La Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dell’UNESCO: criteri, ruolo del Comitato del Patrimonio dell’Umanità e funzionamento
La Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo
L’UNESCO ha istituto attraverso alcuni trattati internazionali delle liste particolari. Tra queste c’è la Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo, la List of World Heritage in Danger. Capiamo di che si tratta.
Ad oggi, La Lista conta 56 siti[1] che il Comitato del Patrimonio dell’Umanità (da ora, il Comitato) dell’UNESCO ritiene in pericolo: ma cosa significa che un sito riconosciuto a livello internazionale dall’UNESCO sia in pericolo?
In base all’articolo 11(4) della Convenzione UNESCO del 1972 il Comitato inserisce nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo “un elenco dei beni che figurano nella Lista del Patrimonio dell’Umanità per la cui conservazione sono previsti importanti interventi necessari e per le quali è stata richiesta assistenza ai sensi della presente Convenzione. Tale elenco contiene una stima del costo di tali operazioni. L’elenco può includere solo i beni facenti parte del patrimonio culturale e naturale che sono minacciati da pericoli gravi e specifici, come la minaccia di scomparsa causata da deterioramento accelerato, progetti pubblici o privati su larga scala o progetti di rapido sviluppo urbano o turistico; distruzione causata da cambiamenti nell’uso o nella proprietà del terreno; alterazioni importanti dovute a cause sconosciute; abbandono per qualsiasi motivo; lo scoppio o la minaccia di un conflitto armato; calamità e cataclismi; incendi gravi, terremoti, frane; eruzioni vulcaniche; variazioni del livello dell’acqua, inondazioni e maremoti. Il Comitato può in qualsiasi momento, in caso di urgente necessità, effettuare una nuova iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale in Pericolo e darne immediata pubblicità.”.
In dettaglio
Per capire il funzionamento della Lista dobbiamo leggere sia la Convenzione UNESCO del 1972 sulla Protezione del Patrimonio Culturale e Naturale sia le Linee Guida Operative del medesimo trattato[2].
Le Linee Guida Operative stabiliscono varie procedure[3] tra cui rientra quella dell’iscrizione di un sito nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dell’UNESCO. Perché un sito sia fatto rientrare nella Lista di cui parliamo deve essere: già iscritto nella Lista del Patrimonio dell’Umanità, la World Heritage List; il sito sia minacciato da un pericolo serio e specifico; siano necessarie attività su larga scala per la conservazione del sito; sia stata fatta richiesta di assistenza oppure il Comitato del Patrimonio dell’Umanità sia chiamato ad agire da qualsiasi membro del Comitato o dal Segretariato.
Ora, quando si parla di pericolo questo può essere accertato o potenziale. Il pericolo accertato ed il pericolo potenziale sono diversi se riguardano un sito culturale o un sito ambientale. Per esempio, il criterio iii) di pericolo accertato di un sito culturale è quello del “grave deterioramento di coerenza architettonica o di pianificazione urbanistica”, criterio questo che non può certamente corrispondere nel caso di un sito naturale.
Perciò i siti iscritti nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dell’UNESCO possono essere stati inclusi in questa Lista per vari motivi: per esempio, la zona antica della città di Aleppo in Siria è considerata in pericolo dal 2013 per motivi ben diversi dal Parco Nazionale di Virunga nella Repubblica Democratica del Congo. Se nel primo caso ci sono la guerra, l’assenza di regole certe, l’urbanizzazione e il cambiamento dello stile di vita, nel secondo caso parliamo di una realtà iscritta nella Lista dal lontano 1994 a causa dell’alto numero di rifugiati nell’area quando era scoppiata la guerra civile in Ruanda, la presenza dei bracconieri, l’aumento della popolazione presso i bacini d’acqua ed il disboscamento delle foreste.
E ancora le Linee Guida Operative sottolineano un punto importante: i pericoli devono poter essere risolti grazia all’azione umana. In alcuni casi, le minacce e/o i loro impatti negativi sull’integrità di qualsiasi sito possono essere corretti da un’azione amministrativa o legislativa, come l’annullamento di un grande progetto di lavori pubblici o il miglioramento dello status giuridico.
La procedura di decisione del Comitato del Patrimonio dell’Umanità
È normale chiedersi cosa accade quando un sito viene iscritto nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dell’UNESCO.
Partiamo da questo punto: il Comitato, quando prende in considerazione l’iscrizione di un sito nella Lista, elabora e adotta uno stato del sito. Si tratta di un documento in cui si auspica che attraverso l’implementazione di misure possa essere rimosso il sito dalla Lista: non si tratta di un documento teorico ma pratico perché in esso sono previste delle misure correttive (che possono variare in base ai pericoli di volta in volta correnti). L’elaborazione dello stato del sito è fatta consultando lo Stato in cui si trova il sito stesso. È il Comitato che chiede al Segretariato, con la cooperazione dello Stato coinvolto, di accertare lo stato del sito ed i pericoli e la fattibilità delle misure correttive.
A questo punto il Comitato valuta le informazioni raccolte e prende una decisione: questa deve essere presa a maggioranza dei due terzi dei membri del Comitato presenti e votanti. Se la decisione è positiva, il Comitato definisce il programma di misure correttive e lo propone allo Stato parte coinvolto per darne attuazione. Appare superfluo dirlo ma è bene sottolineare che la decisione del Comitato viene resa nota allo Stato coinvolto e al pubblico: in questo modo il Comitato aggiorna la Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dell’UNESCO sia in forma stampata che sul sito ufficiale.
Cosa succede una volta che un sito viene iscritto nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dell’UNESCO?
Immaginiamo che il Comitato del Patrimonio dell’Umanità abbia appena inserito il Centro Storico di Roma nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo per alcuni pericoli accertati.
Dunque, oltre allo shock comprensibile che potremmo avere per una decisione che fa scalpore a livello internazionale, spetta al Comitato annualmente di rivedere lo stato in cui versa il sito. Così con la cosiddetta review si prendono in considerazione le procedure di monitoraggio del sito anche da parte di esperti. Sulla base di questi controlli, il Comitato può decidere, consultando lo Stato coinvolto, di:
- scegliere ulteriori misure per la conservazione del sito;
- cancellare il sito dalla Lista nel caso in cui non ci siano più pericoli;
- considerare la cancellazione del sito sia dalla Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo che dalla Lista del Patrimonio dell’Umanità se il sito ha perso le caratteristiche che avevano determinato la sua iscrizione alla Lista del Patrimonio dell’Umanità.
Quest’ultimo punto è particolarmente delicato. La cancellazione di un sito da entrambe le Liste avviene nei seguenti casi:
- qualora il sito si sia deteriorato al punto da perdere quelle caratteristiche[4] che avevano determinato l’iscrizione nella Lista del Patrimonio dell’Umanità;
- qualora le qualità intrinseche di un sito del Patrimonio dell’Umanità erano già minacciate al momento della sua iscrizione nella Lista del Patrimonio dell’Umanità da azioni dell’uomo e le misure correttive necessarie non siano state adottate entro il termine proposto.
In questa spiacevole situazione, è lo Stato che deve informare il Segretariato del deterioramento del sito o che le misure correttive non siano state prese in tempo. È invece il Comitato che vota, sempre a maggioranza dei due terzi dei suoi membri presenti e votanti, e prende una decisione sulla cancellazione di un sito dalla Lista.
Alcuni dati attuali
La Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo conta oggi 56 siti. Gli Stati che contano il più alto numero di siti in pericolo sono Siria (con 6 siti iscritti), Libia (con 5), Yemen e Repubblica Democratica del Congo (entrambi con 4).
Nella Lista al momento c’è anche un sito UNESCO transfrontaliero: è la riserva naturale del Monte Nimba, al confine tra Guinea, Liberia e Costa d’Avorio che è in pericolo dal 1992[5] per due motivi. Il primo riguarda la proposta (poi accettata nello stesso anno) di concessione ad un consorzio internazionale per l’estrazione del ferro, il secondo è l’arrivo di un gran numero di profughi nelle aree della parte guineana del sito e in quelle limitrofe.
Su scala mondiale, gli Stati arabi contano il 42% del totale dei siti in pericolo; l’Africa conta il maggior numero di siti naturali in pericolo, ben 11. Europa e America del Nord contano invece 5 siti in totale (4 culturali ed uno naturale) rappresentando così il 9%.
Informazioni
Convenzione UNESCO del 1972 e Linee Guida Operative per l’Implementazione della Convenzione sul Patrimonio dell’Umanità.
[1] Tra questi dal 2022 c’è anche il centro storico della città portuale di Odessa. Ne ho parlato in questo articolo: Odessa entra nella lista del patrimonio dell’umanità in pericolo – DirittoConsenso.
[2] Testo ufficiale di entrambi: UNESCO World Heritage Centre – Convention Concerning the Protection of the World Cultural and Natural Heritage e UNESCO World Heritage Centre – The Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention. La versione più aggiornata delle Linee Guida Operative risale al 2021.
[3] Le procedure sono: l’iscrizione dei beni nella Lista del Patrimonio Mondiale e nella Lista del Patrimonio Mondiale in pericolo; la protezione e la conservazione dei beni del Patrimonio mondiale; la concessione di assistenza internazionale nell’ambito del Fondo per il Patrimonio Mondiale; e la mobilitazione del sostegno nazionale e internazionale a favore della Convenzione.
[4] Sono le caratteristiche devono essere individuate perché si possa parlare di Eccezionale Valore Universale (outstanding universal value, OUV). Si vedano in particolare i punti 49-53 delle Linee Guida Operative.
[5] 1992, 2013 e 2016 sono gli anni neri della Lista del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo: nel 1992 furono aggiunti 7 siti, altrettanti nel 2013, ben 8 nel 2016.

Lorenzo Venezia
Ciao, sono Lorenzo. Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca con una tesi sul recupero dei beni culturali nel diritto internazionale e sul ruolo dell'INTERPOL e con il master "Cultural property protection in crisis response" all'Università degli Studi di Torino, sono interessato ai temi della tutela dei beni culturali nel diritto internazionale, del traffico illecito di beni culturali e dei fenomeni di criminalità organizzata e transnazionale.