La società è un istituto giuridico adottato – in genere – per lo svolgimento di un’attività di impresa e che, alla luce di ciò, deve rispettare specifici requisiti formali. Facciamo luce sulle precauzioni dettate dal legislatore per la costituzione della più elementare società semplice
Società e impresa: brevi richiami
Quando si parla di società si fa riferimento ad un concetto di ampia portata che conta, al suo interno, numerose forme e specificazioni di uno stesso fenomeno. A ben vedere, le necessità tipologiche precedono lo stadio societario, posizionandosi ad un livello antecedente, ma strettamente collegato: l’imprenditore[1]. Gli artt. 2135 c.c. e 2195 c.c., difatti, procedono alla prima distinzione tra imprenditore agricolo[2] e imprenditore commerciale, dettando, per quest’ultima categoria, una disciplina più onerosa in capo alla relativa figura che comporta, tra gli altri, il sottostare ad un rigoroso regime di pubblicità legale[3]. Nello specifico, l’imprenditore commerciale non piccolo[4] ha l’obbligo di rendere di pubblico dominio, secondo forme e modalità predeterminate, specifici atti o fatti relativi alla vita dell’impresa.
Entrambe le suddette figure, tuttavia, sono riconducibili alla dizione normativa di cui all’art. 2082 c.c., secondo la quale “È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.
L’imprenditore, pertanto, non soltanto è tenuto allo svolgimento di una attività economica (commerciale o meno che sia), ma deve farlo mediante un esercizio professionale ed organizzato della stessa.
Quale migliore organizzazione per l’esercizio di una tale attività, dunque, se non quella societaria. A ben vedere, difatti, la definizione che viene offerta di società richiama parte del contenuto dell’art. 2082 c.c. stesso, aggiungendo, al contempo, nuovi elementi di peculiarità: “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.
È, poi, sforzo proprio dell’interprete quello di ritrovare nel conferimento di beni o servizi parte di quella organizzazione già menzionata dalla norma sull’imprenditore. Il quid pluris[5] che caratterizza il contratto di società, piuttosto, attiene allo scopo dell’ottenimento e della successiva – e facoltativa – divisione degli utili.
Le tipologie societarie
Segue a questa breve panoramica sull’imprenditore una doverosa analisi delle tipologie societarie riconosciute dal legislatore. Da una elementare indagine è possibile distinguere tra società di persone e società di capitali, dove le prime si caratterizzano per la prevalenza dell’elemento umano su quello economico e le seconde, per converso, vedono il capitale rivestire una funzione dominante sulla figura del socio.
Le differenze si estendono, poi, al peculiare regime normativo che è riservato dal legislatore a ciascuna categoria. Le società di capitali, nello specifico, vantano quella che in gergo è propriamente detta autonomia patrimoniale perfetta, godendo di uno schermo giuridico che permette di tenere distinti il patrimonio della società ed i singoli patrimoni dei soci. In tal maniera, i creditori della società potranno rivendicare i rispettivi diritti aggredendo esclusivamente il patrimonio societario (c.d. patrimonio autonomo) e non quello dei soci. A ciò si aggiunge che le società di capitali sono titolari della personalità giuridica, ovvero sono riconosciute dall’ordinamento come soggetti di diritto (persone giuridiche, appunto), e, in quanto tali, passibili di essere titolari di situazioni giuridiche soggettive, diritti e doveri.
Alle società di persone, diversamente, il legislatore ha formalmente negato la personalità giuridica, provvedendo, allo stesso tempo, a soddisfare le esigenze di tutela dei creditori con talune disposizioni che rendono il patrimonio della società autonomo e diverso rispetto a quello dei soci. A tal proposito, per un verso, nelle società di persone i creditori personali dei soci non possono aggredire il patrimonio della società per soddisfarsi, per l’intera durata del contratto; per altro verso, i creditori della società non possono aggredire direttamente il patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili. Affinché ciò sia possibile, difatti, è necessario che il singolo creditore abbia, prima, tentato infruttuosamente di aggredire il patrimonio – incapiente – della società, per poi potersi soddisfare sul singolo socio (c.d. beneficium exscussionis o beneficio di escussione, che segue la medesima logica che regola, in genere, i rapporti interni tra le parti di un contratto di fideiussione[6]).
Quanto al primo punto, attenente l’impossibilità di riconoscere le società di persone come soggetti di diritto (persone giuridiche), la questione è stata ampiamente dibattuta in passato. Ad oggi, tuttavia, è necessario abbandonare con fermezza la tesi negativa che si opponeva al riconoscimento delle società di persone come autonomi centri di imputazione.
La tesi affermativa, difatti, trova conforto nel dato normativo, che più volte sembra riconoscere la soggettività anche alle società di persone. Tra gli altri, l’art. 2266, co. 1° stabilisce che “la società acquista diritti e assume obbligazione per mezzo dei soci”.
Se a ciò si aggiunge il disposto dell’art. 2659 c.c. (modificato dalla legge 52/1985), che afferma espressamente come la trascrizione degli acquisti immobiliari è effettuata, anche per le società di persone, al nome della società: è gioco forza concludere che queste sono trattate come soggetti di diritto distinti dalle persone dei soci. Ebbene, nonostante il legislatore del ’42 abbia formalmente negato alle società di persone il riconoscimento della personalità giuridica, ha certamente concesso loro qualcosa che alla stessa è certamente molto vicina.
La società semplice
È il momento di procedere ad una distinzione tra tipologie societarie all’interno dell’insieme di società di persone, le quali si articolano in:
- società semplice (s.s.),
- società in nome collettivo (s.n.c.) e
- società in accomandita semplice (s.a.s.).
Lungi dal volerci soffermare sulle singolarità proprie della società in nome collettivo e della società in accomandita, ci concentriamo, adesso, sull’analisi della società semplice.
A questa sono dedicati gli artt. 2251-2290 del codice civile, i quali disciplinano la più semplice tra le forme societarie che offre il ventaglio normativo nazionale. È necessario, ulteriormente, specificare che, posta la sua struttura elementare, la società semplice può esercitare solamente attività non commerciale. Di conseguenza, a questa si applica il regime residuale dell’attività societaria non commerciale, destinato ad operare laddove non risulti che i soci abbiano inteso costituire una delle altre tipologie societarie riconosciute dal legislatore.
Lungi dallo screditare la società semplice ritenendola marginale e poco rilevante nell’economia giuridica complessiva, è necessario sottolineare come essa rivesta un particolare rilievo normativo nell’ambito delle società di persone.
La disciplina dettata per questa, difatti, è – in linea di principio – applicabile anche alla società in nome collettivo e alla società in accomandita semplice (posti i rinvii operati dal legislatore agli artt. 2293 c.c. e 2315 c.c.). Essa, dunque, costituisce il prototipo normativo della società di persone, sebbene in ciò si risolva la sua rilevanza. È innegabile, difatti, che questa tipologia societaria abbia riscosso assai poco successo, non avendo registrato ampia diffusione (ciò è principalmente imputabile al grande limite di non poter esercitare attività commerciale). Fino a poco tempo fa, dunque, la società semplice poteva essere impiegata esclusivamente nell’ambito di imprese agricole, sebbene in questo settore essa non venisse quasi mai adottata. Recentemente, nel tentativo di darle nuova verve, il legislatore ha esteso il campo di applicazione di questa fattispecie anche alle società tra professionisti, ottenendo, tuttavia, magri risultati.
Atto costitutivo: requisiti formali
Per quanto concerne il contratto di società semplice, esso “non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti” (art. 2251 c.c.). Mancano, inoltre, disposizioni concernenti il contenuto del relativo atto costitutivo[7].
In base al codice del 1942 la società semplice non era soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese, situazione, questa, mutata alla luce di due diversi interventi legislativi. Con la riforma del registro delle imprese (1993), anche per le società semplici è stata previsto tale obbligo.
La già citata legge 580/1993, inoltre, specifica che l’iscrizione deve avvenire nella sezione speciale del registro, essendo, altresì, priva di specifici effetti giuridici: essa, difatti, ha solamente funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia.
Nel tempo è intervenuta una seconda modifica legislativa con il d. lgs. 228/2001 che ha attribuito all’iscrizione delle società semplici esercenti attività agricola la funzione di pubblicità legale (con efficacia dichiarativa ai sensi dell’art. 2193 c.c.).
Il tutto, a ben vedere, ha dato vita ad un paradossale e duplice trattamento normativo per la società semplice:
- laddove essa sia costituita al fine dell’esercizio di attività agricola, l’iscrizione avrà gli effetti di pubblicità legale con effetti dichiarativi;
- nel caso, invece, in cui essa sia costituita per l’esercizio di attività non agricola e non commerciale (ovvero la residuale ipotesi di società tra professionisti) opera il regime di mera pubblicità notizia introdotto dalla legge del 1993.
Ad ogni modo, la costituzione di società semplice resta improntata alla massima semplicità formale e sostanziale, considerando anche che la registrazione non incide sull’esistenza della società né sulla disciplina applicabile. Stupisce, altresì, la circostanza per cui il contratto di società semplice possa essere concluso anche verbalmente ovvero possa risultare da comportamenti concludenti[8].
Come precedentemente specificato dall’art. 2251 c.c., il regime di libertà delle forme per la costituzione della società semplice incontra un naturale limite nei casi in cui sia richiesto l’ossequio di forme speciali alla luce della natura dei beni conferiti in società. Da ciò discende che la forma scritta a pena di nullità sarà necessaria laddove il conferimento abbia ad oggetto beni immobili o diritti reali su beni immobili. La dottrina maggioritaria sul punto ritiene, però che la forma scritta sia richiesta solamente per la validità del conferimento immobiliare e non anche per la validità del contratto di società.
Pertanto, qualora questa forma non venisse rispettata, nullo sarà il solo vincolo del socio conferente e non l’intero contratto di società. Quest’ultima ipotesi potrà configurarsi esclusivamente nel caso in cui la partecipazione di quel socio rivesta carattere essenziale (secondo la disciplina contrattualistica ex art. 1420 c.c.).
Ancora, nel caso in cui il conferimento immobiliare non sia indispensabile per lo svolgimento dell’attività sociale, l’applicazione del principio di conservazione del contratto (cfr. art. 1367 c.c.) consente di interpretare la volontà delle parti nel senso che l’immobile è stato conferito a titolo di godimento infranovennale (fattispecie per la quale non operano gli oneri formali previsti dall’art. 1350 c.c., n. 9).
Conclusioni
Benché la società semplice abbia una rilevanza piuttosto contenuta (come è stato già enfatizzato nelle righe precedenti), la breve dissertazione appena conclusa permette di svolgere alcune importanti considerazioni di sistema.
Il diritto non opera a compartimenti stagni, ma ciascuno dei singoli istituti – benché, naturalmente, si differenzi per le sue tipicità – condivide con gli altri una logica comune che ispira il legislatore e che è sempre possibile apprezzare adottando una visione di insieme. Di conseguenza, già dall’analisi della elementare disciplina sulle società semplici è possibile intuire perché il legislatore, conscio della grande importanza svolta dall’istituto della società nella vita dell’uomo, abbia inteso circondarla, sin dalla sua nascita, di una serie di cautele formali e sostanziali tali da tutelare il mercato e i consociati.
Informazioni
Campobasso, Diritto Commerciale, UTET, 9ª Edizione, 2015, Volume 2.
[1] Sul tema dell’imprenditore si veda un articolo precedentemente pubblicato su DirittoConsenso: Imprenditore e impresa – DirittoConsenso.
[2] È imprenditore agricolo “chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse” (art. 2135 c.c.).
[3] Il regime di pubblicità giuridica è previsto dal legislatore per garantire la conoscibilità di determinati atti o fatti ai consociati all’interno di un determinato ordinamento. Il codice civile, in particolare, conosce la principale distinzione tra pubblicità notizia (con ciò intendendosi un regime che il cui fine è limitato al dare notizia di determinati fatti, senza che una eventuale omissione impedisca ai medesimi di produrre i loro effetti giuridici o ne determini l’invalidità) e pubblicità legale, determinante in quanto una sua non osservanza può impedire al determinato fatto di produrre effetti giuridici (pubblicità dichiarativa, utile affinché un fatto sia opponibile a terzi) ovvero può incidere sul momento costitutivo della fattispecie (pubblicità costitutiva, la cui inosservanza taccia il fatto di invalidità).
[4] Si definiscono piccoli imprenditori “i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia” (art. 2083 c.c.).
[5] Lett., “il di più”.
[6] Secondo il disposto dell’art. 1936 c.c. “È fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”.
[7] L’atto costitutivo, nell’ordinamento italiano, è l’atto giuridico con cui si dà vita ad una persona giuridica (nel caso delle fondazioni, esso prende il nome di atto di fondazione).
[8] Con società di fatto (o Sdf) si intende una società costituita difformemente rispetto ai crismi e alle forme prescritte dalla legge. Affinché la fattispecie possa configurarsi è necessario che la società svolga attività commerciale: in caso contrario, essa rientrerebbe nei perimetri normativi della società semplice, per la cui costituzione non è richiesto adempimento alcuno da parte della legge (cfr. art. 2251 c.c.).

Leonardo Rubera
Ciao, sono Leonardo. Neolaureato in giurisprudenza, coltivo la passione del diritto commerciale, settore nel quale ho la fortuna di lavorare. Curiosità ed intraprendenza sono valori che reputo essenziali e che mi stimolano a coltivare numerose e diverse passioni che vanno oltre il mondo del diritto.