Cosa si intende per archiviazione di un procedimento penale? In quali casi viene disposta?
La richiesta di archiviazione
Terminata la fase di indagini preliminari[1], il pubblico ministero (pm) deve decidere se chiedere il rinvio a giudizio della persona sottoposta a indagini o l’archiviazione. Quest’ultima rappresenta l’alternativa nei casi in cui:
- la notizia di reato risulti infondata, non essendo stati acquisiti, nel corso delle indagini preliminari, elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio
- sia rimasto ignoto l’autore del reato a seguito dell’attività investigativa, cioè quando non sia stata individuata una persona nei confronti della quale sostenere l’accusa
- risulti mancante una condizione di procedibilità, per esempio nel caso in cui si tratti di un reato procedibile a querela della persona offesa e non sia stata sporta querela
- il reato sia estinto, ad esempio per morte dell’autore
- il fatto non sia previsto dalla legge come reato, ipotesi che si verifica per esempio nel caso in cui sia intervenuta una depenalizzazione in relazione a quella circostanza
- il fatto sia particolarmente tenue, nozione il cui ambito applicativo è circoscritto dall’art. 131 bis c.p. ai reati “per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena”. La tenuità del fatto, che esclude la punibilità, si basa su due requisiti: la tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
In presenza di uno di tali presupposti di fatto o di diritto, il pm, entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini[2], presenterà al giudice per le indagini preliminari richiesta di archiviazione, di cui viene avvisata la persona offesa che ne abbia fatto richiesta, o al suo difensore.
Nel caso in cui si sia indagato in merito a reati commessi con violenza alla persona o per il reato di furto aggravato, l’avviso alla persona offesa viene dato indipendentemente dal fatto che questa ne abbia fatto richiesta, nell’ottica di rafforzare il più possibile la tutela della vittima con riferimento a particolari reati. Sono, inoltre, legittimati a ricevere l’avviso della richiesta di archiviazione i congiunti della persona offesa deceduta in seguito al reato e gli organismi rappresentativi di interessi lesi dal reato stesso.
Opposizione all’archiviazione
Una volta ricevuto avviso della richiesta di archiviazione, alla persona offesa è riconosciuta la facoltà di prendere visione degli atti ed estrarne copia al fine di proporre una motivata opposizione e richiedere la prosecuzione delle indagini.
Tale opposizione deve essere proposta:
- generalmente entro il termine processuale di 20 giorni,
- aumentati a 30 nel caso di delitti commessi con violenza alla persona o di furto con strappo o in abitazione e
- diminuiti a 10 se si tratta di un caso di archiviazione per particolare tenuità del fatto.
Si tratta, in ogni caso, di un termine ordinatorio, il cui mancato rispetto non comporta l’inammissibilità dell’opposizione, dovendo questa comunque essere valutata dal giudice, a meno che quest’ultimo non abbia già emesso un provvedimento di archiviazione.
In pendenza del termine per l’opposizione, questa deve essere presentata presso la segreteria del pm, il quale provvederà a trasmetterla alla cancelleria del giudice insieme alla documentazione relativa alle indagini svolte e ai verbali degli atti già svolti dinanzi al GIP, una volta scaduto il termine andrà invece presentata direttamente in cancelleria.
L’obiettivo dell’opposizione è senz’altro quello di ottenere la disposizione di ulteriori indagini, di cui la persona offesa deve indicare oggetto e relativi elementi di prova a pena di inammissibilità. Secondo la giurisprudenza, infatti, ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione non è sufficiente indicare l’oggetto delle investigazioni suppletive che si richiedono, in quanto l’opposizione potrebbe così essere valutata inammissibile “per difetto di pertinenza o di rilevanza degli elementi di investigazione suppletiva indicati” (Cass. Pen., sez. VI, n. 44878/2017); a questo proposito, sempre la giurisprudenza specifica che per pertinenza si intende “l’inerenza alla notizia di reato”, e per rilevanza “l’idoneità della investigazione proposta a incidere sulle risultanze dell’attività compiuta dal pubblico ministero” (Cass. Penale, sez. V, n. 50085/2017).
I possibili epiloghi sono:
- nel caso in cui l’opposizione sia ritenuta inammissibile e la notizia di reato infondata, il giudice emette decreto motivato di archiviazione e restituisce gli atti al pm;
- nel caso in cui invece accolga l’opposizione, il giudice fissa udienza in camera di consiglio, di cui viene dato avviso a pm, persona sottoposta a indagini, persona offesa e procuratore generale. All’esito di tale udienza, sarà il giudice a decidere se disporre l’archiviazione del procedimento tramite ordinanza, ordinare lo svolgimento di indagini suppletive, prevedendo anche un termine per il loro compimento, o imporre l’esercizio dell’azione penale entro 10 giorni.
I provvedimenti del giudice
Al di fuori dei casi in cui viene presentata opposizione, il giudice a cui venga presentata richiesta di archiviazione, se la ritiene fondata, accoglierà la stessa con decreto motivato, restituendo gli atti al pm. Tale decreto verrà notificato alla persona sottoposta a indagini cui era stata applicata la misura di custodia cautelare, al fine di una eventuale richiesta di riparazione per ingiusta detenzione[3].
Nel caso in cui, invece, il giudice decida di non accogliere la richiesta, allora fisserà entro tre mesi una udienza in camera di consiglio, dandone avviso al pm, persona sottoposta a indagini, persona offesa e procuratore generale, con la previsione per gli interessati di presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza, di prendere visione ed estrarre copia degli atti, nonché di essere sentiti in udienza. All’esito di tale udienza, il giudice deciderà se siano necessarie ulteriori indagini, indicando al pm un termine per il compimento, disporrà l’archiviazione o che il pm formuli l’imputazione entro dieci giorni, fissando poi a quel punto la data di udienza preliminare.
Il reclamo ai sensi dell’art. 410 bis
La L. 103/2017, tramite l’art. 410 bis c.p.p., ha introdotto l’istituto del reclamo, forma di controllo di legalità del provvedimento di archiviazione sostitutivo del ricorso per cassazione previsto in precedenza dall’art. 409 co. 6 e contestualmente abrogato.
L’articolo prevede espressamente le ipotesi in cui il decreto di archiviazione è nullo, e la possibilità che l’interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, proponga reclamo dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, competente a decidere con ordinanza non impugnabile se
- accogliere il reclamo e quindi annullare il provvedimento, ordinando la restituzione degli atti al giudice che lo ha emesso
- confermare il provvedimento, condannando la parte che ha proposto reclamo al pagamento delle spese del procedimento
- dichiarare l’inammissibilità del reclamo, prevedendo sempre la condanna di cui sopra per la parte reclamante.
Le novità della riforma Cartabia
Il recente intervento legislativo attuato con il D.Lgs 10 ottobre 2022, n.150, la Riforma Cartabia[4], ha introdotto significative novità ai codici penale e di procedura penale, riformandone diversi aspetti. L’entrata in vigore, inizialmente prevista per il 01/11/2022, con il D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 è stata differita al 30/12/2022.
La riforma prevede la modifica della regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione: il pm dovrà chiedere l’archiviazione “quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna”, una regola che si sostituirà a quella attuale fondata sulla inidoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa in giudizio. In quest’ottica il pm porterà l’indagato davanti al giudice solo se riterrà che ragionevolmente, allo stato degli atti, il giudice pronuncerebbe una sentenza di condanna.
La ratio sottostante è quella di rendere più rigoroso il filtro all’esito delle indagini preliminari, per evitare che siano portati alla fase processuale procedimenti non ben istruiti, con un conseguente dispendio di tempo ed energie, oltre che di danni per gli imputati.
Informazioni
Conso-Grevi-Bargis, Compendio di procedura penale, decima edizione.
Codice di procedura penale.
D. Lgs 10 ottobre 2022 n.150 (Riforma Cartabia).
Cass. Pen., Sez. VI, n. 44878/2017.
Cass. Penale, sez. V, n. 50085/2017.
[1] Per un approfondimento sulle indagini preliminari: https://www.dirittoconsenso.it/2021/01/04/indagini-preliminari-e-tutela-indagato/ e sulla loro durata: https://www.dirittoconsenso.it/2021/06/25/la-durata-delle-indagini-preliminari/
[2] Termine prorogabile per non più di tre mesi dal procuratore generale presso la Corte d’Appello, con decreto motivato e su richiesta del pm.
[3] Per un approfondimento sulla riparazione per ingiusta detenzione: https://www.dirittoconsenso.it/2021/01/25/riparazione-per-ingiusta-detenzione/
[4] Per un approfondimento sulla Riforma Cartabia: https://www.dirittoconsenso.it/2022/01/25/riforma-cartabia-del-processo-penale-e-del-processo-civile/

Giulia Rovati
Ciao, sono Giulia. Alle spalle una laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Pavia con una tesi in diritto pubblico comparato, attualmente svolgo la pratica forense occupandomi di diritto civile e di famiglia. Da sempre scrivo tanto, ovunque e di tutto: con DirittoConsenso voglio unire questa mia passione a quella per il mondo del diritto.