., il quale fa riferimento ai delitti elencati nell’art. 51, co. 3-bis e 3-quater c.p.p.
[13] L’articolo in commento è stato introdotto dalla recente l. 27 settembre 2021, n. 134 (c.d. riforma Cartabia).
[14] Si approfondisca il tema attraverso il seguente articolo: La riforma Cartabia del processo penale e del processo civile – DirittoConsenso.
[15] Quali, per citarne alcuni, l’art. 270 co. 3, 416-bis, 416-ter, 609-bis c.p. (nelle ipotesi aggravate di cui all’art. 609-ter c.p.) e 74 T.U. Stupefacenti.
[16] Gatta, Riforma della giustizia penale: contesto, obiettivi e linee di fondo della ‘Legge Cartabia’, in Sistema Penale, 2021, p. 21-27. L’autore specifica altresì che la riforma ha inserito un nuovo comma 1-bis nell’art. 578 c.p., il quale ora stabilisce che, in caso di declaratoria di improcedibilità da parte del giudice di appello o della Corte di Cassazione, la decisione sugli effetti civili è rimessa al giudice civile competente per valore, sempre che nei confronti dell’imputato sia stata pronunciata sentenza di condanna.
[17] Sul punto, i giudici di legittimità hanno affermato che: «Il termine di decorrenza della prescrizione della pena, divenuta eseguibile in ragione del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale, ha inizio nel momento in cui diviene definitiva la decisione di accertamento della causa della revoca e non quello in cui sia adottato dal giudice dell’esecuzione provvedimento di revoca». Così Cass., pen., sez. fer., sent. 2 settembre 2020, n. 27328, in Garofoli, op. cit., p. 984.

Serena Ramirez
Ciao, sono Serena. Classe 1996, torinese e di origini sudamericane, laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Torino. Dai primi anni di studio sono appassionata al diritto penale e, avendo trascorso sei mesi di mobilità all'estero, anche al diritto internazionale. Mi piace descrivermi come una persona determinata, curiosa, tenace e perseverante.