Perché l’alfabetizzazione digitale riguarda il cittadino e come le competenze digitali aiutano ad essere parte della società
Alfabetizzazione digitale come estensione dell’alfabetizzazione tradizionale
Sappiamo tutti che la tecnologia fa parte della vita quotidiana di ogni individuo. Ci sono strumenti e funzionalità nuove che, paragonate con quelle a disposizione delle precedenti generazioni, aumentano enormemente le possibilità di leggere notizie, raccogliere e interpretare dati e statistiche, trovare un’occupazione e molto altro ancora. Così è andata via via diffondendosi l’idea che all’alfabetizzazione tradizionale[1], quella, per intenderci, della scuola in cui si impara l’alfabeto, i numeri e con essi leggere e scrivere, si dovesse prestare altrettanta attenzione all’alfabetizzazione digitale.
Dato che l’alfabetizzazione ha assunto un significato più ampio (basti pensare a quante volte abbiamo sentito parlare anche di alfabetizzazione funzionale) c’è da chiedersi se sia parte del nostro sistema comprendere il mondo attraverso, permettetemi l’espressione, lenti tecnologiche. Cioè capire il mondo attraverso la tecnologia, servendocene per le funzioni o i compiti più disparati.
La questione deve essere affrontata seriamente, rendendo effettivo quanto stabilito dagli articoli 3, comma 2, 4 e 35 della Costituzione italiana. Vediamo il perché.
Cos’è l’alfabetizzazione digitale?
Ad oggi non esiste una definizione univoca[2] di alfabetizzazione digitale. Io ho preso come riferimento quella offerta dall’American Library Association (ALA) che definisce[3] lo stesso concetto di digital literacy così:
“la capacità di utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per trovare, valutare, creare e comunicare informazioni, richiedendo abilità sia cognitive che tecniche”.
A prima vista può sembrare una definizione fredda. In realtà ci vedo gli elementi essenziali della vita democratica. La cittadinanza attiva infatti è anche questo: sviluppare nuove competenze significa partecipare in una società dove internet e le altre tecnologie sono quotidiane ed elementi quasi imprescindibili. Le carenze in queste competenze digitali generano infatti sia un problema di inclusione sociale (perché chi non è alfabetizzato non può usare servizi avanzati anche se disponibili) sia un problema diretto sull’economia[4].
Con la diffusione delle tecnologie digitali nelle classi, studiosi come Julie Coiro[5] e Donald J. Leu[6] hanno iniziato ad includere nel concetto di alfabetizzazione proprio le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), tra cui la lettura digitale e l’uso di internet. L’argomento centrale è che, con l’avvento dei nuovi strumenti digitali, è necessario capire quali sono le abilità che gli studenti devono acquisire per accedere alle informazioni e per comunicare. Abilità poi che potranno essere usate per il mercato del lavoro.
A chi dobbiamo guardare? L’alfabetizzazione digitale riguarda tutti?
È interessante vedere come alle abilità necessarie-essenziali del leggere, scrivere e fare calcoli (tipici come abbiamo detto dell’età formativa di base) si aggiungano altre competenze per vivere in modo attivo, consapevole. Ai ritmi intensi del processo tecnologico e all’innovazione che la fa da padrona, l’alfabetizzazione deve necessariamente aggiornarsi costantemente e, badare bene, non riguarda solo i bambini. Persone adulte e già istruite devono apprendere ed esercitarsi in nuove forme di conoscenza: coding, netiquette, robotica, sicurezza online e via discorrendo.
Ci tengo a precisare un punto: mi sorprende che si faccia un automatico collegamento tra alfabetizzazione digitale e anziani, categoria che per antonomasia pare non abbia alcuna padronanza con gli strumenti tecnologici. Certo è che nella prassi è proprio questa fascia di popolazione che usa meno internet e che fa spesso fatica a usare i servizi informatici[7]. Ma non bisogna cadere nell’errore che chi sia “nativo digitale” sia dotato nella fruizione di tutto ciò che è tecnologicamente all’avanguardia e conseguentemente in grado di conoscere le insidie che si nascondono nel mondo digitale[8] e poi affrontarle o evitarle[9]. D’altro canto, disoccupati, individui in stato di povertà e persone con disabilità possano trovare nell’alfabetizzazione digitale maggiore inclusione.
L’alfabetizzazione digitale deve essere tanto democratica quanto lo è l’alfabetizzazione tradizionale.
Sono dell’idea che bisogna insegnare già in tenera età cos’è il mondo digital e come saperlo gestire. Sono a favore dell’insegnamento di queste competenze che vanno al di là di qualsiasi altra formazione. Anche perché l’attuale situazione[10] parla chiaramente di digital divide, cioè un vero e proprio divario digitale[11].
Formarsi da un punto di vista digitale può partire dal singolo (e per svariati motivi, interesse personale, formazione interdisciplinare, divertimento)[12] e i soggetti coinvolti – imprese, amministrazioni pubbliche, scuole e università, sindacati – hanno un ruolo determinante nel determinare risultare concreti e duraturi per il futuro.
Cosa succede in Italia con l’alfabetizzazione digitale?
La direzione presa in Italia
Ma se stiamo vivendo una nuova fase dell’alfabetizzazione, possiamo dire che stiamo andando nella direzione giusta?
Guido Romeo nel 2019 ha parlato[13] di missione urgente e necessaria. Sono ancora d’accordo, la strada verso l’alfabetizzazione digitale è stata segnata anche da “Repubblica digitale”, un’iniziativa[14] che prevede un percorso di partnership tra pubblico e privato per l’inclusione della popolazione nel corretto utilizzo delle tecnologie e dei servizi digitali. Con il covid-19 che ha stravolto molti settori[15], internet è diventato il mezzo per eccellenza con cui tutti hanno avuto a che fare in alcuni casi anche obbligatoriamente.
Segnalo anche il Fondo per la Repubblica Digitale che sostiene progetti – selezionati attraverso avvisi pubblici – rivolti alla formazione e all’inclusione digitale, per accrescere le competenze digitali e sviluppare la transizione digitale[16].
Tema centrale poi da parecchi mesi è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (il noto PNRR). Il Piano, il cui totale ammonta a 191,5 miliardi di euro, prevede per digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo un totale di circa 40 miliardi di euro, il 21% dell’importo totale del PNRR. È di preciso nell’investimento 1.7 “Competenze digitali di base” che è previsto:
“Gli sforzi di trasformazione digitale di infrastrutture e servizi sopra descritti sono accompagnati da interventi di supporto alle competenze digitali dei cittadini, per garantire un sostegno robusto e pervasivo al compimento del percorso di alfabetizzazione digitale del paese. In questo ambito il PNRR nel suo complesso prevede diverse linee di azione, tra loro sinergiche, che coprono tutti gli snodi del percorso educativo. Molte di queste iniziative sono descritte in altre componenti e, in particolare, nella Missione 4. Gli interventi descritti in questa sezione mirano a supportare le fasce della popolazione a maggior rischio di subire le conseguenze del digital divide, in qualche modo “l’ultimo miglio” delle conoscenze digitali. Oltre alle misure (più) tradizionali fornite dalle piattaforme educative, di istruzione e di supporto all’inserimento nel mondo del lavoro, con il PNRR si vuole rafforzare il network territoriale di supporto digitale (facendo leva su esperienze regionali di successo) e il Servizio Civile Digitale, attraverso il reclutamento di diverse migliaia di giovani che aiutino circa un milione di utenti ad acquisire competenze digitali di base.”.
Ci sono quindi notevoli possibilità di crescita in Italia per la diffusione di competenze in tema di alfabetizzazione digitale.
Informazioni
TAVOSANIS, M. (2021) ‘Alfabetizzazione digitale, scrittura enciclopedica ed educazione linguistica democratica’, Lingue e Linguaggi, 41, pp. 265–278.
Masera, A., Rodotà, S. (2016) ‘Internet, i nostri diritti’, Editori Laterza.
Un’agenda digitale europea – Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Link: EN (europa.eu).
Per le fonti citate del DESI: The Digital Economy and Society Index (DESI) | Shaping Europe’s digital future (europa.eu) (consultato il 20 ottobre 2022).
[1] Per chi volesse approfondire ci sono moltissimi studi sul tema dell’alfabetizzazione, concetto che in inglese è tradotto con il termine literacy.
[2] Altra definizione è quella offerta dalla Western Sydney University secondo la quale “Alfabetizzazione digitale significa avere le competenze necessarie per vivere, apprendere e lavorare in una società in cui la comunicazione e l’accesso alle informazioni avvengono sempre più attraverso tecnologie digitali come piattaforme Internet, social media e dispositivi mobili”. Oppure la definizione della Treccani consultabile sul sito internet dell’Enciclopedia.
[3] Fonte: https://literacy.ala.org/digital-literacy/ . La traduzione in italiano presente nell’articolo deriva dall’originale inglese: “the ability to use information and communication technologies to find, evaluate, create, and communicate information, requiring both cognitive and technical skills”.
[4] Pensiamo all’e-commerce, al corretto trattamento dei dati personali, all’uso della carta d’identità e alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, al settore ICT e alle nuove figure professionali.
[5] Coiro, J., Knobel, M., Lankshear, C., & Leu, D. J. (Editors). (2008) Handbook of Research in New Literacies. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates, Inc.
[6] Coiro, J. (2012) “The New Literacies of Online Reading Comprehension: Future Directions,” EDUCATIONAL FORUM -INDIANA-, 76(4), pp. 412–417.
[7] Ed è lodevole vedere anche nelle realtà più piccole quanti progetti, corsi ed iniziative si sono moltiplicate nel tempo per favorire elementi come: accesso all’informazione, servizi per la salute, accesso all’e-government, pagamenti elettronici, acquisti sul web (e-commerce). Sulla questione dei soggetti deboli il Codice dell’amministrazione digitale (Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82) indica all’articolo 8 che le “iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini con particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire lo sviluppo di competenze di informatica giuridica e l’utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme di mezzi diversi fra i quali il servizio radiotelevisivo.”.
[8] Pensiamo, un esempio su tutti, al cyberbullismo. Un fenomeno in parte legato al bullismo ma che oggi assume risvolti più preoccupanti. Rinvio per maggiori approfondimenti all’articolo di Luca Lotti per DirittoConsenso: Cyberbullismo: alcuni dati recenti – DirittoConsenso.
[9] Un interessante elenco da tenere a mente sull’alfabetizzazione digitale per i minori sviluppato dall’UNICEF: Digital literacy for children — 10 things to know | UNICEF Office of Global Insight & Policy.
[10] Alcuni dati passati: https://www.digitaldictionary.it/blog/report-digital-2020-scenario-digitale-mondo-e-italia , https://www.istat.it/it/archivio/cittadini+e+nuove+tecnologie , https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/il-digital-divide-culturale-e-una-nuova-discriminazione-sociale/ . I dati più recenti che ho consultato sono quelli inclusi nel Digital Economy and Society Index (DESI) 2022. Per esempio, la percentuale di individui con competenze digitali di base si attesta per l’Italia tra il 40 ed il 50%, al quartultimo posto in Europa; al tempo stesso, l’Italia è prima per overperforming con un tasso che supera il 2.0%.
[11] E il divario digitale non è solamente condizionato dalla volontà e dalla possibilità di apprendere competenze nuove. C’è di mezzo anche la possibilità concreta di connettersi ad internet: la mancanza di una connessione internet adeguata è il c.d. “digital divide infrastrutturale”. Per questo, per una concreta e migliore velocità di connessione si parla soprattutto del 5G, che però non ha mancato di far parlare per il principio di precauzione in merito alla salute per l’uomo. Per una visione più completa: La sospensione del 5G: tra precauzione e concorrenza del mercato – DirittoConsenso.
[12] È ormai noto il concetto di lifelong learning (LLL) che indica un processo di auto-orientamento ed (auto)educazione continua durante tutto l’arco della vita di un individuo.
[13] Guido Romeo, Alfabetizzazione digitale d’Italia, missione urgente e necessaria, in ilsole24ore, 6 dicembre 2019, reperibile in rete.
[14] Maggiori informazioni sono reperibili sul sito Repubblica Digitale (innovazione.gov.it).
[15] Principalmente il mondo del lavoro come è possibile approfondire in questi due articoli pubblicati su DirittoConsenso: Lo smart working: normativa, diritti e doveri – DirittoConsenso.it e Lavoro agile: quale futuro post pandemia? – DirittoConsenso.
[16] Il Fondo è stato istituito con il decreto legge n. 152 del 6 novembre 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 233 del 29 dicembre 2021. Da quanto si legge sul sito internet, il Fondo, “attraverso la valutazione d’impatto dei progetti sostenuti, mira nell’arco del quinquennio 2022-2026 a selezionare i più efficaci per ampliarne l’azione sul territorio nazionale e raggiungere più persone, realizzando miglioramenti tangibili nelle competenze digitali e trasformarli in policy. Il Fondo per la Repubblica Digitale persegue anche gli obiettivi trasversali del PNRR: la riduzione del divario digitale di genere e di cittadinanza. Il Fondo – in via sperimentale per gli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026 – stanzia un totale di circa 350 milioni di euro – e sarà alimentato da versamenti effettuati dalle Fondazioni di origine bancaria. Alle Fondazioni è riconosciuto un contributo, sotto forma di credito d’imposta, pari al 65 per cento per gli anni 2022 e 2023 e al 75 per cento per gli anni 2024, 2025 e 2026.”.

Lorenzo Venezia
Ciao, sono Lorenzo. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con una tesi sul recupero dei beni culturali nel diritto internazionale e sul ruolo dell'INTERPOL e con il master "Cultural property protection in crisis response" all'Università degli Studi di Torino, sono interessato ai temi della tutela dei beni culturali nel diritto internazionale, del traffico illecito di beni culturali e dei fenomeni di criminalità organizzata e transnazionale.