La disciplina dell’estradizione: limiti, funzionamento e differenza tra estradizione passiva e attiva

 

Presupposti e limiti dell’estradizione

L’estradizione è una forma di cooperazione giudiziaria tra Stati che prevede la consegna di una persona da parte dello Stato in cui questa si trova fisicamente a un altro che ne abbia fatto richiesta. Attraverso questo meccanismo il soggetto estradato potrà essere sottoposto:

  • a giudizio, in caso di estradizione processuale, o
  • all’esecuzione di una pena già irrogata, in caso di estradizione esecutiva.

 

L’istituto è regolato principalmente da fonti internazionali; infatti, come chiarisce l’art. 696 c.p.p., in materia di rapporti giurisdizionali con le autorità straniere le norme codicistiche svolgono una funzione integratrice della disciplina sovranazionali, venendo applicate solo laddove le norme internazionali manchino o non dispongano diversamente.

Soggiace a precisi limiti, sia oggettivi che soggettivi, che ne sono al contempo i presupposti:

  • il reato per cui l’estradizione è richiesta deve essere punibile con una pena detentiva;
  • non si deve trattare di un reato politico, di un reato esclusivamente militare, di un reato di stampa o colposo;
  • non è possibile estradare un soggetto qualora vi sia la possibilità che questo, una volta consegnato, possa essere oggetto di un processo discriminatorio o, nell’eseguire la pena, siano attuati atti persecutori o discriminatori;
  • in rispetto del principio del ne bis in idem, che proibisce la doppia incriminazione, non può essere concessa l’estradizione di una persona già giudicata nello Stato per lo stesso fatto;
  • deve sussistere una previsione bilaterale del fatto, essendo necessario che il fatto oggetto della domanda di estradizione costituisca reato sia nello Stato richiedente che in quello richiesto, corrispondendo in entrambi i casi a fattispecie astratte di reato;
  • qualora lo Stato richiedente preveda per il fatto in questione la pena di morte, si presenta l’obbligo di rifiutare la consegna;
  • il soggetto richiesto non può essere cittadino dello Stato cui è chiesta la consegna: non si tratta tuttavia di un impedimento assoluto, essendo previsto dalle convenzioni più recenti solo un rifiuto alla consegna motivato dalla cittadinanza;
  • la minore età della persona richiesta può rilevare ai fini del rifiuto di estradizione, come prevista dalle normative pattizie.

 

L’estradizione passiva

Si parla di estradizione passiva quando lo Stato richiedente è uno Stato estero, mentre lo Stato richiesto è l’Italia.

Il procedimento prevede che la domanda di estradizione sia indirizzata al Ministro della Giustizia, il quale, dopo un vaglio preliminare riguardo la sua concedibilità, la trasmette al Procuratore generale presso la Corte d’Appello competente a promuovere il giudizio[1]. L’estradizione di un imputato o condannato all’estero è infatti subordinata a una decisione favorevole della Corte d’Appello ai sensi dell’art. 701 c.p.p., a meno che sia l’interessato stesso a dare il suo consenso[2].

Una volta ricevuta la domanda, il Procuratore generale dispone la comparizione innanzi a sé dell’interessato, la sua identificazione e l’interrogatorio alla presenza del difensore, che deve essere avvisato almeno 24 ore prima. È proprio durante l’interrogatorio che si raccoglierà l’eventuale consenso o la rinuncia al principio di specialità, entrambi validi solo se espressi alla presenza del difensore.

Entro 30 giorni il Procuratore Generale dovrà poi trasmettere e depositare la propria requisitoria circa la concedibilità dell’estradizione presso la cancelleria della Corte di Appello, unitamente agli atti e alle cose sequestrate. Di tale deposito sono avvisati l’estradando, il suo difensore e l’eventuale rappresentante dello Stato richiedente, che può farsi rappresentare nel corso del procedimento da un avvocato abilitato al patrocinio dinnanzi all’autorità italiana. A questi soggetti è riconosciuta la facoltà di prendere visione ed estrarre copia della requisitoria e degli atti, di visionare le cose sequestrate e di presentare memorie entro 10 giorni dalla notifica.

Scaduto questo termine, il Presidente della Corte fissa l’udienza, da comunicare al Procuratore generale e da notificare all’estradando, al suo difensore e al rappresentante dello Stato richiedente entro ulteriori 10 giorni a pena di nullità. Il procedimento si svolge in camera di consiglio ed è richiesta, a pena di nullità assoluta, la presenza del Procuratore generale e del difensore dell’estradando. Per quanto riguarda i poteri di accertamento di cui è investita la Corte, si prevede la possibilità di assumere informazioni e richiedere ulteriori accertamenti ritenuti necessari, integrando quanto già raccolto dal Procuratore.

La decisione favorevole riguardo l’esistenza dei presupposti per l’estradizione viene assunta entro 6 mesi dal deposito della requisitoria e pronunciata con sentenza, “se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna e se, per lo stesso fatto, nei confronti della persona della quale è domandata l’estradizione, non è in corso procedimento penale né è stata pronunciata sentenza irrevocabile dello Stato” (art. 705 c.p.p.). Tale sentenza può essere impugnata entro 15 giorni dall’avviso del suo deposito mediante ricorso in Cassazione, e legittimati a farlo sono il Procuratore, l’estradando e il suo difensore, nonché il rappresentante dello Stato richiedente.

Ai sensi dell’art. 708 c.p.p., entro 45 giorni dal ricevimento della pronuncia favorevole, il Ministro dovrà decidere in merito all’estradizione.

Nel caso in cui, al contrario, non fosse valutata la sussistenza dei presupposti per una pronuncia favorevole, la sentenza contraria all’estradizione impedisce l’accoglimento di una seconda domanda presentata dallo stesso Stato e per lo stesso fatto, a meno che tale domanda si fondi su nuovi elementi.

 

L’estradizione attiva

L’estradizione è attiva quando lo Stato richiedente è l’Italia, e il procedimento prende avvio da una richiesta del Ministro della Giustizia, che può agire su sua iniziativa o su istanza del Procuratore generale presso la Corte d’Appello nel cui distretto si procede o deve essere eseguita la sentenza.

In tema di estradizione attiva ciò che assume maggiore rilevanza è la clausola di specialità, formulata dall’art. 721 c.p.p. in modo ancora più restrittivo e con riguardo alla sola libertà personale dell’estradato: non è, infatti, consentito sottoporre la persona consegnata a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentiva, né assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione è stata concessa.

Il problema che si pone in proposito è quello di individuare quale sia l’interpretazione del principio di specialità, tra la formulazione codicistica che si riferisce solo al divieto di atti coattivi e quella data dalla normativa pattizia, che al contrario impone solitamente una impossibilità di procedere o eseguire una pena per fatti anteriori diversi. A tal proposito, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10281 del 6 marzo 2008, affermando che “in materia di estradizione attiva, il principio di specialità previsto dall’art. 14, par. 1, della Convenzione europea di estradizione e dall’art. 721 c.p.p. non è riferibile alle misure di prevenzione personali e al relativo procedimento di applicazione; ne consegue che la persona estradata in Italia per ragioni diverse può essere assoggettata a misure di prevenzione personali e al relativo procedimento, senza la necessità di una preventiva richiesta di estradizione suppletiva allo Stato che ne ha disposto la consegna”.

 

Estradizione e mandato d’arresto europeo

La complessità del procedimento di estradizione, oltre che l’esigenza di rendere più rapida la consegna di persone sottoposte a procedimento o già condannate, hanno portato il legislatore a elaborare uno strumento che assicurasse al soggetto le stesse garanzie date dall’estradizione, riducendone però i tempi. Si tratta del mandato d’arresto europeo[3], istituto che condivide le stesse finalità dell’estradizione e a cui possono fare ricorso gli Stati membri dell’Unione Europea.

Informazioni

Conso-Grevi-Bargis, Compendio di procedura penale, decima edizione.

Codice di procedura penale.

Cass. pen., Sezioni Unite, n. 10281 del 6 marzo 2008.

[1] I criteri secondo cui stabilire la competenza sono individuati dall’art. 701 co. 4 c.p.p.

[2] Il consenso dell’estradando non impone, comunque, l’accoglimento della domanda, che resta subordinata al vaglio del Ministro e al rispetto dei limiti oggettivi e soggettivi.

[3] Per un approfondimento sul mandato d’arresto europeo: Il mandato di arresto europeo – DirittoConsenso.