Legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito

Legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito: le questioni processuali

Il recupero giudiziale del credito cartolarizzato può presentare problematiche processuali connesse alla legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito. Di seguito affronteremo specificatamente tali controverse questioni, con particolare attenzione sulle soluzioni giurisprudenziali susseguitesi nel corso degli anni

 

Preliminarmente sulle questioni processuali relative alla cartolarizzazione del credito

Questo articolo, concepito come prosieguo del mio precedente inerente all’istituto della cartolarizzazione del credito dal punto di vista sostanziale[1], si occupa di analizzare le relative questioni processuali, nello specifico quelle inerenti alla legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito.

La cartolarizzazione del credito, per riprendere in sintesi il concetto precedentemente espresso, è una particolare operazione di cessione del credito, di cui alla L. n. 130/1999, che prevede, altresì, l’incorporazione di crediti ceduti in obbligazioni, collocate sul mercato finanziario e fruibili dagli investitori.

Le questioni processuali, che procederò ad esaminare di seguito, si evidenziano proprio in considerazione del fatto che la remunerazione da corrispondere agli investitori proviene, in buona parte, dal recupero in via giudiziale dei suddetti crediti e si estrinsecano nella legittimazione attiva e nella legittimazione passiva della cartolarizzazione del credito, intese in senso lato, con riferimento alle parti processualmente coinvolte.

Questo articolo, sostanzialmente, ha l’obiettivo di individuare il soggetto legittimato ad agire in giudizio per il recupero del credito e il soggetto nei cui confronti possono essere avanzate eccezioni e/o domande riconvenzionali nel corso del giudizio. Prima di affrontare nel dettaglio la questione, occorre preliminarmente delineare i confini di detti istituti.

Nel caso delle operazioni di recupero giudiziale del credito cartolarizzato appare più opportuno classificare tali problematiche come questioni relative alla ‘titolarità del rapporto controverso’, sebbene con conseguenza anche sul lato passivo del rapporto, secondo la distinzione che segue.

 

La sentenza n. 2951/2016 della Cassazione: quali sono le differenze tra la legittimazione processuale e la titolarità?

Sul punto, la Cassazione, con sentenza n. 2951/2016, ha individuato il discrimine tra gli istituti della legittimazione processuale e della titolarità, nella misura in cui:

  • il primo rappresenta una delle condizioni dell’azione, valutabile in relazione alla domanda proposta e all’oggetto del processo;
  • il secondo è indagabile solo alla luce del rapporto sostanziale sotteso, della valutazione nel merito della controversia[2].

 

Ma dal momento che è assai raro che, nella prassi, colui che intenda agire in giudizio per la tutela di un proprio diritto non si prospetti astrattamente titolare dello stesso al momento della proposizione della domanda giudiziale, le eccezioni circa la carenza di legittimazione ad agire mirano ad indagare sull’effettiva titolarità del rapporto sostanziale controverso; sicché le questioni processuali sin qui prospettate, e di seguito approfondite, devono essere classificate come questioni preliminari di merito e non pregiudiziali di rito.

Tenendo a mente la distinzione fornita dalla Suprema Corte sarà possibile, per ragioni di semplicità esplicativa, identificare le questioni processuali di seguito esaminate con i termini ‘legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito’.

 

Questioni processuali relative alla ‘legittimazione attiva’

In seguito alla cessione del credito, successivamente cartolarizzato, la Special Purpose Vehicle cessionaria in detta operazione, appare logicamente l’unica legittimata ad esigere la riscossione del credito, in quanto ‘nuova proprietaria’; ma come darne prova in giudizio?

Come già anticipato nell’articolo precedente, l’art. 4 L. n. 130/1999, richiamando gli adempimenti di cui all’art. 58 cc. 2, 3 e 4 TUB, prescrive la Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione di crediti in blocco, al fine di ottenere i benefici di efficacia di cui all’art. 1264 c.c.

Nella prassi, la società cessionaria che agisce in giudizio per il recupero del credito da essa acquistato, al fine di convincere il Giudice circa la propria legittimazione, produce lo stralcio della pubblicazione avvenuta in Gazzetta Ufficiale.

Ma questa produzione è davvero bastevole a dimostrarla?

Sul punto vedremo come la giurisprudenza non è unanime, adottando a riguardo diverse posizioni, a fronte della contestazione mossa dal debitore ceduto relativamente alla prova della titolarità del rapporto.

La Cassazione[3] ha, dapprima, inteso differenziare gli istituti della notificazione e della prova circa l’avvenuta cessione di un credito, specificando che gli effetti conseguenti agli adempimenti di cui all’art. 4 L. n. 130/1999 hanno il solo scopo di assolvere a notificazione della cessione dello specifico credito per cui si procede, non anche di dare prova dell’avvenuta cessione dello stesso.

Da questa distinzione nasce l’orientamento giurisprudenziale più severo, il quale sostiene che la produzione della pubblicazione in G.U., qualora non corredata da specifiche indicazioni che permettano l’individuazione dei crediti ceduti, sia inidonea a dimostrare la titolarità del credito da parte della società cessionaria e che sia onere della società cessionaria produrre:

  • il contratto di cessione in originale o, in alternativa,
  • una dichiarazione dettagliata scritta e firmata dalla società cedente nella quale si individua specificatamente la posizione debitoria del singolo soggetto ceduto[4].

 

Diversamente, la Giurisprudenza più ‘permissiva’ ha stabilito, per agevolare dette operazioni dal punto di vista processuale, che gli adempimenti di cui all’art. 4 L. n. 130/1999 siano sostituivi dell’onere di deposito del contratto in originale e di qualsiasi altro documento idoneo ad individuare il credito per cui si agisce nella specifica procedura esecutiva[5].

 

Questioni processuali relative alla ‘legittimazione passiva’

Una volta rappresentato il contrasto giurisprudenziale in merito alla legittimazione attiva, passiamo ora ad esaminare le questioni relative alla legittimazione passiva nelle vicende giudiziali derivanti dal recupero del credito cartolarizzato.

Come anticipato, tali vicende assumono rilievo nel momento in cui il debitore ceduto, nel corso del giudizio, intenda atrofizzare le pretese creditorie nei suoi confronti, sollevando eccezioni e/o domande riconvenzionali[6].

Il quesito cui si intende fornire risposta in questo paragrafo è: ‘Nei confronti di chi il debitore ceduto può opporre eccezioni o domande riconvenzionali? Nei confronti della banca cedente o della società cessionaria? Chi detiene la legittimazione passiva in ordine a tali pretese?’

Esattamente come accade per le questioni legate alla legittimazione attiva, anche qui la giurisprudenza non è unanime nel dirimere le controversie che si presentano.

Sul punto si registrano, in particolare, due macro-orientamenti.

Il primo orientamento sostiene che la legittimazione passiva, relativamente alle richieste avanzate dal debitore ceduto, spetti alla banca cedente[7] e ciò sulla base di diverse argomentazioni:

  • l’art. 4 L. n. 130/1999 richiama espressamente solo i commi 2, 3 e 4 dell’art. 58 TUB e volutamente non anche il quinto, il quale prevede che i creditori ceduti hanno facoltà di domandare l’adempimento delle obbligazioni, entro tre mesi, al cedente o al cessionario; trascorso tale termine delle stesse risponderà solo il cessionario in via esclusiva. Da tale constatazione, parte della giurisprudenza ne ha fatto derivare la possibilità di agire nei confronti della banca cedente senza limiti di tempo;
  • essendo la cartolarizzazione del credito, come più volte rammentato, un’operazioni di cessione del credito, e non del contratto, essa ha lo scopo di cedere alla società cessionaria solo il lato attivo delle obbligazioni; per quanto riguarda i controcrediti, essendo questi scaturiti da un contratto al quale hanno preso parte solo l’originator cedente e il debitore ceduto, quest’ultimo può rivalersi solo verso la banca;
  • data la maggior solvibilità delle banche rispetto alle società che acquistano e cartolarizzano il credito, sono solo le prime a dover rispondere di eventuali passività evidenziate in corso di causa.

 

Il secondo orientamento propende per una legittimazione esclusiva della società cessionaria poiché, da un punto di vista più strettamente tecnico e giuridico, in forza dell’avvenuta cartolarizzazione del credito, essa diventa successore a titolo particolare della banca cedente di tutte le attività e passività ascrittele[8]; mentre da un punto di vista meramente pratico appare corretto rivolgersi, al fine di ottenere una nullità o riduzione di quanto dovuto, nei confronti del soggetto che ha percepito (o percepirà) le somme non dovute.

Questo orientamento ribalta le argomentazioni sostenute dal primo, affermando:

  • il mancato riferimento al quinto comma dell’art. 58 TUB non esprime l’inesistenza di un limite temporale per rivalersi sulla banca cedente, ma esclude a monte la sua responsabilità in luogo dell’unica ed esclusiva in capo alla società cessionaria;
  • la maggior solvibilità della banca rispetto alle società cessionarie del credito non può essere presunta al punto tale da non consentire al debitore ceduto di rivolgere a quest’ultime eccezioni e/o domande riconvenzionali;
  • ritenuto il contratto di mutuo un contratto non sinallagmatico, non rileverebbe l’effettiva distinzione tra cessione del credito e cessione del contratto[9].

 

Conclusioni ed osservazioni

Esaurita la trattazione delle questioni processuali circa la legittimazione attiva e passiva della cartolarizzazione del credito, appare opportuno stilare alcune conclusioni ed osservazioni al fine di rendere più comprensiva la trattazione di cui sopra e stimolare il ragionamento giuridico del lettore.

Le problematiche relative alla legittimazione attiva sono risolvibili indagando sull’onere probatorio della parte che intende agire per il recupero del credito e sul contenuto che deve avere tutto ciò che viene allegato in giudizio come prova in merito alla titolarità del rapporto.

A mio parere può considerarsi sufficiente nel dimostrare quanto sopra la produzione dello stralcio pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione, più precisamente ritengo che tale pubblicazione, data l’autorevolezza e la particolarità di questa formalità, debba ritenersi idonea ad assorbire la prova dell’avvenuta cessione e a consentire la realizzazione degli effetti di cui al principio dell’inversione dell’onere della prova: sarà cura del debitore ceduto provare che il credito per cui si agisce in giudizio non fa parte di  quelli la cui cessione è stata notiziata in Gazzetta.

Relativamente alla legittimazione passiva ritengo che questa possa dirsi ascritta alla banca cedente poiché,  se è vero che le eccezioni e le domande riconvenzionali sono proposte relativamente al credito per cui si agisce, è altrettanto vero che questo è originato da un contratto a cui la società cessionaria non ha preso parte e che, quindi, una causa di estinzione del credito o un controcredito possa essere fatta valere solo nei confronti di chi ha preso parte alla contrattazione di clausole da cui questa è scaturita[10].

Informazioni

(Cartolarizzazione e processo: titolarità del rapporto controverso da parte della società veicolo), in Picaalfieri.it, disponibile in Cartolarizzazioni e processo: titolarità del rapporto controverso da parte della società veicolo – Studio Legale Pica Alfieri & Niccolai

(Cessione in blocco di crediti da parte di una banca) in Lexced.com, disponibile in Cessione in blocco dei crediti da parte di una banca – LexCED

Domenegotti M. e Pagani S., Cartolarizzazioni: questioni controverse e soluzioni giurisprudenziali, in dirittobancario.it, 2021, disponibile in Cartolarizzazioni: questioni controverse e soluzioni giurisprudenziali – DB (dirittobancario.it)

Luiso F.P., Diritto Processuale Civile. Principi generali, X ed., Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019

[1] Cfr. Cartolarizzazione del credito: gli aspetti fondamentali – DirittoConsenso

[2] La suddetta sentenza riporta, altresì, tre importanti principi di diritto:

– la titolarità della posizione soggettiva è un elemento costitutivo della domanda che attiene al merito della decisione e spetta all’attore provarla ed allegarla;

– le contestazioni mosse dal convenuto in merito alla titolarità del rapporto hanno natura di mera difesa e, pertanto, proponibili in ogni fase del giudizio e soggette solo alle eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi non desumibili dagli atti;

– la carenza di titolarità del rapporto è rilevabile d’ufficio dal Giudice, purché emerga dagli atti di causa.

[3] Cass. n. 4116/2016, Cass. n. 10518/2016, Cass. n. 4713/2019.

[4] Tra le tante, Cass. n. 2780/2019, Trib. Napoli n. 5377/2019, Cass. n. 22268/2018, Cass. n. 24798/2020.

[5] Cass. n. 31118/2017, Cass. n .15884/2019, Cass.n.20495/2020.

[6] A titolo esemplificativo: eccezione di compensazione, domanda riconvenzionale volta alla restituzione di quanto già indebitamente versato, eccezione di nullità di una certa clausola del contratto che ha originato il debito.

[7] Cfr. ABF Milano, n. 884/2015, Trib. S.M. Capua Vetere, n. 1742/2018, Trib. Monza, n. 1761/2017.

[8] Cfr. Cass. n. 10653/2010, Cass. n. 18258/2014, Trib. Milano, n. 5766/2019.

[9] Questa tesi, a mio avviso, forza un po’ lo schema giuridico sotteso, sovrapponendo indistintamente causa del contratto e obbligazioni da esso derivanti, individuandoli nella restituzione di capitali ed interessi. Inoltre appare più corretto affermare che nel contratto di mutuo il sinallagma contrattuale (do ut des) esiste: l’obbligo del mutuante (si esaurisce e) si perfeziona contestualmente alla soddisfazione del requisito della realità del contratto, tanto da lasciare in evidenza, per tutto il resto del rapporto, solo quello del mutuatario, dato appunto dalla restituzione di capitale ed interessi. È perciò definito anche sinallagma genetico.

[10] Poniamo la seguente situazione: la Banca Alfa concede un finanziamento, inteso in senso lato, a Tizio che, tramite il suo perdurante inadempimento degli obblighi di restituzione di capitale ed interessi verso la prima, contribuisce a deteriorare il credito che la Banca vanta verso di lui. La società Beta SPV, cessionaria di detto credito, agisce in giudizio, tramite Gamma (società servicer), per il recupero giudiziale dello stesso. Secondo la teoria da me sposata, se Tizio presentasse, in corso di giudizio, domande e/o eccezioni riconvenzionali (ad esempio di compensazione del credito derivante da controcredito), dovrebbe farlo nei confronti della Banca Alfa, poiché soggetto col quale ha stipulato il suddetto contratto di finanziamento e dal quale origina la fattispecie modificativa, estintiva del diritto di credito ora di proprietà della società Beta che, contrariamente, risulta terza rispetto a detto contratto (e quindi non legittimata processualmente a ricevere pretese restitutorie da questo derivanti).


Cartolarizzazione del credito

Cartolarizzazione del credito: gli aspetti fondamentali

La cartolarizzazione del credito rappresenta l’operazione tramite cui la banca gestisce ed impiega i suoi c.d. ‘crediti deteriorati’. Di seguito l’analisi finanziaria e normativa dell’istituto

 

Cartolarizzazione del credito: di cosa si tratta?

La cartolarizzazione del credito – dall’inglese ‘securitisation’ – è una complicata operazione bancaria e finanziaria, nata negli USA, negli anni ’70, sulla scorta delle strategie economico-finanziarie sviluppate da John Palmstruch[1], considerato il precursore dell’attuale sistema di banche centrali e commerciali.

Data la complessità dell’istituto, prima di delineare nel dettaglio le relative peculiarità, è agevole fornire due definizioni, una relativa all’aspetto finanziario e l’altra a quello giuridico.

Secondo il primo, possiamo rappresentare la cartolarizzazione del credito come il processo attraverso il quale una o più attività finanziarie indivise ed illiquide vengono trasformate in attività divise e vendibili[2], ossia in titoli obbligazionari, denominati Asset Backed Securitities (c.d. ABS)[3].

In relazione al profilo giuridico, la cartolarizzazione appartiene al più ampio novero delle operazioni di cessione del credito; ad essa si applicano la disciplina di cui agli artt. 1260 ss c.c. e la normativa speciale di cui alla L. 130/1999 e al Reg. 2017/2402.

 

Come avvengono in concreto queste operazioni? Quali sono i soggetti effettivamente coinvolti?

Essendo delle operazioni di cessione di credito, occorre dapprima sottolineare la rilevanza dell’art. 1260 c.c., secondo il quale:

Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.

Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione”.

Secondo lo schema del Codice civile potremmo rappresentare la cartolarizzazione del credito come una struttura bipartita (cedente-cessionario)[4], trattandosi di una species del genus ‘cessione del credito’, ma la complessità di tale istituto si rivela già dal punto di vista organizzativo, coinvolgendo un terzo soggetto come spiegherò di seguito.

Le operazioni di cartolarizzazione del credito sono così realizzate: il soggetto cedente (c.d. originator) cede il credito ad una specifica società cessionaria (c.d. special purpose vehicle[5], o S.P.V.), la quale provvede ad emettere sul mercato titoli obbligazionari[6] che incorporano i crediti ceduti dalla prima e, servendosi di un terzo soggetto (c.d. servicer), autorizzato ai sensi dell’art. 115 T.U.L.P.S.[7], a recuperare, anche in via giudiziale, il credito cartolarizzato.

È agevole perciò evincere come la cartolarizzazione sia una operazione complessa anche dal punto di vista contrattualistico, poiché composta da due contratti:

  • il contratto di cessione del credito, concluso tra l’originator e la S.P.V.;
  • il contratto di servicing, concluso tra la S.P.V. e il servicer.

 

Quest’ultimo si sostanzia in un contratto di mandato con rappresentanza, dove la S.P.V. è mandante e il servicer è il mandatario, il cui oggetto è la gestione, amministrazione, incasso, riscossione e recupero dei crediti ceduti.

La peculiarità di queste operazioni è data dal fatto che il patrimonio delle S.P.V. derivante dalle operazioni di cartolarizzazione, in quanto destinato al rimborso del capitale e al pagamento degli interessi degli investitori, costituisce patrimonio separato da quello principale della società e, pertanto, aggredibile solo dai portatori dei titoli[8]. In altre parole, i beni costituenti il patrimonio delle società veicolo potranno essere pignorati solo dai soggetti che abbiano acquistato i titoli da esse emessi[9], in ossequio a quanto dispone la legge speciale sulla cartolarizzazione e che analizzeremo più nel dettaglio nel paragrafo successivo.

La ratio di tale scelta non è ravvisabile nella volontà di limitare la responsabilità di tali società, bensì in quella di creare una necessaria garanzia patrimoniale per gli investitori poiché, una volta attuata questa particolare forma di cessione, il rischio di insolvenza si trasferisce dal soggetto cedente al mercato, con tutti i rischi di instabilità e di crollo finanziario annessi.

 

La disciplina normativa di riferimento

Le norme che vengono in rilievo sono quelle di cui agli artt. 1260 e ss c.c., all’art. 58 T.U.B., alla L. 130/1999 e al Reg. 2017/2402.

Partendo dalla disciplina del Codice civile, incontriamo dapprima il summenzionato art. 1260 c.c. il quale stabilisce, al primo comma, che il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, conferendo così dignità giuridica all’istituto qui in esame.

L’art. 1264 c.c. concerta che la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata.

L’art. 1266 c.c., richiamando la ratio che ha permeato l’art. 1410 c.c., dispone che quando la cessione del credito avviene a titolo oneroso il cedente è tenuto a garantire la veritas nominis, ossia l’esistenza del credito al tempo della cessione;

Infine, l’art. 1267 c.c. che al primo comma, primo periodo, rappresenta quella che è la natura giuridica dell’operazione di cartolarizzazione, ovvero una cessione del credito a titolo oneroso e pro soluto[10].

L’efficacia della cessione del credito viene sancita, a norma del combinato disposto dell’art. 58 T.U.B. e dell’art. 4 della legge speciale sulla cartolarizzazione, nel momento in cui questa diviene oggetto di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; concludendo che, in sintesi, tale pubblicazione sostituisce gli adempimenti di accettazione e notificazione di cui al Codice civile.

Proseguendo con l’analisi della legge speciale, facciamo riferimento agli artt. 3 c. 2 e 4. c. 2 della L. 130/1999[11], i quali corroborano il principio di separazione del patrimonio delle S.P.V. rispetto a pretese creditorie eventualmente avanzate da soggetti diversi dai portatori di titoli e affermano rispettivamente: “i crediti relativi a ciascuna operazione (…) costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli (…)” e “(…) in deroga ad ogni altra disposizione, non è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e i crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data (…)”.

Infine, poniamo all’attenzione dato il crescente numero di crediti deteriorati[12] e la consequenziale diffusione della prassi di cartolarizzazione degli stessi, il combinato disposto degli artt. 7bis, 7ter[13] e 7quater[14] della legge speciale, il quale introduce un importante incentivo alla cartolarizzazione di taluni tipi di credito, considerati particolarmente nobili (quali, a titolo esemplificativo credito fondiario e ipotecario), prevedendo la possibilità di concessione di un finanziamento da parte della banca a favore della S.P.V., finalizzato all’acquisto dei crediti predetti ed il cui rimborso è subordinato alla riscossione degli stessi[15].

Informazioni

(Cartolarizzazione e processo: titolarità del rapporto controverso da parte della società veicolo), in Picaalfieri.it, disponibile in https://www.picaalfieri.it/cartolarizzazioni-e-processo-titolarita-del-rapporto-controverso-da-parte-della-societa-veicolo/#:~:text=%E2%80%93%20la%20cartolarizzazione%20%C3%A8%20operazione%20di,intercorsi%20tra%20originator%20e%20ceduto.

(La “Securitisation”), in Consob.it., disponibile in https://www.consob.it/web/investor-education/la-securitisation-

Domenegotti M. e Pagani S., Cartolarizzazioni: questioni controverse e soluzioni giurisprudenziali, in dirittobancario.it, 2021, disponibile in https://www.dirittobancario.it/art/cartolarizzazioni-questioni-controverse-e-soluzioni-giurisprudenziali/

Torrente A. e Schlesinger P., Manuale di diritto privato, XXII ed., Giuffrè editore, Milano, 2015

[1] Mercante olandese, nato nel 1611, accreditato essere stato il primo ad introdurre le banconote in Europa. E’ stato altresì uno dei fondatori, nonché direttore generale, del Banco di Stoccolma, introducendo novità assolute per il mondo finanziario dell’epoca. Per approfondimenti cfr. https://www.amscan.org/wp-content/uploads/2015/10/SR_Spring15_CurrencyEvents.pdf

[2] Rappresentano ‘attività indivise ed illiquide’ i pacchetti di crediti in sofferenza vantati dalla banca che, come tali, non hanno automatica appetibilità e possibilità di impiego nel mercato degli investitori, occorrendo che questi vengano trasformati, o meglio inglobati, in seguito ad operazione di cartolarizzazione, in titoli obbligazionari, definibili ‘attività divise e fungibili’.

[3] Cfr, (La “Securitisation”), in Consob.it. https://www.consob.it/web/investor-education/la-securitisation-

[4] Possiamo omettere la presenza del debitore ceduto poiché non rilevante dal punto di vista dell’efficacia e validità della cessione, come sottolineato dall’enunciato di cui all’art. 1260 c.c. “(…) anche senza il consenso del debitore(…)”.

[5] Sono soggetti la cui esclusiva funzione consiste nella realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione ed iscritti, dal 2011, ai sensi dell’art. 106 c. 1 T.U.B., in apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia.

[6] Per approfondire la natura e le tipologie dei titoli ABS, consulta https://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/assetbackedsecurities.htm

[7] Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza.

[8] Nello specifico, il patrimonio di dette società, idoneo a compensare l’investitore, è costituito dalla riscossione dei crediti da esse acquistati e da ogni altro credito, prodotto o attività derivante dalle operazioni di cartolarizzazione e dall’impiego dei titoli sul mercato.

[9] Sul pignoramento, cfr. https://www.dirittoconsenso.it/2022/05/11/il-pignoramento-in-generale/

[10] Si intende così una cessione del credito il cui adempimento non è, di regola, garantito dal cedente. La conseguenza è che il rischio di insolvenza del debitore sarà ‘a carico’ del soggetto cessionario.

[11] Rispettivamente introdotti da D.L. n. 91/2014 e D.L. n. 145/2013.

[12] Cosa sono i crediti deteriorati? Possono dirsi crediti deteriorati quelli il cui adempimento non risulta più totalmente soddisfacente per il creditore, e si classificano così:

– NPL (Non Performing Loans): crediti in sofferenza e per i quali il rapporto sottostante si è risolto;

– UTP (Unlikely To Pay): crediti non ancora in sofferenza, il cui rapporto è ancora in essere ma che potrebbero non essere soddisfatti;

– Past Due: posizione creditoria in default, essendo il credito scaduto o sconfinato per più di 90 giorni.

[13] Articoli introdotti con D.L. 35/2005.

[14] Aggiunto con D.L. 145/2013.

[15] In questo caso, o nel caso in cui il finanziamento sia garantito (anziché concesso) dalla banca, si parla di covered bonds.


Fideiussioni omnibus

Le fideiussioni omnibus: inquadramento e giurisprudenza

L’istituto delle fideiussioni omnibus: a partire dalla disciplina del Codice civile fino alle novità introdotte dalle Sezioni Unite

 

Introduzione: cosa sono le fideiussioni omnibus?

L’istituto delle fideiussioni omnibus è compreso nel più ampio novero dei contratti di fideiussione, definibili come contratti diretti a costituire una garanzia. La fideiussione, diversamente dal pegno e dall’ipoteca, definiti garanzie reali, è una garanzia personale[1] ed è disciplinata dall’art. 1936 c.c., secondo cui: “E’ fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”.

Le fideiussioni omnibus, a differenza di quelle ordinarie, obbligano il garante ad essere tale per tutte le obbligazioni che verranno contratte dal debitore principale nei confronti del creditore.

Tale peculiarità rende applicabile all’istituto le regole sulle obbligazioni future, di cui agli artt. 1938 e 1956 c.c.

Nella prassi questa garanzia è adottata in occasione di contratti di finanziamento conclusi tra una società e un istituto di credito, in occasione dei quali il fideiussore, spesso, è un socio della finanziata o un soggetto che dal contratto vanta un interesse, seppur indirettamente[2].

Fin dagli anni 70-80 tale figura contrattuale ha destato diverse perplessità.

Di particolare rilevanza è la questione sollevata in quegli anni circa la legittimità del contratto di garanzia ‘perpetuo’, ritenuto non rispondente al principio di determinatezza dell’oggetto del contratto di cui agli artt. 1346 e 1418 c.c.

Le problematiche sono venute progressivamente meno:

  • dapprima, grazie alla modifica all’art. 1938 c.c, introdotta dall’ 10 L. n. 154/1992[3], secondo cui: “La fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito;
  • successivamente, in seguito a diverse pronunce giurisprudenziali che ne hanno sancito la validità qualora venisse effettuato un controllo, terminato con esito positivo, circa la corrispondenza e la proporzionalità in concreto tra il finanziamento erogato, l’attività della società finanziata e le potenzialità economiche del finanziato[4].

 

Oggigiorno le fideiussioni omnibus sono molto utilizzate, in quanto la loro duttilità è duplice: da un lato, permettono al soggetto finanziato di accedere facilmente a molteplici finanziamenti in quanto garantiti a monte da un contratto di fideiussione che rimane quindi ‘operativo’ per tutte le obbligazioni cui è, e sarà, soggetto il debitore; dall’altro, fanno sì che la banca, nel concedere più finanziamenti, possa già vantare una garanzia sugli stessi.

Il frequente ricorso a questo tipo di contratti di garanzia ha indotto l’ABI – Associazione Bancaria Italiana – a redigere un formulario contrattuale standard relativo alle clausole, ad interesse dell’istituto bancario, da inserire in essi[5].

 

Caratteristiche delle fideiussioni. Particolarità e criticità di quelle omnibus

La fideiussione, come detto, è un contratto diretto a costituire una garanzia personale, stipulato tra creditore e garante e, comportando obbligazioni a carico del solo fideiussore, si perfeziona, a norma dell’art. 1333 c.c., senza accettazione da parte del soggetto che si intende garantire.

È un contratto connotato dal requisito di accessorietà rispetto all’obbligazione principale[6]: difatti, se quest’ultima non è valida, la garanzia perde la propria ragion d’essere e, altresì, a norma dell’art. 1941 c. 1 c.c.: “La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose”.

Tra debitore principale e fideiussore si instaura un rapporto di solidarietà, espresso dall’art. 1294 c.c., in virtù del quale entrambi sono obbligati verso il creditore ma con la peculiarità che, a norma dell’art. 1944 c. 2 c.c., le parti possono pattuire il c.d. ‘beneficio di prima escussione’, il quale prevede una preventiva escussione del debitore principale rispetto al fidegarante.

Infine, per quanto riguarda i rapporti tra le figure contrattuali di cui sopra, è ammessa azione di regresso del fidegarante adempiente nei confronti del debitore principale e surrogazione del primo nei diritti che il creditore vantava in origine[7].

La fideiussione omnibus, come già anticipato, è una garanzia per obbligazioni non ancora sorte interamente nel loro ammontare ma comunque determinabili per relationem; si applicano ad essa, pertanto, le norme sulle obbligazioni future, ovvero gli artt. 1938 e 1956 c.c.[8].

A norma del primo, come modificato dalla legge sulla trasparenza bancaria, la possibilità di garantire obbligazioni future dipende dalla determinazione di un tetto massimo, oltre il quale il garante non è più tenuto; a norma del secondo, si statuisce la liberazione del fidegarante nel momento in cui il creditore ha concesso credito al terzo, consapevole del mutamento delle condizioni patrimoniali di quest’ultimo, tali da rendere più difficoltoso il soddisfacimento del credito.

Le fideiussioni omnibus sono state in larga scala sempre più utilizzate, tanto da indurre l’ABI ad elaborare, nel 2003, uno schema contrattuale standard di clausole ad esse applicabili, al fine di promuovere un’uniformità giuridica e riservare, agli istituti bancari, una tutela più pregnante e consolidata.

In realtà questo schema standardizzato ha destato parecchie perplessità a riguardo, tanto da rendere necessario un intervento della Banca d’Italia che, con provvedimento n. 55/2005, aveva ritenuto che, nel momento in cui venissero applicate in modo uniforme, alcune clausole fossero anticoncorrenziali[9], poiché in violazione dell’art. 2 c. 2 lett. a) L. n. 287/1990, la c.d. ‘legge Antitrust’.

La legge di cui sopra è stata da sempre foriera di dubbi circa la sorte di un contratto stipulato a monte di intese anticoncorrenziali e della tutela accordata al c.d. contraente debole.

Qui di seguito riporterò brevemente l’excursus giurisprudenziale, culminato con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 41994/2021.

 

Le novità introdotte dalle Sezioni Unite

Il combinato disposto di cui agli artt. 2 e 3 della l. n. 287/1990 sancisce la nullità ad ogni effetto delle intese vietate, ma si può parlare di nullità del contratto di fideiussione stipulato a monte delle stesse?

È ammessa tutela reale o solo tutela risarcitoria?

In merito, la prima pronuncia giurisprudenziale risale al 1999, la quale ci offre un criterio ermeneutico circa l’interpretazione del termine ‘intese’, riferibili non solo ai contratti in senso tecnico o ai negozi giuridici, ma anche a qualsiasi condotta di mercato ‘non contrattuale’ o ‘non negoziale’[10].

Entrando più nel focus della problematica, si rammenta la pronuncia della Suprema Corte del 2003[11] che, seppur statuendo circa la piena validità del contratto, per prima ha ammesso una tutela risarcitoria, discostandosi dalla pronuncia dell’anno precedente, la quale aveva escluso che il consumatore finale potesse essere coinvolto, al punto tale da meritare specifica tutela, nel meccanismo restrittivo della concorrenza[12].

Le Sezioni Unite[13], qualche anno più tardi, avevano sostanzialmente giustificato la pronuncia del 2003, statuendo che spetta tutela risarcitoria a chiunque, anche ai privati, abbia un interesse processualmente rilevante alla conservazione della competitività, tanto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o diminuzione della stessa.

Riguardo alla nullità del contratto, la dottrina ha sposato, per lo più, la teoria della nullità totale ex art. 1418 c.c. ma giustificata sulla base di diversi assunti: quello dell’applicazione della clausola ‘simul stabunt, simul cadent[14]; della pura illiceità della causa (o del contratto in frode alla legge, ex art. 1344 c.c.); della c.d. teoria della nullità virtuale.

La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 41994/2021, ripercorrendo tutte le correnti di pensiero di cui sopra e ammettendo la legittimità di un’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c., ha infine statuito circa l’ammissibilità della declaratoria di nullità (derivata) dei contratti a valle, in quanto costituiscono necessario e naturale sbocco dell’intesa concorrenziale a monte[15].

Tale nullità è di regola parziale, soggetta pertanto al regime di cui all’art. 1419 c.c.

La pronuncia in esame ha sostanzialmente corroborato il principio di conservazione del negozio giuridico, ex art. 1367 c.c., e di libertà contrattuale delle parti, ex art. 1322 c.c.

In conclusione, al fine di dichiarare nullità totale del contratto occorre dimostrare che le parti, consapevoli della nullità di talune clausole, non avrebbero avuto interesse a stipularlo in assenza di esse.

Nel caso delle fideiussioni, in particolare quelle omnibus, il garante e il garantito conservano (quasi) sempre un certo grado di interesse, seppur affievolito.

Infatti, in mancanza totale di contratto, il garante non avrebbe beneficiato, seppur indirettamente, del contratto principale e il garantito non avrebbe vantato nessuna garanzia sul rischio di inadempimento delle obbligazioni da esso derivanti.

Informazioni

(“Fideiussione bancaria: le caratteristiche e come funziona”), in Quifinanza.it, 25 febbraio 2020. Disponibile da https://quifinanza.it/soldi/cose-come-funziona-fideiussione-bancaria/353936/

(“Fideiussione-ABI e disciplina Antitrust: per le Sezioni Unite la nullità dei contratti a valle è solo parziale”), in Intrum.it, 2022.

Brignoli N., La fideiussione ‘omnibus’, in StudioCataldi.it, 19 febbraio 2020.

Disponibile da https://www.studiocataldi.it/articoli/16181-la-fideiussione-omnibus-.asp

Disponibile in https://www.intrum.it/aziende-e-istituzioni-finanziarie/report-approfondimenti/articoli/flash-news-1-2022/

Torrente A. e Schlesinger P., Manuale di diritto privato, XXII ed., Giuffrè editore, Milano, 2015

[1] Vi è un’altra importante differenza tra i due istituti di garanzia: pegno e ipoteca, diversamente dalla fideiussione, costituiscono altresì causa legittima di prelazione in sede di esecuzione coattiva del diritto di credito, nello specifico in sede di distribuzione della somma ricavata. Sull’esecuzione forzata cfr. Espropriazione forzata e processo esecutivo – DirittoConsenso

[2] Per fornire un esempio pratico, rappresentiamo la seguente situazione: se la rivista ‘Dirittoconsenso’ (immaginiamola nelle vesti di una S.p.A.) chiedesse ed ottenesse un finanziamento dalla banca X, al fine di impiegarlo nell’attività cui si prepone, e fidegarante dell’adempimento delle obbligazioni dallo stesso derivante si ponesse il dott. Venezia Lorenzo, fondatore e socio della finanziata, ben potremmo concludere che costui figurerebbe, contemporaneamente, garante e beneficiario (anche se indiretto) del contratto di finanziamento in questione.

[3] C.d. ‘legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari’.

[4] Trib. Savona, 11 marzo 1999 e Cass. civ. Sez. I, n. 27005/2008. Particolare rilevanza, a proposito, seppur non di derivazione giurisprudenziale, assume il parere n. 14251/2005 adottato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il quale introduce un obbligo di controllo anche sui coefficienti di buona fede e correttezza.

[5] Qui disponibile: https://www.bancaditalia.it/chi-siamo/procedimenti-amministrativi/Schemi-contrattuali-fideiussione-Provvedimento-55-del-2-5-2005.pdf

[6] Vale la pena, a questo proposito, prospettare una differenza con un’altra figura contrattuale di garanzia: il contratto autonomo di garanzia. Questo, seppur appartenente allo stesso genus contrattuale della fideiussione, vi differisce in quanto privo del requisito dell’accessorietà rispetto al rapporto debitorio principale: infatti, il garante adempierà nei confronti del garantito a semplice richiesta di costui, rinunciando a proporre tutte le eccezioni di cui all’art. 1945 c.c. Cfr. Cass. Sez. Un., n. 3947/2010.

[7] Gli istituti del regresso e della surrogazione possono dirsi forieri di un rapporto a struttura tripartita.

Più nello specifico, il primo, disciplinato dall’art. 1299 c.c., pone come antecedente giuridico-necessario l’adempimento di uno dei debitori solidalmente obbligati nei confronti del creditore, tale che il primo avrà diritto di rivalersi sui condebitori inadempienti, al fine di recuperare le quote di debito ad essi spettanti.

Il secondo, invece, disciplinato dall’art. 2900 c.c., è il classico esempio di legittimazione straordinaria e litisconsorzio necessario in virtù del quale il creditore esercita verso terzi i diritti che spettano al debitore e che questi trascura di esercitare, al fine di soddisfare o conservare le sue garanzie sulle pretese creditorie da lui vantate. Al fideiussore è riconosciuto il diritto di agire in surrogazione e regresso rispettivamente dagli artt. 1949 e 1950 c.c.

[8] Si ha fideiussione per obbligazioni future (o condizionali) qualora questa si erga a garanzia di obbligazioni non ancora fisiologicamente sorte (ad esempio perché soggette a condizione sospensiva) ma destinate a sorgere.

Esse sono valide purché, come detto, a norma dell’art. 1938 c.c., venga fissato un importo massimo garantito.

[9] Si tratta delle clausole n. 2, 6 e 8, rispettivamente denominate clausola di reviviscenza, sopravvivenza e di deroga.

[10] Cass., n. 827/1999.

[11] Cass., n. 9384/2003.

[12] Cass., n. 17475/2002.

[13] Cass. Sez. Un., n. 2207/2005.

[14] Letteralmente “insieme staranno, insieme cadranno”.

[15] Cfr. Cass., n. 14716/2005; Cass., n. 993/2010; Cass., n. 3556/2010 e Cass., n. 24044/2019.