Entrato in vigore nel 1984, il Moon Treaty regola le attività di esplorazione della Luna di Stati e organizzazioni internazionali
L’adozione del Moon Treaty
Elaborato dalla sottocommissione legale a partire dal 1972, con la risoluzione 34/68[1] del 1979 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Accordo Regolante le Attività degli Stati sulla Luna e gli altri Corpi Celesti (Moon Treaty)[2]. Tale trattato riafferma l’applicazione alla superficie selenica di numerose disposizioni del precedente Trattato sui Principi che Governano le Attività degli Stati nell’Esplorazione e nell’Uso dello Spazio Extra-atmosferico, Compresi la Luna e gli altri corpi Celesti (Outer Space Treaty) aperto alla firma il 27 gennaio 1967 ed entrato in vigore nell’ottobre del medesimo anno[3].
In particolare, il Moon Treaty ribadisce la norma consuetudinaria relativa all’uso esclusivo dei corpi celesti per scopi pacifici e prevede che le risorse naturali e minerarie presenti sulla Luna siano da considerarsi patrimonio comune dell’umanità[4]. A tal proposito, dalle norme contenute nell’Accordo è possibile evincere un auspicio all’elaborazione di un regime internazionale volto a governare lo sfruttamento di tali risorse, nell’eventualità in cui ciò divenisse possibile negli anni a venire[5]. Pertanto, ai sensi del Moon Treaty l’ambiente lunare non dovrebbe essere alterato, e le Nazioni Unite dovrebbero essere informate tanto dell’ubicazione quanto dello scopo di qualsiasi stazione stabilita sulla Luna.
Entrato in vigore nel mese di luglio del 1984 a seguito della ratifica dell’Austria, quinta necessaria affinché il Trattato possa produrre effetti vincolanti, il Moon Treaty presenta tuttavia numerose criticità. Di fatto, benché sia annoverato tra le fonti del diritto internazionale dello spazio ed in particolare tra i cinque trattati principali che compongono il corpus iuris spatialis, il quadro regolatorio è stato ratificato da un numero esigui di Stati – 18 al mese di dicembre 2022 – tra cui non figurano le principali potenze spaziali di Stati Uniti, Russia e, più recentemente, Cina[6].
I lavori preparatori e lo status dello spazio
A ragione delle diverse posizioni dei due blocchi di Paesi che hanno preso parte alle negoziazioni del Moon Treaty in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, tale accordo è generalmente considerato fallimentare per via della concezione dello spazio come “patrimonio comune dell’umanità”, locuzione non presente nel precedente Outer Space Treaty e non condivisa, all’epoca, dall’Unione Sovietica[7].
L’art. I dell’Outer Space Treaty contiene infatti una definizione di spazio come “appannaggio dell’umanità”, la quale corrisponde ad un concetto giuridicamente differente rispetto alla nozione di “patrimonio comune”. In questo senso, nonostante gli Stati Uniti considerassero le due espressioni equivalenti ed intercambiabili a livello sostanziale, presupponendo che il concetto di “patrimonio comune” costituisse un’interpretazione estensiva dell’idea di res communis omnium implicante l’impossibilità di appropriazione del corpo celeste da parte degli Stati, l’Unione Sovietica di contro rifiutava la definizione dello spazio e dei corpi celesti come “patrimonio comune” a causa del carattere borghese e dell’origine dell’espressione dal diritto romano.[8]
La concezione di “patrimonio comune” si inserisce poi nel contesto politico internazionale della decolonizzazione, processo tramite il quale a partire dagli anni 50 del Novecento i Paesi in via di sviluppo posero dinanzi alla comunità degli Stati le proprie rivendicazioni a favore di una ridefinizione delle relazioni internazionali che includessero elementi di solidarietà nei propri confronti, in modo particolare in riferimento allo sfruttamento delle risorse naturali. Nello specifico, per i Paesi in via di sviluppo emerse la necessità di rivendicare la propria sovranità sulle risorse naturali presenti sul proprio territorio e, con riguardo alle aree ricche di materie prime ancora al di fuori della giurisdizione dei singoli Stati, l’invito ad un utilizzo inclusivo, cooperativo e a beneficio di tutti i Paesi, con particolare attenzione a quelli sottosviluppati[9]. Ciononostante, sebbene i Paesi in via di sviluppo si siano serviti del concetto di patrimonio comune dell’umanità come strumento di correzione dei disequilibri di potere dell’epoca coloniale attraverso forti pressioni per l’inclusione di tale principio giuridico all’interno dell’art.11 dell’Accordo sulla Luna, le potenze del Nord del mondo e l’Unione Sovietica hanno posto un freno alla pratica realizzazione di tale Trattato, non provvedendo alla ratifica e proteggendo dunque i propri interessi economici.
Le disposizioni
Con un richiamo al Trattato sui Principi che Regolano le attività degli Stati nell’Esplorazione ed Utilizzo dello Spazio Extra-atmosferico compresi la Luna e gli altri Corpi Celesti e alle quattro precedenti Convenzioni cardine del diritto internazionale dello spazio, il preambolo dell’Accordo sulla Luna ribadisce l’importanza della cooperazione fra gli Stati nell’esplorazione della superficie selenica e degli altri corpi celesti. Tale cooperazione dovrà avvenire per soli scopi pacifici, al fine di evitare che la Luna possa divenire un’area di conflitti internazionali[10]. Il divieto del ricorso alla minaccia o all’uso della forza è successivamente ribadito all’art. 3 dell’Accordo, in cui viene esplicitamente proibita anche la messa in orbita intorno alla luna di oggetti che trasportino armi nucleari e/o di distruzione di massa. Allo stesso tempo, qualsiasi stabilimento o installazione di basi militari e l’esperimento di ogni tipo di arma al di fuori dell’esplorazione pacifica della Luna risultano altresì vietati[11]. L’utilizzo della Luna e dei corpi celesti dovrà inoltre avvenire a beneficio e nell’interesse di tutti i Paesi, indipendentemente dal grado del loro sviluppo economico-scientifico, tenendo in considerazione tanto gli interessi delle generazioni presenti, quanto di quelle future[12].
Gli articoli successivi – ed in particolare l’art.7 – pongono particolare attenzione al tema della sostenibilità ambientale della superficie lunare. Nello specifico, nell’esplorazione ed utilizzo della Luna gli Stati sono tenuti ad adottare misure che non arrechino danno o turbamento all’esistente equilibrio ambientale in termini di contaminazione e introduzione di materia esterna[13].
Allo stesso modo, l’art. 10 tutela la salvaguardia della vita e della salute degli esseri umani sulla Luna. Tale disposizione è da leggersi in congiunzione all’Accordo sul salvataggio e il ritorno degli astronauti e la restituzione di oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico, adottato precedentemente al Moon Treaty per regolare la materia.
Lo sfruttamento delle risorse lunari
Ai sensi dell’art.11 dell’Accordo sulla Luna, le risorse naturali presenti sulla superficie selenica costituiscono patrimonio comune dell’umanità.
La Luna, inoltre, non può essere oggetto di appropriazione nazionale tramite proclamazioni di sovranità, né per mezzo di utilizzo, né di occupazione. Di conseguenza, la superficie, il sottosuolo e le risorse in essi non potranno divenire di proprietà di nessuno Stato, organizzazione intergovernativa o non governativa, persone fisiche.
L’esplorazione è tuttavia permessa senza discriminazioni e su basi di uguaglianza in conformità con il diritto internazionale.
Alla luce del presente articolo, appare chiaro che sebbene lo status della Luna e degli altri corpi celesti sia sufficientemente chiaro, quello delle risorse presenti in essi rimane tuttavia incerto. A tal proposito, il Moon Treaty statuisce che le risorse naturali potranno divenire proprietà degli Stati parte (qualora ciò divenisse praticabile) a dipendere da un futuro regime internazionale, i cui scopi dovranno necessariamente comprendere:
- lo sviluppo metodico e sicuro delle risorse naturali della Luna;
- la gestione razionale di tali risorse;
- lo sviluppo delle possibilità di utilizzo delle risorse;
- un’equa ripartizione tra tutti gli Stati dei benefici che ne derivano, con attenzione particolare agli interessi e ai bisogni dei Paesi in via di sviluppo, così come agli sforzi degli Stati che hanno contribuito direttamente o indirettamente all’esplorazione della Luna[14].
Informazioni
Inserisci qui la bibliografia
[1] General Assembly Resolution A/RES/34/68, Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies, 18 dicembre 1979. Disponibile al link: https://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/moon-agreement.html.
[2] United Nations, Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies, 18 dicembre 1979. Disponibile al link: https://www.unoosa.org/pdf/gares/ARES_34_68E.pdf
[3] United Nations, Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies, 1967. Disponibile al link: https://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/outerspacetreaty.html.
[4] V. Chabert, Le fonti del diritto internazionale dello spazio. DirittoConsenso, 27 ottobre 2022. Disponibile al link: https://www.dirittoconsenso.it/2022/10/27/le-fonti-del-diritto-internazionale-dello-spazio/.
[5] United Nations, Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies, 1979. Disponibile al link: https://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/intromoon-agreement.html.
[6] UNOOSA, Status of International Agreements relating to Activities in Outer Space. Disponibile al link: https://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/status/index.html.
[7] G. Sanna, New Space Economy, ambiente, sviluppo sostenibile. Premesse al diritto aerospaziale dell’economia. G. Giappichelli editore, 2021, p. 43.
[8] R. Dekanozov, Judicial Nature of Outer Space, Including the Moon and Other Celestial Bodies. In: Proceedings of the 17th IISL Colloquium on the Law of Outer Space, New York, 1974, pp. 200-201.
[9] G. Sanna, op.cit., pp.44-45.
[10] Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies, op.cit., preambolo.
[11] Ivi, art. 3
[12] Ivi, art. 4; 6.
[13] Ivi, art. 7.
[14] Ivi, art. 11.

Valentina Chabert
Ciao, sono Valentina. Mi sono recentemente laureata in Relazioni Internazionali Comparate presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Sto attualmente svolgendo un tirocinio presso la Rappresentanza Italiana del Consiglio d’Europa e studio giornalismo geopolitico presso l’Eastwest European Institute di Roma. Nel mio percorso di studi ho sviluppato un vivo interesse per il diritto internazionale, in particolare per il diritto internazionale dell’ambiente, la sicurezza cibernetica e gli aspetti giuridici legati alle criptovalute.