Il diritto internazionale applicabile al conflitto in Karabakh: occupazione, protezione umanitaria e divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali

 

Il conflitto in Karabakh: un quadro storico

In seguito all’implosione dell’Unione Sovietica nei primi anni Novanta, una violenta esplosione di violenza interetnica ha scosso il Caucaso Meridionale ed in particolare l’Armenia e l’Azerbaijan per il controllo dell’ex Oblast autonoma del Nagorno-Karabakh, regione a maggioranza armena ma internazionalmente riconosciuta come parte del territorio dell’Azerbaijan.

Il 2 settembre 1991, l’ex Oblast votò una risoluzione con la quale proclamò ufficialmente la nascita della non riconosciuta repubblica separatista del “Nagorno Karabakh/Artsakh”. Di conseguenza, il 26 novembre il Parlamento della neonata Repubblica dell’Azerbaijan promulgò una legge per l’abolizione dell’autonomia del Nagorno-Karabakh, pronunciamento tuttavia respinto dalla Corte Costituzionale di Mosca poiché la materia non rientrava più nella competenza della Federazione Russa, erede dell’Unione Sovietica.

Al referendum confermativo tenutosi il 10 dicembre dello stesso anno seguì un violento conflitto che oppose l’Armenia e l’Azerbaijan e che durò fino al 1994, anno in cui le forze armate armene occuparono circa il 20% del territorio sovrano dell’Azerbaijan, compresi sette distretti adiacenti l’autoproclamata repubblica separatista[1]. Al contempo, oltre 1 milione di azerbaigiani furono espulsi forzatamente dal Karabakh.

In questo contesto, la Federazione Russa impegnata nella delicata transizione post-sovietica fu costretta a giocare un ruolo da equilibrista, al fine di evitare di farsi coinvolgere dai belligeranti. Tuttavia, fu proprio la mediazione russa a portare i belligeranti alla firma di un cessate il fuoco noto come Protocollo di Bishkek, che tuttavia lasciò irrisolta la questione del Karabakh poiché venne consentito il mantenimento del governo delle forze separatiste con sede nella città occupata di Khankendi (Stepanakert per i separatisti armeni)[2].

Dall’accettazione bilaterale del cessate il fuoco nel 1994 si sono verificati ripetuti scontri intermittenti, che hanno toccato i livelli più alti di intensità nell’aprile 2016, quando intensi combattimenti hanno provocato centinaia di vittime lungo la linea di contatto. Le molteplici violazioni del cessate il fuoco hanno inoltre preparato il terreno per lo scoppio della Seconda Guerra del Karabakh nel 2020, che per 44 giorni ha visto l’Azerbaijan condurre operazioni speciali con il sostegno della Turchia per liberare i territori occupati e i sette distretti precedentemente conquistati dall’Armenia negli anni Novanta[3].

Di conseguenza, il 10 novembre 2020 nuovamente dietro mediazione della Federazione Russa i belligeranti hanno firmato un accordo tripartito che ha posto fine alle attività militari, secondo cui un contingente di pace russo di circa 2000 unità sarebbe stato stanziato lungo la linea di contatto e il corridoio di Lachin (che collega l’Armenia ai territori occupati) parallelamente al ritiro delle forze armate armene[4].

 

Lo status del Karabakh nel diritto internazionale

In seguito alla perdita dei setti distretti adiacenti della Repubblica dell’Azerbaijan durante la Seconda Guerra del Karabakh, l’Armenia ha esercitato il controllo effettivo su un’area occupata di circa 3170 km² attorno alla città di Khankendi.

L’ autoproclamata repubblica separatista del Nagorno-Karabakh, di fatto, non solo non soddisfa i criteri previsti dalla Convenzione di Montevideo sui diritti e doveri degli Stati del 1933, bensì è altresì priva del requisito giuridico dell’indipendenza, non essendo riconosciuto da nessuno Stato parte delle Nazioni Unite come entità sovrana e indipendente (nemmeno dall’Armenia stessa e dalla Federazione Russa).

A tal proposito, nel 2015 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto l’esistenza di un controllo effettivo dell’Armenia sui territori occupati dell’Azerbaijan sia in via diretta tramite le proprie forze armate, sia attraverso un regime locale separatista subordinato ad essa, capace di sopravvivere solamente in virtù del sostegno dell’Armenia[5]. Più precisamente, nel caso Chiragov et al. v. Armenia riguardante una rivendicazione relativa alla limitazione del diritto di proprietà su un patrimonio situato in Karabakh, la Grand Chamber ha commentato l’obiezione dell’Armenia ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo sulla giurisdizione dello Stato sul Karabakh e i territori adiacenti come segue:

Quanto sopra rivela che l’Armenia, fin dai primi giorni del conflitto del Karabakh, ha avuto un’influenza significativa e decisiva sul “Nagorno-Karabakh”, che le due entità sono altamente integrate in tutte le questioni importanti e che questa situazione persiste ad oggi. In altre parole, il Nagorno-Karabakh e la sua amministrazione sopravvivono in virtù del sostegno militare, politico, finanziario e di altro tipo fornito loro dall’Armenia che, di conseguenza, esercita un controllo effettivo sul Nagorno Karabakh e sui territori circostanti, compreso il distretto di Lachin. Le questioni denunciate rientrano quindi nella giurisdizione dell’Armenia ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione. l’obiezione del Governo relativa alla giurisdizione dell’Armenia sul Nagorno-Karabakh e sui territori circostanti è pertanto respinta”[6].

 

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo appare quindi pienamente in linea con l’approccio seguito dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che in più occasioni hanno riconosciuto lo status del Karabakh come territorio sotto occupazione straniera. Più precisamente, il riferimento riguarda le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 882/1993, 853/1993, 874/1993 e 884/1993 e la risoluzione dell’Assemblea Generale 62/243-2008, che richiedono il ritiro immediato delle truppe armene dai territori occupati dell’Azerbaigian[7].

Alla luce di ciò, è possibile affermare che dagli anni Novanta il corpus iuris applicabile alla regione del Karabakh dell’Azerbaijan è il diritto internazionale dell’occupazione, posto che durante le due menzionate guerre del Karabakh si applichi invece il diritto internazionale dei conflitti armati o jus in bello[8].

Pertanto, in quest’ottica è possibile leggere il mancato riconoscimento delle recenti elezioni avvenute nell’autoproclamata repubblica separatista da parte della comunità internazionale, analogamente a quanto avvenuto per i referendum-farsa tenutosi nelle regioni del Donbas occupate dalla Federazione Russa nel contesto del conflitto russo-ucraino[9].

 

L’operazione antiterroristica del 19 settembre nel diritto internazionale

Lo scorso 19 settembre, l’esercito della Repubblica dell’Azerbaijan ha annunciato l’avvio di un’operazione antiterroristica nei territori occupati del Karabakh in seguito all’uccisione di alcuni membri del Ministero degli Affari Interni che si trovavano nella regione da parte di mine antiuomo disseminate in Azerbaijan in seguito al conflitto del 2020.

Tale operazione, secondo i comunicati ufficiali del Ministero della Difesa di Baku, è stata condotta con l’obiettivo di prevenire ulteriori possibili provocazioni su larga scala da parte delle forze armate armene situate in Karabakh, nonché per ottenere il disarmo e il ritiro completo delle forze armate separatiste dai territori dell’Azerbaijan, la neutralizzazione delle loro infrastrutture militari e lo scioglimento delle istituzioni politiche del governo che Baku considera fantoccio installato a Khankendi[10].

Benché si tratti di un’operazione militare, è necessario sottolineare come non si tratti tuttavia di un conflitto interstatale. Di fatto, il Primo Ministro armeno Pashinyan ha prontamente annunciato che l’Armenia non sarebbe intervenuta nel conflitto, provocando violente proteste nella capitale Yerevan e de facto ritirando il supporto finora garantito al regime separatista. Se da un lato potrebbe trattarsi di un chiaro segno di una diplomazia sottobanco che ha portato il governo di Pashinyan a riconoscere la sovranità territoriale di Baku sul Karabakh in cambio di pace e stabilità nella regione, dall’altro il mancato intervento dell’Armenia in Karabakh rende evidente come l’Azerbaijan non abbia condotto alcuna guerra di aggressione impiegando l’uso della forza (proibito espressamente dalla Carta delle Nazioni Unite come mezzo di risoluzione delle controversie) contro un altro Stato della comunità internazionale, poiché l’operazione militare si è svolta all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti dell’Azerbaijan come da suddette Risoluzioni Onu.

A riprova di ciò, una violazione del divieto dell’uso della forza e del divieto di provocare una guerra di aggressione si sarebbe verificata qualora l’esercito dell’Azerbaijan avesse invaso ed attaccato i territori sovrani dell’Armenia. In quest’ultimo caso, pertanto, l’Armenia avrebbe potuto invocare la responsabilità internazionale dell’Azerbaijan.

Al contempo, al fine di proteggere la popolazione civile dalle ostilità, l’Azerbaijan ha ulteriormente comunicato che i target dell’operazione antiterroristica sarebbero stati esclusivamente militari[11].

Inoltre, per rispondere alle preoccupazioni avanzate dalla comunità internazionale ed in particolare dall’Unione Europea, l’Azerbaijan in collaborazione con il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha inviato carichi di aiuti umanitari per la minoranza armena del Karabakh nella giornata del 22 settembre. Proprio con i rappresentanti di questa comunità sono infatti in corso negoziati con l’obiettivo di stabilire i termini della reintegrazione della stessa in Azerbaijan dopo che i separatisti hanno deposto le armi, con l’obiettivo di garantire a tale minoranza pari diritti dei cittadini azerbaigiani ai sensi della Costituzione dell’Azerbaijan.

Allo stesso modo, si è tenuta nella serata del 21 settembre una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per discutere della questione, durante la quale alcuni Stati hanno proposto l’invio di forze di pace dell’ONU – proposta accolta con favore dall’Armenia – per garantire la tutela della minoranza armena del Karabakh. In ogni caso, ristabilita la sovranità territoriale, è attualmente in capo all’Azerbaijan l’obbligo di adempiere agli obblighi internazionali di tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei residenti armeni del Karabakh, garantendo ad essi lo stesso trattamento riservato ai propri cittadini.

 

Le accuse all’Azerbaigian di pulizia etnica e genocidio

Le preoccupazioni di alcuni Stati della comunità internazionale nei confronti degli armeni del Karabakh si sono acuiti a seguito di una serie di accuse all’Azerbaijan di perpetrare una pulizia etnica e un genocidio nella regione. Accuse che si sono acuite in seguito alla pubblicazione di un report (poi rivelatosi costituito ad hoc) da parte dell’ex-procuratore della Corte Penale Internazionale Luis Moreno-Ocampo, in cui vengono apertamente sollevate istanze genocidarie da parte di Baku[12].

Tuttavia, l’Azerbaijan ha richiesto la redazione di un report indipendente sulla situazione in Karabakh ad un gruppo di esperti legali guidati da Rodney Dixon, il cui rapporto ha evidenziato l’infondatezza delle accuse mosse da Ocampo[13].

Di fatto, le preoccupazioni di una crisi umanitaria in Karabakh trovano il proprio fondamento nell’istituzione di un checkpoint all’altezza del già menzionato corridoio di Lachin lo scorso dicembre 2022 dopo che un gruppo di ambientalisti, esponenti di organizzazioni non governative e membri della società civile hanno dato inizio ad una serie di proteste, chiedendo al governo dell’Azerbaijan di adottare azioni necessarie affinché venisse fermato il trasferimento illegale di risorse naturali e minerarie estratte nei territori occupati dell’Azerbaijan verso l’Armenia[14].

Attraverso l’istituzione del checkpoint, l’Azerbaijan ha potuto monitorare una serie di attività illegali in cui secondo Baku sono rimaste coinvolte alcune vetture del Comitato Internazionale della Croce Rossa e che includono il rifornimento illegale di armi, mine antiuomo e materiale bellico all’interno dei territori controllati da quella che è considerata la repubblica separatista del Nagorno-Karabakh. Pertanto, il passaggio lungo corridoio in entrata è stato dapprima strettamente controllato e poi bloccato per impedire il proseguirsi delle suddette attività illegali. Per far fronte alla sempre più impellente scarsità di medicine, cibo e beni di prima necessità, il governo dell’Azerbaijan ed in particolare la Red Crescent Society del Paese hanno più volte proposto l’invio di aiuti umanitari attraverso la strada che collega Aghdam a Khankendi, rifiutati dalla minoranza armena per via della provenienza del carico. Al contempo, gli aiuti umanitari inviati dall’Armenia e dalla Francia lungo il corridoio di Lachin sono altresì rimasti bloccati, sino a quando, il giorno precedente all’operazione antiterroristica, entrambe le strade sono state sbloccate al fine di rifornire la popolazione armena del Karabkah[15].

Allo stato attuale, l’odio che per tre decenni ha dilaniato entrambe le popolazioni caucasiche in conflitto fa preoccupare per la sorte della minoranza armena del Karabakh, sebbene entrambi i governi stiano adottando i massimi sforzi diplomatici e umanitari per proteggere la popolazione civile. In questo senso, durante i discorsi alle rispettive nazioni, il Presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev ha rassicurato della propria volontà di portare avanti dialoghi con i rappresentanti della popolazione armena del Karabakh al fine di garantire ad essa pari diritti rispetto ai cittadini azerbaigiani[16], mentre il Primo Ministro armeno Pashynian ha rassicurato che secondo le verifiche dell’Armenia non esiste un rischio diretto per la popolazione armena del Karabakh e che i dati relativi alla morte di un numero elevato di civili armeni non corrispondono alla realtà[17].

Informazioni

[1] Domenico Nocerino, Quale futuro per il Nagorno-Karabakh?, Domino, n. 1, 2023.

[2] United Nations, Bishkek Protocol, signed between Armenia, Azerbaijan and Russian Federation, 5 maggio 1994. Disponibile al link: https://peacemaker.un.org/armeniaazerbaijan-bishkekprotocol94.

[3] Council on Foreign Relations, Center for Preventive Action, Nagorno-Karabakh Conflict, updated 10 August 2023. Disponibile al link: https://www.cfr.org/global-conflict-tracker/conflict/nagorno-karabakh-conflict.

[4] Statement by the President of the Republic of Azerbaijan, Prime Minister of the Republic of Armenia and President of the Russian Federation, 10 novembre 2020. Disponibile al link: https://president.az/en/articles/view/45923.

[5] Center of Analysis of International Relations, Neglected Victim of the Armenia-Azerbaijan Conflict: Environmental Impacts of Occupation, 2021, p. 27.

[6]   European Court of Human Rights, Chiragov and Others v. Armenia, Application No. 132016, Judgement Merits, 16 June 2015, para 186.

[7] Maggiori informazioni sono disponibili al link:https://2001-2009.state.gov/p/eur/rls/or/13508.htm.

[8] Natalino Ronzitti, Illegal exploitation and environmental damage in the occupied territories of Azerbaijan. In: Neglected victim of the Armenia-Azerbaijan conflict: environmental impacts of occupation, Center of Analysis of International Relations, 2021, p. 28.

[9] Illegal elections in Azerbaijan’s Karabakh Rejected by International Community, Modern Diplomacy, 16 settembre 2023. Disponibile al link: https://moderndiplomacy.eu/2023/09/16/illegal-elections-in-azerbaijans-karabakh-rejected-by-international-community/.

[10] Statement of the Ministry of Defense of the Republic of Azerbaijan, 19 settembre 2023. Disponibile al link:https://mod.gov.az/en/news/armenian-armed-forces-are-subjecting-to-fire-the-azerbaijan-army-s-positions-by-the-use-of-artillery-pieces-49353.html.

[11] Statement of the Ministry of Defense of the Republic of Azerbaijan, 19 settembre 2023. Disponibile al link: https://mod.gov.az/en/news/ministry-of-defense-civilian-population-and-civilian-infrastructure-facilities-are-not-being-targeted-49357.html.

[12] Luis Moreno Ocampo, Genocide against Armenians in 2023, 7 Agosto 2023. https://luismorenoocampo.com/lmo_en/report-armenia/.

[13] Expert Legal Opinion on Nagorno-Karabakh provided by Rodney Dixon KC, Temple Garden Chambers, 21 agosto 2023. https://tgchambers.com/2023/08/expert-legal-opinion-on-nagorno-karabakh-provided-by-rodney-dixon-kc/.

[14] Azerbaijani activists halt environmental protestsin Lachin, Daily Sabah, 28 aprile 2023. https://www.dailysabah.com/politics/diplomacy/azerbaijani-activists-halt-environmental-protests-in-lachin.

[15] Armenian separatists in Garabagh block traffic on Agdam-Khankendi road, Azernews, 1 settembre 2023. https://www.azernews.az/aggression/214245.html.

[16] İlham Əliyev xalqa müraciət edib, 21 settembre 2023. Disponibile al link: https://www.youtube.com/watch?v=_g1yhl3kYvE&t=3s.

[17] Prime Minister Nikol Pashinyan’s congratulatory message on the occasion of the 32nd anniversary of the independence of the Republic of Armenia, 21 settembre 2023. Disponibile al link: https://www.primeminister.am/en/statements-and-messages/item/2023/09/21/Nikol-Pashinyan-Speech-21-09/.