Quali effetti determinano le sentenze della Corte Costituzionale? Che cosa accade ad una norma se viene dichiarata incostituzionale?
Che cos’è e come si avvia il giudizio di costituzionalità?
Tra le funzioni che la Corte Costituzionale svolge rientra il controllo di legittimità costituzionale. Ciò significa che, con una sentenza, sarà chiamata a decidere se una determinata norma sia conforme o meno alla Costituzione. Quando si parla di “norma” è bene fare una precisazione: oggetto del giudizio non può essere infatti qualsiasi fonte del diritto italiano. Possono arrivare dinanzi alla Corte le fonti primarie (dunque una legge statale o regionale) e atti aventi forza di legge; possono poi integrare il parametro di costituzionalità le norme di diritto internazionale attraverso il rinvio dell’art.117 Cost[1].
Il presupposto per dichiarare una legge “incostituzionale” è la presenza di un vizio nella stessa. Questo può essere di tipo materiale (relativo al contenuto), formale (se attiene al procedimento di formazione) o di competenza (per il conflitto tra Stato e Regioni o tra Regioni).
L’elemento caratterizzante il controllo di legittimità, però, è il fatto che questo sia “successivo e accentrato”: questo significa che per portare una legge alla Corte questa deve essere già in vigore, e il singolo giudice non avrà la facoltà di disapplicarla direttamente. Una norma, quindi, sarà interpretata dalla Corte in relazione ad un parametro, cioè ad un articolo della Costituzione che, se in contrasto, porterà ad una “declaratoria di illegittimità costituzionale”.
Prima di passare in rassegna le diverse tipologie di sentenze della Corte Costituzionale, è bene precisare come si possa instaurare un giudizio di legittimità costituzionale. Presupposto fondamentale è la “rilevanza” della questione: la sentenza della Corte deve contribuire alla risoluzione del caso.Il procedimento potrà essere così: “principale” o “incidentale”.
Quest’ultimo è quello più impiegato, e fa riferimento ad una questione sorta nell’ambito di un fatto concreto, cioè durante un processo dove l’iniziativa giunge dal giudice (detto “a quo”) o dalle parti (sempre con ricorso del giudice). È un giudizio concreto, di portata generale (per tutti i tipi di vizio), e indisponibile (è obbligatorio promuoverlo se ci sono i presupposti). Nel meccanismo principale, invece, si fa riferimento al riparto di competenze tra Stato e Regioni: può essere instaurato entro 60 giorni dall’emanazione dell’atto ed è un giudizio astratto (senza un caso reale), specifico e disponibile (non obbligatorio).
È importante sottolineare come quanto fin qui esposto trovi delle limitazioni in materia penale. Una sentenza della Corte Costituzionale, infatti, non potrà mai estendere l’ambito di applicazione di una fattispecie incriminatrice, né tanto meno inasprire il trattamento sanzionatorio; questo perché solo il legislatore potrà selezionare i fatti punibili. Sono dunque vietate le sentenze additive in materia penale, di modo che l’unico effetto potrà essere la declaratoria di incostituzionalità. Nel corso del tempo, inoltre, è stato estesa la possibilità di un giudizio da parte della Corte per le “norme di favore”, cioè quelle che sono più favorevoli al reo, a patto che questo abbia lo scopo di rimuovere trattamenti privilegiati nei confronti di alcuni soggetti o condotte.
I tipi di sentenze della Corte Costituzionale
Le sentenze della Corte Costituzionale possono essere considerate sulla base di due categorie generali: sentenze “semplici” e “complesse”.
Quellei semplici sono così chiamate perché hanno due soli possibili effetti:
- accoglimento della questione o
- rigetto della questione.
Nel primo caso la Corte accoglie quanto sollevato dal giudice a quo e dichiarerà l’incostituzionalità della norma; l’effetto sarà per tanto la rimozione della stessa dall’ordinamento: non potrà essere applicata nel caso concreto e nemmeno in futuro.
Nel caso in cui la questione risulti infondata, invece, ci sarà una sentenza della Corte Costituzionale di rigetto con un importante effetto preclusivo per il giudice a quo: egli non potrà utilizzare la norma nel caso concreto.
È bene sottolineare però come una sentenza di questo tipo non precluda, in futuro, che un altro giudice sollevi la medesima questione, proprio perchè questo tipo di sentenza “non fa stato”.
Diverse sono invece le sentenze definite “complesse”: qui la Corte effettua qualcosa in più rispetto al dichiarare l’accoglimento o il rigetto, e si parla a proposito di “compiti positivi” ( perchè la Corte compie queste operazioni). Si distinguono a proposito:
- le sentenze interpretative,
- le sentenze manipolative.
Con le prime non viene intaccata la legge in questione. La Corte semplicemente propone quella che è un’interpretazione “conforme” alla Costituzione; potrà quindi accadere che il giudice non abbia adottato questa visione, di modo che la questione sarà rigettata, in quanto è sufficiente interpretare la norma in altro modo per far si che questa non sia incostituzionale. La norma è dunque conforme alla costituzione proprio perchè letta alla luce dell’interpretazione che ne da la Corte. In questo caso si parla di sentenze “interpretative di rigetto”; saranno invece “interpretative di accoglimento” nel caso opposto. La formula tipica che si ritrova in queste sentenze è la seguente: “nei sensi di cui in motivazione”.
Le sentenze della Corte Costituzionale manipolative sono caratterizzate da un scopo “ricostruttivo”, il che implica la necessità di modificare la norma in questione. Questo passaggio dovrà però essere rimesso al legislatore, la Corte si limiterà pertanto a suggerirlo (e questo spiega il perchè di mancate riforme legislative in merito a certe questioni). Questo tipo di sentenza può assumere tre forme:
- accoglimento parziale: la norma è incostituzionale “nella parte in cui…..”. Questa formula mette in luce come la presenza o assenza di determinati termini in un testo di legge sia cruciale: è frequente che una sola parola possa determinare l’incostituzionalità di una legge, come la presenza di termini quali “non”, “mai”, “sempre”;
- decisioni additive: sono la tipologia più complessa perchè la Corte usa l’espressione “nella parte in cui non prevede”. Questo significa che la norma non possiede elementi che invece dovrebbe avere; per colmare questo vuoto la Corte può aggiungere una regola o un principio. Le sentenze additive di regola portano alle cosiddette “leggi a rime obbligate”: il legislatore sarà molto vincolato nell’integrare la norma (si parla di funzione para-legislativa della Corte). Nelle sentenze additive di principio vengono invece prospettate più soluzioni possibili ai fini dell’adeguamento della norma alla costituzione, una linea da seguire;
- sentenze sostitutive: quest’ultima tipologia porta a dichiarare una norma incostituzionale “nella parte in cui prevede X e non Y”. Sarà allora necessario effettuare questa sostituzione da parte del legislatore.
Quello dell’Italia è un meccanismo efficiente?
Il giudizio di legittimità costituzionale in Italia è un sistema articolato che presenta un importante difetto: per poter sollevare una questione in via incidentale è necessario, teoricamente, che una norma venga violata. E questo perché, inevitabilmente, una sentenza della Corte Costituzionale potrà derivare da un caso concreto e non meramente ipotetico.
Ci si può allora interrogare se questo sia il giusto sistema, o se sarebbe meglio, invece, pensare alla possibilità che il singolo cittadino possa sollevare la questione. In Spagna, ad esempio, è presente il cosiddetto “giudizio di Amparo”, volto alla tutela dei diritti costituzionali che siano messi in pericolo da un qualsiasi atto giuridico o comportamento di un pubblico potere. Può essere proposto da chi è parte del processo, dal PM e dal “Defensor de pueblo”. Quello dell’Italia, allora, è il giusto meccanismo di instaurazione di un giudizio di legittimità costituzionale?
Informazioni
Lineamenti di Diritto costituzionale, terza edizione, G.Zagrebelsky, V.Macrenò, F.Pallante.
Fonti del diritto, terza edizione, R.Bin, G.Pitruzzella.
Manuale di Diritto penale parte generale, quarta edizione, C.F.Grosso, M.Pellissero, D.Petrini, P.Pisa.
Annuario 2022 Corte costituzionale.
La Corte Costituzionale si pronuncia sul diritto a morire – DirittoConsenso.it.
[1] Per un approfondimento sulla norma in questione si rimanda a: L’articolo 117 della Costituzione tra sussidiarietà e adattamento – DirittoConsenso.

Marco Aghemo
Ciao, sono Marco. Frequento la facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Torino. Credo molto nella scrittura e mi appassiona il poter condividere e scambiare competenze con altre persone attraverso qualsiasi mezzo; qui, come una squadra, proviamo a spiegare il diritto in parole semplici.