Schema del processo penale

Uno schema pratico del processo penale

Questo elaborato persegue l’obiettivo di costituire uno schema pratico del processo penale per comprenderne lo sviluppo

 

Introduzione al presente schema del processo penale

In estrema sintesi questo articolo vuole rappresentare un valido supporto allo studio della procedura penale. Si tratta di uno schema del processo penale, utile per poter avere una visione dall’alto dei singoli passaggi che costituiscono l’intero iter[1], soprattutto per lo studente che per la prima volta si approccia alla materia.

 

Quando inizia il processo penale?

Il procedimento penale ha inizio quando la notizia di reato viene iscritta nel registro presso l’ufficio del pubblico ministero; quando si parla di processo si vuole ricomprendere sia il momento iniziale sia tutte quelle fasi mediante le quali l’iter si protrarrà fino alla fase del dibattimento. Il procedimento rappresenta quindi una parte del processo penale ed è improprio utilizzare i due termini per riferirsi al medesimo concetto.

 

Notizia di reato

L’art. 330 c.p.p. prevede che “Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti”.

Il procedimento penale ha inizio nel momento in cui una notizia di reato viene iscritta in un apposito registro conservato presso l’ufficio del pubblico ministero. L’art. 335 c.p.p. prevede che il pubblico ministero iscrive nel registro le notizie di cui prende conoscenza di propria iniziativa o che gli vengono comunicate da altri, comprendendo anche le ipotesi di procedibilità (quindi istanza, querela, richiesta di procedimento). Infatti, perché il processo penale possa avere inizio è indispensabile che il pubblico ministero o la polizia giudiziaria acquisiscano conoscenza di una notizia di reato, ossia che siano informate dell’esistenza di un illecito perseguibile penalmente (reato) che sarebbe stato commesso da una o più persone note o non note.

Una volta venuto a conoscenza di una notizia criminis, il pubblico ministero provvede ad annotare nel registro il fatto con accanto il nome della persona alla quale il reato viene attribuito (se nota, altrimenti saremo nelle ipotesi di notizia di reato a carico di persone ignote). È dal momento dell’iscrizione nel registro che iniziano a decorrere i termini ordinari per lo svolgimento delle indagini.

 

Indagini preliminari

Il passaggio immediatamente successivo è rappresentato dalla fase delle indagini preliminari. Il loro svolgimento è regolato dagli artt. 326ss c.p.p. ed esse costituiscono la prima fase del procedimento penale, volta ad accertare se sussistono elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio, quindi utile decidere se formulare la richiesta di rinvio a giudizio o chiedere l’archiviazione del procedimento, qualora ad esempio gli elementi accusatori risultino deboli o comunque non idonei a fondare un’accusa concreta. Tali indagini si indicano appunto come preliminari proprio perché hanno l’obiettivo di verificare se vi siano o meno i presupposti per l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero.

È in tale fase che potenzialmente si può avere lo svolgimento dell’incidente probatorio (392 c.p.p.) che rappresenta un provvedimento di natura eccezionale in quanto consente di anticipare l’esame della prova che normalmente dovrebbe avvenire durante il dibattimento per assicurarne la genuinità: si potrebbero verificare delle ipotesi in cui non risulta possibile attendere la fase dibattimentale per acquisire una determinata prova, perché ad esempio quest’ultima potrebbe subire dei deterioramenti o distruggersi.

 

La richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio

Terminata la fase delle indagini preliminari, il procedimento penale potrebbe subire un arresto a seguito della richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero ovvero continuare il suo percorso se la Pubblica accusa si indirizzi verso l’esercizio dell’azione penale, quindi decida di formulare la richiesta di rinvio a giudizio.

La richiesta di archiviazione viene presentata quando il pubblico ministero ritiene la notizia di reato non fondata e per cui inidonea per sostenere un’accusa in giudizio. Gli artt. 441 e 415 c.p.p. prevedono che l’archiviazione possa essere richiesta dal pubblico ministero nei casi in cui il reato è estinto, quando non sussistono le condizioni di procedibilità, quando l’autore del reato è ignoto, quando il fatto non è previsto dalla legge come reato.

La richiesta del pubblico ministero non ha potere vincolante nei confronti del giudice delle indagini preliminare, in quanto è quest’ultimo che dovrà valutare la richiesta e, di conseguenza, decidere se accoglierla ed archiviare ovvero non accoglierla e fissare un’apposita udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 127 c.p.p., ordinando lo svolgimento di ulteriori indagini o richiedendo che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli un’imputazione.

Con la richiesta di rinvio a giudizio, la persona che fino a quel momento ricopriva il ruolo di indagato acquisisce il ruolo di imputato.  La richiesta di rinvio a giudizio viene effettuata presentando istanza alla cancelleria del giudice competente che fisserà la data di udienza preliminare.

 

Udienza preliminare

L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio, dinnanzi al pubblico ministero e del difensore dell’imputato. La presenza dell’imputato non è obbligatoria ed egli potrà scegliere se partecipare o meno a tale udienza. Occorre però fare una distinzione:

  • se l’imputato non è presente all’udienza in quanto vi ha espressamente rinunciato, il giudice potrà procedere ugualmente;
  • qualora invece l’imputato non sia presente in udienza pe caso fortuito o forza maggiore o per altro legittimo impedimento, allora il giudice dovrà rinviare a nuova udienza, disponendo che sia rinnovato l’avviso all’imputato.

 

In questa fase il pubblico ministero espone al giudice delle indagini preliminari i risultati scaturiti dalle investigazioni, precisando quelli che sono gli elementi a sostegno dell’accusa. Il pubblico ministero rappresenta la pubblica accusa in quanto il suo ruolo, a differenza delle parti private e dei difensori che agiscono nel loro interesse, è quello di tutelare l’interesse pubblico e rimane in giudizio rappresentando la controparte dell’imputato.

L’udienza preliminare assolve ad una funzione di “filtro” in quanto è in questa sede che – salve alcune eccezioni per le quali si rimanda allo studio di un manuale specifico – l’imputato può presentare richiesta per l’accesso ai riti alternativi (quale ad esempio il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena su richiesta delle parti il cd. patteggiamento). Qualora l’imputato non opti per tale scelta e quindi decida di essere giudicato secondo le forme del procedimento ordinario, si possono avere due possibilità:

  • la pronuncia di sentenza di non luogo a procedere se il giudice reputa l’accusa non fondata;
  • emissione del decreto che dispone il giudizio.

 

Giudizio

Il giudice dell’udienza preliminare (G.U.P.) ha il compito di verificare se vi siano elementi idonei a sostenere l’accusa nei confronti dell’imputato e, se ritiene che vi siano, emette un decreto con cui dispone la comparizione in giudizio. Con tale decreto si avrà lo svolgimento di una serie di atti preliminari, atti introduttivi, e della fase dibattimentale. Il dibattimento è il cuore del processo penale in quanto è la sede naturale della formazione della prova nel rispetto del contraddittorio delle parti; nell’ipotesi in cui una delle parti voglia procedere all’escussione di uno o più testi, periti, consulenti tecnici e delle persone indicate nell’art. 210 c.p.p. sarà suo onere presentare la cd. lista testi presso la cancelleria del giudice nei 7 giorni che precedono l’udienza, con l’indicazione delle circostanze su cui verterà l’esame.

Prima di dare avvio al dibattimento (e, da parte mia, avviarvi alla conclusione di questo schema del processo penale), il presidente controlla ai sensi dell’art. 484 c.p.p. la regolare costituzione delle parti e, nel caso in cui non sia presente in udienza il difensore dell’imputato, provvede a nominarne un altro in qualità di sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.

Una volta compiute le attività preliminari, il presidente dichiara aperto il dibattimento ai sensi dell’art. 492 c.p.p. Durante il dibattimento vengono acquisite le prove e vengono sentiti gli eventuali testimoni del pubblico ministero, della difesa, e della parte civile qualora si sia costituita.

 

I mezzi di prova

Tra i mezzi troviamo possiamo trovare:

  • l’esame testimoniale (art. 499 c.p.p.): consiste nella deposizione di un soggetto sotto vincolo di giuramento su fatti rilevanti per il processo e viene condotto dal p.m. o dal difensore che lo ha richiesto; le altre parti possono rivolgere domande al teste per mettere in discussione la attendibilità dello stesso; nell’esame testimoniale è fatto divieto di porre domande suscettibili di compromettere la sincerità del teste e/o che tendono a suggerire la risposta;
  • l’esame delle parti private (art. 503 c.p.p.) si svolge senza vincolo di giuramento ed è finalizzato all’acquisizione di informazioni dalle parti stesse del processo, cioè dall’imputato, dalla parte civile che “non debba essere esaminata in qualità di testimone”, dal responsabile civile e dalla persona civilmente obbligata;
  • la perizia è un mezzo di prova che viene utilizzato quando è necessario svolgere indagini o acquisire elementi o valutazioni che richiedono determinate competenze di tipo tecnico, scientifico o artistico per cui il giudice ha bisogno del sostegno di una persona esperta; in fase di decisione il giudice non è vincolato a quanto risultato dalla perizia, tuttavia può discostarsene fornendo un’adeguata motivazione (libero convincimento del giudice)

Costituiscono altresì mezzi di prova le ricognizioni, i confronti, gli esperimenti giudiziali ed i documenti.

 

Fase di discussione e sentenza

Ordinariamente, le udienze dibattimentali sono pubbliche ed orali, e durante il loro svolgimento il pubblico ministero e la difesa dell’imputato espongono gli elementi a sostegno delle rispettive ragioni.

Terminata tale fase di contraddittorio orale, il pubblico ministero, il difensore e la parte civile se costituiscono precisano le rispettive conclusioni al giudice del dibattimento nella discussione finale.

Dopo la discussione, si avrà l’emissione di una sentenza che può essere di proscioglimento (che a sua volta può essere sentenza di non doversi procedere o sentenza di assoluzione) o di condanna quando l’imputato è stato giudicato responsabile del reato a lui contestato.

Questo segna la fine del processo del primo grado e anche la fine dello schema sul processo penale.

Informazioni

Codice di Procedura Penale esplicato, Edizioni SIMONE, XXI edizione, settembre 2019

[1] Con il medesimo intento si può leggere anche lo schema del processo amministrativo: http://www.dirittoconsenso.it/2020/11/30/uno-schema-sul-processo-amministrativo/


Giudizio abbreviato condizionato

Giudizio abbreviato condizionato: criteri di ammissibilità

Il giudizio abbreviato condizionato prevede che l’integrazione probatoria sia necessaria e compatibile con le esigenze di economia processuale proprie del rito

 

Non più solo un giudizio allo stato degli atti: l’emergere dell’abbreviato condizionato

Il giudizio abbreviato costituisce un procedimento speciale avente finalità deflative, ossia volte a permettere la definizione del contenzioso con forme più snelle. La legge Carotti[1] ne ha riscritto le regole procedurali tentando di rendere il giudizio abbreviato lo strumento ordinario di definizione delle controversie, in modo da perseguire una più efficiente amministrazione della giustizia. Perchè allora si parla anche di giudizio abbreviato condizionato? Guardiamo la normativa italiana.

Tra le novità più significative apportate dalla legge Carotti vi è la previsione di un doppio meccanismo di integrazione probatoria, l’una ad iniziativa dello stesso imputato (art. 438 comma 5 c.p.p.), l’altra rimessa nelle mani del giudice (art. 441 comma 5 c.p.p.)

 

L’art. 438 comma 5 c.p.p.

Concentrandoci sulla richiesta presentata dall’imputato, ci accorgiamo che mentre la presentazione di un’istanza “secca” configura una domanda di tipo potestativo obbligando il pubblico ministero a prenderne atto e il giudice a predisporre il rito in questione, la richiesta condizionata postula un meccanismo di integrazione probatoria rimesso alla volontà della parte e l’instaurazione del rito anziché essere obbligata come nell’accezione semplice, è subordinata ad un duplice controllo:

  • che la integrazione probatoria sia «necessaria ai fini della decisione»
  • che sia «compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento».

 

Necessarietà della prova

Per quanto concerne il primo criterio, il riferimento normativo a cui fare riferimento è l’art. 190 c.p.p. che disciplina la prima fase del procedimento probatorio: tale articolo stabilisce i criteri in ordine all’ammissibilità delle prove escludendo quelle che sono vietate dalla legge nonché quelle che risultano manifestamente superflue o irrilevanti.

Da una lettura sistematica di queste due disposizioni pare ragionevole affermare che non si possa operare una totale sovrapposizione – posto che comunque anche nel vaglio di ammissibilità il giudice deve verificare che le richieste probatorie non siano vietate dalla legge[2] – in quanto la lettera dell’art. 438 c.p.p. individua un criterio molto più restrittivo della non manifesta superfluità o rilevanza[3] e  che il vaglio di ammissibilità debba essere condotto sulla scorta di quelli che sono gli atti già conosciuti.

L’art. 438 comma 5 evidenzia che il vaglio di ammissibilità dipenda direttamente dalla conoscenza del quadro probatorio preesistente, condizione che non si ravvisa invece nell’art. 190 c.p.p.[4] Questa è la ragione per cui in dottrina si è affermato che il requisito della necessità della integrazione probatoria non si identifichi con quello dell’art. 190 c.p.p. posto che si considera come “necessario” ogni mezzo di prova indispensabile[5] per accertare i fatti che si riferiscono all’imputazione e alla punibilità e che quindi occorre una qualificazione ulteriore rispetto alla mera irrilevanza o superfluità. Per essere valutate come “necessarie” si prevede che le ulteriori prove si debbano configurare come integrative[6] e non sostitutive del materiale già acquisito e utilizzabile.

La prova che si richiede occorre che sia nuova nella misura in cui sia necessaria, cioè inerente ad elementi connessi alla regiudicanda che altrimenti rimarrebbero irrisolti. Nulla vieta di subordinare l’integrazione probatoria ad una prova già esperite anteriormente, ma il concetto di novità deve considerarsi in maniera tale che rimanga un collegamento permanente tra la richiesta istruttoria a cui si subordina la scelta del rito e il thema probandum[7].

 

Atti già acquisiti ed utilizzabili

Proseguendo nell’analisi, non si può prescindere dall’inciso complementare contenuto sempre nel comma 5 dell’art. 438 c.p.p. ossia «tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili». I parametri di riferimento del giudice, oltre ai criteri della necessità ed al rispetto del risparmio processuale, incontrano una sorta di limite orientativo nella misura in cui la richiesta di integrazione probatoria non deve tradursi in una mera riproposizione di attività già precedentemente svolte ma deve essere orientata a completare il materiale già ispezionato.

 

Il riferimento all’art. 507 c.p.p.

Un ulteriore riferimento normativo in materia di integrazione probatoria necessaria è rappresentato dall’art. 507 c.p.p.[8] nel quale si evince l’utilizzo di una terminologia similare anche se non identica. Infatti, l’art. 507 postula uno stato di «assoluta necessità» in ordine all’assunzione di una prova o di una pluralità di prove, tanto da ravvisare un ambito operativo molto più circoscritto[9] e soprattutto caratterizzato da eccezionalità, come tale dunque diverso da quanto previsto all’art. 438 comma 5 c.p.p.

 

Economia processuale

In relazione al requisito correlato ad esigenze di economia processuale[10], ci si è resi conto di essere di fronte ad una espressione connotata da eccessiva vaghezza nella misura in cui il giudice è tenuto a formulare una prognosi sulla durata ipotetica dell’integrazione richiesta[11] e verificare che la stessa rispetti la caratteristica di celerità del giudizio abbreviato.

Tuttavia, la portata del principio è stata definitivamente ridimensionata dalla pronuncia interpretativa di rigetto delle Sezioni Unite che con sentenza n. 115/2001 hanno rapportato il criterio valutativo in relazione alle tempistiche del procedimento ordinario stabilendo che:

«anche se viene richiesta o disposta una integrazione probatoria, il minor dispendio di tempo e di energie processuali rispetto al procedimento ordinario continua dunque ad essere un carattere essenziale del giudizio abbreviato.»

 

Rischio di disparità processuale

Si intravede un ulteriore dubbio di costituzionalità della disciplina se paragonata a quanto previsto dall’art. 441 comma 5. In quel caso, infatti, si riconosce all’organo giudicante il potere di richiedere un ampiamento ulteriore rispetto al materiale probatorio conosciuto, prescindendo da qualsiasi valutazione circa la complessità della prova ritenuta indispensabile al fine di adottare una decisione di merito. Emerge quindi anche un’altra situazione di iniquità in quanto:

  • nel caso di richiesta condizionata ad una integrazione probatoria ritenuta troppo dispendiosa si andrebbe incontro ad una pronuncia di diniego, mentre
  • dinnanzi ad una richiesta semplice – che ha come esito obbligato l’instaurazione del giudizio abbreviato in quanto diritto potestativo riconosciuto all’imputato – l’accesso al giudizio abbreviato sarebbe comunque salvaguardato.

 

Conclusioni sul giudizio abbreviato condizionato

Il fatto di non aver delineato con sufficiente chiarezza quali sono i mezzi di prova da ammettere fa sì di rimettere nelle mani dell’organo giudicante una valutazione che potrebbe generare discriminazioni tra imputati in ordine non solo alla valutazione della prova specificamente richiesta ma anche in ordine alla situazione di iniquità che si potrebbe generare in vista di fattori interni a ciascun ufficio[12]. Sul punto il giudice delle leggi ha richiamato quanto già precedentemente enunciato nelle sentenze n. 66 e n. 183 del 1990, dichiarando illegittima la mancanza di un sindacato giurisdizionale sul rigetto del rito abbreviato[13] in quanto genererebbe una situazione di disuguaglianza[14] in ordine alla facoltà dell’imputato di vedersi applicato lo sconto di pena.

Sarebbe stato quanto meno auspicabile che il legislatore o utilizzasse una espressione connotata da una chiarezza tale da non lasciare uno spazio tanto ampio all’interpretazione ovvero avesse imposto un ritorno al procedimento ordinario tutte quelle volte in cui l’integrazione probatoria richiesta risulta tanto laboriosa da collidere con le esigenze di celerità tipiche del giudizio abbreviato[15].

Informazioni

Codice di procedura penale

[1] Legge, 16/12/1999 n. 479: prende il nome dalla proposta dell’On. Avv. Carotti: ha favorito l’introduzione dei riti premiali deflativi al dibattimento.

[2] Si ritiene che anche nell’ambito del giudizio abbreviato condizionato nel vaglio di ammissibilità il giudice dovrà operare una valutazione nel senso di accertare che la prova sia idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e che non pregiudichi la libertà morale della persona ai sensi dell’art. 188 c.p.p.

[3] Cfr. POTETTI D., Mutazioni del giudizio abbreviato. In particolare, il giudizio abbreviato condizionato (art. 438 comma 5 c.p.p.), cit., p. 336.

[4] Sul punto BRUNO O., L’ammissibilità del giudizio abbreviato, 2007, cit., p.139: «il parametro in esame presenta connotati comuni alle nozioni di utilità della prova in quanto postula sia la pertinenza al thema decidendi sia la non ridondanza della medesima; al contempo, supera tali elementi, imponendo di compiere un discernimento che si estende alla verifica più stringente circa la concreta idoneità della prova ad influire sul quadro conoscitivo preesistente»; nello stesso senso, LAVORINI B., Il nuovo giudizio abbreviato, cit., p. 762.

[5] Cfr. DEGL’INNOCENTI L.- DE GIORGIO M., Il giudizio abbreviato, 2013, cit.,p. 111.

[6] Si veda Cass., Sez. Unite, 27 ottobre 2004, n. 44711, Wajib: «È da considerarsi necessario quel contributo istruttorio il cui valore probatorio risiede nella oggettiva e sicura idoneità del probabile risultato ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio».

[7] Così ZAINA C.A., Giudizio abbreviato condizionato e divieto di frazionabilità delle prove richieste, commento ordinanza del 7 aprile 2006, Tribunale di Rimini.

[8] L’acquisizione di ufficio di nuovi mezzi di prova è prevista in via eccezionale del legislatore. Il potere spetta al collegio ed è esercitabile solo quando risulti assolutamente necessario.

[9] Cfr. BRUNO O., L’ammissibilità del giudizio abbreviato, 2007, cit., p.129. In particolare: «all’organo giurisdizionale, che dovrebbe mantenersi neutrale, dovrebbe consentirsi un intervento acquisitivo limitato alle tesi già palesate e non ancora dimostrate in modo completo.»

[10] Sul tema delle garanzie costituzionali, in particolare della ragionevole durata del processo si veda: http://www.dirittoconsenso.it/2019/07/09/diritto-penale-e-garanzie-costituzionali-supreme/

[11] Cfr. ZACCHÈ F., Il giudizio abbreviato, 2004, cit., p. 70.

[12] Sul punto POTETTI D., Mutazioni del giudizio abbreviato. In particolare il giudizio abbreviato condizionato (art. 438 comma 5 c.p.p.), Cass. pen., fasc.1, 2001, pag. 5, precisa: «È addirittura verosimile che la decisione del giudice, per tale aspetto, sia fortemente condizionata dalla concreta situazione del singolo ufficio giudiziario in cui opera il magistrato, e ciò finirebbe anche per avere qualche dignità di tesi (peggio sarebbe se il parametro finisse per essere quello della situazione lavorativa del singolo magistrato!), posto che l’economia processuale può essere anche intesa come parametro mobile, di incidenza maggiore nelle situazioni in cui il «servizio giustizia» sia più inefficiente

[13] Precisa, infatti, la Corte costituzionale nella sentenza n. 169 del 23 maggio 2003: «Anche nell’attuale sistema, infatti, la decisione negativa del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria è sottratta a qualsiasi forma di sindacato e preclude in via definitiva l’ammissione dell’imputato al rito alternativo

[14] Si ravvisa un contrasto con l’art. 3, art. 24 comma 2, art. 25 commi 1 e 2 Cost.

[15] BRUNO O., op.cit., p. 147.; così anche POTETTI D., Cass. pen., fasc.1, 2001, p.5.