Emergenza sanitaria e brevetti sui vaccini
Il trade-off tra la protezione dei brevetti sui vaccini e la tutela della salute
L’innovazione tecnologica e i brevetti sui vaccini
L’innovazione tecnologica rappresenta un’evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche e di conseguenza del procedimento di creazione di determinati prodotti e servizi, al fine di realizzare un miglioramento ed una velocizzazione degli stessi. Per tale ragione, l’innovazione rappresenta una strategia concorrenziale per le imprese e richiede di essere tutelata per mezzo di strumenti giuridici, tra i quali vi è il brevetto per invenzione. Quest’ultimo risulta uno dei mezzi di tutela più efficaci, poiché impedisce all’invenzione di essere riprodotta o copiata da parte dei concorrenti.
In particolare, attraverso la concessione di un brevetto, viene conferito un diritto esclusivo (monopolio) su un’invenzione, in base al quale si può vietare a terzi di produrre, usare, mettere in commercio, vendere o importare l’oggetto dell’invenzione.
Questo è vero anche per i vaccini che, alla pari di altri farmaci, sono brevettabili. Nell’attuale contesto di pandemia globale, si discute sull’impatto che i brevetti sui vaccini possano avere sulla tutela della salute. In che misura i brevetti possono garantire uno sfruttamento diffuso ed universale dei vaccini in casi di emergenza sanitaria?
Licenza obbligatoria
I brevetti sui vaccini determinano inevitabilmente dei limiti all’accesso alle cure.
Per superare tale impasse gli Stati potrebbero attivare diversi strumenti giuridici. Uno tra questi è quello delle licenze obbligatorie ex art. 31 del Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPs)[1] che prevede il diritto degli Stati membri del World Trade Organization (WTO) di includere nella loro legislazione una disposizione per l’uso del brevetto senza autorizzazione del titolare per facilitare l’accesso ai farmaci (la cosiddetta “licenza obbligatoria”), in circostanze di emergenza e altre situazioni non convenzionali. Ciò consentirebbe la produzione e l’esportazione di brevetti sui vaccini o vaccini in corso di brevettazione senza il previo consenso del titolare del monopolio e verso Stati privi della capacità necessaria a produrli localmente.
Per attivare le licenze obbligatorie occorre, in primo luogo, che vi sia effettivamente un’emergenza sanitaria nazionale. In seguito, si può richiedere formalmente al titolare del brevetto un’autorizzazione immediata alla produzione dei farmaci necessari. Qualora quest’ultimo abbia negato il suo consenso, diventa allora possibile procedere all’imposizione di una licenza obbligatoria (sempre in presenza appunto di una grave emergenza sanitaria nel territorio del paese richiedente) e questo a fronte però della disponibilità al pagamento di un congruo corrispettivo al titolare del brevetto stesso e a condizione che l’obbligatorietà della licenza sia circoscritta temporalmente e geograficamente[2].
Al fine di limitare l’uso dei brevetti sui vaccini ed in risposta all’elevato costo dei farmaci, molti Paesi in via di sviluppo hanno fatto ricorso allo strumento delle licenze obbligatorie. Ciò ha determinato diversi contenziosi con le Big Pharma che accusavano gli Stati di aver recepito ed interpretato le clausole di limitazione della proprietà intellettuale presenti nei TRIPS in modo eccessivamente esteso, violando i relativi principi costituzionali in materia di libertà economiche[3]. Nei contenziosi in esame, i giudici nazionali finivano per valorizzare i diritti sociali e gli altri diritti fondamentali quali il diritto alla vita, alla salute, alla dignità umana, legittimando le politiche economiche dei Paesi citati di applicazione delle clausole di limitazione della proprietà intellettuale previste dai TRIPS.
La procedura di espropriazione
Un’altra modalità per limitare i brevetti sui vaccini è quella dell’espropriazione. Quest’ultima permette agli Stati di impossessarsi di qualsiasi brevetto nell’interesse della difesa militare del Paese o per altre ragioni di pubblica utilità, a fronte di un’indennità al titolare[4].
Per quanto concerne propriamente l’Italia, la procedura di espropriazione è disciplinata dall’art. 141 e seguenti del Codice della Proprietà Industriale.
Secondo la legislazione nazionale, lo Stato può espropriare il diritto nel suo complesso, ovvero anche soltanto il diritto di utilizzare l’invenzione nell’interesse nazionale e per un periodo determinato di tempo. Inoltre, l’espropriazione può essere limitata al diritto di uso per i bisogni dello Stato, fatte salve le previsioni in materia di licenze obbligatorie, in quanto compatibili.
Conclusioni
L’attuale corsa al vaccino contro il Covid-19 sta evidenziando come le esigenze della ricerca scientifica tutelate dai brevetti principalmente a livello nazionale, si scontrino con la necessità di garantire una struttura omogenea di distribuzione del vaccino su scala mondiale.
Ma si tratta davvero di un’insanabile contraddizione?
In passato i titolari di brevetti sui vaccini, hanno favorito l’accesso ad essi per far fronte a specifiche crisi. Per esempio, il Medicines Patent Pool, sostenuto dall’ONU, ha favorito la creazione di un consorzio tra i principali titolari di brevetto su medicinali contro l’HIV e istituzioni nazionali e internazionali per favorire l’accesso ai farmaci nei paesi in via di sviluppo[5]. A fine marzo 2020, lo stesso Medicines Patent Pool ha deciso di includere le tecnologie relative al COVID-19 nel suo campo di azione.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO) non bisogna contrapporre la tutela della salute alla protezione dell’innovazione e della ricerca scientifica, in particolare attraverso i brevetti[6]. Si ritiene, dunque, necessario garantire la protezione della proprietà intellettuale[7] anche nell’ottica di favorire l’accesso a farmaci e vaccini su scala globale. Infine, in situazioni di emergenza sanitaria, è lo stesso diritto che individua strumenti di deroga ai diritti di proprietà intellettuale a cui si affianca la cooperazione internazionale tra Stati.
Informazioni
Codice della Proprietà Industriale, D.lgs 10/02/2005 n° 30.
CRISTOFORI RAPISARDI E., Vaccini e brevetti, il dilemma della proprietà intellettuale, Il Sole 24 Ore, 05.05.2020, https://www.ilsole24ore.com/art/vaccini-e-brevetti-dilemma-proprieta-intellettuale-ADB8nWO
DE BERTI JACCHIA FRANCHINI FORLANI Studio Legale, La lotta al Coronavirus tra scelte solidaristiche e tutela della proprietà intellettuale. Il pool di accesso condiviso e l’appello dell’OMS, https://www.dejalex.com/wp-content/uploads/2020/10/Articolo-La-lotta-al-coronavirus-tra-scelte-solidaristiche-e-tutela-della-propriet%C3%A0-intellettuale.pdf
DELLA MONICA F., La proprietà intellettuale e i suoi diritti, 12.09.2019, DirittoConsenso, http://www.dirittoconsenso.it/2019/09/12/proprieta-intellettuale-diritti/
FARFAGLIA T., Il brevetto – una guida rapida, Consulenza Legale Italia, https://www.consulenzalegaleitalia.it/brevetto/
FERRANTE M., Coronavirus: il vaccino contro COVID-19 sarà di tutti? 04.06.2020, https://www.medicalfacts.it/2020/06/04/coronavirus-vaccino-covid-19/
GURRY F., Some Considerations on Intellectual Property, Innovation, Access and COVID-19, World Intellectual Property Organization (WIPO), 24.04.2020, https://www.wipo.int/about-wipo/en/dg_gurry/news/2020/news_0025.html
LATINO A., La guerra dei vaccini e le regole del gioco, ISPI, 04.09.2020, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-guerra-dei-vaccini-e-le-regole-del-gioco-27251
LGV Avvocati – Luigi Goglia and Camilla Macrì, Covid-19 e tutela brevettuale: una call dell’OMS per un tavolo tecnico su vaccini e cure, 09.06.2020, https://www.lexology.com/library/detail.aspx?g=216136fc-e6af-44d0-8797-1cd99519d544
MEDICINES PATENT POOL, https://medicinespatentpool.org/what-we-do/disease-areas#pills-HIV
MERLI S., I brevetti nel settore farmaceutico, I quaderni di Pharmastar, https://www.pharmastar.it/binary_files/quaderni/Il_brevetto_nel_settore_Farmaceutico_08752.pdf
Natco Pharma Ltd. v. UoI & Ors., B&B Associates LLP, https://bnblegal.com/landmark/natco-pharma-limited-vs-union-of-india-ors/
Novartis AG v. Union of India (UOI) and Ors., Mondaq, https://www.mondaq.com/india/patent/826478/a-study-on-novartis-ag-v-union-of-india
PERDUCA M., Che ne pensa l’Italia del brevetto sul Vaccino anti-Covid?, 12.06.2020, https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/blog/che-ne-pensa-litalia-del-brevetto-sul-vaccino-anti-covid/
PIÙ RICERCA E INNOVAZIONE, Innovazione Tecnologica: Cos’è e Cosa si Intende per Innovazione Tecnologica, http://www.piuricercaeinnovazione.it/innovazione-tecnologica/
SINOPOLI, A., Covid-19: verso vaccini liberi da brevetti?, 22.10.2020, https://www.nigrizia.it/notizia/covid-19-verso-vaccini-liberi-da-brevetti
South African Pharmaceutical Manufacturers Association v. The Government of South Africa, Case No. 4183, 1998, High Court of Pretoria, SAFLII, http://www.saflii.org.za/za/cases/ZACC/2000/1.html
Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, Accordo TRIPs adottato a Marrakech 15 aprile 1994 relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio ratificato dall’Italia con legge 29 dicembre 1994, n. 747, http://www.uibm.gov.it/attachments/Accordo_trips.pdf
[1] Accordo TRIPs adottato a Marrakech 15 aprile 1994 relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio ratificato dall’Italia con legge 29 dicembre 1994, n. 747. http://www.uibm.gov.it/attachments/Accordo_trips.pdf
[2] LGV Avvocati – Luigi Goglia and Camilla Macrì, Covid-19 e tutela brevettuale: una call dell’OMS per un tavolo tecnico su vaccini e cure, 09.06.2020, https://www.lexology.com/library/detail.aspx?g=216136fc-e6af-44d0-8797-1cd99519d544
[3] South African Pharmaceutical Manufacturers Association v. The Government of South Africa, Case No. 4183, 1998, High Court of Pretoria, http://www.saflii.org.za/za/cases/ZACC/2000/1.html; Novartis AG v. Union of India (UOI) and Ors. https://www.mondaq.com/india/patent/826478/a-study-on-novartis-ag-v-union-of-india; Natco Pharma Ltd. v. UoI & Ors. https://bnblegal.com/landmark/natco-pharma-limited-vs-union-of-india-ors/ .
[4] CRISTOFORI RAPISARDI E., Vaccini e brevetti, il dilemma della proprietà intellettuale, Il Sole 24 Ore, 05.05.2020, https://www.ilsole24ore.com/art/vaccini-e-brevetti-dilemma-proprieta-intellettuale-ADB8nWO
[5] MEDICINES PATENT POOL, https://medicinespatentpool.org/what-we-do/disease-areas#pills-HIV
[6] GURRY F., Some Considerations on Intellectual Property, Innovation, Access and COVID-19, World Intellectual Property Organization (WIPO), 24.04.2020, https://www.wipo.int/about-wipo/en/dg_gurry/news/2020/news_0025.html
[7] Per un approfondimento sulla Proprietà Intellettuale si rinvia all’articolo di DELLA MONICA F., La proprietà intellettuale e i suoi diritti, 12.09.2019, http://www.dirittoconsenso.it/2019/09/12/proprieta-intellettuale-diritti/
I siti web Buy and Share
In che misura i diritti dei consumatori risultano tutelati dai siti web Buy and Share?
Origine dei siti web Buy and Share
I cosiddetti siti web Buy and Share (in italiano “acquista e condividi”) sono piattaforme e-commerce basate sullo “Schema Ponzi”, ovvero su un modello economico di investimento che si fonda sulla promessa di ingenti guadagni in breve tempo a fronte di irrisorie somme investite dai risparmiatori.
Tale modello si considera truffaldino, poiché alla base non c’è nessun reale investimento, ma il promotore dà i soldi promessi alla scadenza stabilita, o andando in perdita o girando il denaro ricevuto da altre “vittime”[1].
Il modello raggiunge maggiori risultati quanti più sono i soggetti coinvolti, secondo un meccanismo a struttura piramidale. Le persone che guadagnano di più sono quelle al vertice della piramide, mentre quelle alla base si accollano i costi sperando in falsi guadagni futuri.
Nel corso del tempo, lo “Schema Ponzi” si è sviluppato e si è declinato in diverse varianti, anche più complesse di quella appena descritta. L’idea di base, in ogni caso, rimane sempre la stessa.
Come funzionano i siti web Buy and Share
I prodotti maggiormente venduti sui siti web Buy and Share sono gli apparecchi elettronici: console da gioco, notebook e smartphone. Non mancano comunque prodotti d’abbigliamento, elettrodomestici e molto altro.
I siti web Buy and Share offrono di solito due tipologie d’acquisto:
- L’acquisto immediato;
- La prenotazione al “prezzo share it”.
Con la prima modalità il cliente può acquistare il prodotto a prezzo pieno senza godere di alcuno sconto.
Invece, la seconda opzione consente di accedere all’oggetto scontato di circa un terzo del prezzo di vendita. In particolare, dopo aver pagato, l’utente viene inserito in una lista e la consegna del prodotto avviene solo al raggiungimento del prezzo pieno, ovvero quando altri clienti a loro volta prenotano un prodotto nel portale fino al raggiungimento completo della cifra.
Si crea, dunque, una sorta di schema piramidale che teoricamente tende ad allargarsi all’infinito. Ad un certo punto diventa impossibile compensare determinati ordini e molti acquirenti rimangono insoddisfatti.
In questi casi, l’utente dovrà spendere un prezzo superiore a quello di vendita per non perdere del tutto i soldi già versati. Quindi, nei siti web Buy and Share, quello che sembra uno sconto in realtà non lo è. Il prodotto viene pagato a prezzo intero con la commissione prevista dal sito e suddividendo il costo tra più persone.
Pratica commerciale scorretta e pregiudizio economico in capo ai consumatori
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato[2] ha recentemente concluso tre procedimenti istruttori nei confronti di società attive nella vendita online attraverso siti web Buy and Share.
In particolare, gli operatori promuovevano offerte commerciali in cui i consumatori venivano invitati ad “acquistare” prodotti ad un prezzo particolarmente scontato.
I clienti, inseriti in una lista gestita dal venditore, pagavano subito ma dovevano aspettare che altri effettuassero un analogo acquisto per poter ottenere il prodotto.
L’Autorità ha accertato che, in realtà, il pagamento richiesto era una prenotazione e non il prezzo scontato di acquisto perché solo i versamenti fatti da altri consumatori consentivano al primo di farsi consegnare la merce.
Inoltre, non venivano resi noti i meccanismi di funzionamento della lista di attesa e i tempi di scorrimento. Dunque accadeva che i clienti che avevano prenotato la merce di solito non la ricevevano al prezzo scontato.
Gli accertamenti istruttori hanno anche evidenziato che ai consumatori era impedito l’esercizio di diritti contrattuali ossia di avere il rimborso di quanto versato in precedenza, di acquisire il prodotto ad un prezzo di mercato e di esercitare il diritto di recesso.
Secondo l’Autorità il comportamento delle società costituisce una pratica commerciale ingannevole e aggressiva consistente nel prospettare, con modalità decettive, la possibilità di acquistare beni a prezzi estremamente scontati, omettendo di chiarire le condizioni alle quali veniva subordinata la consegna dei beni, ostacolando il diritto di rimborso e di recesso/risoluzione del contratto da parte dei consumatori, inducendo in errore i predetti, limitandone la libertà di scelta e di comportamento e, di conseguenza, inducendoli ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso.
Per tali ragioni l’Autorità ha irrogato sanzioni pecuniarie avverso le società attive su siti web Buy and Share [3].
A seguito di ciò, la maggior parte dei siti web Buy and Share ha chiuso e si è ordinato agli operatori di sospendere ogni attività diretta all’utilizzo della modalità di vendita subordinata alla successiva adesione di altri consumatori, nonché alla vendita di prodotti presentati come disponibili ma che in realtà non risultano pronti per la consegna.
Informazioni
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, comunicato stampa del 10.08.2020, https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2020/8/PS11467-PS11489-PS11541-PS11543
BERGAMINI S., Buy&Share, l’Antitrust sospende l’attività di vendita del sito shoppati.it, https://www.helpconsumatori.it/acquisti/consumi/buyshare-lantitrust-sospende-lattivita-di-vendita-del-sito-shoppati-it/
Il Blog del Consumatore, Buy and Share: attenzione alle fregature, 27.04.2018, http://consumatore.tgcom24.it/2018/04/27/buy-and-share-attenzione-alle-fregature/
MEZZANOTTE F., Smartphone e sconti online: come funziona il buy and share, 14.04.2020, https://www.tecnoandroid.it/2020/04/14/smartphone-e-sconti-online-il-buy-and-share-e-illegale-703690
NICOLINI G., Antitrust: come funziona e cosa fa?, 08.11.2018, http://www.dirittoconsenso.it/2018/11/08/antitrust-cosa-fa/
PRESSACCO F., Ponzi game, https://www.treccani.it/enciclopedia/ponzi-game_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/
WAdsl, Siti Buy and Share, 26.11.2019, https://www.wadsl.it/siti-buy-and-share/
ZEPPILLI V., Schema Ponzi: cos’è, 05.08.2020, https://www.studiocataldi.it/articoli/33651-schema-ponzi.asp
[1] ZEPPILLI V., Schema Ponzi: cos’è, 05.08.2020, https://www.studiocataldi.it/articoli/33651-schema-ponzi.asp
[2] Per un approfondimento sull’Antitrust si rinvia all’articolo di NICOLINI G., Antitrust: come funziona e cosa fa?, 08.11.2018, http://www.dirittoconsenso.it/2018/11/08/antitrust-cosa-fa/
[3] Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, comunicato stampa del 10.08.2020, https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2020/8/PS11467-PS11489-PS11541-PS11543
La mobilità sostenibile
Mobilità sostenibile significa dare alle persone la possibilità di spostarsi in libertà, comunicare e stabilire relazioni senza mai perdere di vista l’aspetto umano e quello ambientale, oggi come in futuro
I vantaggi della mobilità sostenibile
Il tema della mobilità sostenibile risulta essere cruciale non solo perché direttamente ed immediatamente connesso alla qualità della vita dei cittadini, ma anche perché è la componente maggiormente responsabile di emissioni inquinanti.
Secondo le stime dell’OMS, il 92% della popolazione mondiale vive in luoghi dove la qualità dell’aria è al di sotto dei limiti di sicurezza per la salute[1].
In Italia, ad esempio, tra le aree con maggior concentrazione di polveri sottili vi è la Pianura Padana. Tra le sostanze nocive vi sono: le polveri sottili (Pm 2.5), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono, quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3), a cui l’OMS attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti premature in Italia[2].
A fronte di ciò, la mobilità sostenibile appare una soluzione al problema dell’inquinamento.
In particolare, si tratta di un sistema di trasporti che riduce al minimo l’impatto ambientale, massimizzando l’efficienza, l’intelligenza e la rapidità degli spostamenti. Ciò è reso possibile attraverso l’utilizzo, all’interno di spazi urbani (e non solo), di mezzi meno inquinanti come i veicoli elettrici o a zero emissioni ed i servizi di sharing.
Oltre alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, la mobilità sostenibile contribuisce ad abbattere il traffico congestionato, a combattere il consumo di suolo ed il degrado del territorio, a rendere gli spostamenti più efficienti e convenienti per i cittadini.
Mobilità sostenibile e riduzione delle emissioni inquinanti a livello internazionale…
Il tema della mobilità sostenibile si inquadra in un contesto prima globale e poi europeo e nazionale. A livello internazionale, il Protocollo di Kyoto ha rappresentato il primo passo importante in materia ambientale a fronte dell’aumento di fenomeni di inquinamento su larga scala. Il trattato, di natura volontaria, è stato sottoscritto nel dicembre 1997, ma è entrato in vigore solo a febbraio 2005 e ha previsto, come obbligo più importante per i Paesi sottoscrittori, quello di ridurre le emissioni di elementi inquinanti.
Dopo l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, si è sviluppata una visione di maggior respiro inquadrata nel Bali Action Plan del 2007. Proprio in questo contesto è stata rimarcata l’importanza di migliorare il trasporto in linea con lo sviluppo di una mobilità più sostenibile.
…e a livello europeo
L’Unione europea ha svolto fin dal 1990 un ruolo guida a livello globale per contrastare i cambiamenti climatici. L’adesione al Protocollo di Kyoto è stato il primo passo verso la riduzione delle emissioni di gas-serra.
In seguito, per il periodo 2013-2020, l’Unione Europea ha adottato il Pacchetto Clima e Energia (Integrated Energy and Climate Change Package, “IECCP”). L’IECCP impegna gli Stati membri dell’Unione Europea a conseguire entro il 2020 i seguenti obiettivi:
- produzione di energia da fonti rinnovabili pari al 20% dei consumi energetici e utilizzo di biocombustibili pari al 10% nei trasporti;
- riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 20% rispetto al 1990;
- riduzione dei consumi energetici del 20% rispetto allo scenario base da raggiungere migliorando l’efficienza energetica.
In tal senso, la transizione ecologica nel settore dei trasporti rappresenta un punto di partenza strategico per il raggiungimento di un’economia a basso impatto di carbonio.
La Commissione europea ha, infatti, adottato un documento programmatico “Trasporti 2050” che punta allo sviluppo della mobilità sostenibile. In questa strategia, la Commissione ha definito la Energy Roadmap 2050 indirizzandola verso una riduzione netta delle emissioni di anidride carbonica nel settore dei trasporti e ponendo come obiettivo l’esclusione delle auto ad alimentazione tradizionale nelle città[3].
Inoltre, in tale contesto si colloca la Direttiva 2014/94/UE del 22 ottobre 2014, nota anche come AIFD (Alternative Fuels Infrastructure Directive), che stabilisce una serie di strumenti per realizzare infrastrutture per i combustibili alternativi – inclusi i punti di ricarica per i veicoli elettrici e i punti di rifornimento di gas naturale liquefatto e compresso, idrogeno e gas di petrolio liquefatto – per ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio ed attenuare l’impatto ambientale nel settore dei trasporti.
I combustibili alternativi sono i “combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia per il trasporto e che possono contribuire alla sua decarbonizzazione e migliorare le prestazioni ambientali del settore dei trasporti.”[4]. L’elettricità, l’idrogeno, i biocarburanti, il gas naturale e il gas petrolio liquefatto (GPL) sono, attualmente, i principali combustibili alternativi con potenzialità di lungo periodo in termini di sostituibilità al petrolio, anche alla luce del loro possibile utilizzo simultaneo.
La Direttiva dispone che ogni Stato membro debba elaborare un quadro strategico nazionale in cui illustri i propri obiettivi e le relative azioni di supporto in materia di sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi, compreso lo sviluppo delle infrastrutture da realizzare, in collaborazione con le autorità regionali e locali, tenendo anche conto delle esigenze delle piccole e medie imprese.
Un’altra tappa importante nell’evoluzione normativa europea in tema di mobilità sostenibile, è stata l’approvazione nel 2014 delle Linee Guida ELTIS (Guidelines for developing and implementing a Sustainable Urban Mobility Plan) aggiornate nel 2019.
In esse la Commissione europea chiarisce che un Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) è un piano strategico che si propone di soddisfare la variegata domanda di mobilità delle persone e delle imprese nelle aree urbane e peri-urbane per migliorare la qualità della vita nelle città. Il PUMS integra gli altri strumenti di piano esistenti e segue principi di integrazione, partecipazione, monitoraggio e valutazione.
La redazione di un PUMS ha pertanto l’obiettivo di migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane in modo da assicurare un ambiente di vita più sano in un complessivo quadro di sostenibilità economica e sociale, facendo sì che il sistema della mobilità urbana assicuri a ciascuno l’esercizio del proprio diritto a muoversi, senza gravare, per quanto possibile, sulla collettività in termini di inquinamento atmosferico, acustico, di congestione e incidentalità.
In tale ottica, il tema dell’accessibilità, intesa come insieme delle caratteristiche spaziali, distributive, organizzative e gestionali in grado di permettere la mobilità e un uso agevole, in condizioni di sicurezza e autonomia, degli spazi e delle infrastrutture della città da parte di qualsiasi persona, è da intendersi come elemento centrale per la redazione, l’implementazione e il monitoraggio di un PUMS.
In Italia, con Decreto legislativo del 16 dicembre 2016, n. 257 sono state recepite le linee guida europee per i Piani Urbani di Mobilità Sostenibile (PUMS) con l’obiettivo di convertire i trasporti urbani tradizionali in un modello di mobilità sostenibile riducendo le emissioni e migliorando la vita delle persone.
Car sharing
Esistono diverse modalità atte al raggiungimento e all’attuazione del sistema di mobilità sostenibile, tra cui il servizio di car sharing. Questo permette agli utenti di utilizzare un veicolo su prenotazione noleggiandolo per un periodo di tempo breve, nell’ordine di minuti o ore, e pagando in ragione dell’utilizzo effettuato.
Numerosi appaiono i vantaggi:
- riduzione dell’impatto ambientale: si godranno dei più recenti progressi tecnologici in termini di emissioni e consumi;
- riduzione del numero di automobili parcheggiate su strada e di conseguenza maggiore disponibilità di parcheggi;
- rotazione rapida del materiale: le automobili in condivisione vengono utilizzate intensivamente, e quindi tendono a essere rinnovate con frequenza superiore rispetto alle automobili private che vanno a sostituire, garantendo maggiore sicurezza stradale.
Dunque, il servizio di car sharing si inserisce perfettamente nel modello di mobilità sostenibile e rappresenta un esempio applicativo dei notevoli benefici (soprattutto in termini di minor impatto ambientale e risparmio dei costi) che essa apporta alla collettività ed ai singoli individui.
Informazioni
CARNAZZI S., Cos’è la mobilità sostenibile
CRISPINO M.F., Il futuro green della mobilità per uno sviluppo sostenibile, 31.01.2019, Ius in Itinere,
DI CHIARA G., Mobilità sostenibile in Italia: situazione e obiettivi, https://mobilita.org/2020/07/21/mobilita-sostenibile-in-italia-situazione-e-obiettivi/
GIULIANI R., Gli FGas e il Global Warming Potential, 29.10.2018, http://www.dirittoconsenso.it/2018/10/29/f-gas-e-global-warming-potential/
MUSSI G., Mobilità sostenibile: che cos’è e perché è importante, https://www.infobuildenergia.it/approfondimenti/la-mobilita-sostenibile-che-cose-e-perche-e-importante/
OSSERVATORIO PUMS, Cos’è un PUMS, https://www.osservatoriopums.it/il-pums
PARLAMENTO EUROPEO e CONSIGLIO EUROPEO, Direttiva 2014/94/UE, 22.10.2014, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32014L0094&from=EN
SCAINI F., Green Deal europeo: per un’Europa sostenibile entro il 2050, 25.06.2020, http://www.dirittoconsenso.it/2020/06/25/green-deal-europeo-europa-sostenibile-entro-2050/
TEKNORING, Linee guida per i Piani urbani di mobilità sostenibile (PUMS), https://www.teknoring.com/news/trasporti-e-automotive/linee-guida-per-i-piani-urbani-di-mobilita-sostenibile-pums/
[1] Per un approfondimento sugli altri fattori che impattano negativamente sulla qualità dell’aria, si rinvia all’articolo di GIULIANI R., Gli FGas e il Global Warming Potential, 29.10.2018, http://www.dirittoconsenso.it/2018/10/29/f-gas-e-global-warming-potential/
[2] CARNAZZI S., Cos’è la mobilità sostenibile
[3] Per un approfondimento sul tema della transizione ecologica guidata dall’Unione europea si rinvia all’articolo di SCAINI F., Green Deal europeo: per un’Europa sostenibile entro il 2050, 25.06.2020, http://www.dirittoconsenso.it/2020/06/25/green-deal-europeo-europa-sostenibile-entro-2050/
[4] Art. 2, Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi.
La strategia digitale europea
Plasmare il futuro digitale dell’Europa: la strategia digitale europea a beneficio dei cittadini, delle imprese e dell’ambiente
I tre pilastri della strategia digitale europea
Il 19 febbraio scorso la Commissione europea ha presentato la nuova strategia digitale europea per i prossimi cinque anni, sottolineando la necessità di puntare sulla sovranità tecnologica europea.
Finora, infatti, l’Unione europea nel settore digitale ha cercato di affermarsi soprattutto come arbitro che stabilisce delle regole di portata globale per l’utilizzo delle nuove tecnologie create però da altri paesi.
Dando priorità all’aspetto regolatorio, Bruxelles ha messo in secondo piano gli stimoli all’innovazione. Di conseguenza, un’azienda europea che oggi volesse adottare delle soluzioni di intelligenza artificiale, ad esempio per ottimizzare i propri processi produttivi, si troverebbe costretta a rivolgersi a fornitori americani o cinesi[1].
Dunque, l’intenzione di accrescere il proprio peso internazionale, risulta un aspetto centrale nella strategia digitale europea. Quest’ultima si articolerà lungo tre pilastri:
- una tecnologia al servizio delle persone;
- un’economia digitale equa e competitiva;
- una società digitale aperta, democratica e sostenibile.
Tecnologia al servizio delle persone
Con riguardo al primo pilastro, la Commissione europea si propone di investire nelle competenze digitali a beneficio di tutti i cittadini europei.
In tale sezione, la strategia digitale europea garantisce uno sviluppo dell’Intelligenza artificiale (IA), in forme che rispettino i diritti delle persone e ne conquistino la fiducia.
In particolare, l’IA è un insieme di tecnologie che combina dati, algoritmi e potenza di calcolo[2].
Se la tecnologia digitale diventa una parte sempre più centrale di tutti gli aspetti della vita delle persone, queste ultime dovrebbero potersi fidare di tale tecnologia. Di qui, l’esigenza di presentare il Libro bianco sull’Intelligenza artificiale (IA) che mira a conseguire uno sviluppo sicuro ed affidabile dell’IA in Europa.
Tra gli obiettivi del presente libro, vi è da un lato quello di mobilitare risorse per conseguire un “ecosistema di eccellenza” tramite un partenariato che coinvolga diversi attori dello scenario europeo: Stati membri, comunità scientifica, settore privato (in particolare piccole e medie imprese), pubblica amministrazione e anche gli Stati terzi.
Dall’altro, vi è quello di creare un “ecosistema di fiducia” garantendo il rispetto delle norme dell’UE, comprese le norme a tutela dei diritti fondamentali e dei diritti dei consumatori, in particolare per i sistemi di IA ad alto rischio gestiti nell’UE.
La costruzione di un ecosistema di fiducia è un obiettivo strategico in sé e dovrebbe dare da un canto ai cittadini la fiducia di adottare applicazioni di IA, dall’altro alle imprese ed alle organizzazioni pubbliche la certezza del diritto necessaria per innovare utilizzando l’IA.
Tale pilastro è, inoltre, dedicato all’adozione di misure volte a proteggere le persone dalle minacce informatiche (hackeraggio, ransomware, furto d’identità), ad accelerare la diffusione della banda larga ultraveloce nelle abitazioni private, nelle scuole e negli ospedali in tutta l’UE e ad accrescere la capacità europea di super calcolo per la messa a punto di soluzioni innovative per la medicina, i trasporti e l’ambiente.
Un’economia digitale equa e competitiva
Nel secondo pilastro, la Commissione europea si sofferma in particolar modo sulla necessità di sviluppare un’economia dei dati equa e competitiva. A tal fine ha elaborato una strategia in materia di dati affrontando questioni che vanno dalla connettività all’elaborazione e alla conservazione dei dati, alla potenza di calcolo e alla sicurezza informatica.
L’importanza destinata ai dati dipende dal fatto che essi rappresentano il fulcro della trasformazione digitale. Infatti, definiscono il modo in cui si produce, si consuma e si vive. Inoltre, l’accesso al crescente volume di dati e la capacità di utilizzarli sono essenziali per l’innovazione e la crescita.
Secondo la Commissione europea, l’innovazione basata sui dati può comportare significativi e concreti benefici per i cittadini e per l’economia europea, dal perfezionamento del processo decisionale al miglioramento dei servizi pubblici.
La strategia digitale europea in tale pilastro si impegna anche a proporre una “legge sui servizi digitali” (Digital Services Act Package)[3] per accrescere la responsabilità delle piattaforme online e chiarire le norme applicabili ai servizi online.
In tale contesto si rende, inoltre, necessario garantire un adeguamento della normativa all’economia digitale. A tal proposito l’Esecutivo UE, da un lato, esaminerà le regole della concorrenza – in particolare le norme che governano gli accordi orizzontali e verticali e la definizione di mercato rilevante – al fine di adattarle all’era digitale e dall’altro valuterà nell’ambito del Digital Services Act Package l’adozione di regole ex ante per impedire che il ruolo sistemico delle piattaforme digitali o il loro potere di mercato alteri l’equità e l’apertura del mercato europeo e impedisca l’emergere di nuove imprese innovative.
In aggiunta, il 10 marzo scorso, è stato presentato il “Pacchetto sulla strategia industriale europea” contenente specifiche misure finalizzate a rendere le imprese europee, soprattutto le piccole e medie imprese (PMI) più sostenibili, digitali e competitive, aiutandole ad operare in tutto il mercato unico e oltre, ad accedere ai finanziamenti ed a contribuire a guidare la transizione verde e digitale.
Una società aperta, democratica e sostenibile
La strategia digitale europea di quest’ultimo pilastro è volta a migliorare il controllo e la tutela che i cittadini hanno dei loro dati, sottolineando l’importanza dell’uso responsabile delle piattaforme online e rafforzando la sorveglianza sui contenuti delle stesse, nonché sulla vendita di prodotti contraffatti.
Inoltre, la Commissione riconosce che il progresso tecnologico e digitale contribuirà al raggiungimento degli obiettivi climatici e ambientali europei. Infatti, da un lato aiuterà i settori tradizionali dell’industria ad aumentare i livelli di sostenibilità. Dall’altro lato, contribuirà a rendere il settore ICT (Information and Communication Tehnologies) più verde. Dunque, la tecnologia verrà utilizzata al fine di aiutare l’Europa ad avere un impatto climatico zero entro il 2050[4].
Infine, la Commissione europea si sofferma sulla dimensione internazionale della strategia: l’Europa dovrà rafforzare la propria base industriale e offerta tecnologica per competere a livello globale, pur rimanendo la regione più aperta al trade e agli investimenti. Questo vorrà dire svolgere un ruolo di primo piano anche nella definizione degli standard, ad esempio per il 5G[5] o per l’IoT (Internet of Things)[6].
Margrethe Vestager, Vice Presidente Esecutivo per A Europe Fit for the Digital Age and Competition presso la Commissione europea, ha dichiarato: “Vogliamo che tutti i cittadini, tutti i lavoratori e tutte le imprese abbiano pari opportunità di godere dei vantaggi della digitalizzazione.”
Da ciò si evince che, per plasmare il futuro digitale europeo, è necessario un approccio democratico alla digitalizzazione, realizzabile solo mediante un’azione comune europea fondata sui valori costitutivi della solidarietà, condivisione e partecipazione.
Informazioni
ALTROCONSUMO – 5G: che cos’è e perché non c’è da allarmarsi, 09.04.2020, https://www.altroconsumo.it/hi-tech/smartphone/speciali/5g-salute
BELLINI M. – IoT (Internet of Things): cos’è, come funziona ed esempi, 19.05.2020, https://www.internet4things.it/iot-library/internet-of-things-gli-ambiti-applicativi-in-italia/
COMMISSIONE EUROPEA – COM (2020) 65 def. del 19.2.2020, Libro bianco sull’intelligenza artificiale – un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia, in EUR-Lex.
COMMISSIONE EUROPEA – COM (2020) 66 def. del 19.02.2020, Una strategia europea per i dati, in EUR-Lex.
COMMISSIONE EUROPEA – COM (2020) 67 def. del 19.2.2020, Plasmare il futuro digitale dell’Europa, in EUR-Lex.
COMMISSIONE EUROPEA, Plasmare il futuro digitale dell’Europa: la Commissione presenta le strategie per i dati e l’intelligenza artificiale, comunicato stampa del 19.02.2020, https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_273
COMMISSIONE EUROPEA – RAPPRESENTANZA IN ITALIA, Per imprese europee pronte per il futuro: una nuova strategia industriale per un’Europa competitiva a livello mondiale, verde e digitale,10.03.2020, https://ec.europa.eu/italy/news/20200310_nuova_strategia_industriale_europea_per_un_Europa_competitiva_it
COMMISSIONE EUROPEA – RAPPRESENTANZA IN ITALIA, Il pacchetto relativo alla legge sui servizi digitali al centro di una consultazione pubblica della Commissione europea, 03.06.2020, https://ec.europa.eu/italy/news/20200602_commissione_ue_lancia_una_consultazione_pubblica_sui_servizi_digitali_it
CONFINDUSTRIA, La nuova strategia digitale europea, Lente sull’UE n. 72, Febbraio 2020.
DELL’AGUZZO M., Il piano dell’Europa per l’intelligenza artificiale, 19.02.2020, https://eastwest.eu/it/intelligenza-artificiale-piano-ue-libro-bianco-vestager/
ISTITUTO PER LA CULTURA DELL’INNOVAZIONE, Il piano dell’Europa per il digitale, https://icinn.eu/cosa-facciamo/articoli/unione-europea-strategia-digitale-intelligenza-artificiale/
SCAINI F., Green Deal europeo: per un’Europa sostenibile entro il 2050, 25.06.2020, http://www.dirittoconsenso.it/2020/06/25/green-deal-europeo-europa-sostenibile-entro-2050/
[1] ICINN, Il piano dell’Europa per il digitale, https://icinn.eu/cosa-facciamo/articoli/unione-europea-strategia-digitale-intelligenza-artificiale/
[2] COMMISSIONE EUROPEA – COM (2020) 65 def. del 19.2.2020, Libro bianco sull’intelligenza artificiale – un approccio europeo all’eccellenza e alla fiducia, in EUR-Lex.
[3] La Commissione europea ha avviato il 3 giugno scorso una consultazione pubblica sulla normativa UE per i servizi digitali, che si inserisce nell’ambito della strategia per il futuro digitale dell’Europa. La consultazione punta a raccogliere pareri, prove e dati provenienti da privati, imprese, piattaforme online, rappresentanti del mondo accademico, società civile e da tutte le parti interessate al fine aiutare le istituzioni nella formulazione del futuro codice normativo per i servizi digitali.
[4] Per un approfondimento sul Green Deal europeo si rinvia all’articolo di SCAINI F., Green Deal europeo: per un’Europa sostenibile entro il 2050, 25.06.2020, http://www.dirittoconsenso.it/2020/06/25/green-deal-europeo-europa-sostenibile-entro-2050/
[5] Con il termine 5G si indicano tecnologie e standard di nuova generazione per la comunicazione mobile. Questa “quinta generazione”, che segue le precedenti 2G, 3G e 4G, è quindi la tecnologia di connessione che utilizzeranno gli smartphone, ma anche e soprattutto gli oggetti connessi (IoT, Internet of things) intorno a noi, destinati a essere sempre più numerosi (elettrodomestici, auto, semafori, lampioni, orologi…). Una delle caratteristiche principali di questa rete è, infatti, proprio quella di permettere molte più connessioni in contemporanea, con alta velocità e tempi di risposta molto rapidi.
[6] Internet of Things (IoT o Internet delle cose) è un insieme di tecnologie che permette di collegare ad Internet qualunque tipo di apparato. Lo scopo di questo tipo di soluzioni è sostanzialmente quello di monitorare, controllare e trasferire informazioni per poi svolgere azioni conseguenti.