Il reato di calunnia: la condotta, la scriminante del diritto di difesa e l’abrogazione dell’illecito penale oggetto di incolpazione

 

Il reato di calunnia: primi cenni introduttivi

Il reato di calunnia è previsto dall’art. 368 c.p. e punisce chiunque, con atto diretto all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che abbia l’obbligo di riferire a quest’ultima, incolpi taluno che sa innocente ovvero simuli a suo carico le tracce di un illecito penale.

Ad esempio, si tiene configurato il delitto in esame allorché un avvocato presenti un esposto nei confronti di un magistrato, accusando quest’ultimo di palese e sistematico ostracismo verso le sue tesi difensive e perciò incolpandolo implicitamente del reato di abuso di ufficio, in ordine al quale non era stata esercitata l’azione penale[1].

La fattispecie incriminatrice presenta le seguenti peculiarità:

  • Il reato di calunnia è un reato comune e a forma libera, ricompreso tra i delitti contro l’amministrazione della giustizia[2]. Nello specifico, la disposizione è racchiusa all’interno del capo ove il legislatore ha inteso raggruppare i delitti contro l’attività giudiziaria, i quali tutelano il corretto esercizio della funzione giurisdizionale e mirano a garantire importanti snodi processuali. L’incriminazione della falsa accusa, infatti, è volta a impedire che l’apparato giudiziario sia attivato inutilmente ovvero che l’attività giudiziale venga tratta in inganno;
  • La calunnia, inoltre, pone in pericolo l’onore dell’incolpato, valendo così al delitto in commento la natura di reato plurioffensivo[3];
  • L’art. 368 c.p. rappresenta un esempio di reato di pericolo[4]: al fine della sua configurazione sarà sufficiente una condotta che, pur apparendo astrattamente come notizia di reato, sia idonea all’apertura delle indagini preliminari[5], stante l’irrilevanza che il procedimento penale così instaurato si concluda con un provvedimento di archiviazione[6];
  • Il reato di calunnia è, per di più, un reato istantaneo, la cui consumazione si esaurisce nel momento in cui l’Autorità giudiziaria venga a conoscenza della falsa incolpazione o acquisisca le tracce simulate. Qualora ad una prima dichiarazione calunniosa ne susseguano di ulteriori, allora si configureranno nuove violazioni della medesima norma incriminatrice[7].

 

È bene ricordare che il legislatore ha previsto quale fatto penalmente rilevante anche la dichiarazione rivolta all’Autorità giudiziaria ovvero la confessione con la quale un soggetto, pur consapevole della propria innocenza, incolpi se stesso di un reato non avvenuto o commesso da altri. La fattispecie incriminatrice che viene allora in rilievo è l’art. 369 c.p. che punisce il delitto di autocalunnia.

 

La condotta penalmente rilevante ex art. 368 c.p.

Il fatto tipico consiste nell’incolpare falsamente taluno della commissione di un reato, essendo a conoscenza della sua innocenza. È opportuno precisare come la norma non richiede che la falsa accusa sia esplicita, essendo sufficiente che dall’atto di incolpazione emergano elementi utili all’inequivocabile individuazione del calunniato, soggetto necessariamente diverso dall’agente.

La calunnia implicita è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, la quale ha affrontato la sua configurazione con riferimento alla denuncia di smarrimento di assegni bancari effettuata dal soggetto al fine di sottrarsi al pagamento. I giudici di legittimità hanno affermato che una siffatta denuncia implica la formulazione nei confronti del prenditore di un capo di incolpazione per i delitti di falso, ricettazione e appropriazione indebita[8].

La falsa accusa può realizzarsi in due modalità:

  • quanto alla prima, l’incolpazione è oggetto di atti specificatamente indicati dall’art. 368 c.p.: la denuncia, la querela[9], la richiesta e l’istanza. In siffatti casi la giurisprudenza parla di calunnia diretta o formale. Per ciò che concerne il primo atto, la Corte di Cassazione ha sottolineato come non occorra una denuncia in senso formale[10], «dovendosi intendere il termine “denuncia” in senso ampio, ricomprendendovi ogni informazione relativa a fatti criminosi che sia idonea ad attivare un procedimento penale»[11]. Per converso, gli ermellini hanno ritenuto non integrata la fattispecie nel caso in cui nell’atto di accusa vengano rappresentante circostanze false e qualificate dal calunniatore come reato, le quali -però- non integrano alcun illecito[12].
  • Quanto alla seconda modalità, la c.d. calunnia indiretta o materiale è integrata dalla condotta di colui che simuli a carico dell’innocente tracce di un reato. È bene, dunque, individuare la linea di confine tra tale fattispecie e quella di cui all’art. 367 c.p. Sul punto, i giudici di legittimità hanno affermato che la calunnia richiede, per essere integrata, un elemento aggiuntivo rispetto alla simulazione di reato: l’univoca indicazione del soggetto che appare autore almeno probabile del delitto. Per di più, la giurisprudenza ammette il tentativo allorquando il soggetto venga sorpreso nell’atto della simulazione o la sua azione criminosa venga interrotta per cause da lui non dipendenti.

 

L’illecito penale oggetto del reato di calunnia

La falsa incolpazione può avere ad oggetto un reato di qualsiasi natura, il quale deve essere comunque connotato dai requisiti della tipicità, antigiuridicità e colpevolezza. Nell’ipotesi in cui il calunniatore addebiti all’innocente una contravvenzione troverà applicazione l’art. 370 c.p.[13].

In giurisprudenza rimangono aperti tre problemi circa la nozione di reato. Invero, se un orientamento maggioritario ha escluso l’integrazione della calunnia nel caso in cui l’incolpato sia soggetto non punibile in virtù di una causa di non punibilità[14], ancora discussa è l’ipotesi in cui venga accusata falsamente una persona non imputabile per età o infermità di mente. Sul punto si ritiene ravvisabile il delitto in commento allorquando la falsa incolpazione possa dare luogo all’applicazione di una misura di sicurezza.

Problematico risulta il caso in cui la calunnia abbia ad oggetto un reato estinto. Nello specifico, i giudici si sono interrogati circa la sussistenza del delitto di cui all’art. 368 c.p. nell’ipotesi in cui la causa di estinzione del reato fosse già intervenuta prima dell’accusa. A tal riguardo, si è ammesso l’addebito ove la causa estintiva sia l’amnistia[15], posto che questa implichi lo svolgimento di attività giudiziaria.

Un terzo profilo, che vede contrapposti due filoni giurisprudenziali, concerne la possibilità di ritenere configurata la calunnia nel caso in cui oggetto della falsa incolpazione sia un delitto perseguibile a querela, la quale non sia stata presentata. La giurisprudenza prevalente[16] sostiene l’inidoneità dell’accusa mossa dall’agente a sollecitare l’attività processuale e, sottolineando la natura di reato di pericolo, esclude che l’amministrazione della giustizia possa essere lesa quando difetti con immediata evidenza un requisito di procedibilità. Una più recente tesi[17], invece, ritiene di dover distinguere il caso in cui non siano necessari atti di indagine al fine di individuare il corretto regime di procedibilità e quello ove tali attività siano doverose. Solo nella prima ipotesi sarà possibile escludere la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 368 c.p.

 

L’elemento soggettivo

L’elemento psicologico del reato di calunnia è rappresentato dal dolo generico, consistente nella volontà di incolpare taluno pur essendo consapevole dell’innocenza dell’accusato, della rilevanza penale del fatto addebitato e della circostanza che lo stesso non l’abbia commesso. L’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude, quindi, l’elemento soggettivo, ma solo se tale convincimento si fondi su elementi precisi, seri, concreti nonché verificati e non solo su mere supposizioni[18].

La Corte di Cassazione si è interrogata circa il rilievo del dubbio in capo al calunniatore e, sul punto, ha affermato che:

«chi denuncia una persona col dubbio circa la commissione del fatto-reato da parte dello stesso non può, poi, essere punito per calunnia se il soggetto accusato è innocente. Perché tecnicamente manca l’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 368 c.p. Il dolo del reato di calunnia, infatti, va escluso nel caso in cui un soggetto abbia plausibilmente e ragionevolmente agito nella consapevolezza di incolpare qualcuno senza, però, avere la certezza dell’innocenza della persona accusata»[19].

 

Da ultimo, è opportuno ribadire come:

«l’elemento soggettivo del reato di calunnia non può consistere nel dolo eventuale, in quanto la formula normativa “taluno che egli sa innocente” richiede la consapevolezza certa dell’innocenza dell’incolpato»[20].

 

I rapporti tra il reato di calunnia e il diritto di difesa

Alla luce delle considerazioni svolte, pare necessario chiedersi se l’imputato, che nell’ambito del processo a suo carico affermi la penale responsabilità di una persona che egli sa innocente, risponda del reato di calunnia o se, diversamente, la sua condotta può ritenersi giuridicamente accettabile.

Ciò che viene qui in rilievo è, infatti, il rapporto tra il delitto ex art. 368 c.p. e il diritto di difesa costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.)[21], che opera quale causa di giustificazione[22] in virtù dell’art. 51 c.p. È, dunque, fondamentale garantire un bilanciamento tra siffatti interessi, posto entrambi hanno pari rilevanza dell’ordinamento. Da un lato, lo Stato mira a prevenire che l’attività giudiziaria non sia azionata invano e, dall’altro, richiede che sia garantito l’esercizio del diritto di difesa.

Sul tema si registrano due opposti orientamenti. Una prima tesi riconosce in capo all’imputato la possibilità di negare i fatti allo stesso attribuiti in quanto ciò rappresenterebbe l’estrinsecazione del diritto di difesa. In tale caso, la sua condotta sarà scriminata in forza dell’art. 51 c.p., sempreché egli non finisca con incolpare falsamente altri soggetti che sa innocenti[23], condotta tipica del reato di calunnia. Una seconda impostazione ritiene l’esercizio di tale diritto molto più pregnante, tanto da giustificare la falsa accusa, esplicita o implicita, intesa quale unico mezzo per confutare la fondatezza dell’imputazione formulata a proprio carico[24].

I giudici di legittimità, pur non mettendo fine al contrasto, si sono recentemente pronunciati statuendo che:

«In tema di calunnia, non esorbita dai limiti del diritto di difesa l’imputato che attribuisce un determinato fatto di reato ad altra persona, che pure sa innocente, soltanto per negare la propria responsabilità e ciò faccia nell’immediatezza dell’accertamento o nella sede processuale propria»[25].

 

L’applicabilità dell’art. 2 co. 2 c.p. in caso di abrogazione del delitto oggetto di calunnia

L’ultima questione che, con riferimento al reato di calunnia, ha interessato tanto la dottrina quanto la giurisprudenza riguarda l’eventualità in cui la falsa incolpazione abbia ad oggetto un illecito penale che -successivamente all’accusa- risulti abrogato attraverso uno specifico intervento legislativo ovvero venga dichiarato costituzionalmente illegittimo. L’interrogativo, quindi, attiene all’applicabilità del principio della retroattività della legge penale favorevole in virtù dell’art. 2 cpv. c.p.[26] al delitto di cui all’art. 368 c.p.

Autorevole dottrina (Fiandaca-Musco) afferma che l’innovazione normativa che abroghi il reato oggetto di incolpazione, il quale costituisce uno dei presupposti della condotta calunniosa, facendo venire meno la rilevanza penale dello stesso rende priva di effetti l’accusa mossa dall’agente. Di diverso avviso è la giurisprudenza che sostiene come il delitto in esame sia ugualmente configurabile, sottolineando che «la valutazione della falsa attribuzione del fatto costituente illecito penale, ossia dell’elemento materiale della fattispecie criminosa, deve essere compiuta al momento della consumazione del reato, non assumendo rilievo la circostanza che la norma disciplinante il reato del quale sia stato falsamente incolpato un innocente sia successivamente abrogata, atteso che l’originaria falsa incolpazione resta in grado di esporre in concreto un innocente all’instaurazione di un procedimento penale a suo carico e il fatto precedentemente commesso conserva la sua offensività nonostante la successiva depenalizzazione»[27].

Informazioni

Fiandaca G. – Musco E., Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2019.

Garofoli R., Codice penale e delle leggi penali speciali annotato con la giurisprudenza, XIV Edizione, Neldiritto Editore, 2021.

Garofoli R., Compendio di diritto penale. Parte speciale, IX Edizione, Neldiritto Editore, 2021-2022.

[1] Con Cass., pen., sez. VI, sent. 22 gennaio 2014, n. 10282 in Garofoli, Codice penale e delle leggi penali speciali annotato con la giurisprudenza, XIV Edizione, Neldiritto Editore, 2021, p. 1456.

[2] Con «amministrazione della giustizia» si intende il potere dello Stato di mantenere, accertare e attuare i diritti dei singoli cittadini. Si registrano due accezioni di tale concetto: in senso oggettivo, essa si differenzia dall’amministrazione pubblica in quanto persegue un obiettivo differente ed autonomo; in senso soggettivo, essa mira ad indicare i soggetti investiti della funzione giudiziaria nonché il prestigio derivante da tale ruolo. Così Garofoli, Compendio di diritto penale. Parte speciale, IX Edizione, Neldiritto Editore, 2021-2022, pp. 172 e 182.

[3] Così Cass., pen., sez. VI, sent. 25 luglio 2017, n. 49740 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 182 ovvero Cass., pen., sez. VI, sent. 28 aprile 2010, n. 21789 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1455.

[4] In tema di reati di pericolo vedasi il recente contributo I reati di pericolo – DirittoConsenso.

[5] Per una più compiuta analisi delle indagini preliminari si rimanda alla lettura dell’articolo pubblicato il 4 gennaio 2021, reperibile al seguente link: Le indagini preliminari e la tutela dell’indagato – DirittoConsenso.

[6] Così Cass., pen., sez. VI, sent. 18 dicembre 2003, n. 48525 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1456.

[7] Vedasi Cass., pen., sez. VI, sent. 8 marzo 2016, n. 13416 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1455.

[8] Così Cass., pen., sez. VI, sent. 27 gennaio 2005, n. 2594 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 185.

[9] Per una disamina dell’istituto della querela: La querela – DirittoConsenso.

[10] Si veda Cass., pen., sez. VI, sent. 14 aprile 2020, n. 12076 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 183.

[11] Il riferimento è alla Cass., pen., sez. VI, sent. 19 settembre 2006, n. 35411 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1458.

[12] Cass., pen., sez. VI, sent. 10 marzo 2008, n. 13654 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1459.

[13] È doveroso sottolineare come l’art. 370 c.p., nel caso in cui la calunnia abbia ad oggetto una contravvenzione, preveda una diminuzione di pena.

[14] Sul punto, infatti, la giurisprudenza ritiene non integrata la fattispecie incriminatrice in esame nel caso in cui la falsa accusa si riferisca a un soggetto non punibile ai sensi dell’art. 649 c.p. Vedasi in proposito la Cass., pen., sez. VI, sent. 16 dicembre 2002, n. 1762 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1464, pronuncia che ha escluso il delitto di cui all’art. 368 c.p. in un caso in cui l’incolpazione di appropriazione indebita era stata formulata nei confronti di un soggetto non punibile in forza dell’art. 649 c.p., trattandosi di coniuge non legalmente separato.

[15] L’amnistia, disciplinata dall’art. 151 c.p., è un provvedimento generale ed astratto, con cui lo Stato rinuncia a punire determinati illeciti penali e può essere propria, allorquando estingua il reato, ovvero impropria, nelle ipotesi in cui estingue la pena dopo l’intervento di una sentenza di condanna. Così Fiandaca – Musco, Diritto penale parte generale, Zanichelli, 2019, pp. 832-833.

[16] Così Cass., pen., sez. VI, sent. 26 febbraio 2016, n. 13030 e, più di recente, Cass., pen., sez. VI, sent. 9 gennaio 2018, n. 335 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 184.

[17] Vedasi Cass., pen., sez. VI, sent. 27 febbraio 2020, n. 13702 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 185.

[18] Cass., pen., sez. VI, sent. 20 giugno 2013, n. 27797 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1460.

[19] Così Cass., pen., sez. VI, sent. 29 gennaio 2009, n. 10972 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1460.

[20] Si veda Cass., pen., sez. VI, sent. 14 dicembre 2016, n. 4112 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1459.

[21] Per approfondire il tema del diritto di difesa dell’indagato e dell’imputato si veda l’articolo pubblicato in data 15 maggio 2021: Il diritto di difesa dell’indagato – DirittoConsenso.

[22] Si ricordi che le cause di giustificazione o scriminanti escludono l’antigiuridicità della condotta in quanto il legislatore opera a monte un bilanciamento tra diversi interessi.

[23] Cass., pen., sez. VI, sent. 20 maggio 2014, n. 39079 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1462.

[24] Vedasi Cass., pen., sez. VI, sent. 2 ottobre 2014, n. 14042 in Garofoli, Codice penale, cit., p. 1463. Nel caso di specie, la Corte Suprema ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva ritenuto scriminato dall’esercizio del diritto di difesa la condotta di un commercialista il quale, accusato di aver prodotto una falsa certificazione agli uffici finanziari al fine di “regolarizzare” la posizione fiscale di un cliente, aveva sostenuto mendacemente in dibattimento di aver ricevuto da quest’ultimo il falso documento.

[25] Così Cass., pen., sez. VI, sent. 10 febbraio 2021, n. 17883 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 188.

[26] Si approfondisca attraverso la lettura del seguente contributo: Il principio di irretroattività nel diritto penale – DirittoConsenso.

[27] Cass., pen., sez. VI, sent. 17 maggio 2018, n. 39981 in Garofoli, Compendio di diritto penale, cit., p. 190.