Cosa si intende per mantenimento dei figli, quando viene erogato e quali sono le spese comprese in esso?

 

Introduzione

L’obbligo al mantenimento dei figli è contenuto innanzitutto dall’articolo 30 della Costituzione, secondo cui “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio […]”, e viene disciplinato poi in modo dettagliato dal codice civile, all’interno del quale:

  • l’art. 315 bis dispone il diritto dei figli a essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti moralmente dai genitori nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni;
  • l’art. 316 bis stabilisce che i genitori debbano adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive capacità e che, qualora non abbiano mezzi sufficienti, saranno gli ascendenti a dover fornire loro i mezzi necessari per adempiere a tali doveri;
  • l’art. 337 ter prevede che il giudice, nell’adottare provvedimenti relativi alla prole, lo faccia con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Dispone, inoltre, che il giudice stabilisca la misura e il modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento: ogni genitore provvederà in misura proporzionale al proprio reddito, e sarà compito del giudice fissare la corresponsione di un assegno periodico che rispetti il principio di proporzionalità;
  • l’art. 337 septies prevede che il giudice possa disporre per i figli maggiorenni non economicamente indipendenti il pagamento di un assegno periodico versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave vengono invece applicate integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.

 

Nemmeno la decadenza dalla responsabilità genitoriale[1] fa venir meno il proprio dovere assistenza nei confronti dei figli: in queste ipotesi la giurisprudenza prevede infatti che il genitore dichiarato decaduto, pur non esercitando più la responsabilità genitoriale, resti gravato dal suo obbligo assistenziale[2].

 

Il contributo al mantenimento

In caso di separazione e divorzio dei genitori[3], viene fissato l’importo forfettizzato che un genitore dovrà corrispondere al genitore collocatario, cioè quello con cui i minori vivono prevalentemente, e lo stesso avviene in sede di regolamentazione delle responsabilità genitoriali nel caso di figli nati fuori dal matrimonio[4]. In entrambi i casi, la cifra dovuta viene calcolata in base alle capacità economiche dei genitori, cioè in base al loro reddito.

Il mantenimento presenta alcune particolari caratteristiche:

  • è un diritto indisponibile, a cui non si può rinunciare;
  • è impignorabile, cioè non può mai essere pignorato dai creditori;
  • non è compensabile, quindi non è possibile omettere di versare il mantenimento per compensare eventuali crediti che un genitore vanta nei confronti dell’altro;
  • è un versamento irripetibile, quindi l’importo corrisposto non può essere restituito:
  • non è tassabile.

 

Nell’ipotesi in cui venga stabilito un collocamento paritario dei figli, che trascorreranno quindi lo stesso tempo con entrambi i genitori, sarà previsto invece un mantenimento diretto, e ciascun genitore provvederà personalmente alle spese da sostenere quando i bambini sono con lui.

L’importo fissato a titolo di mantenimento copre le spese ordinarie, cioè tutte quelle spese inerenti alla vita quotidiane.

Restano escluse, invece, le spese cosiddette straordinarie, stabilite in appositi elenchi previsti da ciascun Tribunale: si tratta di spese dal carattere eccezionale che devono essere concordate da entrambi i genitori e divise in misura percentuale tra essi. Nella maggior parte dei casi le spese straordinarie sono sostenute al 50% da entrambi, ma possono essere previste percentuali diverse a seconda di quanto pattuito dalle parti stesse o dal giudice.

 

Il mantenimento dei figli maggiorenni

Mentre l’obbligo di mantenimento dei figli minori è pacifico, possono sorgere dubbi in merito al mantenimento dei figli una volta che questi diventino maggiorenni.

La giurisprudenza è tornata più volte su questo aspetto, sostenendo che l’obbligo al mantenimento non venga meno al compimento della maggiore età, ma continui a sussistere fin quando i figli non riescano a raggiungere l’indipendenza economica, pur essendosi adoperati per farlo.

A questo proposito, tra le altre, l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 38366/2021 enuncia il principio di diritto secondo cui “l’obbligo di mantenere i figli non viene meno con il carattere di automaticità quando costoro abbiano raggiunto la maggiore età, ma si può protrarre oltre, nel caso in cui questi figli, senza colpa, siano ancora dipendenti dai genitori, in particolare nel caso in cui, ultimato il prescelto percorso formativo scolasticoil figlio dimostri, con onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente”.

L’onere probatorio cade quindi proprio sui figli, che dovranno dimostrare di essere senza colpa nel non essere ancora indipendenti, e di essersi al contrario impegnati attivamente per trovare un’occupazione.

Questo non significa che l’obbligo di mantenimento si possa protrarre all’infinito: è infatti recentissima una pronuncia della Corte di Cassazione secondo cui “il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni[5].

In questo caso la Corte ha accolto il ricorso di un padre che si opponeva all’obbligo di mantenere una figlia ormai più che quarantenne, stabilendo che, con l’avanzare dell’età, la mancata occupazione del figlio non possa più essere un elemento da considerare ai fini del mantenimento.

 

L’inadempimento

In caso di omesso versamento del contributo al mantenimento, il genitore avente diritto ha la possibilità di agire nei confronti di quello inadempiente per il recupero delle somme dovute.

Ciò può avvenire tramite un’azione esecutiva, che permette di pignorare i beni del genitore per poter così soddisfare il diritto dei figli.

Ma non solo.

Per il genitore inadempiente possono esservi anche conseguenze penali, infatti laviolazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio” costituisce un reato ai sensi dell’art. 570 bis c.p., il cui obiettivo è quello di punire il genitore che si sottrae al suo obbligo di corrispondere l’importo dovuto per il mantenimento.

Informazioni

Costituzione italiana

Codice civile

Codice penale

Cass. n. 22678/2010

Cass. n. 38366/2021

Cass. n. 358/2023

[1] Disciplinata dall’art. 330 c.c.

[2] Cass. n. 22678/2010.

[3] Per un approfondimento su separazione e divorzio: Separazione e divorzio in Italia – DirittoConsenso.

[4] Per un approfondimento sulla convivenza more uxorio: La convivenza more uxorio – DirittoConsenso.

[5] Cass. n. 358/2023.