I nuovi progetti per lo sfruttamento delle risorse spaziali da parte di imprese private pongono nuove sfide al diritto internazionale
I progetti privati per lo sfruttamento delle risorse spaziali
Dopo più di mezzo secolo dall’avvio delle attività di esplorazione dello spazio, gli Stati si trovano a confrontarsi con un profondo cambiamento geopolitico dovuto in larga misura alla ridefinizione globale degli equilibri di potere, a cui si affianca l’ascesa di nuovi attori privati nella catena di approvvigionamento dell’industria spaziale o newspace economy[1]. Di fatto, pur essendo lo spazio tradizionalmente un campo di mera azione governativa, gli ultimi due decenni hanno visto un coinvolgimento sempre più consolidato di soggetti privati, i cui ricavi dalla nuova economia spaziale hanno raggiunto la cifra di 424 miliardi di dollari solo nel 2019[2].
Tale cambio di paradigma è stato indubbiamente favorito da un’ampia serie di progressi in ambito tecnologico e, analogamente, dall’evoluzione delle applicazioni dell’intelligenza artificiale, che hanno consentito lo sviluppo di nuove attività economiche spesso slegate dai primi investimenti in infrastrutture, nonché da il coinvolgimento di soggetti privati (seppur inizialmente sotto il controllo della NASA e dell’Agenzia Spaziale Europea) nella progettazione di velivoli di lancio in grado di ridurre sensibilmente tempi e costi di produzione[3]. Ne è un esempio il lancio del primo razzo parzialmente riutilizzabile Falcon Heavy dell’azienda Space X il 6 febbraio 2018 dal Cape Canaveral Launch Complex 39 in Florida, prova del successo del “giga-capitalista” Elon Musk nell’integrazione di più componenti riutilizzabili e nella fornitura di capacità di sollevamento significativamente più elevate rispetto ai più potenti razzi attualmente in servizio, tra cui il Delta IV Heavy della United Launch Alliance[4].
Emerge pertanto come un nuovo gruppo di società private guidate da imprenditori carismatici che agiscono come agenti di trasformazione stia aprendo la strada a un nuovo assetto politico ed economico nello spazio ed in particolare sui corpi celesti, recentemente divenuti oggetto di progetti privati di sfruttamento delle risorse spaziali, inclusi metalli e terre rare che generalmente sono presenti sulla Terra con una concentrazione molto ridotta[5].
La compatibilità con il diritto internazionale dello spazio
Se l’avvento dei capitalisti spaziali nasconde un evidente obiettivo strategico di acquisizione di vantaggi competitivi attraverso il posizionamento in una nicchia di mercato molto promettente in termini di profitto, i piani di sfruttamento delle risorse spaziali (seppur ancora puramente ipotetici ma di non lontana realizzazione) al vaglio di imprese private – le statunitensi Deep Space Industries e Planetary Resources Inc. in primis – presentano inevitabili ripercussioni anche nell’ambito del diritto internazionale dello spazio[6].
Ciò apre inevitabilmente alla questione della possibilità che la commercializzazione dello spazio e l’estrazione di risorse minerarie dalla Luna e dai corpi celesti da parte di imprese private possa essere ritenuta compatibile con le attuali disposizioni dei principali trattati vigenti in materia.
Precisamente, il riferimento è al divieto di appropriazione e di rivendicazione di sovranità sancito dall’art. II del Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967 (Outer Space Treaty).
L’art. II dell’Outer Space Treaty
Il già menzionato art. II del Trattato sullo spazio extra-atmosferico proibisce espressamente l’appropriazione nazionale mediante “rivendicazioni di sovranità, uso o occupazione, o con qualsiasi altro mezzo”[7]. Qualsiasi rivendicazione nazionale di proprietà o sovranità è dunque da considerarsi nulla dal punto di vista giuridico, in virtù dell’assenza di sovranità territoriale nello spazio, così come sulla Luna e altri corpi celesti.
Lette in combinazione con l’art. I del medesimo Trattato, che disciplina il libero uso e accesso allo spazio, le norme codificate nell’art. II sottolineano il carattere di res communis omnium dello spazio, che gli Stati fin dall’inizio hanno deciso di considerare insuscettibile di rivendicazioni di appropriazione e sovranità per il più ampio obiettivo di assicurare uno svolgimento sicuro, pacifico e ordinato delle attività spaziali.
Peraltro, la migliore dottrina[8] ha riconosciuto che i principi di non appropriazione e di libertà di fruizione dello spazio extra-atmosferico a beneficio di tutta l’umanità equivalgono a regole strutturali del diritto internazionale, in quanto poste a fondamento dell’intera architettura del diritto spaziale sin dall’inizio delle negoziazioni. Il principio di non appropriazione costituisce il fondamento del principio di libera esplorazione, poiché la possibilità di esercitare diritti sovrani esclusivi a favore di alcuni Stati ridurrebbe o ostacolerebbe del tutto il godimento della stessa libertà a discapito di altre nazioni[9].
In generale, vale quindi la pena notare che per il momento l’Outer Space Treaty non consente che lo spazio extra-atmosferico e i corpi celesti diventino oggetto di appropriazione nazionale da parte degli Stati. Tuttavia, a causa della mancanza di un divieto esplicito, non è chiaro se le stesse disposizioni valgano anche per le società private, che svolgono indubbiamente un ruolo di primo piano nel settore spaziale e, come indicato, hanno al vaglio piani per lo sfruttamento delle risorse spaziali ed in particolare della Luna.
L’Outer Space Treaty e le entità private
Nessun riferimento all'”uso commerciale” né allo “sfruttamento delle risorse spaziali” sembra essere presente nel testo del Trattato sullo spazio extra-atmosferico, che tuttavia contiene solo un riferimento indiretto alle società private includendole tra gli “attori non statali” menzionati all’articolo VI[10]. Nello specifico, il linguaggio dell’articolo VI postula che gli Stati parte debbano assumersi la responsabilità internazionale per le attività svolte nello spazio da agenzie nazionali governative e non governative. Inoltre, l’articolo VI richiede esplicitamente l’autorizzazione dello Stato e la supervisione continua delle attività degli attori non governativi, al fine di garantire che tali attività siano svolte in conformità con le disposizioni del Trattato.
Di particolare rilevanza è il fatto che gli Stati parte sono tenuti per legge ad assumersi la responsabilità internazionale per le attività svolte nello spazio da entità private costituite secondo le proprie legislazioni nazionali, fattispecie piuttosto rara nel diritto internazionale in quanto ciò richiede normalmente l’esistenza di un forte legame tra il governo e l’ente privato (ad esempio, l’esercizio di un controllo effettivo sull’attività dell’impresa)[11]. Allo stesso tempo, va considerato che, all’epoca dei negoziati, lo stesso scopo del Trattato sullo spazio extra-atmosferico era limitato alla creazione di una base normativa a partire dalla quale sarebbe stato poi possibile elaborare regole più specifiche, quando la materia gradualmente avrebbe iniziato ad evolversi. In questo contesto, al momento della stesura del Trattato non si fece dunque menzione dello sfruttamento commerciale delle risorse spaziali: ciò è probabilmente attribuibile anche alla posizione inflessibile dell’Unione Sovietica, che, in linea con l’ideologia politica comunista, si è a più riprese espressa contro il coinvolgimento di attori commerciali privati nello spazio[12].
Il Moon Treaty e le risorse lunari
Con la Risoluzione 34/68 del 12 maggio 1979, l’Assemblea Generale ha adottato l’Accordo che disciplina le attività degli Stati sulla Luna e altri corpi celesti (Moon Treaty). Elaborato nell’ambito del Sottocomitato Legale del COPUOS, ha iniziato ufficialmente a produrre effetti legali nel giugno 1984 con la ratifica dell’Austria.
L’Accordo ribadisce essenzialmente molte delle disposizioni sancite nel Trattato sullo spazio extra-atmosferico precedentemente adottato, sebbene consideri specificamente la loro applicazione alla Luna e ad altri corpi celesti[13].
Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse spaziali sulla Luna e sui corpi celesti, in continuità con le disposizioni dell’Outer Space Treaty, l’articolo 11(2) del Moon Treaty afferma che:
“la Luna non è soggetta ad appropriazione nazionale da qualsiasi rivendicazione di sovranità, mediante uso o occupazione, o con qualsiasi altro mezzo”, ribadendo nel paragrafo successivo che “né la superficie né il sottosuolo della luna, né alcuna parte di essa o le risorse naturali esistenti, diventeranno proprietà di qualsiasi Stato, organizzazione internazionale intergovernativa o non governativa, organizzazione nazionale o entità non governativa o di qualsiasi persona fisica”[14].
Tuttavia, la formulazione “risorse naturali in loco” solleva la questione della possibilità che la proprietà delle stesse risorse possa essere consentita dal momento in cui queste saranno estratte previa opportuna autorizzazione e vigilanza da parte di uno Stato parte.
Una risposta adeguata a questa domanda richiederebbe tuttavia la considerazione che, a differenza degli altri Trattati che regolano le attività umane nello spazio, l’Accordo sulla Luna non è riuscito a raccogliere il sostegno degli Stati membri delle Nazioni Unite. Infatti, al mese di gennaio 2023 solo 18 Paesi hanno ratificato l’Accordo, con l’esclusione delle principali potenze spaziali di Stati Uniti, Federazione Russa e Cina.
Il motivo più evidente alla base dell’esitazione manifestata dalla maggior parte degli Stati vi sia la qualificazione giuridica della Luna e degli altri corpi celesti come patrimonio comune dell’umanità, che differisce profondamente dal regime giuridico del res communis omnium codificato nell’ Outer Space Treaty. Più precisamente, l’art. 11(1) del Moon Agreement afferma che “la Luna e le sue risorse naturali sono patrimonio comune dell’umanità”, caratterizzando così il loro utilizzo a beneficio dell’intera umanità e attraverso la creazione di un’apposita organizzazione internazionale incaricata di amministrare le risorse per conto dell’intera comunità internazionale, la cui piena istituzione è stata tuttavia rinviata a un momento futuro in cui lo sfruttamento in questione sarebbe divenuto fattibile.
Verso un nuovo regime per lo sfruttamento delle risorse spaziali?
Le interpretazioni dottrinarie contrastanti delle disposizioni dell’ Outer Space Treaty rispetto al principio di non appropriazione e la pressione esercitata dalle società private a favore della possibilità di sfruttare ed estrarre risorse minerarie dalla Luna e da altri corpi celesti pongono in luce una difficoltà del diritto internazionale dello spazio nell’adattamento all’evoluzione delle attività private di space mining, aprendo così al rischio di frammentazione per l’assenza di un’interpretazione ufficiale e comunemente condivisa dell’estensione delle libertà e dei divieti contenuti nel Trattato sullo spazio extra-atmosferico anche alle società private.
A questo proposito, per fronteggiare il diffondersi di interpretazioni unilaterali attraverso l’emanazione di singole legislazioni nazionali che regolano lo sfruttamento privato delle risorse minerarie spaziali, lo scorso dicembre 2014 è stato costituito all’Aia lo Space Resources Governance Working Group[15], con il compito di affrontare le attuali incertezze giuridiche in materia di sfruttamento delle risorse spaziali. Composto da singoli esperti, rappresentanti di aziende private, istituzioni e governi nazionali in qualità di osservatori, il Gruppo si riunisce al fine di valutare se sia attualmente necessario un quadro normativo per le attività relative alle risorse spaziali e, in caso di risposta positiva, individuare gli elementi fondamentali di un quadro giuridico internazionale comune.
In questa prospettiva, a tre anni dall’inizio delle consultazioni, il gruppo di lavoro ha potuto presentare una bozza di documento contenente una serie di principi per lo sviluppo delle risorse nello spazio, accettata per la pubblicazione nel 2019 con l’etichetta di Building Blocks for the Development of an International Framework for the Governance of Space Resource Activities[16].
Al contempo, nel 2016 il sottocomitato legale COPUOS ha incluso lo sfruttamento delle risorse spaziali come argomento di discussione all’interno della propria agenda, e nel quinquennio successivo è stato istituito un gruppo di lavoro dedicato all’investigazione degli aspetti legali delle attività di sfruttamento delle risorse spaziali, contribuendo così a progressi significativi verso una comprensione comune e ampiamente condivisa di uno degli argomenti più controversi nello spazio[17].
Se un nuovo regime giuridico internazionale si svilupperà negli anni a venire, ciò che sembra essere plausibile sarà una crescente considerazione delle iniziative dei singoli Stati per la regolamentazione dell’estrazione di risorse minerarie nello spazio.
In questa direzione, l’adozione di un approccio “dal basso” per l’individuazione di un futuro regime normativo dovrebbe senza dubbio tenere conto degli atti legislativi recentemente emanati da Stati Uniti e Lussemburgo, nonché dei piani degli Emirati Arabi Uniti per un’ampia legislazione nazionale che favorisce un ambiente commerciale competitivo per le società private alla ricerca di risorse spaziali.
Informazioni
Inserisci qui la bibliografia
[1] Valentina Chabert, Il capitalismo nello spazio. Le entità private come nuova potenza spaziale, Diplomacy. Strategic Approach To Global Affairs, 1, 2022.
[2] ISPI, The Evolution of Space Economy: The Role of the Private Sector and the Challenges for Europe, 2020. Disponibile al link: https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/evolution-space-economy-role-private-sector-and-challenges-europe-28604
[3] Scott W. Anderson et. al., The development of natural resources in outer space, Journal Of Energy & Natural Resources Law, 2018.
[4] Space X, Falcon Heavy (2018). Disponibile al link: https://www.spacex.com/vehicles/falcon-heavy/.
[5] Valentina Chabert, L’avvento delle entità private nello spazio. DirittoConsenso, 23 gennaio 2023. Disponibile al link:https://www.dirittoconsenso.it/2023/01/23/lavvento-delle-entita-private-nello-spazio/.
[6] Fabio Tronchetti, The exploitation of Natural Resources of the Moon and other celestial bodies: a proposal for a legal regime, Studies in Space Law, 2009.
[7] Outer Space Treaty, art. II.
[8] Frans G. Von der Dunk, Private Property Rights and the Public Interest in Exploration of Outer Space, Space, Cyber And Telecommunications Law Program Faculty Publications, 2018.
[9] Grazia Sanna, New space economy, ambiente, sviluppo sostenibile. Premesse al Diritto Aerospaziale dell’Economia. G. Giappichelli Editore, 2021.
[10] Outer Space Treaty, art VI.
[11] Sergio Marchisio, The Law Of Outer Space Activities, Edizioni Nuova Cultura, 2022, p. 89.
[12] Paul G. Dembling, Daniel M. Arons, The evolution of the Outer Space Treaty, Journal Of Air Law And Commerce, 1967, pp. 419-456.
[13] Valentina Chabert, Il Moon Treaty. DirittoConsenso, 15 dicembre 2022. Disponibile al link: https://www.dirittoconsenso.it/2022/12/15/il-moon-treaty/.
[14] Moon Agreement, art. 11.
[15] International Institutte of Air and Space Law, The Hague International Space Resources Governance Working Group, 2014. https://www.universiteitleiden.nl/en/law/institute-of-public-law/institute-of-air-space-law/the-hague-space-resources-governance-working-group
[16] The Hague Space Resources Governance Working Group, Building Blocks for the Development of an International Framework for the Governance of Space Resource Activities, 2019. Disponibile al link: https://www.universiteitleiden.nl/binaries/content/assets/rechtsgeleerdheid/instituut-voor-publiekrecht/lucht–en-ruimterecht/space-resources/bb-thissrwg–cover.pdf.
[17] UNOOSA, Working Group on Legal Aspects of Space Resource Activities, 2021.Disponibile al link: https://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/copuos/lsc/space-resources/index.html.

Valentina Chabert
Ciao, sono Valentina. Mi sono recentemente laureata in Relazioni Internazionali Comparate presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Sto attualmente svolgendo un tirocinio presso la Rappresentanza Italiana del Consiglio d’Europa e studio giornalismo geopolitico presso l’Eastwest European Institute di Roma. Nel mio percorso di studi ho sviluppato un vivo interesse per il diritto internazionale, in particolare per il diritto internazionale dell’ambiente, la sicurezza cibernetica e gli aspetti giuridici legati alle criptovalute.