La clausola compromissoria
La clausola compromissoria: il contenuto, la sua interpretazione ed altre questioni
Cos’è la clausola compromissoria?
Secondo il diritto italiano, la clausola compromissoria consente la devoluzione a soggetti, in qualità di arbitri, delle possibili e/o eventuali controversie derivanti dal contratto nel quale è contenuta.
Un caso noto di clausola compromissoria è quello adoperato dalle federazioni sportive (ad esempio la FIGC): all’atto del tesseramento, i tesserati rinunciano ad adire la giustizia ordinaria per tutte le controversie inerenti all’attività sportiva, rimettendosi al giudizio degli organi competenti della federazione stessa (giudice sportivo).
Per fare un altro esempio in relazione, più specificatamente, al criterio redazionale, in caso di arbitrato societario, possiamo trovare il seguente modello di clausola che può essere inserito in statuti e/o atti costitutivi di società, in applicazione di quanto previsto dall’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003:
“Tutte le controversie aventi ad oggetto rapporti sociali, comprese quelle relative alla validità delle delibere assembleari, promosse da o contro i soci, da o contro la società, da o contro gli amministratori, da o contro i sindaci, da o contro i liquidatori, saranno risolte mediante arbitrato secondo il Regolamento della Camera Arbitrale di Milano. Il Tribunale Arbitrale sarà composto da un arbitro unico/tre arbitri, nominato/i dalla Camera Arbitrale. L’arbitrato sarà rituale e gli arbitri decideranno secondo diritto”.
In tale prospettiva di analisi, si può affermare che la clausola compromissoria è un vero e proprio negozio giuridico autonomo rispetto al contratto in cui è inserito. Tale clausola è indipendente, in altre parole, essa non viene intaccata dalla nullità del contratto (e.g. se il contratto è nullo, la clausola compromissoria rimane valida ed efficace).
Sulla base della sua autonomia, la clausola compromissoria può essere, infatti, inserita materialmente nel documento contrattuale o in un successivo, separato atto. Più nel dettaglio, essa contiene la decisione delle parti di derogare alla competenza del giudice ordinario e di deferire ad arbitri la decisione di controversie future ed eventuali.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1341 e 1342 comma 2º del Codice civile italiano, questa clausola è considerata vessatoria qualora essa sia prevista nei contratti predisposti unilateralmente (i.e. solo una delle due parti predispone il contratto e le sue clausole) oppure nei contratti redatti utilizzando moduli o formulari[1], e deve, pertanto, ricevere specifica sottoscrizione da parte del consumatore (c.d. doppia sottoscrizione).
Nel caso in cui, poi, la clausola in esame sia contenuta in un contratto tra parti domiciliate in paesi diversi non risulteranno applicabili le disposizioni sulla vessatorietà della clausola stessa in quanto derogate direttamente dalla Convenzione di Ginevra sull’arbitrato Commerciale Internazionale del 1961 (i.e. arbitrato internazionale)[2].
Qual è la differenza tra compromesso e clausola compromissoria?
Tradizionalmente si è soliti distinguerla dall’altro tipo di convenzione, il compromesso, poiché con quest’ultimo le parti affidano ad arbitri controversie già insorte. Con la clausola compromissoria le parti deferiscono ad arbitri le controversie che nasceranno da un determinato contratto.
Il patto compromissorio, nelle due forme del compromesso o della clausola compromissoria appositamente inserita in un contratto, rappresenta la fonte dell’arbitrato. A seguito della riforma introdotta dal D.lgs. n. 40/2006, il codice di rito prevede tre specie di patto compromissorio:
- il compromesso, disciplinato dall’art. 807 c.p.c. e riferito ad una controversia determinata, già insorta tra le parti e presente;
- la clausola compromissoria, a cui è dedicato l’art. 808 c.p.c. ed avente ad oggetto le controversie eventuali e future nascenti da un determinato rapporto giuridico contrattuale cui la clausola accede;
- la convenzione di arbitrato in materia non contrattuale, disciplinata dall’art. 808-bis ed avente ad oggetto le controversie future relative ad uno o più rapporti non contrattuali determinati.
I criteri per la redazione
Esistono alcuni principi fondamentali in materia di arbitrato al fine di redigere una valida clausola compromissoria.
Innanzitutto, in merito alla forma, bisogna ricordare che la clausola compromissoria deve essere redatta per iscritto a pena di nullità[3] e deve indicare l’oggetto della controversia.
La clausola compromissoria è inefficace se prevista in uno dei contratti di cui agli artt. 1469 bis e ss. c.c.
Si ritiene che sia ammissibile manifestare la volontà compromissoria tramite “relatio” a un documento contenente la clausola compromissoria, ma ciò sempre che la clausola sia richiamata in modo specifico o risulti in maniera inequivocabile la volontà di compromettere (i.e. “relatio perfecta”).
Nell’arbitrato la clausola compromissoria deve essere sottoscritta dalle stesse parti che hanno stipulato il contratto cui si riferisce.
Si ritiene, però, che tra contratto e clausola compromissoria non intercorra un rapporto accessorio. La clausola compromissoria in sé viene considerata come un autonomo contratto[4].
Per quanto riguarda il contenuto, i principali elementi da tenere in considerazione per la redazione di una clausola arbitrale sono i seguenti:
- sede dell’arbitrato;
- arbitrato rituale o irrituale;
- arbitrato di diritto o di equità;
- arbitrato amministrato o arbitrato ad hoc;
- arbitrato multi-step;
- arbitro unico o collegio arbitrale;
- ambito oggettivo della clausola;
- legge applicabile al merito della controversia;
- regolamento arbitrale;
- termine per il lodo;
- possibilità di impugnare il lodo (anche) per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto sostanziale;
- disciplina della fase rescissoria in caso di impugnazione.
Senza dubbio, resta inteso che, innanzitutto, occorre che la materia oggetto della clausola da redigere debba essere compromettibile, cioè deferibile in arbitrato. Dopodiché è necessario circoscrivere l’oggetto della clausola (e.g. interpretazione ed esecuzione del contratto). La clausola ideale, sotto questo profilo, recita: “tutte le controversie, nessuna esclusa, derivanti da e/o comunque relative al presente contratto…”.
I principi fondamentali
Il ricorso all’arbitrato presuppone sempre la volontà delle parti, in quanto si tratta di una deroga alle previsioni degli articoli 24 e 25 della Costituzione.
Uno dei principi applicabili all’arbitrato è senz’altro il principio dell’interpretazione secondo i criteri di interpretazione contrattuale[5].
Il Codice di procedura civile contiene una norma specifica rubricata “interpretazione della convenzione di arbitrato”, ossia l’art. 808-quater c.p.c. Tuttavia questa norma non prevede un’elencazione delle regole di interpretazione della convenzione di arbitrato e si limita a indicare un solo criterio, ossia quello del favor arbitrati, una preferenza verso l’applicazione dell’arbitrato: “nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”.
Per effetto dell’art. 1324 c.c. (che prevede l’applicabilità delle norme che regolano i contratti agli atti unilaterali tra vivi), è pacifico che a tale negozio si applichino le regole di interpretazione di cui agli articoli 1362 e ss. c.c. e, in particolare, il principio dell’interpretazione secondo la comune intenzione delle parti.
Il secondo principio è quello del carattere – di regola – dispositivo delle norme del codice di procedura civile in tema di arbitrato.
Perché “di regola” dispositivo? Se, ad esempio, le parti si sono limitate a scrivere: “tutte le controversie derivanti e/o relative al presente contratto dovranno essere risolte mediante arbitrato, che avrà sede a Milano”, ciò vorrà dire che troveranno applicazione una serie di norme che suppliscono alla mancata previsione delle parti e/o integrano la loro volontà.
Le parti possono derogare alle norme del codice di procedura civile: ad esempio, possono stabilire che l’arbitrato sia irrituale, di equità, devoluto a un arbitro unico, che il lodo sia impugnabile per motivi di nullità ulteriori rispetto a quelli di cui all’art. 829 c.p.c. etc.
Tuttavia vi sono alcune norme che sono inderogabili: ad esempio, l’azione di nullità per i motivi di cui all’art. 829 c.p.c. è (in via preventiva) irrinunciabile (così come la revocazione ex art. 831 c.p.c.); la clausola compromissoria deve essere stipulata per iscritto a pena di nullità; le parti non possono derogare al principio del contraddittorio[6] (art. 816-bis); le modalità di nomina degli arbitri devono rispettare il principio di equidistanza dell’arbitro da ciascuna parte etc.
Il terzo principio che viene in rilievo è il principio volto a privilegiare l’arbitrato e, in quest’ambito, della favorevole adozione dell’arbitrato rituale (di diritto).
Tale principio è espresso, oltre che nell’art. 806 c.p.c., nell’art. 808-quaterc.p.c., introdotto dalla riforma del 2006, secondo cui “nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce”[7].
È importante sottolineare che questo criterio di interpretazione è operante solo qualora vi siano dubbi sul significato da attribuire alla clausola: se la clausola è chiara, non sarà ammissibile alcuna interpretazione estensiva.
Alla luce del principio teso a favorire l’arbitrato, quale emerge dalla riforma del 2006, tale impostazione concettuale è stata rivista. La norma, peraltro, viene – ancor prima – ritenuta espressione di un altro principio, sempre ispirato al favor per l’arbitrato, ossia il principio per cui, nel dubbio se le parti abbiano o no voluto deferire la controversia in arbitri, tale dubbio deve essere risolto a favore della scelta arbitrale.
Pertanto si ritiene che, in tali ipotesi, “quando è chiara la volontà delle parti di devolvere eventuali future controversie ad arbitri, problematica essendo soltanto l’individuazione dell’istituzione arbitrale competente, deve farsi ogni sforzo interpretativo per sopperire ad eventuali imprecisioni, e ciò al fine di preservare la validità della clausola e salvaguardare il precipuo interesse dei contraenti, ossia quello di optare per l’esclusione della tutela, dinanzi al giudice ordinario, dei diritti nascenti dal contratto”[8].
Un altro fondamentale principio da seguire è il principio di uguaglianza delle parti nella nomina dell’arbitro e della imparzialità, indipendenza ed equidistanza dell’arbitro da ciascuna delle parti. Questo principio implica che ciascuna parte ha diritto a un trattamento uguale alle altre parti nella nomina degli arbitri.
Il mancato rispetto di questo principio comporta l’invalidità della convenzione arbitrale. Ad esempio, è nulla la clausola arbitrale che attribuisca a una sola parte il diritto di nominare l’arbitro unico o l’intero collegio arbitrale.
La clausola compromissoria e la Riforma Cartabia
L’arbitrato e la clausola compromissoria sono stati oggetto di riordino normativo da cui sono scaturite alcune novità nell’ambito della recente Riforma Cartabia relativa al processo civile.
La succitata riforma ha coinvolto unicamente il c.d. arbitrato rituale, ossia quello che si conclude con un provvedimento, il lodo, che ha la stessa efficacia di una sentenza.
In tale cornice di riassetto normativo, occorre evidenziare che grazie alla c.d. Riforma Cartabia, attuata con D.lgs. n. 149/2022, la disciplina dell’arbitrato societario è stata trasposta all’interno del Codice di procedura civile. Le norme, in origine contenute nel D.lgs. n. 5/2003, sono state abrogate e riprodotte integralmente nel nuovo Capo VI-bis del c.p.c., come previsto dal principio di delega[9].
Dunque, tra le principali innovazioni, merita menzione la possibilità per l’arbitro di adottare provvedimenti cautelari, sulla base di quanto previsto riguardo all’arbitrato societario; a tal proposito, in merito a quest’ultimo tipo di arbitrato, va sottolineato che la clausola compromissoria deve avere ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale ed è vincolante per la società e per ogni socio, come disposto dal nuovo art. 838-bis del codice civile, introdotto dalla suddetta riforma nell’ambito di un più ampio intervento di riordino normativo.
Resta aperto il dubbio se i poteri cautelari siano ammessi anche in caso di arbitrato irrituale.
Queste novità, analogamente alla maggior parte di quelle che interessano il giudizio ordinario, si applicano ai procedimenti arbitrali instaurati dopo la data del 28 febbraio 2023.
Informazioni
Codice di Procedura Civile: artt. 806 e ss. e 412 ter e quater
Decreto legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006
Convenzione di Ginevra sull’arbitrato Commerciale Internazionale del 1961
Art. 1341 e 1342 comma 2º del codice civile italiano
Cass. n. 29346/2021,
Cass. n. 22608 del 2011 e ripreso da Cass. n. 18134 del 2013, Cass. n. 8868 del 2014
D.lgs. n. 149/2022 (Riforma Cartabia)
Lodo arbitrale Genova, 8 settembre 2014, in www.ilcaso.it
Cass., 4 febbraio 2011, n. 2750
Cfr. Cass., 20 giugno 2011, n. 13531
Cfr. Cass., 3 febbraio 2012
Legge 26 novembre 2021 n. 206.
[1] I moduli o i formulari sono delle bozze standard di contratto spesso utilizzate da imprese ed enti, che vengono stipulati tra una società ed una massa di consumatori, pedissequamente copiate di volta in volta per un numero indefinito di contratti.
[2] Vedi Articolo di DirittoConsenso in tema di arbitrato internazionale: L’arbitrato nelle controversie internazionali – DirittoConsenso.
[3] Vedi art. 807 c.p.c., richiamato, per la clausola compromissoria, dall’art, 808 c.p.c.
[4] in tal senso si è espressa, anche con pronunce recenti, la Corte di Cassazione: v. Cass. 29346/2021, principio affermato, già, da Cass. n. 22608 del 2011 e ripreso da Cass. n. 18134 del 2013, Cass. n. 8868 del 2014.
[5] Artt. 1362 e seguenti c.c.
[6] Art. 816-bis.
[7] Cfr. Cass., 20 giugno 2011, n. 13531; cfr. tuttavia Cass., 3 febbraio 2012, in materia di azione ex art. 1669 c.c.
[8] Lodo arbitrale Genova, 8 settembre 2014, in www.ilcaso.it; Cass., 4 febbraio 2011, n. 2750.
[9] Art. 1, comma 15, lett. f), l. n. 206/2021