Le autorizzazioni ambientali nel T.U. Ambientale
Il Testo Unico Ambientale, il d.lgs. 152/2006, dedica l’intera parte seconda del decreto alla disciplina delle autorizzazioni ambientali. Perché sono disciplinate?
Le autorizzazioni ambientali: che cosa sono?
Le autorizzazioni ambientali costituiscono l’espressione delle funzioni proprie dell’amministrazioni dedicate alla tutela dell’ambiente, come funzioni di regolazione di settori[1]. Infatti, tali provvedimenti rappresentano una tipologia procedimentale che non assume una particolare connotazione distintiva rispetto a quella di carattere generale, cioè applicabile a qualsiasi campo del panorama amministrativo, ma sussistendo un interesse di natura ambientale in rilevanza alcune caratteristiche di tali procedimenti vengono in rilevo.
I procedimenti autorizzatori, in generale, possono consistere nella rimozione degli impedimenti alla libera espressione e manifestazione dell’attività dei soggetti privati e, con carattere conformativo, nell’indicazione di una serie di modalità operative di esecuzione di attività da parte dei privati a cui è subordinato l’eliminazione dell’impedimento. In campo ambientale, tali procedimenti trovano ampia applicazione proprio in quanto sussistente un interesse ambientale da salvaguardare, il provvedimento in esame permette al privato lo svolgimento dell’opera o dell’attività autorizzata, prevedendo al contempo un complesso di puntuali indicazioni sulle modalità di svolgimento a cui è soggetto il privato, salvo la revoca del provvedimento autorizzatorio se non osservate.
La funzione delle autorizzazioni ambientali
Il procedimento autorizzatorio ambientale meglio connota e descrive la funzione di regolazione di settori svolta dalle amministrazioni pubbliche a presidio della tutela ambientale. Infatti, il pregiudizio arrecato a bene ambiente è nella maggior parte dei casi irreversibile. Una protezione efficace dell’ambiente può essere predisposta disponendo una verifica, un controllo a monte dell’intervento di altri interessi incidenti su quello ambientale. Quindi, l’autorizzazione ambientale svolge la funzione di tutela dell’ambiente, approntando, prima dell’inizio di un’attività di un soggetto in potenza pregiudizievole per l’ambiente, il controllo e le modalità di svolgimento dell’attività autorizzata. In questo procedimento, l’oggetto preminente consiste nella tutela dell’ambiente.
La funzione svolta dal procedimento autorizzatorio ha lo scopo di verificare la compatibilità ambientali di specifiche attività, cosicché il bilanciamento tra gli interessi in gioco viene effettuato tenendo in considerazione primariamente e ottimizzando l’elemento ambientale.
La disciplina nel T.U. ambientale
Il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152[2] disciplina la materia delle autorizzazioni ambientali nella parte seconda del decreto, più precisamente gli artt. 4-52. Il Titolo I, rubricato “Principi generali per le procedure di VIA, di VAS e per la valutazione d’incidenza e l’autorizzazione integrata ambientale (AIA)” costituisce la parte generale della disciplina. Nei primi articoli, dall’art. 4 all’art. 10, si concentra la normativa generale delle autorizzazioni ambientali, passando poi alla disciplina specifica delle singole tipologie autorizzative nei seguenti Titoli II, III, III-bis e IV.
L’art. 4 descrive specificamente le finalità i tali provvedimenti. Il decreto prevede che a tali procedure possono essere sottoposti progetti, piani, programmi di opero che abbiano un impatto sull’ambiente, con lo scopo di garantire che l’attività dell’essere umano sia compatibile con uno sviluppo sostenibile e di conseguenza con la capacità rigenerativa degli ecosistemi, delle risorse, della tutela della biodiversità e con un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività economica[3]. Inoltre, precisa al quarto comma che oltre alla finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e il contributo ad uno sviluppo sostenibile anche la finalità di protezione della salute umana, contribuendo ad assicurare un miglior ambiente di vita, il mantenimento della specie e la conservazione della capacità di riproduzione degli ecosistemi. In conclusione, sempre nell’ultimo comma, sancisce anche la finalità perseguire una riduzione dell’inquinamento derivante dall’attività elencate nell’allegato VIII e delle emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, ricomprendendo anche i rifiuti.
Le principali definizioni
Nell’art. 5, il Testo Unico procede a fornire alcune definizioni centrali nella materia delle autorizzazioni ambientali. In primis definisce le procedure di VAS, VIA, VIS e la valutazione d’incidenza.
- Per VAS (Valutazione Ambientale Strategica) s’intende “il processo che comprende, secondo le disposizioni di cui al titolo II della seconda parte del presente decreto, lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l’espressione di un parere motivato, l’informazione sulla decisione ed il monitoraggio”[4].
- Per VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) la normativa descrive il procedimento che ricomprende al suo interno “l’elaborazione e la presentazione dello studio d’impatto ambientale da parte del proponente, lo svolgimento delle consultazioni, la valutazione dello studio d’impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente e degli esiti delle consultazioni, l’adozione del provvedimento di VIA in merito agli impatti ambientali del progetto, l’integrazione del provvedimento di VIA nel provvedimento di approvazione o autorizzazione del progetto”[5].
- La VIS (Valutazione di Impatto Sanitario) viene definita dal decreto come “elaborato predisposto dal proponente sulla base delle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell’Istituto superiore di sanità, al fine di stimare gli impatti complessivi, diretti e indiretti, che la realizzazione e l’esercizio del progetto può procurare sulla salute della popolazione”[6]. In ultimo per valutazione d’incidenza la norma intende un procedimento preventivo a cui si deve sottoporre qualunque progetto o piano che possano comportare “incidenze significative su un sito o su un’area geografica proposta come sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso”[7].
Sempre all’art. 5, ma alla lettera c, viene definito il concetto di impatto ambientale: effetti significativi, diretti o indiretti, di un progetto o di un piano sui seguenti elementi:
- Popolazione e salute umana;
- Biodiversità;
- Territorio, suolo, acqua, aria e clima;
- Beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio;
- L’interazione tra i fattori elencati.
L’oggetto della disciplina e altre disposizioni
All’art. 6, viene individuato l’oggetto della disciplina, cioè i piani e i programmi che devono essere sottoposti ad un procedimento autorizzatorio. I piani e i programmi in oggetto sono:
- quelli elaborati “per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV del presente decreto;
- quelli per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’articolo 5 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.”[8].
L’art. 7 definisce poi le competenze in materia di procedimenti delle autorizzazioni ambientali. A seconda che i piani e i programmi da sottoporre al procedimento siano di competenza regionale o statale, in sede statale l’autorità competente è il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dove collabora con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e in sede regionale è competente la Pubblica Amministrazione preposta alla tutela, protezione e valorizzazione ambientale identificata secondo leggi regionali o delle Province autonome[9].
Gli art. 8 e 8-bis disciplinano la commissione tecnica e di verifica dell’impatto ambientale, per la VIA e la VAS, e la commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale. La normativa definisce numero di componenti, ente a cui spetta la nomina e le funzioni attribuite ai membri delle commissioni tecniche.
L’art. 9, disciplinando le norme procedurali, chiarifica come i procedimenti autorizzatori in campo ambientale non siano elementi distinti e diversi rispetto a quelli generali applicabili nell’aerea amministrativa. Infatti, al comma 1 la norma prevede che si applichino a tali procedure le norme del procedimento amministrativo[10], in quanto compatibili. Al comma successivo, la medesima norma può indire una o più conferenze di servizi, al fine di acquisire informazioni e valutazioni da eventuali altre amministrazioni interessate. Al comma 3, la disciplina prevede che l’amministrazione competente possa concludere degli accordi con il proponente, per semplificare e disciplinare lo svolgimento delle attività che siano di interesse comune per entrambe le parti coinvolte dal procedimento.
In ultimo, l’art. 10 si occupa di dettare alcune indicazioni per coordinare tra loro le procedure d VIA, VAS, Verifica di assoggettabilità a Via, Valutazione d’incidenza e l’AIA.
Conclusioni
Il Testo Unico Ambientale si occupa di disciplinare le varie autorizzazioni ambientali. Tuttavia, disciplina tali procedimenti autorizzatori non prescindendo dalla tipologia generale amministrativa, anzi andando a definire più nello specifico quali siano gli elementi propri ambientali di tali procedimenti, in considerazione del fatto che in posizione di preminenza vi sia, in questo frangente, l’interesse ambientale.
Informazioni
Diritto dell’ambiente, di G. Rossi, Giappichelli, 2018
[1] Se può interessarti un ulteriore strumento di tutela ambientale in capo alle amministrazioni, ti consiglio di approfondire il tema del Green Public Procurement a questo link: http://www.dirittoconsenso.it/2020/05/12/il-gpp-green-public-procurement/
[2] Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, in G.U. n. 88 del 14 aprile 2006.
[3] Art. 4 del d.lgs. 152/2006.
[4] Art. 5, comma 1, lett. a, del d.lgs. 152/2006.
[5] Art. 5, comma 1, lett. b, del d.lgs. 152/2006.
[6] Art. 5, comma 1, lett. b-bis, del d.lgs. 152/2006.
[7] Art. 5, comma 1, lett. b-ter, del d.lgs. 152/2006.
[8] Art. 6, comma 2, lett. a e b, del d.lgs. 152/2006.
[9] Art. 7 del d.lgs. 152/2006.
[10] Legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.
I Criteri Ambientali Minimi
La qualità green degli acquisti delle Pubbliche Amministrazioni è verificabile e garantita dal rispetto dei Criteri Ambientali Minimi
Definizione di Criteri Ambientali Minimi
I Criteri Ambientali Minimi individuano per ogni categoria merceologica, in riferimento ad ogni tipologia di acquisto pubblico, i requisiti minimi a cui le Pubbliche Amministrazioni devono attenersi al fine di classificare come “sostenibile” il proprio appalto.
Di fatto, tali criteri costituiscono i requisiti ambientali elaborati per le fasi di cui si compone il procedimento di acquisto e con lo scopo di identificare, considerate le condizioni e la disponibilità del mercato, il bene, il servizio o il progetto che meglio soddisfa il profilo ambientale lungo l’intero ciclo di vita. La previsione di questi criteri è da rintracciarsi nel Piano d’Azione Nazionale[1] che nel prevederli e definirli quali decreti, appositamente emanati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare, ne rinvia la determinazione e l’individuazione per ciascuna categoria merceologica. I Criteri Ambientali Minimi, quindi, vengono elaborati in riferimento a quanto sancito nel Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi della Pubblica Amministrazione e assumono la veste di decreti emanati dal Ministro dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del mare singolarmente per ogni categoria merceologica.
Questi requisiti vengono definiti “minimi”, poiché costituiscono elementi di base nella qualificazione “verde” di un processo di acquisto pubblico, più nello specifico rappresentano un set di criteri da inserirsi nella documentazione di gara, cioè nelle specifiche tecniche, per rendere più adeguata la soluzione proposta dal mercato a fronte della commessa pubblica bandita. Tale natura “minima” consente così una loro integrazione da parte dell’ente pubblico appaltante, persino per mezzo di condizioni ambientali più stringenti, sempre a condizione dell’osservanza dei principi generali della disciplina degli acquisti pubblici.
La previsione di tali requisiti minimi viene a costituire uno dei mezzi adottati dal PAN GPP ai fini del perseguimento degli obiettivi ambientali messi a punto dal medesimo decreto, ovvero la definizione della strategia di diffusione degli appalti verdi[2]. In termini più specifici, le indicazioni e prescrizioni fornite dai Criteri Ambientali Minimi svolgono una rilevante funzione di crescita e sviluppo di un mercato green, incidendo pure sul consumo riducendo dove possibile la spesa. Infatti, l’applicazione eterogenea, costante e metodica di queste condizioni permette lo sviluppo e la diffusione di beni e tecnologie ambientali con la conseguenza di far leva sul mercato, spronando anche gli operatori economici meno virtuosi a conformarsi alle prescrizioni dell’ente pubblico appaltante.
L’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi esercita in sostanza un’influenza sul lato della domanda, favorendo una diffusione di beni e prodotti realizzati sulla base dell’analisi dell’intero ciclo di vita del processo produttivo.
Disciplina di riferimento
Per quanto attiene alla disciplina di riferimento dei Criteri Ambientali Minimi, bisogna distinguere tra la loro identificazione e la relativa applicazione. Sotto il profilo dell’individuazione, i Criteri Ambientali Minimi, come appena esposto, assumono la forma di decreto, per cui per ogni categoria merceologica viene adottato tale provvedimento, contenente le puntuali prescrizioni. Allo stato attuale, si registra l’adozione di Criteri Ambientali Minimi per 18 categorie merceologiche:
- ARREDI PER INTERNI, approvato con DM 11 gennaio 2017, in G.U. n. 23 del 28 gennaio 2017 e successivo Decreto correttivo DM 3 luglio 2019, in G.U. n. 167 del 18 luglio 2019;
- ARREDO URBANO, approvato con DM 5 febbraio 2015, in G.U. n. 50 del 2 marzo 2015;
- AUSILI PER L’INCONTINENZA, approvato con DM 24 dicembre 2015, in G.U. n. 16 del 21 gennaio 2016;
- CALZATURE DA LAVORO E ACCESSORI IN PELLE, approvato con DM 17 maggio 2018, in G.U. n. 125 del 31 maggio 2018;
- CARTA, approvato con DM 4 aprile 2013, in G.U. n. 102 del 3 maggio 2013;
- CARTUCCE, approvato con DM 17 ottobre 2019, in G.U. n. 261 del 7 novembre 2019;
- EDILIZIA, approvato con DM 11 ottobre 2017, in G.U. Serie Generale n. 259 del 6 novembre 2017;
- fornitura e progettazione ILLUMINAZIONE PUBBLICA, approvato con DM 27 settembre 2017, in G.U. n. 244 del 18 ottobre 2017;
- servizio ILLUMINAZIONE PUBBLICA, approvato con DM 28 marzo 2018, in GU n. 98 del 28 aprile 2018;
- ILLUMINAZIONE, RISCALDAMENTO/RAFFRESCAMENTO PER EDIFICI, approvato con DM 7 marzo 2012, in G.U. n. 74 del 28 marzo 2012;
- PULIZIA PER EDIFICI, approvato con DM 24 maggio 2012, in G.U. n. 142 del 20 giugno 2012;
- RIFIUTI URBANI, approvato con DM 13 febbraio 2014, in G.U. n. 58 dell’11 marzo 2014;
- RISTORAZIONE COLLETTIVA, approvato con DM n. 65 del 10 marzo 2020, in G.U. n. 90 del 4 aprile 2020;
- SANIFICAZIONE STRUTTURE SANITARIE, approvato con DM 18 ottobre 2016, in G.U. n. 262 del 9 novembre 2016;
- STAMPANTI, approvato con DM 17 ottobre 2019, in G.U. n. 261 del 7 novembre 2019;
- TESSILI, approvato con DM 11 gennaio 2017, in G.U. n. 23 del 28 gennaio 2017;
- VEICOLI, approvato con DM 8 maggio 2012, in G.U. n. 129 del 5 giugno 2012;
- VERDE PUBBLICO, approvato con DM n. 63 del 10 marzo 2020, in G.U. n. 90 del 4 aprile 2020.
Invece per quanto riguarda la loro applicazione, la disciplina di riferimento si ritrova nell’art. 34 del Codice dei contratti pubblici[3]. Tale prescrizione normativa , frutto della riforma della materia degli appalti pubblici[4] e del recepimento delle direttive europee[5], sancisce il valore centrale di tali criteri ma soprattutto la natura vincolante . Infatti, al comma 1 della medesima si prevede l’obbligo, per ciascun ente appaltante, di inserire nella lex specialis della commessa pubblica quantomeno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali previste dai Criteri Ambientali Minimi in riferimento alla categoria merceologica di riferimento. Al comma 2, inoltre, è previsto un ulteriore obbligo, gravante sulla stazione appaltante, di tenere in considerazione i Criteri Ambientali Minimi in applicazione del criterio di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In tal modo, il soggetto pubblico banditore, pur potendo discostarsene, dovrà fornire adeguata motivazione. In ultimo, all’ultimo comma della norma viene imposto l’obbligo di applicazione dei Criteri Ambientali Minimi per gli affidamenti di qualsiasi importo, relativamente alle categorie merceologiche citate nel PAN GPP, ovvero con quelle categorie d’appalto con cui è possibile ottenere l’efficienza energetica.
Struttura
I Criteri Ambientali Minimi sono elementi di base per qualificare iniziative di acquisti pubblici come ambientalmente preferibili e di fatto l’insieme di elementi tecnici volti ad assicurare una riduzione degli impatti ambientali e una risposta idonea dal mercato sul lato dell’offerta di beni, prodotti e servizi. Per poter garantire il perseguimento di tali obiettivi, è necessario che siano equilibrati e avanzati, cioè in grado di stimolare il mercato e apportare benefici ambientali, senza però essere eccessivamente sviluppati ed avanzati a non trovare soluzioni nel mercato.
I criteri ambientali minimi, quindi, sono dotati di una struttura standardizzata in modo da garantire un facile utilizzo anche da parte delle amministrazioni che intendono adottarli per acquisti sotto soglia. Lo scheletro di ciascun criterio è costituito da una prima parte generale e una seconda parte focalizzata sui criteri veri e propri.
La prima parte contiene un riassunto del documento ove riportato l’oggetto del contratto d’appalto, il suo collegamento con le prescrizioni del Piano d’azione e gli scopi specifici da perseguire tramite il bene o servizio oggetto della commessa pubblica. Inoltre, la parte generale contiene una “relazione di accompagnamento”, in cui vengono condensati le criticità ambientali, i riferimenti normativi del prodotto e le motivazioni tecnico scientifiche che giustificano l’adozione dei criteri ambientali contenuti nel documento, e i riferimenti normativi principali riguardanti la tipologia di bene. Infine, la parte generale fornisce le indicazioni generali al soggetto pubblico banditore, dal criterio con cui valutare le offerte presentate alle modalità di gestione del prodotto acquistato o dell’esecuzione del servizio.
Nella seconda parte contiene le prescrizioni da seguire, riportando nell’oggetto dell’appalto, per qualificare come “verde” un appalto e vengono citati i criteri cha definiscono ambientalmente le fasi del processo d’acquisto. Questi ultimi, costituenti i criteri ambientali veri e propri, si distinguono in criteri ambientali di base e premianti. Tra primi vengono ricompresi l’Oggetto dell’appalto, la Selezione dei candidati, Specifiche tecniche, Condizioni di esecuzione. Ai sensi del Piano d’azione, un appalto può essere qualificato come appalto verde (e quindi sostenibile) se comprende almeno i criteri di base contenuti nel documento di riferimento, da qui l’espressione Criteri Ambientali Minimi.
Conclusioni
La Pubblica Amministrazione, adottando nei propri procedimenti di acquisto i Criteri Ambientali Minimi, garantisce la qualità green dei suoi procedimenti d’acquisto e la relativa sostenibilità ambientale. Tutto ciò, deve essere sottolineato, grazie alla previsione dell’obbligo di adozione dei Criteri Ambientali Minimi introdotto con il nuovo Codice dei contratti pubblici.
Ora, i 18 Criteri Ambientali Minimi adottati, dall’emanazione del PAN GPP ad oggi, sembrano coprire la maggior parte delle categorie merceologiche con cui la Pubblica Amministrazione maggiormente comporta dei significativi impatti ambientali per mezzo dei suoi procedimenti di acquisto. Tuttavia, si sottolinea alcune questioni da affrontare: dal completamento della lista dei criteri ambientali all’aggiornamento di quelli già emanati, la necessità di implementare le attività di formazione e comunicazione tra enti pubblici appaltanti e produttori, e di un contributo maggiore da parte delle Regioni nell’implementare l’applicazione dei principi di sostenibilità ambientali degli acquisti pubblici e la formazione e l’attività di comunicazione verso ciascun operatore economico o produttore interessato.
Informazioni
Diritto dell’ambiente, di G. Rossi, Giappichelli, 2018.
La nuova offerta economicamente più vantaggiosa e la discrezionalità amministrativa a più fasi, L. Gili, Urbanistica e Appalti, 2017.
Collegato ambientale in Gazzetta: la legge sulla green economy accelera sugli appalti verdi, A. Farì, Quotidiano enti locali&PA, 2016.
L’applicazione dei criteri ambientali minimi negli appalti pubblici, T. Cellura, Maggioli editore, 2016.
Il Piano d’azione nazionale sugli appalti verdi (PAN GPP), R. Rifici, Gazzetta Ambiente, 2012.
[1] Piano d’Azione Nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, indicato con l’acronimo PAN GPP, adottato con il Decreto interministeriale dell’11 aprile 2008, pubblicato sulla GU dell’8 maggio 2008.
[2] Sul GPP, si veda l’articolo precedentemente pubblicato http://www.dirittoconsenso.it/2020/05/12/il-gpp-green-public-procurement/
[3] Art. 34 del Dlgs. 18 aprile 2016 n. 50, Criteri di sostenibilità energetica e ambientale: “Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto all’ articolo 144. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6. Nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”.
[4] Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50.
[5] Dir. 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE.
Il GPP: Green Public Procurement
Parlare di Green Public Procurement (GPP) significa considerare che la PA rappresenta un consumatore le cui azioni e acquisti hanno notevoli ripercussioni sia sul mercato che sull’ambiente
La definizione di Green Public Procurement
Il Green Public Procurement (noto anche con l’acronimo GPP) termine anglosassone che identifica gli appalti verdi, costituisce un insieme di strumenti giuridici di cui sono dotati gli enti pubblici per approvvigionarsi di beni, servizi e opere con un ridotto impatto ambientale per l’intero ciclo di vita e di fatto per promuovere la graduale integrazione degli interessi ambientali nella disciplina degli appalti pubblici. La definizione stessa non identifica un particolare tipo di appalto ma un criterio generale, uno strumento di attuazione del principio dello sviluppo sostenibile. Il GPP è uno strumento giuridico che da un punto di vista oggettivo fa riferimento ad un appalto pubblico, ma che nella realtà punta al perseguimento della protezione dell’ambiente nelle fasi della procedura ad evidenza pubblica.
Perché un approccio verde?
Gli appalti verdi rientrano nel novero degli strumenti di mercato a tutela dell’ambiente. Si tratta di strumenti che stimolano in maniera efficace le modalità di funzionamento del mercato e le dinamiche per la protezione dell’ambiente. Lo strumento GPP, più precisamente, prevede l’intervento diretto dell’autorità pubblica che agisce sul lato della domanda di beni, servizi e opere già esistenti sul mercato compiendo anche una funzione correttiva del medesimo.
Il Green Public Procurement rappresenta uno degli strumenti della politica integrata dei prodotti, la quale promuove un approccio innovativo basato sulla riduzione degli impatti ambientali, causati dalla produzione di beni e dall’erogazione di servizi e agisce sulla qualità ambientale dei prodotti e dei servizi rendendo più efficaci i procedimenti da un punto di vista economico ed ecologico. Tale strategia prevede un approccio “eco-orientato” fornendo adeguati strumenti informativi che conducano all’acquisto di prodotti ecologici, contribuendo a riorientare la scelta dei produttori e dei consumatori. Gli appalti verdi sono degli strumenti fondamentali di questa politica per la domanda pubblica, consistendo nella possibilità di inserire criteri ambientali nelle gare pubblicate dagli enti pubblici per il loro approvvigionamento di beni e servizi.
Il GPP si sostanzia nell’integrazione di requisiti ambientali nei procedimenti di acquisto dell’amministrazione pubblica e si prefigge l’obiettivo di dirigere le scelte di beni e servizi verso soluzioni meno impattanti sull’ambiente.
La disciplina del Green Public Procurement
L’istituto degli appalti verdi ha origine nella disciplina di derivazione europea[1] ad oggi la legislazione italiana trova spunto e stimolo propulsore proprio da essa. Ad oggi, la disciplina di riferimento risulta essere contenuta nel nuovo Codice dei contratti pubblici, il d.lgs. n. 50/2016[2], in vigore dal 19 aprile 2016. Il nuovo Codice, esito della riforma della materia dei contratti pubblici, ha ridefinito la fisionomia degli appalti pubblici in ottica di convergenza totale con la tutela ambientale, recependo in tal modo le ultime Direttive dell’Unione europea sull’argomento.
Le norme di riferimento che disciplinano il GPP attengono al regolamento delle modalità d’impiego di questo strumento, le quali possono riguardare i requisiti di partecipazione alla gara, cioè le specifiche tecniche, i criteri di aggiudicazione della commessa pubblica e l’esecuzione dell’appalto.
Le specifiche tecniche
L’art. 68 del Codice disciplina le specifiche tecniche, ovvero il livello di prestazione minimo necessario per poter partecipare alla gara d’appalto, e prevede più precisamente che siano inserite nei documenti di gara unitamente ai caratteri richiesti dei lavori, servizi o forniture.
Al comma 5 chiarisce e specifica la formulazione delle medesime che debba essere fatta in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, incluse le caratteristiche ambientali sempre che i parametri forniti siano chiari al punto da poter individuare l’oggetto dell’appalto e procedere alla sua aggiudicazione.
Al comma 6 è previsto che l’amministrazione, nell’elaborazione delle caratteristiche tecniche della prestazione, possa menzionare in alternativa una fabbricazione, una provenienza determinata, o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, un marchio, un brevetto o un tipo, un’origine, una produzione specifica o anche Eco-etichettature. Ciò risulta essere possibile, eccezionalmente, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa dell’oggetto dell’appalto non possa essere formulata applicando il comma 5, in altre parole in tutti i casi in cui non vi siano regole tecniche nazionali obbligatorie. In questo caso, il riferimento deve essere accompagnato dall’espressione «o equivalente».
L’aggiudicazione dell’offerta
L’art. 95 del Codice disciplina i criteri di aggiudicazione dell’offerta, dove prevedendo quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio generale relega a un ruolo marginale il criterio del minor prezzo.
Dalla lettura della disposizione emergono tre modalità di valutazione dell’offerta che possono essere ordinate secondo la rilevanza del profilo ambientale.
- Una prima modalità è data da quella del prezzo più basso, dove nessuna variabile ambientale viene considerata e può essere adottato in ipotesi espressamente individuate e adeguatamente motivato.
- La seconda modalità prevista dalla norma è quella della preferenza per il miglior rapporto qualità/prezzo, ove il parametro del prezzo viene mitigato da criteri extra-economici di natura qualitativa, tra i quali è possibile ricomprendere quelli di natura ambientale.
- La terza modalità contemplata dalla disposizione è quella della valutazione dell’offerta per mezzo della comparazione costo/efficacia quale il costo di ciclo di vita dell’appalto.
La valutazione di tale rapporto viene descritta dall’art. 96 [3]che individua le voci di costo che devono essere considerate e le condizioni che il metodo utilizzato debba rispettare. Le voci che devono essere considerate nella valutazione sono: i costi sostenuti dall’amministrazione stessa o da altri utenti e i costi imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita.
Nei costi sostenuti dall’amministrazione o altri utenti rientrano:
- Costi relativi all’acquisizione;
- Costi connessi all’utilizzo, quali consumo di energia e altre risorse;
- Costi di manutenzione;
- Costi relativi al fine vita, come i costi di raccolta, di smaltimento e di riciclaggio.
Nei costi destinate alle esternalità ambientali possono ricomprendersi:
- I costi delle emissioni di gas a effetto serra;
- I costi di altre sostanze inquinanti, nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici, a condizione che il loro valore monetario possa essere determinato e verificato.
Inoltre al secondo comma, la norma stabilisce che nel caso in cui il criterio utilizzato sia quello del costo del ciclo di vita, l’amministrazione appaltante debba indicare nei documenti di gara i dati che i partecipanti debbano fornire e il metodo impiegato dalla pubblica amministrazione per definire i costi del ciclo di vita sulla base di tali dati. In aggiunta, il metodo adottato per la valutazione dei costi imputati alle esternalità ambientali dovrà basarsi su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori, dovrà essere accessibile a tutti i soggetti interessati e i dati richiesti dal medesimo dovranno poter essere forniti con ragionevole sforzo da operatori economici normalmente diligenti.
In ultimo, l’art. 100[4] del d.lgs 50/2016, riguardante la fase di esecuzione dell’appalto, prevede che l’amministrazione appaltante possa richiedere specifiche condizioni di esecuzione del contratto in oggetto di carattere ambientale, sempre che tali requisiti siano compatibili con il diritto europeo e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, innovazione e siano espressamente indicati nei documenti di gara.
Conclusioni
Il Green Public Procurement si propone di orientare il mercato e i consumatori verso beni, servizi, e lavori che siano meno impattanti sull’ambiente. Considerati i volumi degli acquisti delle pubbliche amministrazioni e la conseguente forte domanda di prodotti ecologici, gli appalti verdi influenzano inevitabilmente il mercato e comportano delle implicazioni positive anche per l’ente appaltante, contribuendo alla diffusione di modelli di consumo e di acquisto sostenibili.
Il GPP funge da stimolo propulsore per le imprese ad investire in soluzioni eco innovative. In tal modo, soddisfacendo il committente pubblico, gli operatori economici e le imprese raggiungono maggiori livelli di appetibilità e competitività in termini ambientali.
Tuttavia, i risvolti positivi dell’utilizzo di tale strumento di politica ambientale possono risultare estremamente onerosi se valutati nel breve periodo, poiché costituiscono il risultato di un cambiamento di paradigma non solo produttivo ma anche culturale. A ciò si deve aggiungere che il GPP presuppone un’amministrazione pubblica appaltante estremamente qualificata e preparata, in quanto esso stesso rappresenta uno strumento abbastanza complesso la cui disciplina risulta essere di non facile applicazione.
Informazioni
Diritto dell’ambiente, G. Rossi, Giappichelli, 2018.
I criteri di sostenibilità energetica e ambientale negli appalti pubblici, O. Hagi Kassim, www.italiappalti.it , 2017.
L’applicazione dei criteri ambientali minimi negli appalti pubblici, T. Cellura, Maggioli editore, 2016.
In tema di appalto inoltre si veda il seguente articolo di Biagio Sapone per DirittoConsenso: http://www.dirittoconsenso.it/2019/06/21/la-responsabilita-contrattuale-nellappalto-lart-1667-c-c/
[1] Direttiva 2014/23/UE, Direttiva 2014/24/UE, Direttiva 2014/25/UE
[2] D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, consultabile su https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2016/04/19/91/so/10/sg/pdf.
[3] D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 96 “Costi del ciclo di vita”
[4] D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 100 “Requisiti per l’esecuzione dell’appalto”