Perché compiere un sequestro di un’opera d’arte a scopo di estorsione? L’artnapping: un’attività tanto lucrativa quanto rischiosa
Cos’è l’artnapping?
Un fenomeno poco noto del traffico illecito dei beni culturali[1] è l’artnapping, termine inglese nato dall’unione di art e kidnapping, arte e sequestro. È facile immaginare che si tratta di una pratica illegale ma è bene precisare come funziona.
L’attività consiste nel rubare un’opera d’arte da un museo o da un individuo, con l’obiettivo di restituirla dopo del tempo fino al momento in cui il proprietario, il museo o la galleria decida di pagare, di riscattare. Se possibile si evita il coinvolgimento della polizia.
Le caratteristiche dell’artnapping sono sostanzialmente due:
- Attraverso tale pratica il ladro evita di dover cercare un ricevitore o un acquirente (cosa difficile da realizzare in quanto le opere rubate sono elencate e la loro ricomparsa monitorata). La compagnia assicurativa del proprietario ha interesse a pagare il riscatto se il suo importo è inferiore al valore dell’opera che dovrebbe pagare al proprietario in caso contrario.
- Si mantiene il più a lungo possibile l’anonimato ed il silenzio che il furto sia avvenuto per evitare la distruzione dell’opera (minaccia questa sempre resa palese dal ladro).
Casi di artnapping: Zurigo, Rotterdam, Dresda e Urbino
Entriamo in dettaglio nel fenomeno e proviamo a capire se si possa parlare di artnapping riportando alcuni casi:
- A seguito di un brutale assalto nel febbraio 2008 al Stiftung Sammlung Bührle di Zurigo vennero rubati capolavori di Cézanne, Van Gogh, Monet e Degas. Per parecchio tempo non si seppe niente: poi nel 2012 venne sequestrato a Belgrado Il ragazzo con il panciotto di Cézanne. Poi il ritratto del Comte Lepic e le due figlie di Degas venne ritrovato e riportato al museo. Non si sa se per il ritrovamento sia stata pagata una ricompensa o un riscatto. Il valore stimato di tutti i quadri è di 180 milioni di dollari.
- Nel 2012 al Kunsthal di Rotterdam vennero rubati sette dipinti, di Freud, Gauguin, de Haan, Matisse, Monet e Picasso. Di proprietà della famiglia di imprenditori olandesi Cordia, si scoprì che i quadri erano probabilmente in direzione dei Balcani. Ma qui si consuma un danno gravissimo: pare che la madre del principale indagato abbia bruciato le opere per paura che si potesse dimostrare la colpevolezza del figlio ma dalle analisi della cenere nella stufa non viene rilevato alcunché[2]. Conclusione: a febbraio del 2013 un consorzio assicurativo ha dovuto pagare 18,1 milioni di dollari per rifondere la perdita dei quadri.
- Il colpo al Grünes Gewölbe del Castello di Dresda nel novembre 2019: dopo essere riusciti a crearsi un’apertura attraverso una finestra i ladri hanno attraversato alcune stanze del museo per colpire i gioielli più pregiati della collezione della famiglia reale sassone e a fuggire con un tesoro stimato di circa 113 milioni di euro[3]. Le autorità hanno cercato sin da subito di rintracciare i ladri facendo una semplice offerta: restituire i tesori rubati per poter avere qualche vantaggio. Dopo lunghe indagini la polizia tedesca ha arrestato 6 persone già note nel mondo dei furti di beni culturali ed è al momento in corso il processo durante il quale, bisogna precisare, gli indagati hanno solo in parte reso noto dove fossero i gioielli ma all’appello mancherebbe un diamante di 49 carati[4].
- A Palazzo Ducale a Urbino nel 1975 vengono rubati la Flagellazione, la Madonna di Senigallia e La Muta. I primi due sono di Piero della Francesca, il terzo è di Raffaello Sanzio. La notte tra il 5 ed il 6 febbraio i ladri entrarono nella pinacoteca che tutto aveva tranne che misure di sicurezza e personale adeguato. Rimossero i quadri abbandonando quando uscirono dal museo le cornici in cortile. Il caso fece grande scalpore tanto da essere stato chiamato “furto del secolo” e se ne interessò l’onorevole Giovanni Spadolini che pochi mesi prima aveva creato il Ministero dei Beni Culturali[5]. Ma i tesori rubati erano beni troppo preziosi e noti: così i ladri pensarono al riscatto. Dei 3 miliardi di lire richiesti in prima battuta, la trattiva scese per un riscatto di 250 milioni di lire. Ma i ladri alla fine – 5 in totale – furono arrestati ed i quadri recuperati a Locarno, Svizzera all’albergo Muralto, nella stanza 116. Probabilmente presi alle strette i ladri avrebbero distrutto i capolavori. Quanto accaduto può essere considerato il vero evento che ha portato alla diffusione in Italia dell’importanza della difesa del patrimonio culturale.
Il caso del Goya che ritrae il Duca di Wellington: quando l’artnapping finisce in un James Bond
Il caso più incredibile di artnapping riguarda il furto del ritratto del Duca di Wellington dipinto da Francisco Goya nel 1812.
L’opera fu rubata da Kempton Bunton. Questi entrò nella National Gallery di Londra il 21 agosto 1961 attraverso la finestra lasciata aperta di una toilette. Rubò il quadro ma poco dopo si costituì: Bunton dichiarò che non aveva alcuna intenzione di distruggerlo o di rivenderlo ma che il suo gesto fosse solamente politico. Sua intenzione era infatti di creare un fondo che sarebbe servito per pagare il canone televisivo di persone bisognose. Subì una condanna di tre mesi di detenzione per il furto della cornice distrutta e non fu possibile dimostrare che avesse mai avuto intenzione di tenersi il dipinto.
Del quadro però nessuna traccia. Solamente nel 1965, il 5 maggio un uomo consegnò un pacchetto ben legato e con la dicitura “Fragile – Maneggiare con cura” presso il deposito bagagli della stazione di New Street di Birmingham. Pagò il deposito e ricevette lo scontrino bagagli. Per sedici giorni il pacco rimase lì. Il 21 maggio la redazione del quotidiano Daily Mirror ricevette una lettera che conteneva informazioni del dipinto e lo scontrino della stazione di Birmingham. La polizia fu allertata e accorse al deposito bagagli: trovarono il ritratto del Duca di Wellington e pochi giorni dopo fu di nuovo appeso presso la National Gallery a Trafalgar Square.
All’epoca la vicenda causò talmente scalpore che quando il dipinto risultava scomparso il gruppo autoriale del primo James Bond scelse di far vedere che fosse stato l’antagonista, il Dottor No, ad aver escogitato il furto: il dipinto era posizionato e ben visibile su un cavalletto ai piedi della scalinata nella centrale di comando sotterranea. In questo modo il pubblico del film non solamente si ritrovava davanti ad un nemico televisivo ma anche ad una persona pericolosa che colpisse l’arte e la bellezza perché aveva escogitato il piano: un connubio che rendeva meno affascinanti i ladri di tesori nazionali.
Alcune considerazioni per concludere
Propongo alcune considerazioni che derivano dalla conclusione di casi di artnapping. A fronte di restituzioni o ritrovamenti di beni di inestimabile valore ci sono dei punti delicati:
- In primo luogo il mantenimento di misure di sicurezza per i musei. Fin ad ora ad esempio abbiamo citato casi avvenuti in musei importanti in cui le misure di sicurezza, magari imprecise e da rivedere ma in cui non mancano i fondi per sopperire alle mancanze. La faccenda si complica quando ciò avviene per i musei di modeste dimensioni, con un personale poco qualificato e/o sprovvisto di misure di sicurezza;
- Poi c’è la percezione del fenomeno: piegarsi alle richieste dei criminali dà il senso di sconfitta perché la criminalità in questo modo ottiene esattamente ciò che vuole; questo problema può favorire l’aumento dei casi di artnapping e questo non è contemplabile se si vuole tutelare seriamente il patrimonio culturale[6];
- E aggiungiamo il fattore tempo: più tempo passa dal furto e tendenzialmente maggiori sono le possibilità che il bene rubato possa essere rivenduto aumentando le possibilità che il bene possa essere ritenuto “disperso”. Non è un caso infatti che a volte beni rubati ricompaiano anni dopo presso mostre, case d’asta o presso collezioni private.
- C’è poi la questione delle forze a disposizione e di quanto sia seria la lotta al fenomeno del traffico illecito nei singoli Stati: per citare solo una questione, la mancanza di una specifica forza di polizia per la lotta ai reati contro il patrimonio è un punto a favore per i criminali.
Informazioni
Stefan Koldehoff, Tobias Timm, Art&Crime, Furti, plagi e misfatti nella storia dell’arte, 24ORE Cultura, Milano, 2020.
[1] Per approfondire l’argomento invito a leggere: Il traffico illecito di beni culturali – DirittoConsenso.
[2] The Romanian Connection: The Kunsthal Rotterdam Heist – Criminal Element.
[3] Bisogna sempre precisare che si tratta di stime perché i beni culturali non hanno un valore economico fisso o prestabilito.
[4] Police Seized Dozens of Treasures Stolen in Dresden’s $119 Million Green Vault Heist—But a 49-Carat Diamond Remains Missing | Artnet News.
[5] Istituito con il Decreto Legge del 14 dicembre 1974 n. 625, convertito in Legge il 29 gennaio 1975 n. 5.
[6] Artnapping: Should Museums Pay The Ransom Or Lose The Art? – Artlyst

Lorenzo Venezia
Ciao, sono Lorenzo. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con una tesi sul recupero dei beni culturali nel diritto internazionale e sul ruolo dell'INTERPOL e con il master "Cultural property protection in crisis response" all'Università degli Studi di Torino, sono interessato ai temi della tutela dei beni culturali nel diritto internazionale, del traffico illecito di beni culturali e dei fenomeni di criminalità organizzata e transnazionale.