Il patrimonio culturale immateriale italiano riconosciuto a livello internazionale: esempi e spiegazione del concetto sottostante al riconoscimento internazionale

 

Il concetto di intangible cultural heritage: l’articolo 2 della Convenzione UNESCO del 2003

Partiamo da questo: cosa significa “patrimonio culturale immateriale”? Con questa espressione si intendono le pratiche, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, le abilità – così come gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali ad esse associati – che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli individui riconoscono come parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce loro un senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana.

Questa espressione deriva dall’articolo 2 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, semplicemente nota come Convenzione UNESCO del 2003. Tale Convenzione ha riconosciuto per la prima volta nel diritto internazionale il concetto di patrimonio culturale immateriale. E sempre all’articolo 2 precisa che tale patrimonio culturale immateriale[1] si manifesta nei seguenti ambiti:

  • tradizioni ed espressioni orali, compresa la lingua come veicolo del patrimonio culturale immateriale;
  • arti dello spettacolo;
  • pratiche sociali, rituali ed eventi festivi;
  • le conoscenze e le pratiche relative alla natura e all’universo;
  • l’artigianato tradizionale.

 

Fatta questa premessa, possiamo ora passare al patrimonio culturale immateriale italiano e alle forme presenti esclusivamente in Italia.

 

Il patrimonio culturale immateriale nelle Liste dell’UNESCO e l’Italia

La Convenzione UNESCO del 2003 prevede due liste riguardanti il patrimonio culturale:

  1. una che è rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità (Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity),
  2. l’altra riguardante il patrimonio culturale immateriale che necessita essere urgentemente salvaguardato (List of Intangible Cultural Heritage in Need of Urgent Safeguarding).

 

Sin dal 2008, con il riconoscimento dell’opera dei pupi e con il canto a tenore dei pastori sardi, l’Italia ha ottenuto riconoscimenti per tante forme di patrimonio culturale immateriale.

Ad oggi, sono assenti pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze o abilità del patrimonio culturale immateriale italiano iscritte nella Lista del patrimonio culturale immateriale che necessita essere urgentemente salvaguardato: in altre parole, in Italia al momento non ci sono tradizioni che rischiano di scomparire[2].

 

Tre esempi di patrimonio culturale immateriale italiano

Per dare quindi un’idea pratica dell’argomento, ecco tre esempi di patrimonio culturale immateriale italiano inseriti nella Lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

  • La ricerca ed estrazione dei tartufi: inserito nella Lista nel 2021, si tratta di un insieme di conoscenze e pratiche che ancora oggi caratterizza la vita rurale di intere comunità della penisola italiana. I cercatori di tartufi, o tartufai, vivono solitamente in aree rurali e piccoli villaggi. La ricerca del tartufo implica un’ampia gamma di competenze e conoscenze (sul clima, l’ambiente e la vegetazione) legate alla gestione degli ecosistemi naturali e al rapporto cane-tartufaio. Queste conoscenze vengono trasmesse attraverso tradizioni orali, che comprendono storie, favole, aneddoti ed espressioni che riflettono l’identità culturale locale e creano un senso di solidarietà all’interno della comunità dei tartufai. La caccia al tartufo è spesso associata a feste popolari che segnano l’inizio e la fine della stagione dei tartufi. Le pratiche rispettano l’equilibrio ecologico e la biodiversità vegetale, garantendo la rigenerazione stagionale delle specie di tartufo[3].
  • La celebrazione del perdono celestiniano: iscritto nella Lista nel 2019, la celebrazione del perdono celestiniano è stata ispirata da Papa Celestino V ed è una tradizione che si svolge nella città e nella provincia dell’Aquila. Comprende un insieme di riti e celebrazioni trasmessi ininterrottamente dal 1294: la pratica è stata riconosciuta perché trasmette un senso di continuità e identità culturale per l’intera comunità. I significati e le pratiche tradizionali dell’elemento sono trasmessi attraverso racconti narrati a casa, nelle scuole e nei luoghi di ritrovo della comunità, e la partecipazione costante della comunità alla celebrazione ne ha garantito la continuità nel tempo[4].
  • L’arte del ‘pizzaiuolo’ napoletano: iscritto nella Lista nel 2017, i pizzaioli napoletani sono stati riconosciuti come un collegamento diretto con le comunità locali e tale elemento favorisce incontri sociali e scambio intergenerazionale assumendo un carattere spettacolare. Il know-how tecnico è garantito a Napoli da specifiche scuole di cucina e gli apprendisti possono imparare l’arte in famiglia. Tuttavia, le conoscenze e le abilità vengono trasmesse principalmente nelle botteghe, dove i giovani apprendisti osservano i maestri al lavoro, imparando tutte le fasi e gli elementi chiave del mestiere[5].

 

Conclusione

Come si può immaginare, qualsiasi elemento iscritto nelle Liste UNESCO del patrimonio culturale immateriale riceve molta attenzione per notorietà e riconoscimento internazionale.

Un elemento per poter essere iscritto deve rispettare i punti indicati nelle Direttive Operative[6] e rispondere a cinque criteri indicati con la lettera R. Spetta al Comitato istituito con la Convenzione del 2003 valutare le candidature proposte dagli Stati parte della Convenzione del 2003 e decidere se iscrivere o meno tali pratiche ed espressioni culturali del patrimonio immateriale nelle Liste della Convenzione.

Mi preme sottolineare infine un punto specifico quando si parla di patrimonio culturale immateriale che viene riconosciuto a livello internazionale: l’iscrizione di un elemento del patrimonio culturale immateriale in un elenco della Convenzione UNESCO 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale non implica l’esclusività, né la proprietà, del patrimonio in questione. Patrimonio culturale immateriale italiano dunque ma non esclusivo o di proprietà del Bel Paese.

Informazioni

UNESCO Convention for the Safeguarding of the Intangible Cultural Heritage.

Microsoft Word – Beilage 2c_UC 03_Text_I.doc (unesco.org).

[1] La Convenzione infatti precisa inoltre che viene riconosciuto solamente quel patrimonio culturale immateriale compatibile con gli strumenti internazionali esistenti in materia di diritti umani, nonché con le esigenze di rispetto reciproco tra comunità, gruppi e individui e di sviluppo sostenibile.

[2] Diversamente da quanto avviene per il borscht che è stato nel 2022 considerata pratica in pericolo in piena guerra tra Russia e Ucraina. Per un approfondimento rinvio a questo articolo che ho scritto: Il borscht e l’UNESCO: quando una tradizione rischia di scomparire – DirittoConsenso.

[3] Le associazioni tartuficole sono diffuse sulla maggior parte del territorio nazionale.

[4] Per ulteriori informazioni: Perdonanza Celestiniana a L’Aquila dal 23 agosto (perdonanza-celestiniana.it).

[5] Qui il comunicato stampa pubblicato all’epoca del riconoscimento: Masaf – Unesco: l’arte del pizzaiuolo napoletano Patrimonio dell’Umanità (politicheagricole.it).

[6] Operational Directives for the implementation of the Convention for the Safeguarding of the Intangible Heritage – intangible heritage – Culture Sector – UNESCO.